Dal Manuale di Storia
di Alberto Torresani
Verso la metà del V secolo l’impero d’Oriente, che aveva trascorso mezzo secolo all’insegna del potere esercitato da donne – Eudossia, Pulcheria, Eudocia – mentre gli imperatori erano intenti a discussioni teologiche e giuridiche, con l’avvento dell’imperatore Marciano riuscì a scrollarsi di dosso la tutela dei
magistri militum barbari. Le invasioni barbariche diminuirono perché l’Occidente fungeva da valvola di sfogo: la prosperità ridette slancio all’economia anche se la pressione fiscale continuava a risultare eccessiva, specie in Siria e in Egitto, che anche per questo motivo accrebbero la tendenza a sostenere con caparbietà le proprie tradizioni teologiche in funzione antimperiale.
Gli imperatori Zenone e Anastasio cercarono con un atto d’imperio l’unione religiosa, ma si trattava di compromessi che la Chiesa di Roma respinse. Con gli imperatori Giustino e Giustiniano, invece, si tornò all’ortodossia, e l’impero, dopo aver acquistato da Armenia e Persia la pace lungo i confini orientali, trovò la forza di riconquistare l’impero romano d’Occidente: i risultati furono nel complesso mediocri nonostante le spese sostenute. L’insuccesso del sogno imperiale, finché visse Giustiniano, non apparve all’esterno, perché l’impero si ammantò di splendide costruzioni, dandosi un’immagine maestosa per l’avvenuta codificazione del diritto romano. Ma il prezzo pagato dalle province risultò eccessivo: l’Italia andò in gran parte perduta in seguito all’invasione dei Longobardi, mentre si restringevano i possessi bizantini in Africa e in Spagna.
Infine riaffiorarono le non sopite differenze religiose che indussero la Chiesa d’Oriente ad assumere sul piano dottrinale e liturgico le caratteristiche che, col passare del tempo, l’avrebbero differenziata dalla Chiesa romana: quest’ultima, dal canto suo, aveva trovato nel diritto romano un modello per amministrare, nell’unità sostanziale, le legittime differenze liturgiche e pastorali insorte presso le Chiese locali. Una serena valutazione dell’opera di Giustiniano, pur tenendo presenti gli indubbi meriti dell’imperatore, deve sottolineare la sua sordità ai bisogni dei più umili tra i sudditi, ridotti al punto di acclamare gli Arabi perché diminuivano le tasse. (altro…)