LA CONVERSIONE DI S. PAOLO (33-34 d.C.)

Saulo si rivolse alla suprema autorità per avere facoltà di perseguitare quelli che risiedevano nelle città straniere. Messi gli occhi sulla comunità di Damasco, con un discreto numero di subalterni armati, si mise in viaggio per quella città distante circa 240 chilometri. A dorso di mulo, unica cavalcatura del tempo, occorreva una settimana per raggiungerla. L’ostinato fariseo, assetato del sangue dei cristiani, non si lasciò vincere dai disagi di quel viaggio. Tutto pareva svolgersi per il meglio, quando al termine della sua corsa, avvenne l’imprevedibile. …

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S. Marcella (+ 410)

“Il mondo pagano per la prima volta restò confuso di fronte a una simile donna, poiché a tutti fu manifesto che cos’era effettivamente la vedovanza cristiana, ch’essa faceva risplendere con la sua rettitudine interiore e con il suo contegno… Marcella indossava vestiti atti a proteggerla dal freddo e non tagliati per metterle a nudo le membra. L’oro non lo poteva sopportare, tanto che si tolse dal dito anche l’anello; preferiva nasconderlo nello stomaco dei poveri piuttosto che custodirlo negli scrigni. Non andava in nessun luogo senza essere accompagnata dalla madre, e mai ricevette in casa qualche chierico o monaco senza che ci fossero dei testimoni”.

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BEATO FRA GIOVANNI da FIESOLE (1395 C.-1455)

Eugenio IV rimase tanto soddisfatto del lavoro pittorico dell’Angelico che, per dimostrargli la sua riconoscenza, avrebbe voluto nominarlo vescovo di Firenze al posto del defunto Mons. Zabardella (+1446), ma l’umile figlio di San Domenico, che si sentiva chiamato da Dio a glorificare il suo nome con le splendide scene delle sue pitture, declinò il compito al quale non si sentiva preparato. Propose tuttavia al sommo pontefice di destinare a quella carica il P. Antonino Pierozzi che tutti chiamavano “Antonino dei consigli” per la saggezza di cui dava continuamente prova nelle relazioni con i confratelli e nei contatti con i penitenti. Il papa accolse il suggerimento del beato. S. Antonino per Firenze fu una vera benedizione.

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S. GABRIELE dell’ADDOLORATA (1838-1862).

Quando si sentiva triste o abbattuto dalla malattia, confidava le sue pene alla Madonna che salutava con un inchino nel passare davanti a qualche sua immagine, o leggeva un tratto delle Glorie di Maria di S. Alfonso dei Liguori. Ogni giorno recitava la coroncina dell’Addolorata e lo Stabat Mater, la coroncina dell’Immacolata e il Rosario. Osservava inoltre la “Quaresima della Madonna” privandosi della frutta durante i quaranta giorni che precedevano l’Assunta. Si sarebbe anche inciso il nome della Vergine SS. sul petto con un ferro arroventato se gli fosse stato permesso. Era convinto, però, che “la nostra perfezione non consiste nel fare cose grandi e straordinarie, ma nel fare bene quelle ordinarie di regola, nell’osservanza del proprio ufficio, imposto dalla santa ubbidienza”.

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S. Tommaso D’Aquino (1225-1274)

I contemporanei lo avevano chiamato Dottore comune, i posteri lo dichiararono Dottore angelico. Papi e re si contesero l’onore di ospitarlo, ma egli preferì una vita semplice, umile e casta che gli meritò carismi speciali, locuzioni e rapimenti. Soltanto riconoscendogli una speciale illuminazione dall’alto possiamo comprendere come abbia potuto unire ad una produzione cosi copiosa, tanta lucidità, precisione e accuratezza. Visse sempre astratto nel mondo delle idee, senza sovrabbondare in macerazioni corporali. Il suo segretario, Reginaldo da Piperno, asserisce che fece di tutta la vita un continuo atto di unione con Dio, da cui non lo distolsero le assillanti occupazioni e neppure le controversie durante le quali non venne mai meno alla virtù della pazienza e della mitezza.

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S. GIOVANNI BOSCO (1815-1888)

Nel corso degli esercizi spirituali preparatori aveva proposto di “non far passeggiate se non per grave necessità, di occupare rigorosamente il tempo, di patire, fare, umiliarsi in tutto e sempre per la salvezza delle anime, di attendere alla meditazione quotidiana e alla lettura spirituale, di visitare spesso il Santissimo e di prepararsi bene alla Santa Messa” Quando Don Bosco si recò a Castelnuovo per la sua prima Messa solenne, la mamma gli disse: “Sei prete! Celebri la Messa: da qui in avanti sei dunque più vicino a Gesù. Ricordati, però, che incominciare a celebrare, significa cominciare a patire. Non te ne accorgerai subito, ma poi costaterai che tua madre ti ha detto la verità… Da qui innanzi pensa solamente alla salute delle anime e non prenderti alcun pensiero di me”.

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SAN GIUSEPPE da LEONESSA (1556-1612).

L’apparizione di un suo confratello defunto, che aveva sperimentato quanto fosse tremendo il giudizio di Dio, lo spronò ad una vita di maggiore raccoglimento e penitenza. In lui rifulse una rigorosa astinenza. Stava sovente fino a tre giorni senza mangiare. Digiunava a pane e acqua regolarmente tre giorni la settimana, e fino a dieci giorni di seguito, senza provare svenimenti. Si coricava d’ordinario per terra su qualche asse mal piallata e, dopo il mattutino, restava in chiesa a pregare e a meditare fino al tempo della Messa conventuale. Non dispose mai di un indumento nuovo. Per sé reclamava soltanto quello che i confratelli scartavano.

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B. TEOFANO VÉNARD (1829-1861).

Questo sacerdote fa parte del glorioso manipolo di martiri che si sono formati alla vita apostolica nel seminario delle Missioni Estere di Parigi.
Nel 1841 Vénard, dopo avere appreso un po’ di latino dal parroco, fu mandato a studiare nel collegio di Doué-la-Fontaine. Iniziò allora quella lunga serie di lettere, così piene di sensibilità, d’immaginazione e buon senso, da lui dirette al padre e alla sorella Melania, che in famiglia aveva preso il posto della madre. Negli ultimi due anni di studi, per l’incomprensione dei professori, il santo andò soggetto a una grave crisi da cui si riprese soltanto grazie alle raccomandazioni che da casa gli facevano il padre e la sorella. Nella sua profonda umiltà diceva: “Per essere prete, occorre essere un santo. Per dirigere gli altri, occorre innanzi tutto saper dirigere se stessi… Egli sentiva che Dio lo chiamava all’apostolato nelle missioni.

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B. BOLESLAVA MARIA LAMENT (1862-1946)

Alla morte del padre per colera ( +1894), la Beata fu costretta a chiamare a Varsavia la madre e mantenere agli studi il fratello minore Stefano, aspirante alla vita sacerdotale. Quando costui affogò nella Vistola nell’eroico tentativo di salvare un collega (1900), la sorella ne rimase sgomenta. Davanti al cadavere del fratello comprese che Dio voleva che abbandonasse il mondo e si facesse religiosa. Si era, difatti, sentito dire da una voce forte e chiara: “Io voglio non la sua, ma la tua vocazione”. Ne parlò al Beato Onorato sotto la cui guida ogni anno faceva gli esercizi spirituali.

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B. DIEGO CARVALHO (1578-1624)

Il B. Diego nacque a Coimbra (Portogallo) nel 1578. Fattosi gesuita nel 1594, passò alle missioni delle Indie nel 1600, e dopo avere fatto gli studi filosofici e teologici a Macao, fu mandato in Giappone (1609). Poté svolgervi il ministero sacerdotale soltanto per cinque anni perché il decreto emanato dall’imperatore Ieyasu nel 1614 condannava all’esilio tutti i missionari. P. Diego ne approfittò per recarsi nella Cocincina a fondarvi con il P. Francesco Burzoni una cristianità che in seguito prosperò.

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