Prof. A. Torresani. 6. 1 Gli Arabi prima di Maometto; 6. 2 Grande è Allah e Maometto è il suo profeta; 6. 3 I primi califfi; 6. 4 L’espansione dell’Islam in Africa e in Europa; 6. 5 Gli Arabi in Italia; 6. 6 Cronologia essenziale; 6. 7 Il documento storico; 6. 8 In biblioteca
Cap. 6 La formazione dell’impero arabo
Nel VII secolo le tribù arabe toccarono un alto livello di instabilità politica, trovando nella predicazione religiosa di Maometto l’energia che permise la formazione di una nuova potenza mondiale.
Gli Arabi abitavano da tempo immemorabile nella penisola arabica che per gran parte è un deserto ai confini tra due grandi imperi, quello bizantino e quello persiano. L’attività economica principale era costituita dal commercio, dall’allevamento di bestiame (dromedari, cavalli, pecore), dall’agricoltura lungo la costa del Mar Rosso e dalla produzione di incenso che da sempre aveva costituito una voce attiva del commercio arabo. Ogni tribù aveva proprie tradizioni religiose, nel complesso piuttosto primitive. La legge era quella tribale, rigorosamente osservata. Alla Mecca, posta quasi al centro delle strade carovaniere, esisteva un antico centro religioso: ogni anno era proclamata una tregua sacra nel corso della quale molti Arabi si recavano alla Mecca in pellegrinaggio e per affari.
Maometto crebbe alla Mecca: fin da giovane si sentì investito di una missione profetica per proclamare che Allah è il solo Dio. Agli inizi incontrò notevoli difficoltà, risolte solo con la partenza dalla Mecca per Yatrib (Medina), dove la sua predicazione ebbe maggiore successo. Dopo qualche anno fu in grado di muovere alla conquista della Mecca. Il tempo del suo trionfo durò poco perché già nel 632 morì. Il suo movimento fu tenuto in vita dai discepoli Abu Bekr, Omar, Othman e Alì che guidarono un impetuoso dilagare degli Arabi in Mesopotamia, in Persia, in Egitto, sconfiggendo bizantini e persiani. L’unificazione politica di tanti territori fece sorgere problemi enormi: Alì, cugino e genero di Maometto, riuscì per breve tempo a far trionfare un ideale teocratico, ma fu sconfitto dalla reazione nazionalistica guidata dalla tribù degli Omayyadi che trasferì il suo centro di potere a Damasco. Dopo poco meno di un secolo, nel 750 trionfò l’internazionalismo religioso degli Abbasidi che trasferirono la capitale più a Oriente.
L’espansione araba fu irresistibile nell’Africa settentrionale e in Spagna, ma nel 732 a Poitiers si infranse il tentativo di occupare tutta l’Europa. Anche nei confronti di Costantinopoli furono compiuti tentativi di assedio, ma la città del Bosforo resistette.
6. 1 Gli Arabi prima di Maometto
La penisola arabica forma un irregolare quadrilatero sabbioso che degrada dalle montagne costeggianti il Mar Rosso fino alla costa del Golfo Persico.
Situazione geografica Le zone montagnose lungo le coste ricevono dai monsoni acqua sufficiente per l’agricoltura: nello Yemen, nell’Hadhramaut, nell’Higiaz, nell’Asir e nella regione di Oman si formarono comunità di agricoltori dediti soprattutto alla coltivazione di palme da datteri, i cui frutti rimasero per secoli la principale risorsa alimentare. L’incenso e la mirra rappresentavano il prodotto di scambio più richiesto dai paesi del Mediterraneo. Il trasporto di quei prodotti favorì la formazione di grandi piste carovaniere che dal sud dell’Arabia giungevano fino a Damasco. L’animale che permetteva tali spostamenti era il cammello, l’altra grande risorsa dei nomadi arabi. Il cammello forniva latte, carne, combustibile (lo sterco seccato al sole), le tende.
Sfruttamento del deserto Come è facile immaginare, gli Arabi avevano un tenore di vita sobrio, del tutto adattato alle caratteristiche dell’ambiente. Gli spostamenti avvenivano da un’oasi all’altra per attingere acqua dai pozzi e sempre in carovana per parare gli assalti dei predoni.
Nomadismo La penisola araba di permetteva la vita solo a popolazioni nomadi disperse in un immenso spazio, inoffensive all’esterno del territorio occupato finché le rivalità tribali paralizzavano le forze di ogni tribù. I movimenti delle popolazioni germaniche da una parte e di quelle arabe dall’altra sono gli avvenimenti fondamentali dell’età medievale. Gli imperi romano e persiano furono distrutti, ma fornirono il modello culturale indispensabile ai vincitori.
Crisi economica È accertato che l’Arabia già alcuni secoli prima di Maometto attraversava una grave crisi economica: la popolazione aumentava, mentre i profitti del commercio diminuivano a causa della minore richiesta dei prodotti di lusso da parte dell’Occidente. Costantinopoli e la Persia si contesero a lungo il controllo delle strade carovaniere e del commercio, ma finirono per indebolirsi reciprocamente, risultando incapaci di far fronte alla vitalità degli arabi il cui risveglio religioso fornì una superiore motivazione religiosa.
La tattica della guerriglia Da ultimo occorre fare un accenno alla tattica militare araba. Da millenni gli arabi erano avvezzi a praticare le tecniche dell’agguato, la guerra per piccoli gruppi molto mobili. Gli eserciti arabi erano formati da cavalleria leggera capace di percorrere incredibili distanze ogni giorno. Questi piccoli eserciti evitavano di scontrarsi frontalmente con la cavalleria pesante persiana e con la fanteria bizantina: mediante puntate offensive condotte in molte direzioni, disorientavano gli avversari, impedivano loro di rifornirsi, chiudendoli in situazioni prive di vie d’uscita, che obbligavano il nemico alla resa. Per di più gli Arabi riuscirono a risvegliare il sopito nazionalismo copto e aramaico in Egitto e Siria, ostile per motivi religiosi a Costantinopoli: la conquista di quelle due regioni di capitale importanza non fu difficile. Notevole resistenza opposero le tribù berbere dell’Africa settentrionale che accettarono l’islamismo solo a patto di mantenere la loro sostanziale indipendenza. Maggiore resistenza oppose l’elemento persiano in possesso di una superiore civiltà, ma inferiore agli Arabi sotto il profilo religioso: i Persiani, come i Drusi, sono indeuropei e si convertirono all’islamismo sotto una peculiare configurazione (sciismo), una sorta di rigorismo intollerante giunto fino ai nostri giorni, entrando in conflitto con l’ortodossia sunnita. In ogni caso, la strepitosa espansione degli Arabi divenne possibile in seguito alla predicazione di Maometto, il creatore della terza grande religione monoteista del mondo, l’islamismo che presenta innegabili somiglianze con ebraismo e cristianesimo.
6. 2 Grande è Allah e Maometto è il suo profeta
È difficile tracciare un profilo biografico di Maometto perché quasi tutte le fonti sono musulmane e quindi a lui favorevoli, mentre le poche fonti non musulmane gli sono ostili senza alcun tentativo di comprendere la sua personalità.
Il Corano La fonte principale rimane il Corano che raccoglie in 114 sure o capitoli di varia lunghezza le rivelazioni religiose di Maometto, trasmesse oralmente ai primi discepoli e raccolte in volume due anni dopo la morte del profeta. Tutte quelle rivelazioni sono sicuramente di Maometto, ma non seguono un ordine cronologico e perciò presentano notevoli difficoltà di interpretazione, perché spesso la stessa sura deriva dall’aggregazione di frammenti risalenti a diverse epoche con allusioni chiare per i contemporanei, indecifrabili per chi viene dopo. Occorre perciò ricorrere alla tradizione musulmana che però ha cercato di rendere coerenti tanti aspetti all’origine contraddittori.
Ghassanidi filoromani e Lakhmidi filopersiani Poco si sa dell’Arabia prima di Maometto divisa in tribù piccole o grandi, il cui capo era l’unica autorità riconosciuta. Spesso le piccole tribù sparivano assorbite da qualche tribù più potente e sedentarizzata come era quella dei Ghassanidi, posti a Oriente della Palestina e formanti per secoli un regno vassallo dell’impero romano, o per i Lakhmidi posti lungo l’Eufrate e vassalli dell’impero persiano. Quando Maometto iniziò la sua predicazione queste due potenti tribù si erano dissolte e l’Arabia stava attraversando il suo più acuto periodo di disfacimento politico. Molti Arabi, tuttavia, avevano avuto notizie sulla religione e sull’organizzazione politica dei loro vicini. Dal sud, dall’Abissinia, arrivavano scorrerie di predoni cristiani copti e alcune tribù dello Yemen e di Medina professavano la religione ebraica; in maggioranza però gli Arabi erano rimasti idolatri.
La Mecca La Mecca era da tempo immemorabile il centro del paganesimo arabo. Nel santuario chiamato Kaaba (il cubo) erano conservati gli idoli tribali e nel territorio circostante non si doveva spargere sangue. In certi giorni dell’anno La Mecca diveniva meta di pellegrinaggi e i visitatori erano ospiti della città: anche i membri delle tribù rivali dovevano sospendere i conflitti.
I Quraish Nel VI secolo gran parte degli abitanti della Mecca appartenevano alla tribù dei Quraish. Il territorio che circonda La Mecca è sterile e perciò l’unica attività economica era il commercio dal quale i Quraish ricavavano grandi profitti: era nel loro interesse impedire che qualche evento turbasse una situazione vantaggiosa per i capi della Mecca.
Vita di Maometto Intorno al 570 alla Mecca nacque Maometto (Muhammad) appartenente a un clan non particolarmente insigne. I genitori di Maometto morirono presto e perciò il futuro profeta fu affidato prima al nonno e poi allo zio Abu Talib che non erano ricchi. Verso i 24 anni d’età entrò al servizio, in qualità di cammelliere, della ricca vedova Khadigia e in seguito la sposò. I viaggi di Maometto furono coronati da successo perché ben presto egli divenne amministratore dei beni di Khadigia.
Le fonti di ispirazione di Maometto Non si sa quando iniziarono le meditazioni religiose di Maometto, ma è certo che all’inizio non apparvero totalmente nuove. Poiché non conosceva lingue straniere e forse non sapeva leggere e scrivere, si deve supporre che le fonti di ispirazione di Maometto siano state orali e perciò sfuggono all’analisi dello storico. Poiché alla Mecca non c’erano colonie stabili di ebrei o di cristiani, è lecito supporre che le fonti di Maometto siano state quei mistici arabi insoddisfatti del paganesimo approdati al monoteismo a seguito di una personale esigenza intellettuale e religiosa.
Esperienza religiosa di Maometto Ben poco si sa anche delle prime rivelazioni religiose di Maometto, ma le fonti sono concordi nell’affermare che egli praticò il digiuno e la veglia, ossia imitò gli asceti cristiani dei quali ebbe notizia, come anche del profondo influsso esercitato dagli asceti cristiani sul popolo. Maometto fu un vero temperamento religioso che cercava l’assoluto e che, pur senza disporre di grandi conoscenze, è approdato a una grande concezione monoteista secondo la quale Allah è l’unico vero Dio, lo stesso di ebrei e cristiani, che tuttavia Maometto ritenne di aver liberato da ogni residuo pagano. Maometto si considerava l’ultimo profeta dopo Abramo, Mosè e perfino Cristo.
Concezione morale di Maometto In campo morale Maometto superò il codice pagano basato sull’obbligo della vendetta intesa come riparazione dell’offesa fatta all’intera tribù cui appartiene l’offeso: egli intuì che il perdono delle offese è un principio più elevato della vendetta, ma comprese anche che era difficile far superare a tutto un popolo i suoi miti: perciò molte norme morali del Corano appaiono come compromessi.
La vita futura secondo Maometto Totalmente nuova per gli Arabi fu la concezione del giudizio finale e della vita futura, oltre che la resurrezione della carne, una concezione chiaramente cristiana. Maometto descrive le ricompense del paradiso con una esuberanza di particolari che doveva fare un’enorme impressione sugli Arabi.
La fede musulmana I primi discepoli del profeta avevano regole di vita molto semplici: si astenevano dall’idolatria e da pratiche immorali come l’adulterio e l’infanticidio. Semplici anche le regole del culto, ridotte ad alcune preghiere giornaliere secondo formule prescritte da Maometto. Per far capire che Allah era lo stesso Dio degli Ebrei ordinò che la preghiera venisse effettuata rivolgendosi a Gerusalemme. Per molto tempo la predicazione di Maometto non ebbe successo: lo seguivano solo poche persone appartenenti ai ceti più umili. Alcuni membri della sua famiglia gli furono fieramente ostili. Gli avversari della nuova religione non erano fanatici, erano persone che non riconoscevano alcuna autorità a un uomo venuto su dal nulla e che rischiava di compromettere una situazione economica vantaggiosa. La resistenza dei capi della Mecca fu tanto forte da costringere Maometto a far importanti concessioni, per esempio era nella direzione della Mecca che bisognava inginocchiarsi per pregare e la Kaaba, il santuario del paganesimo, doveva essere il centro anche del nuovo culto, conservando il pellegrinaggio alla Mecca.
Difficoltà della nuova fede I più consideravano Maometto un pazzo, oppure un “poeta” che per gli antichi arabi equivaleva a mentitore. Il clan di Maometto, anche se lo trovava scomodo, gli doveva protezione e la sua uccisione avrebbe scatenato una faida che anche gli avversari temevano. I discepoli di Maometto, meno protetti dalle relazioni famigliari, fuggirono dalla Mecca.
Conversione di Omar In questo periodo avvenne la conversione di Omar, un giovane dotato di talento politico, il quale si era opposto alla nuova religione per poi divenirne un acceso sostenitore: si poneva a pregare davanti alla Kaaba, dando un esempio trascinante. I capi Quraish decisero di offrire al clan di Maometto la possibilità di scegliere tra l’espulsione di Maometto dal clan stesso, o di lasciare tutti insieme la Mecca.
La predicazione di Maometto si espande Poco dopo questo episodio Maometto perdette la moglie Khadigia e lo zio Abu Talib: la nuova situazione personale lo indusse a lasciare la Mecca cercando rifugio nella vicina città di Taif, ma anche questa nuova situazione risultò tanto precaria da consigliargli il ritorno alla Mecca, dove rinunciò a fare proseliti tra i concittadini, dedicandosi ai numerosi pellegrini che giungevano dal resto dell’Arabia.
La situazione di Medina Nel 620 alcuni abitanti di Yatrib, più tardi nota col nome di Medina che significa “la città”, distante dalla Mecca circa 300 chilometri verso nord, accolsero il suo insegnamento. Gli abitanti di Medina erano dediti soprattutto all’agricoltura. A Medina gli abitanti erano in maggioranza seguaci della religione ebraica anche se per lo più erano di stirpe araba. Tuttavia il potere locale era nelle mani di due clan pagani, gli Aus e i Khazrog. Verso il 616 gli Aus erano riusciti a battere con l’aiuto degli ebrei i Khazrog, ma la situazione era ancora molto fluida e gli interessi economici esigevano che si arrivasse a una pacificazione definitiva. Quando alcuni abitanti di Medina vennero a contatto con Maometto pensarono che uno straniero il quale predicava una dottrina simile a quella ebraica poteva operare nella loro città la pacificazione su basi accettate da tutti.
L’Egira I contatti durarono due anni e finalmente nel 622, nel corso del pellegrinaggio avvenne l’incontro tra 70 medinesi e Maometto: ai medinesi Maometto chiese di proteggerlo dagli attacchi dei nemici come avrebbero fatto per un loro congiunto. Ottenuta questa promessa Maometto fece emigrare i suoi discepoli a Medina e poi, quando conobbe la favorevole accoglienza, partì anch’egli con Abu Bakr e Alì all’inizio dell’autunno del 622: è la famosa higra che nelle lingue europee compare come égira, l’inizio del calendario musulmano.
Maometto si rifugia a Medina A Medina Maometto fu accolto con entusiasmo e un poco alla volta la sua influenza crebbe al punto di divenire il capo incontrastato della città. Anche a Medina sorsero difficoltà: c’erano gli “ipocriti”, coloro che provavano gelosia verso il profeta e soprattutto c’erano gli Ebrei che rifiutavano di riconoscere in Maometto un profeta.
Inizia il conflitto tra islamici ed ebrei Nel 624 il conflitto tra islamici ed ebrei divenne palese e a quell’anno risale l’ordine di pregare rivolti alla Mecca invece che a Gerusalemme. Gli abitanti di Medina si dichiararono membri di una sola comunità e ogni lite doveva esser composta davanti “ad Allah e a Maometto”. A Medina Maometto consegnò ai suoi fedeli un codice perché erano cresciuti di numero: la maggior parte del Corano è dedicata a disposizioni giuridiche che spesso appaiono in contrasto le une con le altre essendo state emanate in tempi diversi, col tacito accordo che le disposizioni più recenti abrogavano le più antiche. Dal momento che tutte le parole di Maometto erano fissate nella memoria ma senza indicazioni cronologiche, le contraddizioni sono rimaste, dando da fare ai commentatori successivi.
Preghiera digiuno pellegrinaggio Tra le leggi di carattere liturgico c’è l’obbligo della preghiera cinque volte al giorno, l’obbligo della preghiera pubblica il venerdì, il digiuno dall’alba al tramonto nel mese di Ramadan e il pellegrinaggio annuale alla Mecca. Poi furono emanate leggi sui cibi permessi e quelli vietati, attinte in gran parte alla tradizione ebraica, con in più il divieto delle bevande alcoliche.
La tassa dei poveri Tra le leggi fiscali c’è l’obbligo della tassa dei poveri, riscossa presso tutti i credenti e destinata in origine al mantenimento dei poveri, in seguito devoluta allo Stato. Tutti i musulmani atti alle armi dovevano accorrere al bando di arruolamento e perciò ogni guerra degli arabi divenne “guerra santa”.
Schiavitù e poligamia Per quanto riguarda le leggi civili e penali Maometto si conformò agli antichi istituti e usanze presenti da tempo immemorabile in Arabia. La schiavitù e la poligamia non furono inventate da lui e con tutta probabilità non sarebbe stato ascoltato se avesse cercato di abolirle.
Prime vittorie dei musulmani Durante il periodo di Medina Maometto sposò alcune donne, la più famosa delle quali fu Aisha, figlia di Abu Bakr, che ebbe grande ascendente su Maometto e poi una funzione politica accentuata anche sotto i successori. I primi tempi della vita a Medina furono duri. Per risolvere il problema Maometto decise di organizzare razzie ai danni delle carovane della Mecca: ci furono alcuni successi con ingente bottino. A Badr avvenne un importante scontro tra medinesi e meccani concluso con la vittoria dei medinesi: la battaglia può sembrare insignificante dal punto di vista militare, ma nel Corano è affermato che la vittoria si doveva attribuire a un intervento degli angeli, ossia a un miracolo, l’unica cosa che mancava al profeta per giustificare la sua missione.
Medina si converte all’islamismo A partire da quel momento la popolazione di Medina divenne islamica e la politica di Maometto da difensiva divenne offensiva, anche perché la sua fede nella speciale santità della Mecca aumentò in luogo di diminuire durante il periodo medinese. Il nuovo obiettivo divenne perciò la conquista della Mecca e la distruzione degli idoli della Kaaba.
Trattative con la Mecca Nel 628 Maometto indisse un grande pellegrinaggio alla Mecca per l’anno dopo: il profeta e i suoi discepoli, disarmati, sarebbero entrati nella Mecca rimanendovi tre giorni. L’accordo prevedeva anche la tregua di dieci anni.
Pellegrinaggio alla Kaaba Nel 629 Maometto compì il pellegrinaggio alla Kaaba, ancora piena di idoli, insieme con 2000 seguaci: in quella occasione Khalid e Amr, due influenti capi, si convertirono, divenendo in seguito i più famosi generali musulmani.
Conquista della Mecca Nel gennaio 630 Maometto si accampò con una grande armata nei pressi della Mecca i cui abitanti si chiusero in casa permettendo l’ingresso in città dei musulmani. Maometto fece proclamare l’amnistia generale. Gli idoli della Kaaba furono distrutti e i dipinti cancellati: fu conservata solo la pietra nera che faceva parte del muro della Kaaba, oggetto di straordinaria venerazione da parte dei pellegrini. In una Sura del Corano Maometto disse che la Kaaba era stata edificata da Abramo e che i riti praticati erano di origine divina, anche se corrotti dalla malvagità umana.
Morte di Maometto Per il 632 era stata prevista una nuova spedizione contro i Bizantini, ma il 7 giugno il profeta morì. La persona di Maometto è difficile da valutare: come si è visto la sua dottrina mostra profonde relazioni con ebraismo e cristianesimo, risultando originale solo per la sua perfetta aderenza alle esigenze proprie degli Arabi. Maometto era un profeta armato e perciò ebbe successo immediato, ma possedeva anche notevoli qualità che gli assicurarono la fedeltà dei seguaci.
6. 3 I primi califfi
La morte del profeta sconcertò i seguaci che non avevano preso in considerazione quell’evento. I collaboratori più vicini, Abu Bakr e Omar, invece, agirono con tanta accortezza da far pensare che si fossero preparati a quel momento. Infatti era necessario evitare che il particolarismo arabo avesse il sopravvento.
Abu Bakr Abu Bakr era il suocero e il più onorato dei compagni di Maometto fin dall’inizio del movimento islamico e perciò fu proclamato rappresentante (Khalifa, califfo) del profeta. La scelta fu felice, ma Alì, cugino e genero di Maometto, mostrò il suo disappunto facendo seppellire il cadavere del profeta sotto il pavimento della stanza in cui era morto per impedire che Abu Bakr guidasse la grande processione funebre che lo avrebbe consacrato successore di Maometto agli occhi di tutti. Alcune tribù si distaccarono dalla confederazione araba e fu necessario sottometterle con la forza nel corso di una dura guerra.
Khalid A Khalid fu affidato il compito di spezzare la resistenza delle tribù dell’Arabia centrale: sotto il suo comando si misero coloro che intravedevano nella guerra il mezzo per arricchire. Le vittorie di Khalid provocarono problemi di frontiera con la Siria e il governo del califfo fu ben lieto di incanalare in quella direzione le tribù d’Arabia.
Inizio delle guerre di conquista Fu invaso anche l’Iraq, ma la direttrice principale appariva quella della Siria. Khalid iniziò la conquista dell’Iraq per avere le spalle coperte nella successiva spedizione in Siria. Egli fece venire volontari da tutta l’Arabia e iniziò un grande raid attraverso l’oasi di Palmira fino in Siria. L’attacco aveva colto l’impero persiano in un momento di crisi, subito dopo l’avvento al trono di Yezdegerd che solo con ritardo fu in grado di organizzare una spedizione contro Khalid, approfittando della morte di Abu Bakr (634) e delle difficoltà in cui si trovava il nuovo califfo Omar.
Omar Le truppe arabe furono sconfitte e Omar fu costretto a preparare truppe per una nuova invasione dell’Iraq. Certamente le tribù arabe cristiane favorirono l’invasione islamica ai danni degli imperi romano e persiano per motivi economici e religiosi: nel caso dell’impero persiano si trattava di combattere contro pagani; nel caso dell’impero bizantino il motivo più impellente fu la grave crisi finanziaria che costrinse l’imperatore Eraclio a sospendere i tributi alle tribù arabe vassalle dell’impero.
Conquista della Palestina Nel 634 fra Gerusalemme e Gaza l’esercito bizantino fu rovinosamente sconfitto da Khalid e quasi tutta la Palestina rimase in mano agli Arabi. Il successo delle operazioni in Palestina e Iraq convinsero Khalid e Amr, ma soprattutto il califfo Omar che era necessario coordinare le decisioni militari per passare dalla fase di scorrerie all’occupazione stabile dei nuovi territori. Poiché le truppe dell’imperatore Eraclio si erano ritirate a Damasco, gli Arabi si affrettarono a percorrere la valle del Giordano e nel 635 sconfissero i Bizantini, ma non furono in grado di occupare Damasco. Dopo alcuni mesi, tuttavia, Damasco si arrese. Khalid proseguì la sua avanzata conquistando Emesa: resistevano solo Gerusalemme, Cesarea e le città della costa.
Battaglia dello Yarmuk Eraclio allestì febbrilmente un nuovo esercito, concentrato ad Antiochia ed Edessa, mettendo in difficoltà Khalid, costretto ad abbandonare Damasco per collocare le sue truppe nella regione a est del Giordano, nella valle dell’affluente Yarmuk. I due eserciti si fronteggiarono a lungo, poi nell’esercito bizantino scoppiarono disordini seguiti dalla diserzione di mercenari arabi. Khalid chiuse gli avversari in una posizione difficile e infine, il 20 agosto 636, distrusse l’esercito bizantino. Il destino della Siria e della Palestina fu deciso per sempre. Tra il 638 e il 640 furono occupate le città che ancora resistevano, Gerusalemme e Cesarea. Nel 640 Omar visitò Gerusalemme dove proprio sull’area del tempio ebraico fu deciso di erigere la Cupola della roccia, la moschea che ancora esiste.
Conquista dell’Iraq In direzione dell’Iraq, dopo la battaglia dello Yarmuk, fu possibile concentrare le forze arabe che sconfissero i Persiani a ovest dell’Eufrate (637): ormai nulla impediva l’invasione delle fertili terre irachene. Gli Arabi arrivarono fino al Tigri: Ctesifonte aprì le porte permettendo un bottino favoloso. La capitale della nuova provincia araba non fu posta a Ctesifonte, bensì più a sud, ad al-Kufa che divenne la roccaforte dell’arabismo contro i Persiani.
Emigrazione araba A questo punto anche le tribù arabe ostili all’islamismo decisero di trasferirsi nei ricchi territori conquistati adatti all’agricoltura stabile, ma questo esodo significò anche che l’impero arabo non si considerava più espressione politica di Medina, bensì un impero arabo universale dotato di numerosi centri politici, lasciando a Medina e La Mecca solo il primato religioso. Nel 641 la conquista dell’Iraq fu completata con l’occupazione di Mossul.
Conquista della Persia Anche la conquista dell’Iraq fu abbastanza facile, ma più a Oriente delle montagne non c’erano semiti, bensì i Persiani che opposero una resistenza più tenace. Nel Bahrein fu allestita una flotta che sbarcò truppe nel Fars (Persia) dove gli Arabi riuscirono ad affermarsi dopo accanita resistenza, procedendo poi nella direzione del Khorasan. La conquista richiese dieci anni per superare la resistenza persiana.
Conquista dell’Egitto Dopo la conquista della Siria, della Palestina e dell’Iraq la preda più attraente risultava l’Egitto, un paese vicinissimo all’Arabia, indispensabile per rafforzare le recenti conquiste e per avere il grano necessario alle crescenti necessità di Medina. Le condizioni interne dell’Egitto apparivano critiche. I monofisiti erano ostili ad Eraclio per motivi religiosi ed economici date le sue impellenti necessità finanziarie. Il patriarca Ciro era anche governatore del paese, concentrando su di sé l’astio egiziano. Il conquistatore dell’Egitto fu Amr, una grande mente politica. Nel 640 Amr conquistò Pelusio. Sei mesi dopo, Amr vinse la battaglia di Heliopolis, conquistando Babilonia d’Egitto. Nel 641 Eraclio morì e la vedova Martina volle concludere l’interminabile guerra con gli Arabi: Ciro fu richiamato dall’esilio e inviato in Egitto per trattare la resa di Alessandria. Questi concordò con Amr il ritiro dei soldati in cambio della vita e dei beni degli abitanti di Alessandria. Nel corso dell’assedio della città fu incendiata la grande biblioteca. Amr rafforzò il controllo dell’Egitto con la conquista della Cirenaica. Come era avvenuto in Iraq, anche in Egitto gli Arabi preferirono edificare una nuova città, il Cairo.
Il califfo Othman Dopo la morte di Omar, avvenuta nel 644, prese il potere Othman, rappresentante della grande famiglia degli Omayyadi della Mecca che così imposero un’ipoteca sul potere politico da amministrare all’interno della loro famiglia. Il nuovo governatore d’Egitto Abd Allah si spinse fino in Nubia e poi fino a Tripoli verso Occidente: comprese la necessità di dotare l’Egitto di una grande flotta per evitare ritorni offensivi dell’impero bizantino. Nel settore navale Abd Allah unì i suoi sforzi con quelli di Muawiya, governatore della Siria, che si era impadronito di Cipro.
Sconfitta bizantina al largo della Licia Nel 655 Muawiya progettò una grande spedizione siro-egiziana contro Costantinopoli. Lo scontro tra le due flotte avvenne lungo le coste della Licia, al largo di Fenice, risoltosi in un disastro per i bizantini paragonabile a quello avvenuto sullo Yarmuk: in quella giornata furono perdute almeno 500 navi, ma anche le perdite arabe furono rilevanti e la vittoria non poté esser sfruttata con l’attacco contro Costantinopoli. Sempre nel 655 Othman fu assassinato e dopo la sua morte si accese la lotta per il califfato dell’Islam, costringendo Muawiya a una pace frettolosa coi Bizantini.
Conflitto interno per il potere Da quanto detto appare chiaramente che l’espansione araba fu travolgente, tanto da modificare stabilmente l’aspetto politico e culturale del vicino Oriente e dell’Africa settentrionale. Gli Arabi, tuttavia, furono fermati non tanto per merito di Carlo Martello o di Costantinopoli, bensì a causa dei conflitti interni della lotta per il potere sull’Islam. Omar fu il più capace dei califfi, ma fu pugnalato da uno schiavo persiano nel 644. Egli non poté indicare il successore. Nominò un consiglio di sei membri i quali dovevano designare il successore. I sei si orientarono sul debole Othman perché ciascuno pensava di poterlo manovrare per il tempo necessario a preparare la propria successione.
Ascesa degli Omayyadi Appena divenuto califfo Othman si affrettò a nominare segretario di Stato il cugino Marwan che riservò tutte le cariche importanti agli Omayyadi. Le ricchezze affluite in Arabia a seguito del sistema finanziario stabilito da Omar e conservato dai successori, contribuirono a radunare un ingente tesoro di Stato, nel quale doveva confluire il 20% del bottino di guerra e l’imposta fiscale prelevata dai nuovi sudditi, oltre che la tassa dei poveri pagata dai fedeli dell’Islam. Finché durarono le conquiste e al potere ci fu Omar, da tutti stimato, non ci furono proteste. Sotto Othman, invece, le conquiste diminuirono e il suo nepotismo scontentò tutti tranne gli Omayyadi. Per primi si ribellarono gli Arabi di al-Kufa e dell’Egitto che marciarono su Medina riuscendo nel 655 a uccidere Othman.
Alì Fra i compagni del profeta sopravvissuti, Alì sembrava il più idoneo a ereditare il califfato dell’Islam, ma costui appariva agli occhi degli Omayyadi e specialmente al più potente tra loro -il governatore della Siria Muawiya-, come il mandante dell’assassinio di Othman. Muawiya era divenuto tanto potente da poter contendere il califfato perfino al genero e cugino del profeta Alì. Nel 656, tuttavia, Alì riuscì a battere gli avversari nella cosiddetta “battaglia del cammello”, combattuta in Iraq. Da allora l’Arabia perdette la preminenza e la contesa assunse il significato politico di conflitto tra Siria e Iraq, ossia una guerra civile tra musulmani. La vittoria di Alì sarebbe stata completa se fosse riuscito a trascinare dalla sua parte l’Egitto stringendo in mezzo la Siria. Muawiya riuscì a prendere accordi con Amr, il primo conquistatore dell’Egitto che era stato messo da parte, promettendogli il governo di quel paese se si alleava con la Siria. La guerra tra Muawiya e Alì si combatté a Sittin, al confine con la Siria: quando la vittoria di Alì sembrava quasi certa Amr ebbe l’idea di far legare copie del Corano sulla punta delle lance, quasi volesse affidare al volere di Allah la conclusione del conflitto. Alì ebbe la debolezza di accettare quella sorta di arbitrato. Giudici furono designati Amr e Abu Musa. Subito alcune migliaia di soldati di Alì si separarono dal suo esercito protestando per il fatto che la decisione fosse demandata a uomini invece che ad Allah: da allora quei ribelli, chiamati Kharigiti, dettero molto filo da torcere ad Alì e ai suoi vincitori Omayyadi, provocando continue ribellioni secondo l’antico stile arabo assai vicino all’anarchia.
Morte di Alì L’arbitrato si risolse ai danni di Alì e perciò la guerra civile riprese: nel 660 Muawiya si fece proclamare califfo a Gerusalemme e all’inizio del 661 anche Alì fu assassinato. Il figlio di Alì, Hasan venne a patti con Muawiya in cambio di un indennizzo. Così cominciò il regno degli Omayyadi che fissarono la loro capitale in Damasco. Era un regno propriamente arabo, ossia fondato sul nazionalismo arabo più che sulla fede islamica, tutt’altro che proselitista e intollerante nei confronti dei non islamici: esso durò fino al 750 quando iniziò l’impero abbaside con capitale a Baghdad.
Muawiya Muawiya fu un grande califfo: seppe far valere la sua volontà anche senza ricorrere all’assolutismo e al fasto esteriore adottato dagli ultimi due califfi. Muawiya morì nel 680 dopo esser riuscito a trasmettere la carica al figlio Yazid, introducendo il principio dinastico. In Iraq si sperava di far nominare califfo il figlio minore di Alì, Husain. Costui fu sconfitto nel 680, contribuendo a creare col suo sacrificio la tradizione sciita che considera Alì un martire della vera causa, dotato di spirito profetico che si trasmetteva ai discendenti, i veri Iman ossia i califfi legali. Dopo la sconfitta in Iraq, gli sciiti trasferirono il loro campo d’azione in Iran. L’opposizione delle città sante, Medina e La Mecca, costrinse Yazid a inviare un corpo di spedizione contro di esse e contro il loro candidato Abd Allah, sconfitto nella battaglia di Harra (683). Nello stesso anno Yazid morì e così anche il figlio Muawiya II per cui il regno di Siria toccò a Marwan, già segretario di Stato sotto Othman.
Marwan e Abd-al-Malik Marwan riuscì a riprendere il controllo dell’Egitto. Quando morì nel 685 lasciò una difficile eredità al figlio Abd-al-Malik (685-705) sotto il cui regno continuarono le guerre civili. Abd-al-Malik riformò il sistema amministrativo di Omar che prevedeva l’esenzione fiscale degli arabi islamici (tranne la tassa dei poveri pari al 3% dei redditi). Ma quando le conversioni all’islamismo, affrettate anche da questo privilegio fiscale, furono tanto numerose da mettere in difficoltà le finanze dello Stato, si rese necessaria l’estensione delle tasse a tutti i sudditi, anche i credenti, sotto forma di una tassa fondiaria indiscriminata.
Walid Il successore di Abd-al-Malik fu il figlio Walid (705-715) il quale poté riprendere il programma di espansione dell’impero arabo che sotto di lui raggiunse la sua massima estensione: fu conquistata la Spagna verso Occidente, il Punjab e l’Asia centrale a Oriente fino ai confini della Cina. Sotto questi due sovrani la Siria raggiunse il culmine della sua prosperità, testimoniata dalla grande moschea fatta costruire da Walid a Damasco negli stessi anni in cui a Gerusalemme era terminata la Cupola della roccia. A Damasco fiorì la poesia araba classica e l’inizio della scienza araba, favorita dalla presenza dei cristiani che non subirono gravi persecuzioni.
Guerra civile La guerra civile divenne un fatto ordinario sotto i successori di Walid: Sulaiman regnò fino al 717, Omar II fino al 720, Yazid II fino al 724 e Hisham fino al 743. Nel 744 il trono passò a Marwan II, ma il particolarismo aveva vinto la sua battaglia nonostante l’energia di questo Omayyade. In Oriente gli sciiti riuscirono a imporre il loro potere prima agli Arabi orientali e poi ai Siriani: nel 750 gli Omayyadi furono sconfitti.
Il significato della vittoria abbaside La vittoria degli Abbasidi significò la vittoria dei Persiani sugli Arabi. I popoli sottomessi, dopo aver accettato l’islamismo, fecero valere la loro superiorità culturale permeando il potere di ideali democratici, nel senso che la guida politica spettava ai più meritevoli, non agli appartenenti a una determinata tribù. Arabi e non arabi furono livellati: terminato il regime patriarcale arabo, iniziò quello assolutistico abbaside.
6. 4 L’espansione dell’Islam in Africa e in Europa
Gli Arabi si scontrarono con le fiere popolazioni berbere dell’Africa settentrionale che erano riuscite a resistere sia ai Fenici sia ai Romani rimanendo indipendenti. Erano popolazioni gelose della loro libertà e praticanti un genere di vita simile a quello dei beduini arabi, ossia il commercio attraverso il Sahara fino al Golfo di Guinea.
Conquista dell’Africa del nord Abbiamo esaminato l’occupazione dell’Egitto e di Alessandria condotta da Amr nel 642. Nel 643 gli arabi occuparono la Tripolitania, penetrando nell’oasi del Fezzan. Verso il 647 Abd Allah guidò una nuova spedizione verso Occidente giungendo fino al luogo in cui più tardi sorgerà la città di Kairouan, sconfiggendo l’esercito bizantino (648).
Kairouan Dopo l’assassinio di Othman le spedizioni ripresero la marcia verso Occidente: nel 670 Oqba fondò la città di Kairouan divenuta in seguito la più famosa delle città africane. Queste conquiste risultarono precarie a causa dell’inquieta popolazione berbera che insorgeva non appena l’esercito arabo si allontanava. Cartagine fu conquistata definitivamente nel 698 dagli Arabi divenuti imbattibili anche sul mare. La civiltà latina fu spazzata via in modo completo dall’Africa settentrionale.
Musa conquista la Spagna Dopo Oqba il principale governatore dell’Africa fu Musa che verso il 708 poté iniziare la penetrazione in Spagna, facendo passare lo stretto di Gibilterra ai suoi luogotenenti. Musa si impegnò nella conquista della Spagna per tener occupate le tribù berbere da poco assoggettate. Tariq partì nel 711 sbarcando con poco più di 7000 uomini. Il re visigoto Rodrigo aveva numerosi nemici interni e quando avvenne la battaglia decisiva presso il lago Janda, rimase sconfitto, tradito da alcuni duchi. La vittoria di Tariq fu celebrata dagli Ebrei locali che negli anni precedenti avevano subito persecuzioni proprio nel timore di ciò che avvenne, ossia che una minoranza religiosa favorisse la penetrazione di un’invasione straniera. Verso la fine del 711 la situazione dei Visigoti appariva disperata tanto da indurre il governatore dell’Africa Musa a passare in Spagna con 18.000 uomini anelanti alla loro parte di bottino. Musa conquistò le città che ancora resistevano, in particolare Siviglia. Infine Musa si diresse a Toledo dove punì il troppo indipendente Tariq.
Gli Arabi in Francia Il passaggio dei Pirenei non fu effettuato da Musa, bensì da uno dei successori intorno al 718. L’obiettivo più immediato era la speranza di saccheggio ai danni delle chiese di Francia. Come si è visto, anche in Francia esistevano dissidi interni: il duca di Aquitania Eudo era in conflitto col maggiordomo d’Austria e Neustria Carlo Martello che fece passare un bel po’ di tempo prima di accorrere al sud.
La battaglia di Poitiers Nel 732 l’emiro spagnolo Adb al-Rahman decise di infliggere il colpo decisivo alla Francia: sconfisse il duca Eudo e giunse fino a Tours, il centro religioso della Francia, ma qui fu affrontato da Carlo Martello che schierò nei pressi di Poitiers la sua cavalleria pesante contro la quale si infranse la cavalleria leggera musulmana.
Gli Arabi abbandonano la Francia Nel 759 gli Arabi dovettero abbandonare anche Narbona. La battaglia di Poitiers è stata esaltata da alcuni storici occidentali come se fosse l’espressione della superiorità dell’elemento germanico su quello arabo: in realtà l’arresto fu determinato dal conflitto coi berberi. La vera e propria battaglia d’arresto degli arabi fu combattuta davanti a Costantinopoli, ritardando per circa sette secoli la conquista islamica dell’Europa orientale avvenuta a partire dal XV secolo.
6. 5 Gli Arabi in Italia
Con la conquista di Egitto Africa e Spagna gli Arabi divennero padroni di almeno metà delle coste del Mediterraneo.
Dominio arabo sul Mediterraneo Come erano stati insuperabili uomini del deserto gli Arabi furono insuperabili uomini di mare, tanto che ancor oggi si impiega il termine arabo “ammiraglio” che significa “capitano del mare”. Egitto, Siria e Africa furono sottratti a ogni influenza occidentale proprio a seguito del dominio del mare esercitato dagli Arabi in modo completo fino al sorgere delle flotte di Venezia, Genova, Amalfi, Pisa, rimanendo pur sempre temibili fino al tempo delle scoperte geografiche del XVI secolo.
Predominio dei berberi nel Maghreb L’impero arabo, divenuto troppo vasto, favoriva l’insorgere di poteri locali autonomi, quasi totalmente indipendenti dal centro politico di Damasco. Kairouan divenne la base dell’impero occidentale o Maghreb come veniva chiamato dagli Arabi. I governatori spagnoli risiedevano a Siviglia, ma più tardi preferirono Cordova che divenne una delle più splendide città d’Europa.
I Kharigiti All’epoca del califfo Hisham i metodi fiscali troppo energici messi in atto per riscuotere le tasse provocarono una fiera resistenza dei montanari berberi. Più tardi gli Arabi riuscirono a domare i berberi, ma la tregua durò solo pochi anni nel corso dei quali la Spagna divenne di fatto indipendente, mentre in Africa si formarono vari Stati anch’essi di fatto indipendenti. Dopo la caduta degli Omayyadi, avvenuta nel 750, il centro politico dell’impero arabo fu trasferito a Baghdad, sotto la dinastia Abbaside.
Indipendenza del Maghreb In Africa l’autorità degli Abbasidi si affermò per breve tempo nel 761, poi un discendente di Alì di nome Idris, scampato alle stragi compiute dagli Abbasidi, fondò nel 788 in Marocco il primo Stato sciita occidentale in collaborazione con i berberi. Negli anni seguenti anche il resto del Maghreb divenne indipendente.
Le scorrerie berbere in Sicilia La vicinanza all’Africa della Sicilia poteva suggerire la sua conquista anche prima della Spagna. Le sue coste furono ripetutamente saccheggiate anche prima dell’anno 827 quando iniziò l’occupazione sistematica da parte degli Aghlabiti di Kairouan. Ogni estate partivano dall’Oriente e dalla Spagna flotte di corsari per fare razzie di donne e bambini da vendere come schiavi, di immagini sacre da far riscattare. Per secoli questo fu il destino delle coste dell’Italia meridionale, tanto che i villaggi furono ricostruiti sulle alture dell’interno per difenderli meglio.
La conquista della Sicilia Occasione della conquista della Sicilia fu una rivolta militare guidata da Eufemio, un comandante bizantino. Questi si rifugiò a Kairouan presso l’emiro al quale chiese aiuto per ritornare in Sicilia, promettendogli di divenire suo vassallo. L’impresa iniziò con lo sbarco a Mazara del Vallo: Palermo fu conquistata nell’831 da truppe africane che respinsero i Bizantini verso la Sicilia orientale. Come al solito ci furono aspri contrasti tra gli invasori che ritardarono l’espugnazione di Siracusa fino all’878.
Si intensificano le scorrerie berbere Disponendo di una così importante base logistica, a partire da quel momento le spedizioni dei corsari su tutte le coste italiane divennero frequenti. I Saraceni, come ben presto furono chiamati i pirati berberi, condussero spedizioni contro il ducato di Benevento e occuparono Bari; Ponza e Ischia furono fortificate dai Saraceni che condussero attacchi contro Roma (846) dove furono saccheggiate le chiese di San Pietro e di San Paolo. Dalla Sardegna partì nell’849 un’altra grande spedizione alla volta di Roma, ma la flotta saracena fu distrutta da una tempesta: Raffaello dipinse nelle Stanze vaticane il famoso episodio che salvò Roma. L’imperatore Lodovico II condusse numerose spedizioni respingendo fino a Bari e Taranto i Saraceni. Dopo la morte di Lodovico II, avvenuta nell’875, i Saraceni ripresero le loro puntate offensive, ma anche in questo caso l’ora propizia era passata e nell’Italia meridionale non fu possibile ai Saraceni stabilire un’occupazione stabile come quella riuscita in Sicilia.
6. 6 Cronologia essenziale
570 Nascita di Maometto.
622 Maometto e i suoi primi compagni lasciano La Mecca e si rifugiano a Medina (Egira).
630 Maometto rientra da vincitore nella Mecca.
632 Morte di Maometto. Gli succede il suocero Abu Bakr.
634 Morte di Abu Bakr. Un esercito bizantino è sconfitto nei pressi di Gerusalemme.
636 Definitiva sconfitta dei bizantini nella battaglia dello Yarmuk.
644 Morte di Omar, il secondo califfo dopo Maometto.
655 È assassinato Othman cui succede Alì genero di Maometto.
661 È ucciso Alì. Gli succede il califfato degli Omayyadi.
698 Gli Arabi occupano definitivamente Cartagine.
711 Tariq sbarca in Spagna e sconfigge i Visigoti.
732 L’emiro spagnolo Abd al-Rahman è sconfitto da Carlo Martello a Poitiers.
750 Caduta degli Omayyadi di Damasco, sostituiti dagli Abassidi che trasferiscono la capitale a Baghdad.
827 Inizia la penetrazioni islamica in Sicilia.
849 Fallisce a Ostia un grande attacco islamico ai danni di Roma.
6. 7 Il documento storico
Il Corano è un testo arcaico, di difficile lettura senza adeguata introduzione. Non è un libro nel senso usuale del termine, ossia il risultato dell’organizzazione di vari capitoli all’interno di un’opera unitaria, perché al tempo di Maometto nella cultura araba non esistevano libri. Si tratta di una serie di rivelazioni trasmesse oralmente ai discepoli, messe per iscritto solo due anni dopo la morte di Maometto, e riordinate in modo definitivo nel 650. È stato scelto un brano che descrive l’inferno. Gli arabi pagani non conoscevano la dottrina circa l’esistenza dell’inferno, fondamentale per ogni religione perché la sanzione ultraterrena del peccatore toglie lo scandalo prodotto dai malvagi che prosperano in questa vita.
“Chi volgerà le spalle all’avvertimento del Misericordioso, gli sarà assegnato un diavolo, che sarà il suo compagno, sicché quando tornerà a Noi dirà: “Magari fra me e te fosse stata la distanza dall’Oriente all’Occidente, o pessimo compagno!”
Contro gli uomini e i ginn (spiriti) peccatori sarà mandato fuoco e fumo pieno di scintille, non vi potrete difendere. E quando si spaccherà il cielo, del colore di cuoio rosso, in quel giorno né uomo né ginn sarà interrogato sui suoi peccati: i peccatori, riconosciuti dai segni (i peccatori risorgeranno con la faccia nera), saranno afferrati per il giuffo e per i piedi. Questo è l’inferno che i malvagi definivano menzogna.
Quel giorno vedrai i peccatori, tutti insieme in catene; le loro camicie saranno di catrame e avvolgerà le loro facce il fuoco. Quello cui sarà dato il suo libro nella sinistra dirà: “Non l’avessi mai ricevuto! Non avessi mai saputo il mio conto! O che la morte mi avesse distrutto! Che cosa mi è valsa la mia ricchezza? La mia potenza è perita…”. Prendetelo e legatelo, poi fatelo arrostire nell’inferno, poi dategli una catena lunga settanta cubiti; non ha creduto in Dio il potente, non ha esortato a nutrire il povero, non avrà oggi qui nessun amico, né cibo fuorché di sanie, riservato ai peccatori.
Quando saranno precipitati nell’inferno, lo udranno ragliare ed esso ribollirà; per poco non scoppierà dal furore ogni volta che vi è precipitata una schiera. Andare all’inferno è come cadere in un’imboscata, dimora dei violenti, che vi resteranno per secoli, senza gustare freschezza né bevanda, ma soltanto acqua bollente e sanie, degna retribuzione. Non prevedevano la resa dei conti e trattavano i nostri segni di menzogna: ogni cosa è stata da noi registrata in un libro. Gustate dunque l’inferno, non vi daremo accrescimento se non di pena!
Saranno nel vento rovente, nell’acqua bollente, nell’ombra di nerissimo fumo, né fresca né gentile. Vivevano prima nelle mollezze, ostinati nel supremo peccato, dicendo: “Davvero, una volta morti, diventati polvere e ossame, dobbiamo risuscitare insieme ai nostri antenati?” Di’: “Certamente le prime e le ultime generazioni saranno riunite a tempo debito, in un giorno stabilito. Allora voi, o traviati, voi che ci accusavate di menzogna, sicuramente mangerete dell’albero zaqqùm, ve ne riempirete il ventre e sopra vi berrete acqua bollente, berrete come il cammello assetato”. Così saranno trattati nel Giorno del Giudizio. Noi vi abbiamo creato, perché non credete?
L’albero zaqqùm spunta dalla radice dell’inferno, la sua infiorescenza è simile a teste di demoni. Cibo del peccatore, ribollirà nei ventri come la feccia dell’olio, come l’acqua bollente. Prendetelo e trascinatelo nel mezzo dell’inferno, poi versategli sulla testa il tormento dell’acqua bollente! Assaggia, tu che sei stato nobile e potente: è proprio questo l’inferno di cui dubitavate”.
Fonte: Antologia del Corano, a cura di V. Vacca, Sansoni, Firenze 1943, pp. 37-39.
6. 8 In biblioteca
Molto esauriente il volume di P.K. HITTI, Storia degli arabi, la Nuova Italia, Firenze 1966; sono note le opere del massimo arabista italiano F. GABRIELI, Maometto e le grandi conquiste arabe, il Saggiatore, Milano 1975. L’opera d’insieme più recente sugli arabi in Italia è di F. GABRIELI- U. SCERRATO, Gli arabi in Italia. Cultura, contatti e tradizioni, Scheiwiller, Milano 1979. Notissimo anche il saggio di H. PIRENNE, Maometto e Carlo Magno, Laterza, Bari 1980. Per i rapporti degli Arabi col cristianesimo si consulti di G. FINESSO, I musulmani e il cristianesimo, Studium, Roma 1980. Di agevole lettura il libro di A. BAUSANI, L’Islam, Garzanti, Milano 1987. Stimolante il libro di N. DANIEL, Gli arabi e l’Europa nel medioevo, il Mulino, Bologna 1981 e di L. GARDET, Gli uomini dell’Islam, Jaca Book, Milano 1979. Per la ricchezza di materiale illustrativo si suggerisce di G. CRESPI, Gli arabi in Europa, Jaca Book, Milano 1982. A. MIQUEL, L’Islam. Storia di una civiltà, SEI, Torino 1973.