La collaborazione ad una legge ingiusta

Testo di approfondimento

di Tommaso Scandroglio

Parliamo di collaborazione al varo di una legge ingiusta con l’intenzione di limitarne gli effetti negativi e lo facciamo partendo da un paio di esempi.

1) Tizio cammina per strada e vede un palazzo in fiamme. Il fuoco è arrivato al secondo piano. Tizio decide di intervenire e così grazie al suo aiuto le fiamme si sono fermate al secondo piano dello stabile. L’intervento di Tizio teso a limitare i danni è stato lecito sotto il profilo morale?  Nei limiti delle sue capacità e quindi tenendo conto dei rischi che avrebbero potuto attentare alla sua incolumità, la risposta è positiva.

2) Altro esempio simile. Caio vuole appiccare un incendio ad un palazzo. Sempronio, suo amico, non è assolutamente d’accordo e così tenta di persuaderlo dall’astenersi da tale gesto parlandogli più volte. Nulla da fare: Caio persevera nella sua decisione. Allora Sempronio pensa tra sé: “Non posso evitare il peggio, però mi è venuta un’idea:  se aiuto il mio amico Caio ad appiccare l’incendio avrò modo – a sua insaputa – di prodigarmi per spegnerlo subito dopo o almeno di limitarne i danni”. I due quindi appiccano l’incendio al palazzo e poi Sempronio riesce a domare le fiamme e queste arrivano solo al secondo piano dello stabile. L’effetto ottenuto è il medesimo dell’esempio precedente (le fiamme si sono fermate al secondo piano), ma la valutazione morale delle condotte di Tizio e Sempronio è assai differente.

Come è noto le fonti della moralità sono tre: l’oggetto dell’atto, il fine e le circostanze. Se l’oggetto è intrinsecamente malvagio, un fine buono per cui si compie l’azione (limitare i danni) e le circostanze in cui si svolge la stessa (stato di necessità) non saranno mai in grado di mutare la natura malvagia dell’atto.

Dunque, nel primo esempio l’oggetto dell’atto era buono: la limitazione di un danno, danno provocato da altri (cortocircuito, incendio doloso, etc.). Nel secondo esempio l’oggetto dell’atto è il provocare l’incendio (oggetto malvagio), mezzo per ottenere un fine sperato che è quello di limitare i danni (finalità buona). La situazione – in ipotesi astratta – configura uno stato di necessità (o extrema ratio): non c’era alto modo per limitare i danni. Quindi nel primo esempio l’incendio c’era già ed è stato provocato da altri e Tizio compie un’azione buona, solo un’azione buona. Nel secondo esempio l’incendio non c’era ma è stato provocato da Caio e Sempronio, azione malvagia che tale rimane anche se Sempronio ha agito per un fine buono (limitare i danni) e in stato di necessità (non c’era altra soluzione per limitare i danni).

Quale era dunque la condotta o le condotte lecite che avrebbe potuto assumere Tizio nei confronti di Caio? Denunciarlo, sabotare il suo tentativo (ma senza aiutarlo nell’ingenerare l’incendio), far conoscere gli intenti di Caio ad altri con la speranza che potessero intervenire, etc. Se per ipotesi niente di tutto questo fosse stato praticabile (stato di necessità) l’unica soluzione era quella di non fare nulla e quindi astenersi dall’aiutare Caio.

Si obietterà: ma in tal modo Caio avrebbe mandato in fiamme tutto lo stabile. Invece grazie all’intervento di Sempronio i danni sono stati limitati. Risposta: dal punto di vista morale è doveroso non compiere mai il male (appiccare l’incendio) anche se questa omissione provocherà più danni, compiuti comunque da altri (e quindi Sempronio non ne sarà moralmente responsabile). Giusto impedire un evento dannoso – altrimenti sarebbe collaborazione al male per omissione – ma a patto che l’azione di impedimento sia buona. Altrimenti scadiamo nell’utilitarismo: compio il male (appicco l’incendio) per un utile, cioè perseguendo il fine buono di limitare i danni (impedire che l’incendio si propaghi ad altri piani). Se per ipotesi surreale l’unico modo per salvare un milione di persone fosse quello di uccidere una sola persona innocente, comunque dovremmo astenerci da questo omicidio. In sintesi: non è lecito appiccare l’incendio al palazzo per il fine buono di limitare i danni; e non è lecito appiccare l’incendio al palazzo anche se questo è l’unico modo (stato di necessità) per impedire danni peggiori.

Passiamo da questi esempi al campo della politica.

Partiamo sempre da due esempi, speculari a quelli appena descritti. Primo esempio: la legge 194 all’art. 6 permette di abortire anche oltre il 90° giorno. Un parlamentare cattolico propone due referendum: uno massimalista per l’abrogazione totale della 194 e uno minimalista – proposto nel caso in cui il primo fosse scartato dalla Corte Costituzionale – per eliminare la possibilità di abortire dopo il 90° giorno. La Consulta boccia il primo referendum e approva il secondo. La proposta minimalista sopravvissuta del parlamentare cattolico è lecita sotto il profilo morale? Sì e vediamo il perché.

In prima battuta è bene ricordare che ognuno di noi deve sforzarsi di compiere il maggior bene possibile. E dunque in prima istanza, se le circostanze lo permettono, è doveroso proporre un referendum massimalista. In tal modo, tra gli altri effetti positivi, si renderà noto a tutti che il vero obiettivo finale è l’abrogazione della legge 194 in toto. Se poi questa proposta fosse bocciata perlomeno si tenterà di limitare i danni proponendo un referendum minimalista (Evangelium Vitae n. 73).

In questo ultimo caso l’atto del parlamentare – e dei cittadini che voteranno a favore di questo quesito – è lecito perché il suo oggetto è solo la limitazione del danno. E’ la situazione analoga a quella vista in precedenza: Tizio si prodiga solo per limitare i danni di un incendio che non ha provocato lui.

Tale oggetto (la sola limitazione del danno) deve trovare il suo corrispettivo materiale nelle modalità in cui è formulato il quesito referendario. Ad esempio, un quesito così formulato non sarebbe accettabile dal punto di vista morale: “Volete permettere l’aborto solo fino al 90° giorno e dunque abrogare l’art. 6 che permette l’aborto dopo il 90° giorno?”, perché in tal modo il nostro “Sì” è un consenso all’eliminazione degli aborti dopo il 90° giorno ma anche un consenso/collaborazione alla prosecuzione degli aborti fino al 90° giorno. Un “Sì” alla tutela di vite innocenti insieme ad un “Sì” alla soppressione di altre vite innocenti. Gli oggetti dell’atto morale sarebbero congiuntamente e in modo inseparabile uno buono ed uno malvagio.

Oppure secondo altra lettura: accetto la soppressione dei bambini sotto il 90° giorno (atto illecito) al fine di tutelare quelli più grandi (fine buono). Il giudizio morale rimarrebbe comunque negativo: non è lecito far proprio un mezzo malvagio per un fine buono.

Lecito dal punto di vista morale invece un quesito così formulato: “Volete abrogare l’art. 6 che permette di abortire dopo il 90° giorno?”. Tale quesito infatti mira solo alla limitazione del danno ma non ingenera congiuntamente altri danni i quali persistono non per responsabilità di chi ha proposto il referendum o di chi ha votato a favore di questo.

Altro esempio. In un parlamento di uno Stato in cui l’aborto è reato si presentano due proposte di legge per depenalizzare l’aborto.
La coalizione Rossa propone un testo di legge gravemente iniquo: depenalizzazione assoluta, cioè possibilità di abortire sempre e comunque, senza limiti. La coalizione Rossa ha il 40% dei consensi in parlamento.
La coalizione Verde avanza una proposta meno ingiusta della precedente: possibilità di accedere alle pratiche abortive solo in casi specifici (es. stupro e grave pericolo per la salute e vita della donna). Questa coalizione ha il 30% dei voti di tutti i parlamentari.
La coalizione Azzurra si oppone ad entrambe le proposte e non vorrebbe mutare la disciplina legislativa attualmente vigente. La coalizione Azzurra ha anch’essa il 30% dei consensi.

Il primo passo che la coalizione Azzurra deve compiere è quello di portare sulle proprie posizioni la coalizione Verde. Se infatti le due coalizioni si unissero vincerebbero per numero di voti sulla coalizione Rossa. Ma se invece ogni tentativo andasse a vuoto e si fosse ragionevolmente certi che o la proposta Rossa o quella Verde verranno messe ai voti, e quindi o l’una o l’altra diventeranno leggi dello Stato (stato di necessità), allora che fare?

E’ il caso prospettato da Evangelium vitae n. 73: ”Un particolare problema di coscienza potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, volta cioè a restringere il numero degli aborti autorizzati, in alternativa ad una legge più permissiva già in vigore o messa al voto”.

L’unica condotta lecita sarebbe quella del voto contrario o dell’astensione. Votare a favore della legge meno iniqua infatti configura un atto malvagio perché l’oggetto dell’atto sarebbe l’appoggio  ad una legge intrinsecamente malvagia – seppur meno malvagia di quella proposta dalla coalizione Rossa –  con il fine buono di limitare i danni (non far passare la legge peggiore). Cadremmo nell’esempio di prima: Sempronio aiuta Caio ad appiccare l’incendio perché sarebbe l’unico modo per evitare danni peggiori. Lo ricordiamo: anche in stato di necessità (condizione) o per un fine buono non si può mai compiere il male.

Per comprendere meglio questa conclusione ci rifacciamo ad un paio di brani di Veritatis splendor (78) che interessano da vicino il nostro discorso: “La moralità dell’atto umano dipende anzitutto e fondamentalmente dall’oggetto ragionevolmente scelto dalla volontà deliberata, come prova anche la penetrante analisi, tuttora valida, di san Tommaso. Per poter cogliere l’oggetto di un atto che lo specifica moralmente occorre quindi collocarsi nella prospettiva della persona che agisce. Infatti, l’oggetto dell’atto del volere è un comportamento liberamente scelto“.
E poi: “Per oggetto di un determinato atto morale non si può, dunque, intendere un processo o un evento di ordine solamente fisico, da valutare in quanto provoca un determinato stato di cose nel mondo esteriore. Esso è il fine prossimo di una scelta deliberata, che determina l’atto del volere della persona che agisce”.
Qui c’è tutto.

Dunque, per poter dare un giudizio morale su un atto non possiamo intenderlo in senso  naturalistico. L’atto di incisione della cute per mezzo di uno strumento affilato (d’ora in poi X) non ci dice nulla sulla moralità dell’atto, cioè se questo è buono o malvagio.
La moralità di un atto è invece data dall’orientamento della libertà e la libertà si esprime in scelte e le scelte mirano ad un fine.
Ecco perché “occorre quindi collocarsi nella prospettiva della persona che agisce”. Quindi possiamo dare che Tizio compia X nella prospettiva di (fine) curare (chirurgo che incide per un’operazione) oppure per uccidere. Questa intenzione trasforma un’azione naturalistica in oggetto morale. L’azione materiale è la medesima (X) ma cambia il suo oggetto morale a seconda dell’intenzione.

Il secondo passaggio da compiere è giudicare l’oggetto deliberatamente scelto. L’oggetto curare è buono perché in accordo con la natura umana che di suo tende alla salute/conservazione di sé; l’oggetto omicidio contrasta questa stessa inclinazione e dunque è malvagio. Il parametro è quindi oggettivo ed è dato dalla natura umana (oppure dalla ragione – qualità della nostra natura – oppure da Dio – cioè se l’atto è ordinabile in ultimo a Lui).

Abbiamo visto che l’oggetto di un atto – o la sua natura – è il fine immediato-prossimo che si persegue (la natura è sempre fine): incido per curare, incido per uccidere. A questo fine ovviamente possono aggiungersi ulteriori fini.

Se i fini secondi sono malvagi:

  • renderanno malvagia un’azione che di suo – nel suo oggetto – era buona: insegno a Tizio il funzionamento delle serrature delle porte al fine di introdurlo all’arte dello scasso
  • renderanno ancor più malvagia un’azione che di suo era già intrinsecamente malvagia: incido la cute di un ebreo per ucciderlo e al fine eliminare tutti gli ebrei dalla faccia della Terra.

Se i fini secondi sono buoni:

  • renderanno ancor migliore l’azione buona di curare (tanto più il fine è buono tanto maggiore sarà la bontà dell’azione): incido per curare e curo per amore del prossimo
  • non potranno mutare l’oggetto dell’atto malvagio (incido per uccidere) ma insisteranno solo sulla maggior o minor responsabilità dell’agente (questo è il punto che a noi interessa): uccido Caio per espiantargli gli organi e salvare altre 4 persone in pericolo di vita

Un nota bene: la “prospettiva dell’agente” mi è utile per determinare l’oggetto dell’azione qualificata dal fine prossimo perseguito, ma successivamente la prospettiva dell’agente non può mutare la natura dell’atto intrinsecamente malvagio. Se Tizio sceglie l’oggetto “omicidio” il fine ulteriore buono non avrà il potere di cambiare la natura malvagia dell’azione (altrimenti scadremmo nel soggettivismo).

Dunque, vi sono azioni che di loro – al di là del fine secondo perseguito e delle circostanze – sono sempre malvagie.
In modo inelegante riporto a questo proposito uno stralcio di un mio libro (La teoria neoclassica sulla legge naturale di Germain Grisez e John Finnis, Giappichelli, Torino): “Parlare dunque di intrinsece mala significa escludere dai criteri morali l’intenzione remota: un fine buono non può mutare l’oggetto-fine di un atto intrinsecamente malvagio. Questo perché il fine ulteriore dell’agente abbraccia l’oggetto in cui è contenuto il fine (malvagio) prossimo, fine strumentale per soddisfare il fine ultimo. In buona sostanza mezzi illeciti non legittimano alla commissione di atti buoni”.

Torniamo al nostro caso del politico che vota, in stato di necessità, una legge Verde più restrittiva (aborto in certi casi) di un’altra della coalizione Rossa (aborto sempre).
Occorre individuare l’oggetto scelto dall’agente: se è malvagio qualsiasi fine ulteriore non può mutare il suo oggetto. Ora noi abbiamo una legge che permette di uccidere i bambini (aborto in certi casi).
Di suo questa legge è intrinsecamente malvagia perché permette un’azione intrinsecamente malvagia.

Poco importa che esista una legge ancor più malvagia. Noi sappiamo che la legge Verde di suo è malvagia. Votare a favore significa collaborare a varare una legge malvagia e quindi collaborare al male. Il fine buono di limitare i danni non può mutare l’oggetto dell’atto collaborativo che rimane malvagio, né la circostanza di essere in stato di necessità può mutarne l’oggetto (non c’è altro modo per ostacolare la legge più iniqua). Come spiegato prima, la “prospettiva dell’agente” è criterio fondamentale per scoprire quale oggetto sceglierà: qui si sceglie un oggetto malvagio (la legge Verde) per un fine buono (limitare i danni).

Ma è come ucciderne uno per salvarne cento. Non è lecito farlo. L’unica strada è l’astensione o votare contro, anche se così passerà una legge peggiore (stato di necessità). L’uomo è chiamato sempre a compiere il bene morale (a volte anche semplicemente astenendosi dal male perché in quel frangente è il maggior bene possibile), non è chiamato sempre a produrre effetti positivi nelle sue azioni (utilitarismo). Quindi occorre fare attenzione a non confondere il concetto di male con il concetto di danno.

La “limitazione del danno” è azione buona solo se è l’unico oggetto dell’atto, non se a questo necessariamente si accompagna un altro oggetto malvagio. Era l’esempio fatto prima in merito al quesito referendario che prevedeva sia l’eliminazione della possibilità di abortire dopo il 90° giorno sia la possibilità di abortire prima del 90° giorno.
Inoltre, la limitazione del danno non può essere l’effetto buono (fine buono ricercato) prodotto da un’azione malvagia, come sarebbe quella di votare una legge iniqua.

Ecco perché il n. 73 Evangelium vitae individua nella limitazione del danno la sola azione moralmente accettabile (insieme all’astensione o al voto contrario): “quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica” (corsivo nel testo).

In riferimento a questi passi dell’Evangelium vitae c’è chi argomenta nel seguente modo: “l’enciclica tratta del caso in cui si può votare una legge ingiusta ma meno ingiusta di un’altra e conclude che il voto è lecito perché mira a limitare i danni. Ciò è anche suffragato dal fatto che l’enciclica al fine di evitare che qualcuno possa pensare che il voto è stato dato anche agli articoli pro-aborto indica l’obbligo in capo al parlamentare di rendere noto a tutti la sua ‘personale assoluta opposizione all’aborto’. Questa precisazione non sarebbe stata necessaria se il voto avesse interessato solo gli articoli limitativi alla pratica abortiva, ma dato che il voto potrebbe interessare anche gli articoli pro-aborto per evitare lo scandalo è bene che il parlamentare renda noto a tutti la sua avversione alle pratiche abortive”.
Risposta: l’indicazione del Magistero affinché si renda pubblica la propria avversione all’aborto non nasce dal fatto che il parlamentare è costretto a votare anche articoli pro-aborto, ma dal fatto che il voto solo agli articoli limitativi potrebbe essere interpretato da qualcuno come accondiscendenza indiretta agli altri articoli pro-aborto che sopravviveranno nel testo suo malgrado, come “collaborazione illecita ad una legge ingiusta” (per citare sempre EV), ignorando invece questo qualcuno, per ipotesi, che l’abrogazione totale della legge era soluzione non percorribile.

Torniamo all’esempio di prima. La coalizione Azzurra si trova di fronte a questo bivio: o appoggia la legge meno iniqua della coalizione Verde oppure la legge peggiore della coalizione Rossa passerà. C’è chi ritiene che il volto alla proposta Verde sia lecito perché l’oggetto dell’atto scelto dal parlamentare non è il voto alla legge intrinsecamente malvagia, bensì solo la limitazione del danno. In tal modo rientreremmo nelle condizioni stabilite da EV. Risposta: non può essere. Facciamo finta che l’oggetto dell’atto deliberatamente scelto sia la limitazione del danno. Il voto alla legge iniqua che fine fa?
Eppure, il parlamentare concretamente la voterà e quindi da qualche parte nella dinamica dell’atto morale dobbiamo inserirla. Logicamente il voto alla legge iniqua si situa prima della “limitazione del danno”, è prodromica ad essa: voto questa legge al fine di non far passare quella peggiore. E dunque appare evidente che la limitazione del danno è il fine secondo, o ulteriore, al fine prossimo che è il voto ad una legge iniqua.
Quindi noi abbiamo l’oggetto dell’atto che persegue un fine prossimo: voto per (fine prossimo) far passare una legge che è intrinsecamente malvagia al fine di (fine secondo) impedire il varo di una legge peggiore.

Un nota bene. La firma alla legge è consenso (collaborazione) a tutti gli articoli: io firmo per quelli buoni ma anche per quell’articolo che, ad esempio, permette di uccidere i bambini perché frutto di un atto di violenza sulle donne. Non posso che astenermi o votare contro.

Analogamente: un parlamentare cattolico, vista l’impossibilità di abrogare la legge sull’aborto nella sua interezza, propone un disegno di legge in cui si prevede solo “l’abrogazione di quegli articoli che permettono di abortire dopo il 90° giorno”.
Tale proposta di legge è lecita dal punto di vista morale, seppur rimangano vigenti quegli articoli che permettono l’aborto prima del 90° giorno.
Ma se, per ipotesi, l’ordinamento giuridico di quello Stato prevedesse che una volta inserita tale modifica normativa nella legge questa debba essere votata per intero, allora quello stesso parlamentare cattolico che ha proposto la modifica di legge deve astenersi dal voto (o votare contro), perché il suo voto configurerebbe un appoggio anche a quegli articoli di legge che permettono l’aborto.

In modo simile: ad una legge che permette l’aborto anche dopo il 90° giorno si propone il seguente emendamento: “l’aborto è proibito oltre il 90 giorno”. L’emendamento è lecito, perché mira solo alla limitazione del danno. Non invece un emendamento di questo tenore seppur gli effetti siano i medesimi: “è permesso l’aborto prima del 90° giorno”. Il primo emendamento dice “No” agli aborti dopo il 90° giorno, ma non dice “Sì” a quelli di età gestazionale inferiore. Quest’ultimo “Sì” fu pronunciato da chi a suo tempo aveva proposto la legge e rimane in piedi questo “Sì” per impossibilità di abrogarlo e quindi contro l’intenzione del parlamentare che ha proposto l’emendamento limitativo.

Era il caso visto all’inizio. Tizio si adopera per spegnere un incendio provocato da altri: lui non può far altro che limitare i danni, ma i danni esistenti non sono addebitabili a lui ma ad altri soggetti. Il secondo emendamento – “è permesso l’aborto prima del 90° giorno” – è invece un “Sì” all’aborto, seppur fino al 90° e dunque è un “Sì” illecito.  Rientriamo nel caso visto all’inizio. Il risultato è il medesimo: le fiamme si sono arrestate al secondo piano, ma a parità di effetti le azioni che hanno prodotto questi medesimi effetti hanno natura morale opposta.

Anche in questo caso attenzione a non confondere il voto ad un singolo emendamento buono con il voto a tutta una legge, che ha in sé articoli buoni e altri cattivi. Nel primo caso è lecito dal punto di vista morale votare il singolo emendamento buono, nel secondo caso no. Se dunque l’emendamento solo limitativo passasse ed entrasse nel corpus di una legge intrinsecamente malvagia – che ora sarebbe meno malvagia grazie a questo emendamento – e questa legge arrivasse al voto finale, il parlamentare che avesse proposto l’emendamento limitativo dovrebbe comunque votare contro questa legge o astenersi perché altrimenti il suo voto sarebbe un “Sì” al proprio emendamento limitativo ma anche un “Sì” agli altri articoli che permettono l’aborto (potrà essere il caso del DdL Scalfarotto).

Un altro esempio per comprendere meglio questo passaggio. C’è un comandante delle SS cattivo (Hans) e uno buono (Karl). Quello cattivo vuole uccidere dieci detenuti. Quello buono nessuno e cerca di far desistere il proprio camerata da questo proposito. Il cattivo scende ad un compromesso, prende un foglio, ci scrive sopra qualcosa è poi lo passa al suo commilitone. Il comandante Karl legge il foglio: “Io comandante Karl escludo dal plotone di esecuzione 9 detenuti già condannati a morte e ordino l’esecuzione di uno solo”. Se il comandante Karl accettasse di firmare questo documento direbbe “Sì” alla salvezza dei 9 detenuti ma anche “Sì” all’uccisione di un innocente. Più in particolare l’omicidio di uno sarebbe mezzo malvagio per un fine buono. La soluzione non è praticabile, anche in stato di necessità.

In genere l’obiezione che segue è questa e ritorniamo così all’esempio della legge meno ingiusta (proposta Verde) il cui varo impedisce il varo di una peggiore (Rossa): in tal modo l’astensione configura collaborazione passiva alla produzione della legge più iniqua.
Risposta che puntualizza quanto già abbiamo detto più sopra: vero è che in morale non impedire un evento malvagio che si potrebbe impedire significa provocarlo (così anche il nostro art. 40 c.p.), ma a patto che si rispetti una condizione.
Se per impedire un evento (varo della legge Rossa più malvagia) devo compiere un’azione malvagia (votare la legge Verde meno malvagia) allora devo comunque astenermi. Mai si può compiere il male (voto la legge Verde, firmo per l’esecuzione di un solo detenuto), anche se ciò provocherà più danni (passa la legge peggiore, vengono fucilati tutti e dieci i detenuti), danni comunque a me non addebitabili (saranno i politici della coalizione Rossa i responsabili, sarà il comandante Hans il colpevole). Mai si può compiere il male anche se minore.

Dal punto di vista morale infatti al soggetto che si sarà astenuto nulla potrà essere rimproverato: saranno altri parlamentari ad aver votato la legge più iniqua, non certo quel soggetto.
Sono altri gli autori dell’azione malvagia (responsabili del danno).

Inoltre, il parlamentare che si sarà astenuto non sarà responsabile – per ipotesi – nemmeno del verificarsi della condizione di necessità (non ci sono altre strade per scongiurare il varo di questa legge). Ad esempio: se non uccido Tizio, un pazzo ha deciso che ucciderà altre 3 persone. Non ho deciso io il verificarsi di questa condizione capestro, ma la mente del folle.

Tornando a noi, l’unica soluzione moralmente accettabile è votare contro o astenersi dal voto ad una legge iniqua, seppur questa condotta permetterà il varo di una legge peggiore (al caso si può applicare positivamente anche il principio del duplice effetto).

Tommaso Scandroglio
fonte: http://www.comitatoveritaevita.it/pub/nav_Collaborazione_ad_una_legge_ingiusta.php