di d. LINO CICCONE
Fino a pochi decenni fa, in Italia, tutta una serie di comportamenti e di situazioni di vita, trovava concorde e netta valutazione morale nella grande maggioranza dei cittadini e nell’ordinamento giuridico dello Stato. Si pensi, ad esempio, all’indissolubilità del matrimonio, alle pratiche anticoncezionali, all’aborto procurato. Il rapido e tumultuoso cammino culturale compiuto dall’Italia nel dopoguerra ha rimesso in questione molti di questi comportamenti e situazioni, giungendo a capovolgere la loro valutazione nella maggioranza della popolazione e nelle leggi. Si è avuta così per stare agli esempi accennati, la legalizzazione del divorzio la diffusione, ad opera dello stesso Stato, della contraccezione, la legalizzazione dell’aborto.
Nel vivace dibattito che ha sempre accompagnato ognuno di tali capovolgimenti, non poche modalità si sono puntualmente ripresentate, con una costanza che non può non essere significativa. Tra queste “costanti”, c’è stata quella di vedere prospettata una duplice morale: una, valida solo per i cattolici, l’altra per i “laici”, o non-credenti.
Ha finito così col prendere piede l’idea che la condanna morale del divorzio, della contraccezione e dell’aborto, sia una posizione che può avere giustificazioni unicamente sulla base e all’interno della fede; vale, dunque, solo per i credenti. I non credenti perciò (è stato detto e ripetuto) hanno tutto il diritto di pensarla diversamente e di comportarsi di conseguenza. E lo Stato deve rispettare tale diritto. Si è arrivati quindi a ritenere indebita l’azione dei cattolici impegnati in politica, quando hanno cercato di impedire l’approvazione di leggi che consentono, ad esempio, o il divorzio o l’aborto.
Nei loro discorsi, posizioni, iniziative, si è voluto vedere addirittura una volontà di sopraffazione, cioè un voler imporre leggi e norme “cattoliche” anche a quanti non sono e non vogliono essere cattolici. Si è pure denunciato, come indebita e intollerabile ingerenza, ogni intervento in materia da parte del Magistero ecclesiale, sia del Sommo Pontefice sia dell’Episcopato italiano.
La creazione di una simile spaccatura ha reso impossibile un vero dialogo tra posizioni divergenti. Una spaccatura che suppone, sul piano dottrinale, l’affermazione che non esiste, neppure a livello di valori umani fondamentali, una morale semplicemente umana, valida per tutti gli uomini, perché scaturisce da la comune natura umana, indipendentemente da elementi conoscibili solo per le vie sovrarazionali della rivelazione divina e della fede.
Ad approfondire ulteriormente il fossato è intervenuto un altro fattore: l’aspetto politico di ognuno di quei problemi ha finito per diventare non solo preminente, ma totalizzante, fino ad oscurare gli altri aspetti a cominciare da quello specificamente etico. A problemi di tanta gravità e importanza, quali il divorzio e l’aborto, in cui sono in gioco i valori fondamentali della convivenza umana, cioè la vita e l’amore, non poteva capitare disavventura peggiore. Una volta visti, infatti, come problemi di politica, se ne sono impossessati i partiti con tutte le conseguenze che questo comporta. Prima fra tutte, quella di vedere affrontati i problemi, con soluzioni già ideologicamente precostituite, con la sola volontà di avere partita vinta sugli avversari, con quella partigianeria e passionalità che è l’esatto o posto della serena e seria ricerca di soluzioni fondate su una approfondita conoscenza dei termini reali del problema, dell’esperienza già fatta da altri Stati (preziosa per risparmiare alla nazione di ripercorrere stupidamente vie già risultate erronee e dannose), tutto il contrario, insomma, di una ricerca sincera della verità e dell’autentico bene comune.
Sta ora venendo avanti un altro problema, non meno grave, perché ancora una volta è in gioco un valore primario, quello della vita. Il problema che si prospetta è quello della legittimazione dell’eutanasia. Anche se qualche progetto di legge è stato presentato, il problema non è ancora entrato nel campo infido della lotta politica tra i partiti. E ancora possibile, perciò, affrontarlo con tutta la pacatezza e la serietà necessaria.
Inoltre, nel tentativo di evitare, prevenendolo, che si crei anche qui il fossato tra “cattolici” e “laici”, mi propongo di trattare il problema anzitutto, e prevalentemente, su un piano puramente razionale, quello della Bioetica. Su questo piano, come è noto, il confronto tra studiosi di diversa estrazione, compresa quella cattolica, è un dato di fatto, collaudato e istituzionalizzato in quasi tutti gli Stati moderni, a tutti i livelli, da quelli di un Istituto Ospedaliero o di una Università, a quello nazionale e internazionale. E’ del dicembre 1989 il primo Simposio di Bioetica, promosso dal Consiglio d’Europa, a Strasburgo.
Porrò solo al termine, come ultimo e più breve capitolo, l’esposizione della dottrina della Chiesa cattolica in tema di eutanasia.
L’obiettivo che mi propongo è semplicemente quello di offrire un aiuto a riflettere, con serena serietà, su un problema che già oggi entra, come problema drammaticamente concreto in molte famiglie, e che un numero crescente di persone finirà per incrociare sul proprio cammino, con soluzioni umane, oppure disumane, anche in base a leggi alla cui elaborazione è ancora possibile dare un contributo responsabile.
[Tratto da: http://utenti.lycos.it/armeria/Eutanasia_indice.html ]
(altro…)