Parente, Livi, Jolivet. Etimologicamente (dal greco “sopra” e “discorso, ragione”) l’analogia suggerisce l’idea di un rapporto tra due termini, quindi di proporzione e di somiglianza. Come tale essa è alla base di tutti i nostri ragionamenti, che si compongono di giudizi (confronti tra due idee), e appartiene perciò in modo particolare al dominio della filosofia, della teologia e del diritto
Analogia-Analogico
(Card. Pietro Parente) Etimologicamente (dal greco “sopra” e “discorso, ragione”) l’analogia suggerisce l’idea di un rapporto tra due termini, quindi di proporzione e di somiglianza. Come tale essa è alla base di tutti i nostri ragionamenti, che si compongono di giudizi (confronti tra due idee), e appartiene perciò in modo particolare al dominio della filosofia, della teologia e del diritto.
1. L’ANALOGIA NELLA FILOSOFIA E NELLA TEOLOGIA.
Filosoficamente l’a. è affinità di concetti e di termini (logica), fondata sul mutuo rapporto di vari modi di essere (metafisica). Secondo la migliore scolastica la nozione di ente, universalissima, non si attribuisce nello stesso modo a tutte le cose, perché ogni cosa differisce dall’altra per il contenuto, che è diversamente graduato in quanto è più o meno ricco di essere. Pertanto l’ente non si può attribuire a tutte le cose univocamente (secundum eamdem rationem), ma solo analogicamente (secundum rationem similem). Si sogliono distinguere due forme principali di analogia: una detta di attribuzione, l’altra di proporzionalità. L’analogia di attribuzione consiste nell’attribuire a due o più soggetti una proprietà, che formalmente è in un soggetto di ordine superiore, con cui gli altri hanno una relazione. Ad es. la sanità è propriamente dell’animale, ma si attribuisce anche alla medicina e al colore, che sono causa o segno di sanità nell’animale. L’analogia di proporzionalità esprime una proprietà che è in vari soggetti secondo differente proporzione; ad es. la visione si attribuisce all’occhio, all’intelletto umano, all’intelletto di Dio, ma evidentemente, nonostante la somiglianza, c’è differenza fra questi tre modi di vedere. Questa a. si può tradurre in forma matematica come la seguente: occhio : corpo = intelletto : anima.
Se una proprietà, che è formalmente in un soggetto, si attribuisce per un traslato ad un altro, l’analogia sarà di proporzionalità impropria o metafisica; ad es., il riso, proprio dell’uomo, attribuito al prato.
Nelle sue varie forme, l’analogia rivela l’innata tendenza dell’intelletto umano ad unificare la molteplicità dei mondo reale e del mondo logico, cogliendo negli esseri qualche nota comune.
Essa oscilla tra l’equivocità (uno stesso termine attribuito a due soggetti in due sensi del tutto diversi, come ad es. “scorpione ”, detto di un animale e di una costellazione) e l’univocità (uno stesso termine attribuito a più soggetti in senso assolutamente unico, come ad es. “ uomo”, detto di tutti gli individui della specie umana).
L’a. sta dunque nell’attribuire a due o più soggetti una qualità con significati né del tutto identici né del tutto diversi, ma simili secondo differente grado e modo. Gli analogati hanno pertanto una ragione formale comune, come la vita nella pianta, nell’animale, nello spirito umano, ma proporzionatamente diversa secondo il modo.
L’importanza dell’analogia aumenta nelle questioni teologiche, specialmente nel problema fondamentale del valore della nostra cognizione intorno a Dio. Fin dal secolo IV questo problema fu agitato nella controversia eunomiana tra Eunomio, che riduceva gli attributi divini a parole vuote, inette ad esprimere comunque un Dio trascendente, e s. Basilio e s. Gregorio Nisseno, i quali sostenevano che i concetti da noi formati intorno a Dio sono inadeguati ma non falsi né vuoti di senso.
La questione si riaccese più forte all’inizio della scolastica (sec. XI), quando il filosofo giudeo Mosè Maimonide (m. nel 1204), nel libro La guida dei dubbiosi, esaltando l’incomprensibilità e l’ineffabilità di Dio assumeva un atteggiamento nomìnalistico e agnostico in teologia; per lui ogni attributo divino indicava soltanto una qualità causata da Dio e messa nelle creature. Quindi: Dio è buono = Dio è causa di bontà; ma non sappiamo se la bontà sia in Dio.
S. Tommaso intuì tutta la gravità del problema e raccogliendo gli elementi sparsi qua e là nei secoli precedenti, aprì una via sicura di soluzione con uno studio approfondito dell’analogia. Egli parte dal concetto cristiano di creazione, per cui Dio è causa prima dell’universo. Tra causa ed effetto c’è naturalmente un nesso di somiglianza, che nelle creature ha carattere generico e specifico e quindi segue la linea dell’univocità, come ad es. tra padre e figlio. Ma siccome Dio trascende infinitamente tutto il creato coi suoi generi e le sue specie, tra lui e la creatura la somiglianza non può essere perfetta, univoca, ma approssimativa e cioè analogica. La perfezione infinita di Dio, unica e semplicissima, si riflette, sia pure pallidamente, e si rifrange in certo modo nella gamma indefinita degli esseri creati dalla sua onnipotenza. L’intelletto umano dalla considerazione delle creature si eleva legittimamente ad affermare non solo l’esistenza di Dio, ma anche alcunché della sua intima essenza, di cui le creature sono una lontana imitazione.
Per questa via si formano quei concetti che costituiscono gli attributi divini (bontà, sapienza, giustizia, ecc.) e che esprimono imperfettamente la natura di Dio, come gli esseri creati imperfettamente la rappresentano. Gli attributi dunque, pur essendo inadeguati, hanno il loro valore, perché significano qualità che si trovano veramente nelle creature e in Dio secondo proporzioni diverse.
Alla luce della dottrina tomistica l’analogia della nostra cognizione intorno alle perfezioni divine si può ridurre a questi capisaldi :
1. C’è rapporto di somiglianza, fondato sulla causalità, tra il Creatore e le creature, in forza del quale noi possiamo conoscere in qualche modo Dio attraverso la natura creata.
2. La migliore espressione di questo rapporto è la proporzionalità non propriamente matematica, cioè quantitativa, ma metafisica.
3. L’attributo divino esprime una proprietà formalmente comune a Dio e alle creature, ma diversa per il modo di essere, perché mentre nella creatura la proprietà si distingue dall’essenza ed è perciò partecipata e limitata, in Dio ogni proprietà s’identifica con l’essenza e quindi vi sta in modo infinito.
4. Non tutte le proprietà delle creature possono attribuirsi a Dio, perché alcune, come ad es. l’estensione, ripugnano alla sua natura di Atto puro. Ci sono proprietà che nel loro concetto formale non includono imperfezioni, come la bontà: e queste si attribuiscono formalmente a Dio ma in un modo più alto che alle creature. Ci sono poi proprietà che includono imperfezioni, come la vita, la cognizione, e queste si attribuiscono a Dio soltanto se purificate da ogni ombra d’imperfezione.
Pertanto il linguaggio teologico, in base alle leggi dell’analogia, esprime l’essenza divina o per via di negazione, se rimuove da Dio qualche proprietà creata che suona imperfezione, o per via di affermazione, se attribuisce a Dio una proprietà positiva che si riscontra come perfezione nella creatura, o per via di eminenza, quando corregge l’affermazione distinguendo il modo di essere di una proprietà nelle creature del modo superiore secondo cui quella stessa proprietà è in Dio.
Si ha dunque questa gradazione :
– Dio è incorporeo (sì nega l’imperfezione della materialità);
– Dio è sapiente (si afferma una proprietà come formalmente presente in Dio);
– Dio non è sapiente (cioè allo stesso modo della creatura);
– Dio è supersapiente (in modo infinitamente superiore alle creature).
Così la dottrina cristiana dell’analogia, eliminando l’agnosticismo e l’antropomorfismo, valorizza la cognizione umana intorno a Dio, ma ne segna anche i limiti di fronte alla divina trascendenza.
BIBLIOGRAFIA [sintesi]:
J. Ramirez, De analogia secundum doctrinam aristotelico‑thomisticam, in La Ciencia tomista, 24 (1920, PP. 20‑40); Tommaso de Vio (Gaetano), De nominum analogiae, a cura di N. Zammit, Roma 1934; P. Parente, Quid re valeat humana de Deo cognitio, in Acta Pont. acad. Rom. s. Thomae, nuova serie, 2 (1935), PP. 7‑31.
(Mons. Antonio Livi) (dal greco anà-logia = rapporto, proporzione): in logica designa sia una forma di ragionamento (ragionamento per a.) sia un tipo di predicazione (la predicazione analogica). Il ragionamento per a. si distingue sia dalla deduzione che dall’induzione, in quanto procede dal particolare al particolare (da un caso simile ad un altro caso simile), mentre la deduzione procede dall’universale al particolare e, viceversa, l’induzione dal particolare all’universale. Come forma di predicazione, l’a. si distingue dall’univocità e dall’equivocità. Mentre nell’univocità un termine viene applicato a molti soggetti in senso identico, e nell’equivocità in senso totalmente diverso, nell’a. è applicato in senso parzialmente eguale e parzialmente diverso. Si distinguono tre tipi principali di analogia predicativa: di attribuzione, di proporzionalità propria e di proporzionalità metaforica.
(Regis Jolivet) Proporzione, corrispondenza.
I. Psicologia. Rapporto di rassomiglianza.
II. Ragionamento per analogia: consiste nel concludere all’identità di due o più termini in forza della loro rassomiglianza parziale ( = analogia), o a due somiglianze non ancora osservate a partire da somiglianze conosciute.
III. Logica. Rapporto stabilito tra realtà essenzialmente diverse, ma che hanno qualcosa in comune (opposto a univocità ed equivocità). Si divide in: Analogia di attribuzione; è quella di un termine o di un concetto che convengono ad una o a più cose in ragione del loro rapporto ad un’altra, alla quale soltanto il termine o il concetto si applicano propriamente e principalmente. Così il termine sano si dice propriamente e principalmente del corpo (attribuzione intrinseca); ma per analogia si applica ugualmente all’alimento, al clima, o al volto che esprime la salute del corpo (attribuzione estrinseca). Il corpo è l’analogato principale; l’alimento, il clima, il volto sono un analogato secondario. Analogia di proporzionalità è quella di un termine o di un concetto che convengono a più cose in ragione di una somiglianza di rapporti. Così si dice che la verità è per l’intelligenza ciò che la luce del sole è per gli occhi del corpo.
IV. Sofisma della falsa analogia: consistente nel concludere da un oggetto all’altro, nonostante la loro differenza essenziale, partendo da una somiglianza accidentale.
[Analogo. Logica. Che comporta un’analogia e si dice di un concetto che riguarda realtà essenzialmente diverse, ma che tuttavia tra loro un rapporto, avendo qualche cosa in comune. (Osservazione) Questo termine è intermedio tra l’equivoco e l’univoco e designa una nozione che si applica a più soggetti in un senso né totalmente identico né totalmente differente]
Bibliografia
San Tommaso d’Aq., Summa theologica, I, q. 13, a. 5; In metaphisica, Aristotelis, I. IV, lect. I; Questio disputata de Veritate, q. 2, a. II; De potentia, q. 7, a. 7; Comment. In I Sententiarum, d. 19, q. 5, a. 2 ad I. Suarez, Disputationes metaphysicae, d. 32, sect. 2; Card. Caietanus, De nominum analogia; J. Maritain, Petite logique, 1923; A. C. Gigon, De analogia, 1949.