B. MARTA BOUTILLJER (1816-1883)

Suor Marta non aveva ricevuto doni brillanti da Dio ma un grande buon senso, uno spirito di moderazione e di semplicità e soprattutto un grande amore alla verità. Era per temperamento silenziosa, discreta, riservata fino all’eroismo. Dalle consorelle non fu mai vista ridere, ma soltanto sorridere. Finché visse si studiò di seguire gli insegnamenti e gli esempi della fondatrice, di fare sempre tutto il bene possibile, ma nel più profondo nascondimento. Madre Placida Viel aveva ragione di dire nelle conferenze che teneva alle religiose: “Ho nella mia comunità una suora molto santa, molto umile”.

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S. CIRILLO DI GERUSALEMME (ca. 313-386)

Nel 381 S. Cirillo prese parte al concilio ecumenico di Costantinopoli presieduto da San Melezio di Antiochia e sottoscrisse la condanna dei cosiddetti semiariani, che negavano la divinità del Verbo e dei macedoniani, che negavano la divinità dello Spirito Santo, da loro ritenuto una creatura del Figlio. I Padri, nella loro lettera al papa Damaso e ai vescovi occidentali riuniti a Roma, gli resero questa solenne testimonianza: “Vi facciamo anche sapere che il vescovo della chiesa di Gerusalemme, madre di tutte le chiese, è il reverendo e amato da Dio, Cirillo, il quale è stato per l’addietro ordinato canonicamente dai vescovi della sua provincia e ha sostenuto in numerosi luoghi lotte contro gli ariani”.

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S. PATRIZIO, APOSTOLO DELL’IRLANDA (389-461)?

L’attività missionaria di Patrizio ebbe un preludio nello zelo di S. Palladio, di origine celtica, che S. Celestino I aveva inviato nel 431 come vescovo in Irlanda. La morte però, interruppe presto il suo duro e difficile lavoro tra popolazioni ancora pagane tiranneggiate dai druidi. Il Santo, appena ne ricevette la triste notizia, decise di recarsi in quell’isola con qualche compagno dopo aver ricevuto la consacrazione episcopale, forse, da S. Germano. È probabile che sia sbarcato poco lontano dalla città di Wicklow, ma è impossibile stabilire con precisione quali contrade egli abbia evangelizzato per prime. Una cosa è certa, che nelle sue missioni egli mirò soprattutto alla conversione dei re, o capi di clan, che esercitavano un enorme influsso sul popolo e potevano fornire il terreno necessario per la costruzione delle chiese e dei conventi indispensabili alla civilizzazione del paese.

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B. GIOVANNI SARKANDER (1576-1620)

Benché alla scuola dei Gesuiti Don Giovanni avesse imparato l’arte di convertire gli eretici e la maniera di esercitare con frutto il ministero sacro, agli inizi del suo apostolato non ebbe molto successo. Il Card. Dietrichstein nel 1609 lo mandò ad Opava perché aiutasse il fratello, Don Nicola, nella vicina parrocchia di Jaktar, ma ben presto vi rinunciò. L’anno successivo, fu nominato viceparroco di Unicov, ma fu costretto ad abbandonare l’ufficio perché, insieme al fratello, era stato accusato di cospirazione contro l’imperatore d’Austria, Rodolfo II (+1612), il quale nonostante gli sforzi compiuti con l’aiuto dei Gesuiti per una restaurazione cattolica, con la pace di Vienna nel 1606, era stato costretto a concedere la libertà di culto ai protestanti d’Ungheria e di Transilvania. Arrestato e interrogato dalle autorità ecclesiastiche, il Beato fu riconosciuto innocente.

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S. LUISA DE MARILLAC (1591-1660)

Dopo la morte del marito (1625) si tracciò un severo regolamento di vita. La sua giornata iniziava molto presto con una mezz’ora di orazione, ed era seguita dalla recita delle ore minori dell’ufficio della Madonna e dalla Messa. In casa lavorava fino all’ora del pranzo, al quale faceva precedere una breve lettura del Vangelo e seguire, per dieci minuti, una meditazione sull’Incarnazione del Verbo. Fino alle quattro pomeridiane, se non doveva compiere qualche visita di dovere, continuava a lavorare, con le persone di servizio, per i poveri, le chiese o la casa. Si recava quindi di nuovo in chiesa per visitare Gesù sacramentato, recitare Vespro e fare mezz’ora di meditazione e l’esame di coscienza. La serata la trascorreva tra la lettura ed il lavoro. Chiudeva la giornata con la recita del rosario e del Mattutino dell’ufficio della Madonna.

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S. CLEMENTE MARIA HOFBAUER (1751-1820)

A motivo dell’età avanzata, Clemente non fece che cinque mesi di noviziato e, dopo la professione religiosa, fu subito ordinato sacerdote ad Alatri (Prosinone) a motivo della sua provata pietà e del grande bisogno che i Redentoristi avevano di membri. Attese per un po’ di tempo allo studio della teologia a Frosinone, poi si recò a Vienna insieme con Taddeo Hùbl per fondarvi una casa. Siccome però, Giuseppe II era contrario alla diffusione delle famiglie religiose nell’impero austro-ungarico, egli si recò a Varsavia dove gli fu affidata (1787) la rettoria della chiesa di San Benno, propria della colonia tedesca, rimasta senza sacerdoti dopo la soppressione della Compagnia di Gesù.

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B. PLACIDO RICCARDI (1844-1915)

Gustava assai le opere ascetiche del P. Federico Faber (+1863), specialmente Il Piede della Croce in otto volumi; leggeva sovente le Meditazioni del prelato Carlo Gay (+1892), sebbene le trovasse un po’ alte e difficili; aveva continuamente fra le mani la Storia della Passione del Signore secondo le contemplazioni di Anna Caterina Emmerich (+1824) e, negli ultimi anni di vita, amava assai leggere i Travagli di Gesù, capolavoro della letteratura mistica portoghese, dell’agostiniano Tommaso di Gesù (+l592). Nella gioventù aveva cominciato ad imparare musica e talora accompagnava all’organo i canti monastici della messa conventuale, ma in età più adulta non volle toccare strumenti musicali, benché fosse esortato a farlo per svago o per necessità.

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B. GIACOMO CUSMANO (1834-1888)

Don Giacomo moltiplicò gli sforzi per invogliare i frequentatori della sua chiesa a nutrirsi, anche tutti i giorni, di quello che amava chiamare “boccone eucaristico”, capace di placare la fame di tutti gli uomini. Personalmente egli attingeva ogni giorno alla Messa la forza di donarsi continuamente e senza riserve ai bisognosi. La celebrava con grande esattezza e attenzione tenendo la testa leggermente inclinata da una parte e senza mai omettere la preparazione e il ringraziamento. Quando la celebrava da solo vi impiegava anche un’ora. Al momento della consacrazione, facilmente prorompeva in infuocati sospiri e in un pianto dirotto. Diverse volte fu visto sollevato da terra.

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B. REBECCA AR-RAYÈS DE HIMLAYA (1832-1914)

Il Signore a poco a poco chiamò Suor Rebecca a mete più alte. Dopo qualche anno di vita claustrale, ella si sentì ispirata a pregare così: “Perché, mio Dio, ti allontani da me? Perché non mi visiti con la malattia? Mi hai forse abbandonata?”. La sua preghiera fu immediatamente esaudita. Appena la sera andò a dormire si sentì assalire da un violentissimo mal di testa che si propagò alla radice degli occhi. Fu visitata da molti dottori e sottoposta a diverse cure, ma risultarono tutte inutili. L’occhio destro peggiorò talmente che un oculista americano, residente a Gebail, le disse che doveva lasciarselo estrarre, se voleva almeno salvare il sinistro. La Beata accettò la proposta, ma volle sottoporsi all’operazione senza anestesia. Tra gli atroci dolori si limitò a dire: “In comunione con la passione di Cristo”.

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B. LUIGI ORIONE (1872-1940)

Nel 1897, durante gli esercizi spirituali, Don Orione stese i suoi propositi in trenta punti minuti e severi. Tra l’altro scrisse: “O Signore Gesù, oggi comincio vita nuova, come un secondo battesimo. Prometto di fare tutto ciò che vedrò e che potrà farmi santo, di abbandonarmi in tutto nelle braccia di Gesù… Voglio fare penitenza dei miei peccati e amare il Signore con il cuore e con le opere, tanto da morire arso dalla sua carità. Vivrò, con il permesso del confessore, a pane, acqua e minestra. Mi confesserò possibilmente tutti i giorni e non meno di ogni tre giorni. Andrò a confessarmi da chi mi farà più santo… Mi farò la disciplina e metterò il cilicio. Parlerò poco, pregherò molto e lavorerò tanto da cadere alla sera stanco nelle braccia di Gesù, mio bene e mio tutto”. (altro…)

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