S. GILBERTO di SEMPRINGHAM (1083-1189)

Il santo era un abile direttore e organizzatore. Eppure si riteneva incapace di governare la sua famiglia spirituale. Eugenio III, quando lo incontrò in Francia, si rammaricò di non averlo conosciuto prima di designare un titolare per l’arcivescovado di York. Dio permise che l’esemplare fondatore fosse esposto alla persecuzione del re Enrico II, capostipite della dinastia di Angiò-Plantageneto. Costui aveva costretto a fuggire in Francia S. Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury e primate d’Inghilterra, perché aveva coraggiosamente difeso il privilegio del foro ecclesiastico accettando la legge eversiva del parlamento soltanto con la riserva salvo ordine nostro et jure Ecclesiae. Gilberto fu accusato di aver inviato soccorsi al prelato in esilio. L’accusa era falsa, ma il santo preferì essere gettato in prigione, correre il rischio di vedere soppresso il suo Ordine, anziché dare l’impressione di condannare un atto giusto e buono in se stesso. Si salvò solo perché era troppo grande la stima che godeva presso il re.

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S. STEFANO di THIERS (1048-1124)

Il principale redattore della raccolta degli insegnamenti del Santo fu Ugo di Lacerta, un cavaliere quarantenne dei dintorni che, verso il 1109, si era unito al piccolo gruppo di Stefano e ne era diventato il confidente. Il suo Liber Sententiarum ci fa conoscere l’ideale religioso del Santo, preoccupato più dell’osservanza dell’evangelica povertà che della organizzazione claustrale, nella pratica di una vita di preghiera e di lavoro. L’elemosina dei beni materiali e spirituali, indifferentemente dati e ricevuti, costituiva un aspetto importante della sua vita eremitica, che in seguito fu trasformata in cenobitica.

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B. STEFANO BELLESINI (1774-1840)

P. Bellesini si era dedicato con vera arte pedagogica e squisita carità alla riorganizzazione delle scuole comunali nella speranza che il governo austriaco restituisse agli agostiniani il convento di San Marco e permettesse loro di riprendervi la vita claustrale. Nel 1817, vedendo inappagate le sue attese, rinunciò all’incarico affidatogli ed espatriò clandestinamente da Trento per ricongiungersi alla sua famiglia religiosa che frattanto si era ricostituita a Bologna. Il governo austriaco lo richiamò a Trento comminandogli pene, ma avendo egli preferito restare fedele ai suoi voti, fu bandito per sempre dallo stato. Il beato in cuor suo ne esultò, ma perché fosse palese la sua innocenza, scrisse al fratello Angelo: “Ecco la solita paga del mondo, ecco come vanno a finire le sue ampie promesse”.

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B. NICOLA da LONGOBARDI (1650-1709)

    Nel 1681 il beato fu mandato nel convento di S. Francesco da Paola ai Monti, in Roma, perché aiutasse il parroco nell’assistenza religiosa al popoloso quartiere e facesse da portinaio. Ebbe così modo di venire a contatto di tanti poveri, di dire loro una buona parola e di soccorrerli nelle loro necessità con l’aiuto di benefattori. Quando non riusciva a soddisfare le loro necessità, i bisognosi lo insultavano con le parole più volgari, ma egli le sopportava con pazienza, in silenzio, in riparazione dei propri peccati. I parrocchiani e i devoti di S. Francesco da Paola, però, si avvidero presto di quante virtù fosse adorno l’umile oblato, basso di statura, ossuto, macilento, ma forte e agile nelle fatiche. Tutti lo ricercavano per confidargli le loro pene e raccomandarsi alle sue preghiere.

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EDUCARE IL SENSO RELIGIOSO.

*Ogni mamma cristiana, già molto prima della nascita, si preoccupa dell?anima del suo bambino. In quel periodo in cui è una cosa sola con il piccolo essere che porta in sé, la madre può esercitare un?azione invisibile sull?anima del suo tesoro, mediante lo spirito di preghiera e d?offerta, accumulando su di lui le benedizioni divine.

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