SS CANUTO IV (1040-1086) e CANUTO LAWARD (1096-1131)

Canuto dovette fuggire provvisoriamente in Svezia, in attesa che la morte del fratello (1080) lo mettesse senza contrasti sul trono di Danimarca. A differenza del suo predecessore, soprannominato “il fannullone”, egli cercò di stabilire, su basi religiose, la sua autorità regale che, secondo la mentalità del tempo, concepiva come la spada della divina giustizia. Autoritario per temperamento, seppe ridurre la potenza dei vassalli, punire le trasgressioni della legge con forti ammende pecuniarie, migliorare la sorte degli affrancati e degli stranieri.
 

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S. VULSTANO DI WORCESTER (1012-1095)

Un giorno, dopo un successo riportato in un torneo, una giovane donna gli si avvicinò e danzò con grazia alla sua presenza per celebrarne il trionfo. A quello spettacolo Vulstano sentì per un istante la fiamma della passione impura sconvolgergli l’animo. Per non restarne vittima prese l’eroica decisione di andarsi ad avvoltolare in uno spinoso cespuglio. Mentre senza pietà martoriava il suo corpo, versava abbondanti lacrime per il timore di aver acconsentito alla tentazione. In premio di tanta virtù Dio gli concesse di allontanarsi di là con l’anima tranquilla, e di non essere tormentato mai più da stimoli sensuali.

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S. MARGHERITA D’UNGHERIA (1242-1270)

Nel 1252 la santa fu trasferita con diciotto religiose e altre postulanti nel monastero che i genitori avevano fatto costruire in onore di Maria SS. nell’Isola delle Lepri, sul Danubio, presso Buda, per attirare le benedizioni di Dio sull’Ungheria. In quell’oasi di preghiera e di penitenza Margherita raggiunse in breve tempo la più alta perfezione, benché il padre ogni tanto andasse a farle nuove proposte di matrimonio con poca coerenza al generoso proponimento fatto nel tempo della disfatta, per rafforzare il regno con l’allargamento del fronte delle parentele. Margherita gli oppose sempre il più reciso rifiuto sostenuta in questo proposito dai Frati Predicatori, il cui convento era stato eretto nel 1259 dalla regina a poca distanza dal monastero delle religiose per concessione di Alessandro IV.

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B. FRATEL GIACOMO ILARIO BARBAL (1898-1937)

Non omise mai le pratiche di devozione proprie dell’Istituto, la meditazione, il rosario, con grande edificazione dei prigionieri. Essendo stato privato della corona, recitò ugualmente il rosario prima con corone fatte e annodate con lo spago, e poi con corone fabbricate con ossi di olivo. La sua cella praticamente era un centro di pietà. In essa tanti giovani e uomini furono preparati da lui e dai confratelli alla confessione. Quando vedeva qualcuno triste correva a consolarlo o a divertirlo. Se da parte di qualche benefattore riceveva cibi o capi di vestiario speciali, preferiva privarsene per distribuirli ai più sfortunati di lui. Da tutti perciò era stimato e trattato con i riguardi dovuti a un religioso esemplare e santo.

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S. ANTONIO D’EGITTO (251-356)

L’eremita benché rifuggisse dal frequentare gli uomini, a poco a poco non disdegnò di ricevere quanti accorrevano a lui. C’era chi veniva a chiedergli miracoli, ma c’era pure chi voleva mettersi sotto la sua guida per imitarlo in quel genere di vita. Quando verso il 305 egli si decise ad aprire il suo ritiro, le vicinanze del castello si popolarono di eremiti, che periodicamente ammaestrava nella perfetta carità, nel distacco dai beni terreni e nella preghiera più con l’esempio che con la parola. Fu suo discepolo anche S. Ilarione ( + 371) fondatore della vita monastica in Palestina, di cui S. Girolamo ha scritto la vita.

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S. MARCELLO I (+309)

Eletto papa dal clero romano, Marcello trovò la Chiesa ridotta ad un ammasso di rovine fumanti. Tutto era da restaurare e riorganizzare. Il Liber Pontificalis gli attribuisce la divisione della città in venticinque titoli (quasi parrocchie) per la preparazione dei catecumeni al battesimo e dei fedeli caduti alla penitenza per la cura dei sepolcri dei martiri, e in genere dei cimiteri cristiani. Il suo ricordo strettamente legato alla fondazione del cimitero di Novella, sulla via Salaria, presso le catacombe di Priscilla. Durante il suo pontificato un grandissimo numero di caduti chiese di essere riammesso nella Chiesa.

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I PROTOMARTIRI FRANCESCANI BERARDO, PIETRO, ACCURSIO, ADIUTO, OTTONE (+1220)

I cinque missionari s’imbarcarono con Don Pietro Fernando, infante di Portogallo, fratello di Alfonso II, bramoso di conoscere la corte di Miramolino. Fin dal loro arrivo, Berardo, che conosceva la lingua del paese, si mise subito a predicare le verità della fede davanti al re al quale aveva chiesto udienza, a impugnare Maometto e il Corano, il libro sacro dei musulmani, che comprende l’insieme delle rivelazioni che in “chiara lingua araba” il profeta afferma di aver ricevuto da Allah (Dio), tramite l’arcangelo Gabriele. Miramolino si contentò di farli cacciare fuori della città, con l’ordine che fossero rimandati nelle terre dei cristiani, ma appena furono lasciati liberi, essi rientrarono in città e si rimisero a predicare la religione cristiana sulla pubblica piazza.

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S. PAOLO PRIMO EREMITA (228-341)

S. Girolamo ci dice che Paolo fu il primo eremita, l’autore anzi della vita monastica. Una fase iniziale di essa, invero, s’incontra già nell’ascetismo cristiano diffuso da vergini e continenti desiderosi di praticare nel mondo i consigli evangelici. A partire dal secolo III in alcuni individui si sviluppò l’aspirazione alla vita ascetica, che li spinse ad appartarsi in località lontane e deserte per vivere di erbe e di radici oppure dei prodotti di un piccolo orto. Per il loro isolamento questi penitenti e oranti venivano chiamati monaci, oppure anacoreti, e più tardi eremiti. Possono aver contribuito allo sviluppo dell’anacoretismo cristiano le frequenti persecuzioni, lo innate tendenze pessimistiche di certi individui, l’esempio di Gesù Cristo, ma soprattutto il desiderio di vivere in un ininterrotto contatto con Dio.

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B. FRANCESCO FERNANDEZ DE CAPILLAS (1607-1648)

Timoroso che Dio, a cagione dei suoi peccati, non usasse misericordia ai villaggi ai quali era diretto, prima di entrarvi si prostrava con la faccia per terra e implorava da lui perdono e pietà. La sua virtù era ammirata da tutti. I non credenti rimanevano conquistati specialmente dalla sua modestia. Dicevano infatti: “È un Padre che non guarda né a destra, né a sinistra”. Un giorno nel recarsi al villaggio chiamato Moriang, cadde a terra due volte. Il superiore appena si accorse che era stanco, cercò di consolarlo, ma egli gli rispose: “Padre mio, sono troppo contento di queste tribolazioni; ringrazio il Signore perché, maltrattando il mio corpo, mi offre la possibilità di patire un poco per suo amore”.

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B. ARNOLDO JANSSEN (1837-1909)

Durante la guerra franco-prussiana (1870), non potendo continuare le sue peregrinazioni, Don Arnoldo scrisse e fece stampare un Manualetto di preghiere comunitarie con una spiccata impostazione trinitaria, e altre preghiere per infondere nel popolo un più vivo interesse per le necessità  della Chiesa. Gli stava particolarmente a cuore la diffusione di una preghiera con cinque intenzioni per la recita del rosario nelle famiglie. Per farle conoscere al maggior numero possibile di persone nell’estate del 1872 percorse la Germania orientale, l’Alsazia, la Lorena, la Svizzera e l’Austria. (altro…)

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