L’evoluzione dei regni romano-barbarici

Prof. A. Torresani. 5. 1 Le caratteristiche del monachesimo occidentale; 5. 2 Il papa Gregorio Magno e la riforma del papato; 5. 3 La Gallia diviene Francia; 5. 4 Il tramonto dei Visigoti di Spagna; 5. 5 I Longobardi in Italia; 5. 6 L’evangelizzazione degli Anglosassoni; 5. 7 Cronologia essenziale; 5. 8 Il documento storico; 5. 9 In biblioteca

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L’età feudale

Manuale di Storia
di Alberto Torresani

Il termine “feudale” connota una crisi del governo centrale che per sopravvivere è costretto a cedere alcune prerogative sovrane -coniare monete, amministrare la giustizia, riscuotere tasse, arruolare soldati- ai rappresentanti periferici. Dal IX all’XI secolo l’Europa sperimentò le conseguenze del crollo di un potere centrale in grado di assicurare ai cittadini un’esistenza politica basata sulla certezza del diritto, sull’ordine pubblico, sull’esistenza di una burocrazia capace di far giungere fino in periferia la volontà del governo, e su un esercito permanente in grado di difendere lo Stato dagli effetti disastrosi dell’anarchia interna e dalle incursioni di nemici esterni.
Dopo la breve stagione dell’unità politica dell’Europa occidentale, vissuta al tempo di Carlo Magno, i nobili imposero al sovrano tante limitazioni al suo potere da apparire essi stessi quasi piccoli re, posti a capo di una limitata porzione di territorio, incapaci di formulare una politica unitaria per allontanare le scorrerie delle ultime popolazioni seminomadi. Gli scambi commerciali si ridussero al minimo e l’agricoltura si organizzò per l’autoconsumo; la vita delle città, che ai tempi di Carlo Magno e di Lodovico il Pio aveva conosciuto una certa ripresa, si ridusse, e l’architettura sembra aver prodotto solo tetre fortificazioni munite di rare aperture per non offrire appigli all’espugnazione dei tanti nemici che sbucavano da ogni parte. Infatti, i terribili uomini del nord erano in grado di condurre le loro navi fin all’interno del continente; i Saraceni penetravano fin nel cuore delle Alpi; i Magiari sembravano vivere sul dorso dei loro cavalli.
Le fonti scritte per la storia di questo periodo sono di origine monastica: si tratta di scarne cronache che riferiscono inondazioni, pestilenze, carestie e saccheggi. I monaci usavano uno stile da fine del mondo: probabilmente ci furono anni meno turbinosi, ma nel complesso si può parlare di ritorno ai peggiori momenti del V e del VI secolo, ma con meno fiducia perché i musulmani sembravano refrattari alla conversione, mentre Vichinghi e Magiari presero in considerazione la conversione solo dopo la ripresa politica e militare dell’Occidente.
Il regime feudale fu espressione dell’organizzazione locale delle forze ancora esistenti, avendo di mira la sopravvivenza. Quando le condizioni esterne si fecero meno oppressive, il ricordo dell’impero romano e cristiano permise la renovatio imperii guidata dalla nazione germanica.

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La ripresa dell’impero romano d’Oriente

Dal Manuale di Storia 

di Alberto Torresani
Verso la metà del V secolo l’impero d’Oriente, che aveva trascorso mezzo secolo all’insegna del potere esercitato da donne – Eudossia, Pulcheria, Eudocia – mentre gli imperatori erano intenti a discussioni teologiche e giuridiche, con l’avvento dell’imperatore Marciano riuscì a scrollarsi di dosso la tutela dei

magistri militum barbari. Le invasioni barbariche diminuirono perché l’Occidente fungeva da valvola di sfogo: la prosperità ridette slancio all’economia anche se la pressione fiscale continuava a risultare eccessiva, specie in Siria e in Egitto, che anche per questo motivo accrebbero la tendenza a sostenere con caparbietà le proprie tradizioni teologiche in funzione antimperiale.
Gli imperatori Zenone e Anastasio cercarono con un atto d’imperio l’unione religiosa, ma si trattava di compromessi che la Chiesa di Roma respinse. Con gli imperatori Giustino e Giustiniano, invece, si tornò all’ortodossia, e l’impero, dopo aver acquistato da Armenia e Persia la pace lungo i confini orientali, trovò la forza di riconquistare l’impero romano d’Occidente: i risultati furono nel complesso mediocri nonostante le spese sostenute. L’insuccesso del sogno imperiale, finché visse Giustiniano, non apparve all’esterno, perché l’impero si ammantò di splendide costruzioni, dandosi un’immagine maestosa per l’avvenuta codificazione del diritto romano. Ma il prezzo pagato dalle province risultò eccessivo: l’Italia andò in gran parte perduta in seguito all’invasione dei Longobardi, mentre si restringevano i possessi bizantini in Africa e in Spagna.
Infine riaffiorarono le non sopite differenze religiose che indussero la Chiesa d’Oriente ad assumere sul piano dottrinale e liturgico le caratteristiche che, col passare del tempo, l’avrebbero differenziata dalla Chiesa romana: quest’ultima, dal canto suo, aveva trovato   nel diritto romano un modello per amministrare, nell’unità sostanziale, le legittime differenze liturgiche e pastorali insorte presso le Chiese locali. Una serena valutazione dell’opera di Giustiniano, pur tenendo presenti gli indubbi meriti dell’imperatore, deve sottolineare la sua sordità ai bisogni dei più umili tra i sudditi, ridotti al punto di acclamare gli Arabi perché diminuivano le tasse. (altro…)

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Il cristianesimo: dalle persecuzioni all’età dei concili

Dal Manuale di Storia 

di Alberto Torresani

 La forza culturale nuova destinata a divenire fondamento dei secoli successivi è il cristianesimo, ossia l’insegnamento di Gesù affidato oralmente a un piccolo numero di discepoli che lo diffusero nell’impero romano, soprattutto per merito di Paolo di Tarso che rispetto agli altri apostoli aveva il vantaggio di essere colto e di possedere la cittadinanza romana.

   L’Impero romano si sentiva minacciato dal cristianesimo e per tre secoli lo combattè attivamente; nell’epoca di Costantino, invece, l’atteggiamento cambiò e fu operato il tentativo di servirsi dei cristiani per rafforzare l’unità dello Stato. Quando l’eresia minacciò l’unità dei cristiani, per decisione di Costantino fu convocato il primo concilio ecumenico della Chiesa, per  ristabilire l’unità dottrinale e pastorale.

   Nel corso del IV secolo il cristianesimo passò dalla condizione di religione tollerata a quella di religione di Stato, conoscendo una notevole fioritura culturale in grado di soppiantare la cultura pagana ridotta a manifestazioni marginali.

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Le popolazioni germaniche si rafforzano

Dal Manuale di Storia 

di Alberto Torresani

Gli avvenimenti dell’agosto 476 non cambiarono ciò che già avveniva in Occidente fin da molti anni prima, ma certamente il senso di dipendere solo da se stessi si rafforzò nei barbari, inducendoli a condurre una politica più lungimirante rispetto alle razzie praticate nei decenni precedenti, quando l’obiettivo era  di fiaccare la forza militare dell’impero. In Europa si vanno precisando alcune aree di influenza: i Vandali fondano in Africa il più vitale dei regni romano-barbarici comprendente anche le Baleari, la Sardegna e la Corsica; i Visigoti si impongono sulla Spagna e sull’Aquitania; i Franchi dominano  sulla Gallia e sulla Belgica; in Italia, dopo l’effimero successo degli Eruli di Odoacre, giunge la più forte popolazione degli Ostrogoti, guidati da un grande re, Teoderico l’Amalo. In Britannia la penetrazione di Angli, Iuti e Sassoni fu più lenta e i Celti si difesero a lungo, tanto da lasciare una duratura fisionomia al Galles e alla Cornovaglia, nonché alla Bretagna, ricolonizzata dai Celti che fuggivano dall’isola. Le altre popolazioni germaniche non riportarono successi così grandi, affermandosi solo localmente. (altro…)

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