Storia. La devozione al Preziosissimo Sangue

La devozione al Preziosissimo Sangue risale alle origini ovvero, ai primi secoli del Cristianesimo. Un membro dell’aristocratica famiglia romana dei Savelli sarebbe stato presente alla morte del Salvatore. La sua veste fu colpita da alcune stille del Preziosissimo Sangue. Convertitosi, conservò quella veste, che, attraverso i secoli, giunse nel XVII secolo tra le mani del principe Giulio Savelli, il quale la donò alla chiesa di San Nicola in Carcere. Il beato Pio IX, su spinta di san Gaspare del Bufalo, nel 1849 estese tale devozione a tutto il mondo cattolico.

Il mese di luglio è tradizionalmente dedicato al Preziosissimo Sangue, una devozione che risale ai primi secoli del Cristianesimo e che il beato Pio IX, sotto la spinta di san Gaspare del Bufalo (1786-1837), estese nel 1849 a tutto il mondo cattolico. Non tutti conoscono però le origini di questa devozione nei tempi moderni.

Fra la riva sinistra del Tevere e le pendici del Campidoglio si estendeva all’inizio dell’Ottocento un vasto quartiere, dove sorgevano molte antiche chiese attorno ad una piazza conosciuta come piazza Montanara. Di questo angolo di Roma, scomparso dopo la creazione della Via del Mare (oggi via Luigi Petroselli), rimane la chiesa di San Nicola in Carcere, così detta perché si pensa che i suoi sotterranei costituissero una continuazione del carcere Tullianum capitolino.

L’abito macchiato. In questa antica Basilica, dedicata a san Nicola di Mira, si conservò sempre con particolare devozione una reliquia del Preziosissimo Sangue. Stando alla tradizione, un membro dell’aristocratica famiglia romana dei Savelli, presente alla morte del Salvatore, ebbe la veste spruzzata da alcune stille del suo Preziosissimo Sangue. Convertitosi al Cristianesimo, staccò dall’abito la parte ancora rossa di Sangue e, tornato Roma, la conservò nella sua nobile dimora, chiusa in un reliquiario di ebano e cristallo, dove restò gelosamente custodita per 1700 anni, fino a quando il principe Giulio Savelli (1626-1712), ultimo del Casato, l’offrì in dono alla chiesa di San Nicola in Carcere, adiacente al suo palazzo (oggi Teatro di Marcello).

La reliquia fu chiusa in una cassetta d’argento e deposta in venerazione all’altare del Santissimo Crocifisso, lo stesso che aveva un giorno parlato a santa Brigida. In occasione del primo centenario del dono, l’8 dicembre 1808, il canonico Francesco Albertini (1770-1819), rettore della chiesa, fondò, con un gruppo di devoti della reliquia, una Pia Associazione in onore del Preziosissimo Sangue e ne assegnò la predicazione al neo sacerdote Gaspare del Bufalo (Roma, 1786 – Roma, 1837), da lui diretto spiritualmente. Intanto, nella notte dal 5 al 6 luglio 1809, Pio VII fu fatto prigioniero e deportato. Gaspare del Bufalo e Francesco Albertini rifiutarono il giuramento di fedeltà a Napoleone e vennero condannati all’esilio e poi al carcere.

Così si introdusse la festa. Dopo la caduta di Napoleone, l’Albertini venne nominato vescovo di Terracina, Sezze e Priverno, mentre Gaspare del Bufalo ricevette dal papa Pio VII l’ordine di dedicarsi alle missioni popolari, per debellare lo spirito di empietà e di irreligione del tempo. Il canonico Albertini è considerato il “Padre Segreto” di tutto il movimento devozionale ottocentesco verso il Sangue di Cristo, colui che plasmò san Gaspare del Bufalo e lo indirizzò alla fondazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, a cui si ispirò santa Maria De Mattias (1805-1866), fondando le Adoratrici del Sangue di Cristo.

Quando, nel 1849, Pio IX fu costretto a lasciare Roma occupata dai rivoluzionari per rifugiarsi a Gaeta, ebbe un incontro con il venerabile don Giovanni Merlini, successore di san Gaspare del Bufalo e stimatissimo dal Pontefice per la sua santità e saggezza. Al Papa, che gli chiedeva quando sarebbero passati quei terribili momenti per la Chiesa, il santo missionario rispose che se Pio IX avesse introdotto la Festa del Preziosissimo Sangue, sarebbe tornato a Roma liberata. Dopo averci riflettuto, il 30 giugno il Papa comunicò al Merlini che accettava il suo consiglio. La domenica del 1° luglio di quell’anno i rivoluzionari furono costretti a lasciare Roma e il Papa, con decreto del 10 agosto 1849, estese la festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa, da celebrarsi con rito doppio di seconda classe nella prima domenica di luglio. Pio X la fissò definitivamente al 1° luglio e Pio XI, a ricordo del XIX centenario della redenzione, nell’aprile del 1934, la elevò a rito doppio di prima classe.

Paolo VI, in seguito alla riforma liturgica postconciliare, abbinò la Festa del Preziosissimo Sangue a quella del Corpus Domini, ma la sua decisione provocò un vivo malcontento tra i devoti dell’una e dell’altra devozione. Ricevendo i Missionari del Preziosissimo sangue, il Papa comunicò loro che potevano ugualmente celebrare la Festa nel 1° luglio, con liturgia di solennità.

Partecipazione al Calvario. La Pia associazione del Preziosissimo Sangue, fondata da mons. Albertini, eretta ad Arciconfraternita da papa Pio VII nel 1815, si trasferì poi presso la chiesa di san Giuseppe a Capo le Case, dove, dietro l’altare, ancora si conserva il reliquiario di San Nicola in Carcere.

Il Sangue di Cristo, a cui si deve la nostra redenzione, dà alla vita di ogni cristiano un carattere sacrificale, come partecipazione all’immolazione che Cristo fece di Sé sul Calvario. Esso è intimamente legato al Santo sacrificio della Messa, che è il rinnovamento incruento del Sacrificio della Croce. Non è forse privo di significato il fatto che la basilica di San Nicola in Carcere e la chiesa di san Giuseppe a Capo le Case, così intimamente legate alla reliquia del Sangue di Cristo, hanno oggi il privilegio di essere tra le poche chiese di Roma, dove si celebra con regolarità la Santa Messa secondo il Rito romano antico.

Veronica Rasponi, per https://www.radicicristiane.it/2016/07/speciale/speciale-preziosissimo-sangue-sin-dalle-origini/