B. ANDREA CARLO FERRARI (1850-1921)

Don Giovanni Rossi, suo segretario, attestò di lui: “Non lo vidi mai un istante inoperoso: o pregava o scriveva o parlava”. “Sue prerogative erano: la proprietà in tutto, l’ordine in ogni cosa, la celerità dei mezzi”. “Suo motto era: “Fare molte cose e farle tutte bene””. A chi si lamentava della nequizia dei tempi, rispondeva: “Lamentarsi è inutile; bisogna fare, fare,  fare!” oppure: “Ad ogni iniziativa cattiva opporne un’altra buona”. A nessuno dava del tu e tanto nelle circostanze più solenni quanto nei momenti più intimi, con il suo contegno non indulgeva mai a familiarità. Secondo Don Rossi, quest’uomo, che visse un programma tutto di umiltà e di nascondimento, non palesò mai al di fuori, a chicchesia, le stupende meraviglie della sua vita interiore”.

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Sì, c’importa la famiglia

Le recenti modifiche del Codice civile in tema dì diritto matrimoniale, approvate il 29 (divorzio anche dopo tre mesi) e 30 giugno (matrimonio di coppie omosessuali) dal Parlamento spagnolo, hanno suscitato opposizione nelle Chiese e comunità religiose del paese, e un’ondata di proteste culminate nella manifestazione del 18 giugno promossa dall’associazione Forum per la famiglia.

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B. GIOVANNA FRANCESCA della VISITAZIONE (1843-1888)

Poiché diffidava di se stessa, la beata, prima di prendere una decisione importante, chiedeva abitualmente consiglio a chi la dirigeva e persino a Don Bosco. Il canonico Nicco non condivideva la sua idea che l’Istituto dovesse vivere soltanto di questua e delle offerte dei benefattori. Su questo punto Madre Giovanna Francesca fu irremovibile come S. Chiara d’Assisi con le “Damianite”. Un giorno fu trovata in un angolo della casa che esclamava piangendo: “Signore, dammi un’anima che mi comprenda, mandami un sacerdote che mi aiuti!” Costretta a sostenere da sola il suo punto di vista più volte fu udita dire: “Dovessi cominciare dieci, cinquanta volte l’istituzione la comincerei perché sono sicura che è voluta da Dio”. (altro…)

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Il processo di Giordano Bruno e l’Inquisizione

  • Categoria dell'articolo:Apologetica

Di Matteo d’Amico
L’articolo è tratto da KOS, rivista dell’istituto universitario scientifico san Raffaele, numero 178 del luglio 2000
http://www.sanraffaele.org/Home/Ufficio_Stampa_-_HP/Editoria/KOS/index.html

Le ragioni di un mito
Si è da poco celebrato il quattrocentenario della morte di Giordano Bruno, arso in piazza Campo de’ Fiori la mattina del 17 febbraio 1600, e numerosissimi interventi di storici, filosofi e teologi hanno accompagnato questo anniversario con riflessioni volte a chiarire ancor meglio il senso complessivo della sua figura e del suo pensiero.

In effetti non molti altri protagonisti della cultura moderna hanno visto accendersi intorno a sé un dibattito critico intenso come quello che si è svolto attorno alla figura di Bruno. Molteplici i motivi di questo interesse oltre, ovviamente, a quelli derivanti dal valore del suo pensiero. In età risorgimentale Bruno è lentamente divenuto un “caso”, utilizzato dalle forze laiche e liberali di ispirazione massonica (come è noto erano affiliati a logge della massoneria molti dei protagonisti del Risorgimento, da Mazzini, a Cavour, a Garibaldi, a Crispi, etc.) come elemento di punta in quella accesissima battaglia anticlericale e antipapista che accompagna e segue il processo che conduce all’unità d’Italia. Lo Stato Pontificio rappresenta infatti un ostacolo formidabile sulla via dell’unificazione della penisola e, anche dopo la presa di Roma nel 1870, il Vaticano continua ad essere sentito come un insidioso nemico, da combattere con ogni mezzo. E’ in questo clima di latente “guerra civile” che sorge e trova alimento il mito di Bruno come martire del libero pensiero, presentato come un vero e proprio Socrate moderno, morto per non tradire le sue idee e per difendere il diritto al libero esercizio della ricerca filosofica, al quale saranno intitolate innumerevoli logge e onorificenze massoniche sia in Italia, che all’estero. Precedentemente a questo mito ne era sorto un altro ad esso speculare, sulla scorta delle invettive di Voltaire e degli illuministi nonché del successivo giacobinismo europeo, ovvero quello della Chiesa Cattolica come di una istituzione retriva e biecamente conservatrice, che trova la sua essenza ben rappresentata da una sua particolare istituzione : il tribunale inquisitoriale. La settecentesca “leggenda nera” dell’Inquisizione diventa così lo scenario ideale su cui si staglia ancor più nettamente la modernità di Bruno : il suo diventa lo scontro fra i lumi della ragione e la presunta barbarie e l’oscurantismo ecclesiastici. Leggenda nera che va considerata appunto tale in quanto i dati relativi alle condanne alla pena capitale, ad esempio nella città di Roma, ammontano in totale a 97 persone per il periodo che va dal 1542, quando l’Inquisizione viene nuovamente istituita, al 1761 : una media di meno di una condanna ogni due anni, che basta a far comprendere con quanta moderazione e prudenza procedesse l’istituzione che doveva difendere il cattolicesimo dal pericolo rappresentato dall’eresia protestante.

Fortunatamente negli ultimi decenni gli studiosi del filosofo di Nola (questa la città in cui Bruno nasce nel 1548) hanno saputo illuminare con grande acume molti aspetti della sua vita e del suo pensiero, andando oltre la tradizionale immagine retorica ed agiografica, ed evitando di utilizzarlo in una battaglia ideologica anticlericale sterile quanto scontata. Si sono inoltre enormemente arricchiti gli studi sull’Inquisizione, e possiamo perciò dire di avere tutti gli elementi per comprendere in modo rinnovato lo scontro che ha opposto, nell’ultimo decennio del Cinquecento, Bruno alla Chiesa.

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La psicanalisi; Psicanalisi e pedagogia.

Si può osservare che la capacità di Freud di concentrarsi nello studio di un problema e di seguire sino all’esasperazione i fili interpretativi che gli si presentano, si riflette su tutta la costruzione dottrinale, impartendole un carattere unilaterale e chiuso. Partendo da un campo di osservazione piuttosto limitato (lo studio delle psiconervosi) e stabilito il carattere attivo dell’Inconscio, la p. si volge a scoprire l’Inconscio in tutte le forme dell’attività psichica, come, fissato il principio della libido e della repressione, lo impiega per spiegare qualunque fatto umano. (altro…)

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B. EMANUEL DOMINGO y SOL (1836-1909)

Questo infaticabile sacerdote, fondatore dell’Istituto secolare detto dei Sacerdoti Operai Diocesani del S. Cuore, non trascurava il suo personale perfezionamento specialmente nell’esercizio del distacco dalle dignità, dagli uffici onorifici e dalle comodità della vita. Nel 1871 volle farsi terziario francescano e praticare in maniera più evangelica la virtù della povertà. Si servi dei beni che aveva ereditato per aiutare in mille diverse maniere poveri vergognosi, le vedove e gli orfani, i malati, gli sfrattati, gli indebitati, le religiose senza dote o inferme, o conventi privi di risorse. (altro…)

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S. FRANCESCO DI SALES (1567-1622)

Il santo liberamente si offerse per la conversione dei 30.000 abitanti del Chiablese, passati nel 1536 al calvinismo. Si dedicò a quella missione apostolica, sollecitata dal bellicoso duca di Savoia, Carlo Emanuele I (1562-1630), con giovanile entusiasmo, insieme con il cugino canonico Luigi di Sales. Per i primi tre anni non ebbe quasi uditori, di modo che fu costretto a scrivere e a far stampare, su fogli volanti, le verità più conculcate della fede che, riuniti nel 1672, diedero origine alle Controversie. Risalgono pure a quel tempo La Difesa dello stendardo della S. Croce, un Trattato sulla demonomania e varie dissertazioni, sermoni, lettere e memorie. Nonostante la scarsezza dei frutti, gl’insistenti richiami del padre e i ripetuti attentati alla sua persona, Francesco perseverò nella predicazione tra inaudite sofferenze.

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