S. TURIBIO ALFONSO DI MOGROVEJO (1538-1606)

Turibio frequentò con profitto le scuole pubbliche prima a Valladolid, e quindi presso l’università di Salamanca, dove si laureò in giurisprudenza. Filippo II, re di Spagna, venuto a conoscenza della virtù e del sapere di lui, nel 1575, benché semplice laico, lo nominò presidente del tribunale dell’Inquisizione a Granada. Il Santo adempì per cinque anni il suo compito con tanta competenza e tatto che si attirò l’ammirazione di tutti. Particolarmente soddisfatto, dovette restarne il re, se lo destinò alla sede vacante di Lima, capitale del Perù. Gli scandali che colà avvenivano, erano così gravi, che gli indiani si rifiutavano di abbracciare la fede degli spagnoli.

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S. GIUSEPPE ORIOL (1650-1702)

Un giorno, mentre stava a mensa, il padrone lo invitò a servirsi di una squisita pietanza di cui voleva privarsi. Al pressante invito, il santo stese la mano, ma una forza misteriosa gliela trasse indietro. Ripeté il tentativo altre due volte, ma una forza invisibile gl’impedì di prendere di quella pietanza. L’Oriol capì che Dio voleva da lui un perpetuo digiuno a pane e acqua, benché non avesse grandi colpe da espiare. I suoi concittadini vennero presto a conoscenza di quella sua penitenza e, quando lo incontravano per via, lo additavano ammirati con il soprannome di “dottore pane e acqua”.

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B. ANNUNCIATA COCCHETTI (1800-1882)

La riforma scolastica voluta dall’imperatore dell’Austria, Giuseppe I, alla quale apparteneva la provincia di Brescia, dopo la caduta prima della repubblica di Venezia, e poi dell’impero napoleonico, tra il 1819 e il 1822, comportò per l’Annunciata la chiusura della scuola privata domestica. Invece di perturbarsi, ella aggirò l’ostacolo conseguendo l’abilitazione all’insegnamento nella scuola elementare minore (maggio 1822) e, in seguito a regolare concorso, ottenne di essere assunta quale prima maestra nella neo-istituita scuola elementare femminile comunale di Rovato. Vi insegnerà per almeno due anni scolastici, profondendo tra le alunne le fini intuizioni della sua mente e del suo cuore.

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SAN NICOLA DELLA FLUE (1417-1487)

Non sentiva nessuna attrattiva per le vanità del mondo, tuttavia, per ubbidire ai genitori, verso i trent’anni consentì a sposare Dorotea Wiss, di Schwendi, dalla quale ebbe 10 figli. In mezzo alle fatiche dei campi e della stalla, Nicola non perdette l’abituale unione con Dio. Hans, il suo figlio maggiore, ha raccontato che durante la notte, mentre tutti erano a riposo, udiva sovente il padre levarsi per andare a pregare dinanzi al crocifisso della sala comune, Dorotea stessa depose, nel processo di beatificazione, che suo marito l’avvertiva sempre quando, nel cuore della notte, si levava per salire fino al Santuario di San Nicola di Bari, che sorgeva sulla collina di fronte alla loro casa, a passarvi lunghe ore nel raccoglimento e nell’orazione. Essendo un esemplare padre di famiglia, i compaesani lo elessero, nel comune e nel cantone, giudice e consigliere (1459) e quindi deputato alla Dieta federale (1462).

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B. BENEDETTA CAMBIAGIO FRASSINELLO (1791-1858)

Una teste dei processi affermò: “In casa, la signora Madre sorvegliava tutte. Quando aveva tempo si sedeva accanto a noi bambine e c’insegnava a cucire, rammendare, rappezzare, a fare i camiciotti, a leggere e a scrivere. Sovente ci chiedeva: care le mie figlie, avete già detto delle giaculatorie? Avete fatto la comunione spirituale? Lei cominciava e noi proseguivamo”. In caso di ristrettezze economiche, si metteva a recitare in cappella il rosario, con le ragazze, o faceva con loro una processione nel cortile al canto delle Litanie della Madonna. L’Opera della beata prosperò perché la gente aveva posto in Benedetta una “illimitata fiducia”. Difatti, era stata l’unica donna che, a Pavia, si era tempestivamente occupata dell’istruzione e dell’educazione della gioventù povera e orfana.

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S. GIUSEPPE, SPOSO DI MARIA VERGINE

Il Vangelo dà grande risalto al suo matrimonio verginale con Maria SS., avvenuto in età giovanile. La Madonna si determinò a contrarre le nozze con Giuseppe forse perché figlia ereditiera, cioè senza fratelli. In tal caso essa era obbligata a sposarsi “soltanto agli uomini della propria tribù” (Num., 36,6). Maria si decise a quel passo, nonostante il voto di verginità, perché quella era l’usanza comune alla quale nessuna giovane ebrea poteva moralmente sottrarsi, e perché aveva fiducia che il Signore le avrebbe fatto trovare un giovane disposto a rispettare la sua integrità.

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B. IPPOLITO GALANTINI (1565-1619)

Benché la sua salute fosse quasi continuamente malferma, Ippolito digiunava tre volte la settimana e si cibava di pane, frutta e legumi, raramente di carne e di pesce. Se il confessore glielo avesse permesso, avrebbe fatto volentieri uso anche dei cilici e dei flagelli, per prendere parte ai dolori del Figlio di Dio, alla contemplazione dei quali difficilmente riusciva a trattenere le lacrime. Fu tuttavia lieto di potere almeno offrire a Dio le sofferenze che gli procurava al petto una piaga da lui tenuta nascosta a tutti per quattordici anni. Di notte riduceva le ore di sonno per attendere alla preghiera, alla meditazione del Vangelo e della Imitazione di Cristo e preparare diligentemente le lezioni di catechismo.

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B. FRANCESCO DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE P. e Q. (1811-1872)

In Spagna, alla morte del re Ferdinando VII (+1833), era scoppiata una guerra civile tra sua figlia Isabella II (+1904), sostenuta dai liberali e lo zio Don Carlos, pretendente al trono in forza della legge salica, sostenuto dai conservatori e dal clero. Sedici anni più tardi il beato confesserà nel suo libro La Vita Solitaria: “Quando feci la mia professione religiosa la rivoluzione teneva già nella sua mano la torcia incendiaria per bruciare tutte le case religiose e il temibile pugnale per assassinare gli individui che si erano rifugiati in esse. Non ignoravo il pericolo opprimente al quale mi esponevo… ciò nonostante mi impegnai con voti solenni in uno stato, le cui regole credevo di poter praticare fino alla morte, indipendentemente da qualsiasi umano avvenimento”.

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B. MARCELLO CALLO (1921-1945)

La guerra scatenata da Adolfo Hitler nel 1939 rendeva difficile la vita anche a Rennes. La città l’ 8-3-1943 fu bombardata per la prima volta. Tra le oltre trecento vittime ci fu pure Maddalena, la sorella di Marcello. Fu lui che la trasse fuori dalle macerie dando prova di grande calma e sangue freddo. A questa sciagura un’altra se ne aggiunse: la sua requisizione da parte dell’organizzazione tedesca detta Servizio di Lavoro obbligatorio. Il santo giovane ricevette l’ordine di partire per la Germania la vigilia dei funerali della sorella. Avrebbe potuto nascondersi, ma non lo fece per non esporre i genitori a feroci rappresaglie. Preferì, dunque, partire per non creare noie a suo padre, che lavorava ancora, e a suo fratello, alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale, ma soprattutto per fare “il missionario”, assistere cioè spiritualmente i giovani già partiti per il lavoro forzato in Germania.

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San Salvatore Da Horta (1520-1567)

Dio, che predilige i semplici, ricondusse Salvatore a Barcellona (1541), nel convento di Santa Maria di Gesù. Il Padre Provinciale dei Frati Minori lo accolse senza difficoltà nel noviziato, benché non sapesse né leggere né scrivere. In lui nulla fu notato di singolare o difettoso da correggere. Era tanto semplice e di vita tanto pura, che pareva non sapesse far altro che servire il Signore. Dopo aver lavorato sodo tutto il giorno, a mezzanotte giungeva primo in coro per la recita di Mattutino. Dopo l’ufficio, senza eccezione, si flagellava, talvolta fino al sangue e portava il cilicio, col permesso del confessore al quale ogni mattina, prima dell’alba si confessava. Serviva quindi la prima Messa e faceva la comunione, contrariamente all’usanza del tempo.

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