Il sedicente “priore” era in realtà figura di spicco della scuola di partito del PD
Bianchi e Bose, il vero scandalo è non averlo fermato prima
Un messaggio per Cardinali e Vescovi troppi “aperti”?
Non è ancora chiaro quali siano stati i reali problemi a portare la Santa Sede a disporre l’allontanamento di Enzo Bianchi, insieme a Goffredo Boselli e Antonella Casiraghi, dalla Comunità di Bose.
Ufficialmente si parla di tensioni con l’attuale priore, Luciano Manicardi, e con il resto della comunità, cosa che ben difficilmente giustifica una sanzione tanto pesante.
Ma è curioso che a destare tanta attenzione sia l’intervento attuale della Santa Sede, quando ci si dovrebbe piuttosto interrogare sul perché la Santa Sede non sia intervenuta ben prima riguardo alla “predicazione” di Bianchi, e le sue tesi eterodosse che hanno trovato grande accoglienza tra molti vescovi.
In realtà, qualcuno a Roma si mosse, tanto che esiste un dossier Bianchi presso la Congregazione per la Dottrina della Fede che risale al 2004.
Ma qualche importante prelato, amico del fondatore di Bose, provvide a fermare la pratica e insabbiare tutto.
In ogni caso non ci sono particolari segreti, vista l’ampia produzione letteraria di Enzo Bianchi, più volte oggetto di dura critica anche da parte de la Nuova Bussola Quotidiana. I punti da affrontare sarebbero molti, ne esaminiamo alcuni.
C’è infatti un grave problema di sostanza nelle tesi di Bianchi, soprattutto di natura ecclesiologica. «Fratello, sorella, tu provieni da una chiesa cristiana. […] tu appartieni a Cristo attraverso la chiesa che ti ha generato a lui con il battesimo. Riconoscerai perciò i loro pastori, riconoscerai i loro ministeri nella loro diversità, e cercherai sempre di essere segno di unità».
È questo il tenore della Regola di Bose, scritta appunto dal fondatore Enzo Bianchi, il cui significato, già intuibile, si svela con più chiarezza alla luce dell’affermazione presente nel libro La comunità monastica di Bose: «Solo la chiesa universale nella sua completezza storica può esprimere la totalità degli appelli contenuti in esso [Vangelo, n.d.a.]».
La non meglio specificata “chiesa universale” pare essere l’orizzonte verso cui tendere, e che, in qualche modo, la Comunità di Bose si appresta già a realizzare: una chiesa più ampia di quella cattolica, nella quale ognuno resta “fedele” alla propria chiesa o comunità da cui proviene e della quale riconosce i ministeri e i pastori.
Tant’è vero che, sempre nella regola di Bose, si raccomanda che «all’interno della comunità è bene che ci siano anche fratelli pastori o preti: non solo perché assicurano il ministero sacramentale alla comunità, ma anche perché sono il tramite tra la comunità e le chiese».
Queste indicazioni si pongono in palese contrasto con quanto la fede cattolica insegna, come appare chiaramente nella dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede Mysterium ecclesiae (1973), n. 1, ripresa dalla Dominus Iesus (2000), al n. 16: «Non possono, quindi, i fedeli immaginarsi la Chiesa di Cristo come la somma – differenziata ed in qualche modo unitaria insieme – delle Chiese e Comunità ecclesiali; né hanno facoltà di pensare che la Chiesa di Cristo oggi non esista più in alcun luogo e che, perciò, debba esser soltanto oggetto di ricerca da parte di tutte le Chiese e comunità».
Da parte sua invece, nel libro Ricominciare nell’anima, nella chiesa, nel mondo, del 1999, Bianchi sostiene proprio il contrario: «Si ignora che ogni tradizione è limitata e parziale e che solo tutti insieme è possibile giungere alla piena verità».
Ci troviamo di fronte, quindi, ad un problema fondamentale relativo all’unicità e unità della Chiesa di Cristo, elementi che sono strettamente «in connessione con l’unicità e l’universalità della mediazione salvifica di Gesù Cristo» (DI, 16); perciò «deve essere fermamente creduta come verità di fede cattolica l’unicità della Chiesa da lui fondata» e che «questa Chiesa, costituita e organizzata in questo mondo come società, sussiste [subsistit in] nella Chiesa Cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui» (Ibi).
Gli elementi di verità e santificazione presenti nella chiese e comunità cristiane spingono, per loro natura, verso questa unità: verità, questa, che si può verificare, per esempio, nella storia delle molti conversioni dal protestantesimo e dall’anglicanesimo.
Se questi elementi indirizzano ed attraggono verso l’unica Chiesa di Cristo, che è quella cattolica, Enzo Bianchi frena e vanifica questa spinta, da un lato raccomandando di restare fedeli alla propria chiesa e dall’altro rinviando ad una chiesa universale più ampia della Chiesa cattolica, che nella sua “predicazione” sui giornaloni, l’ex-priore non manca mai di criticare con particolare zelo.
Anzi, secondo lui, l’autentica evangelizzazione «richiede vigilanza contro ogni tentazione di ispessire (per far apparire) la mediazione ecclesiale […] Solo così eviterà di destare sospetti quasi tendesse all’aggregazione ecclesiastica più che all’incontro dell’uomo con Dio nella conversione e nella fede».
Enzo Bianchi parla della Chiesa cattolica come di un’associazione un po’ ingombrante che vuol fare proseliti tutti per sé, dimenticando che la mediazione ecclesiale non solo è voluta esplicitamente dal Signore, ma è l’espressione reale della stessa mediazione di Cristo, il prolungamento della sua Incarnazione, come spiega con estrema chiarezza DI, 16: «Il Signore Gesù, unico Salvatore, non stabilì una semplice comunità di discepoli, ma costituì la Chiesa come mistero salvifico: Egli stesso è nella Chiesa e la Chiesa è in Lui; perciò, la pienezza del mistero salvifico di Cristo appartiene anche alla Chiesa, inseparabilmente unita al suo Signore. Gesù Cristo, infatti, continua la sua presenza e la sua opera di salvezza nella Chiesa ed attraverso la Chiesa, che è suo Corpo. E così come il capo e le membra di un corpo vivo pur non identificandosi sono inseparabili, Cristo e la Chiesa non possono essere confusi ma neanche separati, e costituiscono un unico “Cristo totale”».
Sempre di natura ecclesiologica è anche la divaricazione, che di fatto diviene un dualismo, tra Chiesa cattolica e Regno di Dio.
Nel già citato libro Ricominciare, Bianchi scriveva che «la chiesa non è il Regno» e via tutta una lista di come fratel Enzo vorrebbe la “sua” chiesa.
Invece Lumen gentium, n. 5, insegna che la Chiesa militante costituisce su questa terra il «germe e l’inizio del Regno», che si esprime pienamente nella Chiesa trionfante.
Non sono due chiese, ma la stessa Chiesa che è il Regno di Dio, sebbene solo incipiente su questa terra e compiuto nell’eternità. DI, al n. 18, riprende il Concilio, insegnando che la Chiesa cattolica «è dunque “il regno di Cristo già presente in mistero”, costituendone perciò il germe e l’inizio. Il Regno di Dio ha infatti una dimensione escatologica: è una realtà presente nel tempo, ma la sua piena realizzazione arriverà soltanto col finire o compimento della storia».
Va da sé che con questo impianto ecclesiologico, l’ecumenismo di Enzo Bianchi non può che risultare coerentemente inaccettabile.
In Monachesimo ed ecumenismo, egli ritiene che è proprio del monachesimo “alla Bose” affrettare la “vera unità”, ma non attraverso la testimonianza di una tradizione vissuta, pregata, comunicata, bensì mediante il superamento delle specificità confessionali, inclusa ovviamente quella cattolica: «spogliarsi delle ricchezze confessionali non essenziali alla sequela di Cristo» è la via da seguire per tornare ad un Vangelo sine glossa capace di condurre all’auspicata chiesa universale.
E’ questo l’ovvio corollario dell’impossibilità di rintracciare la vera Chiesa di Cristo su questa terra.
Sarebbe dunque auspicabile che l’allontanamento di Bianchi dalla Comunità di Bose sia solo il primo passo verso un’opera di bonifica dalle paludi insalubri che egli ha contribuito a creare nel mondo cristiano.
Che si possa andare a Cristo a prescindere dalla Chiesa cattolica; che quest’ultima sia un’espressione parziale e da superare della Chiesa voluta da Cristo; che il Regno di Dio sia qualcosa semplicemente da attendere o da costruire con i nostri sforzi; tutte queste idee sono ormai “patrimonio” del sentire comune all’interno delle nostre parrocchie ed associazioni.
Che anche queste idee vengano allontanate al più presto dalla comunità ecclesiale, come l’ex-priore dalla comunità di Bose.
(Luisella Scrosati, La Nuova Bussola Quotidiana – 3 giugno 2020)