Vita di San Romualdo 3/7

9. Anni dopo il Maestro Romualdo insegna la via della discrezione.

Con questo capitolo Pier Damiano abbandona l’ordine cronologico e ci porta avanti almeno quindici anni (vedi il capitolo precedente); siamo al tempo della piena maturità del Maestro Romualdo, fra il 993 e il 998, nel monastero di S. Apollinare in Classe o in un luogo vicino (vedi cap. 19). Il contenuto del cap. 9 è tratto quasi per intero dalle grandi fonti monastiche.

 

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Vita di San Romualdo 4/7

21. Romualdo spegne un incendio con la preghiera.

L’isola del Peréo, ora Sant’Alberto, a quindici chilometri a nord-ovest di Ravenna, sarà il luogo dove Romualdo fonda un eremo di breve durata e dove l’imperatore Ottone III fa costruire un monastero donde inviare missionari in Polonia (cf capitoli 30 e 28). Il Guglielmo compagno di cella di Romualdo è da identificarsi con Guglielmo di Pomposa, il quale, eletto abate di quel monastero, vi aggiunse un eremo, in conformità con la prassi di Cuixá e Montecassino.

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Vita di San Romualdo 5/7

30. Ottone III fa costruire il monastero del Peréo.

Questo capitolo ci porta indietro e cioè all’autunno del 1001 (vedi la nota cronologica al cap. 26). Con la costruzione del monastero di S. Adalberto accanto all’eremo del Peréo si tenta di realizzare un progetto monastico completo in cui, all’interno della stessa vocazione monacale, si esprime una grazia multiforme dello Spirito. Sebbene S. Bruno Bonifacio ci informi che l’idea di aggiungere il monastero e la missione all’eremo era partita non da Romualdo ma da Ottone, lo schema pluralistico del progetto corrispondeva perfettamente alla visione monastica di Romualdo. (cf. Vita dei cinque fratelli, cap. 4).

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Vita di San Romualdo 6/7

40. Romualdo incute timore ai potenti.

Romualdo, come la maggior parte dei santi, mette paura ai potenti, non ai ladruncoli (vedi capitoli 36).

 

Ranieri aveva ripudiato la moglie a motivo dei suoi parenti e si era unito con la moglie di un suo consanguineo, che egli stesso aveva ucciso, quasi involontariamente, mentre ne era inseguito. Per questa ragione, Romualdo, per non rendersi suo complice, non volle abitare gratuitamente in un suo possedimento e gli pagò una moneta d’oro per l’acqua e un’altra per la legna. Ranieri avrebbe voluto assolutamente rifiutarle, avrebbe preferito dare anziché ricevere qualcosa dal santo. Finì però con l’arrendersi e acconsentire piuttosto che vedere Romualdo andar via.

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Vita di San Romualdo 7/7

56. Ingelberto rifiuta di riconoscere in Romualdo lo spirito di profezia.

L’Ingelberto dei capitoli 56-57 è il perfetto esempio dell’eremita che, fra digiuni e austerità, rimane un uomo carnale. Separatosi da Romualdo, uomo dello Spirito, Ingelberto presume di dirigere gli altri, senza quella discrezione e quell’umiltà che sono i segni immancabili del vero eremita.

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Vita di San Romualdo 2/7

Prologo

Contro di te, o mondo immondo 1, io devo protestare! Tu vanti una turba insopportabile di stolti sapienti, loquaci con te e muti con Dio. Hai tanti superbi che s’innalzano arrogantemente per la loro vana eloquenza o per la loro filosofia vuota. Ma non hai nessuno che se la sente di documentare cose utili alla edificazione del prossimo e tramandarle così ai posteri. Nei tuoi tribunali hai tanti avvocati che sanno patrocinare, con lunghe orazioni, liti concernenti affari secolari o contese processuali. Ma nella santa Chiesa non hai nessuno che sia in grado di illustrare per iscritto le virtù e le gloriose azioni di un solo santo. Hai tanti sapienti a far del male, ignoranti però a fare il bene [cf. Geremia 4,22] 2.

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Vita di San Romualdo 1/7

Di S. Pier Damiano

Traduzione, Commento e Note a cura di Thomas Matus

Introduzione

Mentre scrive la Vita del beato Romualdo (= VR), Pier Damiano si trova al monastero di San Vincenzo presso la gola del Furlo, provincia di Pesaro e Urbino. Ha trentacinque anni ed è da otto anni monaco al piccolo eremo benedettino di Fonte Avellana. Siamo nel 1042, quindici anni dopo la morte di Romualdo.

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Gaspare Bretoni un Santo incarnato nel sociale.

L’OSSERVATORE ROMANO, Sabato 14 Febbraio 1998

La riflessione di un Vescovo sulla figura del fondatore degli Stimmatini

di GIUSEPPE AGOSTINO

Arcivescovo di Crotone-Santa Severina

Nella mia città operano da oltre un ventennio i PP. Stimmatini. Amano sul serio la Diocesi e sono molto amati. Noto in loro una ben radicata spiritualità che si esprime in una intensa umanità.

Hanno della comunità non il senso istituzionale, formale ma la «percezione affettiva», vitale.

Osservandoli – e questo è già indicativo perché sanno essere «segno» – mi sono incuriosito della loro spiritualità ed in specie del loro Fondatore. Tra l’altro ho notato che sono dei religiosi, anche in questo, simpatici.

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S. MARIA EUFRASIA PELLETIER (1796-1868)

La fondatrice delle Suore del Buon Pastore di Angers nacque il 31-7- 1796 nella piccola isola di Noirmoutier, sulla costa della Vandea (Francia), ottava e ultima figlia del signor Giuliano, medico pio e caritatevole, che morì quando Rosa-Virginia non aveva che dieci anni. L’orfana crebbe molto vivace, ma delicata di coscienza sotto la guida della mamma, Anna Amata Mourain, soccorritrice dei malati. La sera, nel recitare le orazioni, deplorava sinceramente le mancanze commesse e si condannava a restare scalza per lunghe ore sulla nuda terra.

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San Pio da Pietrelcina

San Giovanni Rotondo

OMELIA del 2 maggio 2002 nel III ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DI PADRE PIO

CARD. ALFONSO LÓPEZ TRUJILLO,
Presidente del PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

I) L’intera vita del Beato Padre Pio è stata vissuta sotto il segno della croce. La sua santa esistenza costituisce una follia d’amore per il Signore Crocifisso. È questa la chiave che rivela il fenomeno straordinario della sua contagiosa popolarità, che mobilita anche fuori dell’Italia immense folle di pellegrini, che vengono come noi oggi a San Giovanni Rotondo. Nella ricorrenza del terzo anniversario della sua solenne beatificazione, sperimentiamo la sua presenza spirituale, la sua voce che parla al nostro cuore, non con le “parate”, ma con la sua umile testimonianza, che ci porta alla roccia del Calvario, dove si innalza il patibolo della croce:  è una roccia da cui zampilla l’acqua della salvezza, l’acqua alla quale ci guida il Buon Pastore. È sulla croce che Gesù, l’Agnello innocente, emise l’ultimo respiro, dopo che un soldato colpì il suo fianco con la lancia – come è stato proclamato nel Vangelo – e “subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19, 34).

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