A dodici anni Caterina, con il permesso del confessore, fece il voto di ubbidienza, di non fissare in volto persone dell’altro sesso, di non andare a letto senza aver fatto prima la meditazione, di non commettere peccati veniali deliberati e di esercitarsi ogni giorno nella pratica dell’umiltà. Tuttavia le fu proibito di dormire per terra, di andare leggermente vestita d’inverno per sentire il freddo, di mangiare soltanto pane e acqua per portare la sua porzione di carne ai malati. Ogni giorno diventava sempre più seria, pensosa e raccolta con l’idea fissa nella mente di farsi santa. Scrisse nell’autobiografia: “Era una voce potente quella che mi chiamava. Mi dava grande pena tutto ciò che non tendeva a Dio e alla pratica della virtù; provavo come una specie d’agonia nelle conversazioni della sera… Mio babbo mi chiamava il piccolo leone, la fiera, la romita, e io provavo gran pena perché non comprendevano e non mi lasciavano libera da tante ciarle inutili”.
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