Il Magistero sociale – PIO XII (1/3)

Pio XII ricorda i quarant’anni dalla consacrazione del mondo al Sacro Cuore da parte di Leone XIII, e – accennando anche al pontificato di Pio XI, che aveva tanto ribadito la dottrina della regalità sociale di Gesù Cristo – nota che nell’ultimo quarantennio si sono viste “aumentare sempre più le schiere dei nemici di Cristo” e anche di quei “cristiani più di nome che di fatto” che nell’ora della prova vengono meno…. (altro…)

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Il Magistero sociale – PIO XII (2/3)

Tutta la dottrina sociale, da Leone XIII al Concilio Vaticano II, ribadisce che la Chiesa non impone alcuna forma di governo, ma si riserva di giudicarle tutte e di enunciare per ognuna le condizioni di legittimità. Pio XII distingue la “vera” democrazia, conforme alla dottrina sociale della Chiesa, dalla democrazia falsa e illegittima che purtroppo ha spesso prevalso nel mondo moderno. (altro…)

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Il Magistero sociale – PIO XII (3/3)

L’ordine che la Chiesa tutela, e che l’organizzazione degli Stati deve rispettare, è “l’ordine normale e organico che regge i rapporti particolari degli uomini e dei diversi popoli”. “Nessuna organizzazione del mondo sarebbe vitale se non si. armonizzasse con 1’insieme delle relazioni naturali”, cioè con questo ordine organico, che deriva dalla natura delle cose, dalla storia e dalle tradizioni dei singoli popoli, che rispetta le differenze e le diversità tra i singoli, i gruppi, le etnie, le classi, sociali. Alla nozione di ordine organico si contrappone “l’ingranaggio di un unitarismo meccanico”. (altro…)

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Il Magistero sociale – GIOVANNI XXIII

La “Chiesa, “madre e maestra di tutte le genti”, ha sulla terra un duplice compito: in primo luogo “santificare le anime”, ma anche – in secondo luogo – “preoccuparsi delle esigenze terrene dei popoli” mostrando, con la sua dottrina sociale, quali siano gli ordinamenti più conformi alla dignità della persona umana e al suo destino eterno. (altro…)

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Il Magistero sociale – Paolo VI

Lo sviluppo “non si riduce alla semplice crescita economica” e anzi “verrebbe compromesso ove si deteriorasse la vera scala dei valori” che comprende certo anche la crescita del benessere materiale, ma che ha al suo vertice i valori morali e spirituali. La tentazione di rovesciare la scala dei valori, che ha al suo vertice “Dio, che ne è la sorgente e il termine”, mettendo al primo posto gli interessi economici e materiali, non è purtroppo monopolio delle persone e dei popoli più ricchi. (altro…)

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La prospettiva degli XENOTRAPIANTI

DOCUMENTO DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA

LA PROSPETTIVA DEGLI XENOTRAPIANTI

ASPETTI SCIENTIFICI E CONSIDERAZIONI ETICHE 26.09.2001

INTRODUZIONE

La chirurgia sostitutiva (trapianti) rappresenta la terapia d’elezione per diverse patologie umane. Tuttavia il fattore di limite al numero di trapianti che si possono effettuare è la carenza di organi e tessuti umani1. Lo xenotrapianto, ovvero il trapianto di organi, tessuti o cellule di una specie animale in un’altra specie, se applicato all’uomo, offrirebbe la possibilità di una enorme riserva di organi, tessuti o cellule per i trapianti rimediando così alla carenza “cronica” di donatori umani.

Prima, però, che lo xenotrapianto possa diventare una realtà clinica, è necessario risolvere alcuni problemi pratici. Uno di essi è il rigetto, processo mediante il quale il corpo della persona che riceve il trapianto (ricevente) cerca di sbarazzarsi del trapianto stesso. Un altro problema è assicurare il corretto funzionamento del trapianto nel nuovo ospite, superando la barriera di specie. Inoltre vi è la necessità di minimizzare la possibilità di introduzione, attraverso il trapianto, di nuovi agenti infettivi nella popolazione umana.

Oltre ai problemi scientifici, lo xenotrapianto solleva poi altre questioni che richiedono considerazioni di natura teologica, antropologica, psicologica ed etica, nonché l’esame di problematiche legali e di questioni procedurali.

PRIMA PARTE – ASPETTI SCIENTIFICI

Cenni storici

1. Fino ad oggi, abbiamo un’esperienza molto limitata di trapianti xenogenici (cioè, provenienti da specie diversa da quella del ricevente) di organi o tessuti in riceventi umani. I primi tentativi, compiuti usando la terapia immunosoppressiva per i pazienti riceventi, al fine di prolungare la sopravvivenza dell’organo trapiantato, sono stati effettuati negli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70. In quel periodo il risultato più eclatante fu la sopravvivenza per nove mesi di un rene di scimpanzé trapiantato in un ricevente umano da Reemtsma e collaboratori2. Negli anni ’80, fu trapiantato in una bambina (Baby Fae) un cuore di babbuino, che sopravvisse per breve tempo3; dopo poche settimane, infatti, sopravvenne il rigetto. Negli anni ’90, due fegati di babbuino furono trapiantati in due pazienti da STARZL e collaboratori 4. Questi due pazienti sopravvissero l’uno per settanta giorni e l’altro per ventisei giorni. In particolare il primo paziente, al quinto giorno dopo il trapianto, fu sottoposto a dieta orale e passò la maggior parte dei suoi settanta giorni di sopravvivenza in una normale corsia, uscendo anche, in un’occasione, dall’ospedale per breve tempo5. Tuttavia, in uno dei due casi, sembra che un patogeno di babbuino (citomegalovirus) sia stato trasferito al paziente, anche se egli non sviluppò alcuna malattia6. In entrambi i pazienti si rilevò una massa epatica adeguatamente funzionante, sufficiente a sostenere la vita. Il fegato di babbuino sintetizzava proteine di babbuino che, in qualche caso, assumevano livelli ematici caratteristici del babbuino e non dell’uomo. La possibile incompatibilità molecolare di queste proteine costituisce un potenziale problema di funzionalità nell’uomo.

Furono anche tentati trapianti di cuore (tre casi) o di fegato (un caso) di maiale; tuttavia in nessun caso il paziente sopravvisse più di ventiquattro ore7.

Mentre, in passato, sono stati preferiti i primati non umani come fonte di organi, attualmente la comunità scientifica, nonché i preposti Organismi di quei Paesi che si sono occupati del problema, hanno escluso l’utilizzo di tali animali come fonte di organi, sia a causa del maggior rischio di trasmissione di infezioni, sia per altre considerazioni di ordine etico e pratico8. Di conseguenza, molti ricercatori hanno scelto di utilizzare i maiali come fonte potenziale di organi, tessuti o cellule per lo xenotrapianto9. L’uso dell’ingegneria genetica ha consentito di migliorare significativamente il tempo di sopravvivenza di un organo di maiale trapiantato in un primate non umano immunosoppresso10, anche se il tempo di sopravvivenza di tali organi non è ancora paragonabile a quello di organi umani trapiantati nell’uomo. Alcune barriere allo xenotrapianto, dunque, restano11.

L’ulteriore modificazione genetica degli animali donatori e/o l’uso di altri/nuovi farmaci immunosoppressori sono i due approcci attualmente considerati per prolungare ulteriormente la sopravvivenza di uno xenotrapianto12. Da quanto detto, risulta evidente come molte ricerche nell’ambito dello xenotrapianto siano ancora necessarie e debbano essere compiute.

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EUTANASIA: problema cattolico o problema di tutti?

di d. LINO CICCONE

Fino a pochi decenni fa, in Italia, tutta una serie di comportamenti e di situazioni di vita, trovava concorde e netta valutazione morale nella grande maggioranza dei cittadini e nell’ordinamento giuridico dello Stato. Si pensi, ad esempio, all’indissolubilità del matrimonio, alle pratiche anticoncezionali, all’aborto procurato. Il rapido e tumultuoso cammino culturale compiuto dall’Italia nel dopoguerra ha rimesso in questione molti di questi comportamenti e situazioni, giungendo a capovolgere la loro valutazione nella maggioranza della popolazione e nelle leggi. Si è avuta così per stare agli esempi accennati, la legalizzazione del divorzio la diffusione, ad opera dello stesso Stato, della contraccezione, la legalizzazione dell’aborto.
Nel vivace dibattito che ha sempre accompagnato ognuno di tali capovolgimenti, non poche modalità si sono puntualmente ripresentate, con una costanza che non può non essere significativa. Tra queste “costanti”, c’è stata quella di vedere prospettata una duplice morale: una, valida solo per i cattolici, l’altra per i “laici”, o non-credenti.
Ha finito così col prendere piede l’idea che la condanna morale del divorzio, della contraccezione e dell’aborto, sia una posizione che può avere giustificazioni unicamente sulla base e all’interno della fede; vale, dunque, solo per i credenti. I non credenti perciò (è stato detto e ripetuto) hanno tutto il diritto di pensarla diversamente e di comportarsi di conseguenza. E lo Stato deve rispettare tale diritto. Si è arrivati quindi a ritenere indebita l’azione dei cattolici impegnati in politica, quando hanno cercato di impedire l’approvazione di leggi che consentono, ad esempio, o il divorzio o l’aborto.
Nei loro discorsi, posizioni, iniziative, si è voluto vedere addirittura una volontà di sopraffazione, cioè un voler imporre leggi e norme “cattoliche” anche a quanti non sono e non vogliono essere cattolici. Si è pure denunciato, come indebita e intollerabile ingerenza, ogni intervento in materia da parte del Magistero ecclesiale, sia del Sommo Pontefice sia dell’Episcopato italiano.
La creazione di una simile spaccatura ha reso impossibile un vero dialogo tra posizioni divergenti. Una spaccatura che suppone, sul piano dottrinale, l’affermazione che non esiste, neppure a livello di valori umani fondamentali, una morale semplicemente umana, valida per tutti gli uomini, perché scaturisce da la comune natura umana, indipendentemente da elementi conoscibili solo per le vie sovrarazionali della rivelazione divina e della fede.
Ad approfondire ulteriormente il fossato è intervenuto un altro fattore: l’aspetto politico di ognuno di quei problemi ha finito per diventare non solo preminente, ma totalizzante, fino ad oscurare gli altri aspetti a cominciare da quello specificamente etico. A problemi di tanta gravità e importanza, quali il divorzio e l’aborto, in cui sono in gioco i valori fondamentali della convivenza umana, cioè la vita e l’amore, non poteva capitare disavventura peggiore. Una volta visti, infatti, come problemi di politica, se ne sono impossessati i partiti con tutte le conseguenze che questo comporta. Prima fra tutte, quella di vedere affrontati i problemi, con soluzioni già ideologicamente precostituite, con la sola volontà di avere partita vinta sugli avversari, con quella partigianeria e passionalità che è l’esatto o posto della serena e seria ricerca di soluzioni fondate su una approfondita conoscenza dei termini reali del problema, dell’esperienza già fatta da altri Stati (preziosa per risparmiare alla nazione di ripercorrere stupidamente vie già risultate erronee e dannose), tutto il contrario, insomma, di una ricerca sincera della verità e dell’autentico bene comune.
Sta ora venendo avanti un altro problema, non meno grave, perché ancora una volta è in gioco un valore primario, quello della vita. Il problema che si prospetta è quello della legittimazione dell’eutanasia. Anche se qualche progetto di legge è stato presentato, il problema non è ancora entrato nel campo infido della lotta politica tra i partiti. E ancora possibile, perciò, affrontarlo con tutta la pacatezza e la serietà necessaria.
Inoltre, nel tentativo di evitare, prevenendolo, che si crei anche qui il fossato tra “cattolici” e “laici”, mi propongo di trattare il problema anzitutto, e prevalentemente, su un piano puramente razionale, quello della Bioetica. Su questo piano, come è noto, il confronto tra studiosi di diversa estrazione, compresa quella cattolica, è un dato di fatto, collaudato e istituzionalizzato in quasi tutti gli Stati moderni, a tutti i livelli, da quelli di un Istituto Ospedaliero o di una Università, a quello nazionale e internazionale. E’ del dicembre 1989 il
primo Simposio di Bioetica, promosso dal Consiglio d’Europa, a Strasburgo.
Porrò solo al termine, come ultimo e più breve capitolo, l’esposizione della dottrina della Chiesa cattolica in tema di eutanasia.
L’obiettivo che mi propongo è semplicemente quello di offrire un aiuto a riflettere, con serena serietà, su un problema che già oggi entra, come problema drammaticamente concreto in molte famiglie, e che un numero crescente di persone finirà per incrociare sul proprio cammino, con soluzioni umane, oppure disumane, anche in base a leggi alla cui elaborazione è ancora possibile dare un contributo responsabile.
[Tratto da: http://utenti.lycos.it/armeria/Eutanasia_indice.html ]

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