Per ottenere tanta grazia, io offro a voi novellamente tutto me, le mie potenze, le mie aspirazioni, le mie tendenze, i miei gusti, le stesse mie miserie. Toglietemi tutto mio Dio, la stessa mia famiglia sì cara, la stessa mia vita, se voi credeste che io non fossi per mantenerle. A tal uopo ancora mi consacro ai miei santi protettori, in ispecie s. Giuseppe, s. Tommaso d\’Aquino, s. Francesco di Sales, e al mio angelo custode, mi dedico in ispecie al Cuore immacolato di Maria, madre di Dio, e che ora eleggo nuovamente a mia madre, pregandola di volermi finalmente far suo figliolo puro, umile, docile.
Propositi
Ad maiorem Dei gloriam! Viva Gesù, Maria, Giuseppe.
NB. – Nessuno leggerà mai per fatto di mia spontanea concessione (salvo il dovere di obbedienza) queste proteste e sentimenti dell\’anima mia, di cui Iddio solo deve essere testimonio e spero sarà mallevadore.
Avvicinandosi l’ora della morte, il prof. Toniolo non ebbe il tempo di distruggere questa ed altre note autografe. Questo manoscritto e gli altri di genere spirituale che trovate nelle www.paginecattoliche.it costituiscono verosimilmente soltanto una parte della documentazione autografa della vita intima del Venerabile, il resto essendo stato probabilmente distrutto da lui.
5 giugno 1882. Nel giugno 1882 avendomi colla grazia di Dio raccolto per qualche ora di parecchi giorni in preparazione alla festa del Corpus Domini, per ripensare ai supremi interessi dell\’anima mia, venni a prendere coll\’aiuto di Dio e per la intercessione della gran madre di Dio e madre mia immacolata Maria, del gran patrono s. Giuseppe, di s. Tommaso d\’Aquino, s. Francesco di Sales, s. Ignazio di Loyola, di s. Antonio e s. Luigi, miei speciali protettori celesti, e sotto la guida benigna del santo mio angelo custode, le presenti risoluzioni irrevocabili.
Queste risoluzioni io pongo in iscritto come patto solenne che stringo con Dio.
Oh! santissima Trinità, che io profondamente adoro, e alla cui presenza questi proponimenti io scrivo, rendete per infinita vostra misericordia efficace la dichiarazione della mia povera volontà.
O Maria immacolata, o santi ed angeli miei protettori, dite a Dio che io sono vostro, e poi che io non ricuso di morire se ciò non basta a mantenermi fedele alle promesse che faccio.
La confessione della mia nullità e della mia indegnità innanzi a Dio e innanzi ai sublimi spiriti celesti è intera e per quanto mi riesce umilissima; ma ad un tempo la confidenza nei miei santi patroni e per loro mezzo nella bontà e onnipotenza del mio Dio è amplissima.
1. Protesto di credere fermamente che io vengo da Dio e che perciò tutto quanto è in me è dono di Dio. Ciò afferma la mia sublime dignità, e ancora la mia estrema dipendenza dal mio creatore. Quindi per debito di giustizia io debbo e voglio essere tutto di Dio. Io non sono di me, degli altri, del mondo: io appartengo solo a Dio, e il mio rigoroso dovere è di restituire tutto a lui: senza esitazione, senza dilazione, senza riserva; di non essere schiavo di alcuno o dei miei vizi, della mia volontà, dei miei gusti, ma soltanto servo della volontà del mio creatore.
2. Credo fermamente che Iddio mi ha messo qui al mondo per conoscerlo, amarlo e servirlo, e che questo è l\’unico mio fine quaggiù. lo debbo dunque essere tutto di Dio per dovere espresso impostomi da lui. Dovere assoluto, imprescindibile, perfettamente ragionevole e infinitamente onorifico. Niun onore, niuna gloria uguaglia quella di volgere ed impiegare le facoltà dello spirito e del corpo alla conoscenza, all\’amore, al servizio di questo essere sovrano perfettissimo. Questo sublime dovere ci eguaglia agli angeli e per qualche guisa a Dio stesso, che nulla può fare fuorché per la gloria propria; e a questa gloria per tal guisa io sono chiamato a contribuire.
Iddio mi ha dato quindi una intelligenza, ma questa non dee dispiegarsi che a conoscerlo; Iddio mi ha dato una volontà, ma questa non deve, non può avere altro ufficio che di compiacersi delle perfezioni di lui e di aderire alla volontà di lui; Iddio mi ha dato potenza di spirito e di corpo, ma queste non devono esercitarsi che a prestargli servizio e a contribuire alla sua gloria.
Se all\’esecuzione di questo sublime e necessario compito io non consacro me stesso, la mia vita è inutile, non ha ragione di essere; ed io non ho più diritto di vivere, bensì di essere reciso e gettato nel fuoco.
Che se a quell\’intento dedico la mia esistenza, io non adempio che a un dovere di obbedienza verso il sovrano mio padrone che mel comanda; io sono assunto ad un onore, dinanzi alla cui eccellenza io non ho che da umiliarmi in segno di grata e profonda reverenza verso l\’autore di cotanta dignità, di cui si trova investito un nulla servendo il sovrano dell\’universo.
3. Io credo fermamente che se a questo necessario, assoluto, onorevolissimo dovere avrò soddisfatto, Iddio stesso sarà la mia eterna ricompensa nel cielo, e che quindi il possesso di Dio e il suo perpetuo godimento compongono l\’ultimo mio fine.
Iddio dunque centro d\’ogni perfezione e di ogni felicità sarà per sempre tutto mio; ed io debbo perciò in questa terra essere tutto di Dio a titolo di gratitudine per così inestimabile ricompensa.
Da queste verità fondamentali e da queste irrefutabili deduzioni derivano per necessità logica alcune conclusioni e correlativi proponimenti.
a) Io debbo e, colla grazia celeste che umilmente e ardentissimamente invoco, voglio assolutamente fuggire tutto ciò che ripugna a codesti miei doveri conformi alla mia origine e fine: e quindi evitare il peccato sia grave sia leggero e tutte le occasioni prossime che vi predispongono e conducono.
b) Del pari debbo e voglio compiere tutto quanto da que\’ doveri e fini è richiesto, cioè seguire le virtù, perfezionarmi in esse senza posa e senza limiti assegnabili dal mie volere, e farmi santo: e perciò valermi di tutti i mezzi che a tale risultato necessario e doveroso conducono.
Ma poiché tutte le cose create sono altrettanti mezzi ordinati dalla Provvidenza divina alla nostra salute: mezzi che però la nostra malizia e corruttela possono convertire in argomento di perdizione o almeno di ostacolo e ritardo al nostro progresso spirituale, a seconda delle circostanze dei vari individui; così conviene risolvere come risolvo:
a) di non desiderare, di non stimare, di non usare le cose create, se non in quanto ci conducano a Dio, astenendomi da esse in quanto mi allontanino da lui;
b) e poiché le stesse cose, che non ci sono proibite e sono lasciate a nostra libera scelta, possono essere mezzi di giovamento ovvero di ostacolo e pregiudizio alla nostra salute, così io debbo e voglio dinanzi ad esse che pur sono permesse in generale, collocarmi in uno stato di perfetta indifferenza; cosicché per mia parte io non desideri più la salute che la malattia, la ricchezza che la povertà, gli onori che il disprezzo, una lunga vita o una vita breve;
c) nel fare pertanto una buona scelta di questi mezzi, non debbo e non voglio lasciarmi guidare da motivi estrinseci di convenienza verso il mondo o da quelli intrinseci dipendenti dal mio gusto o peggio dal mio amor proprio, diffidando soprattutto da quest\’ultimo, che può convertire e insidiosamente minaccia di continuo di convertire le stesse cose più sante in veleno. Ma debbo e voglio in codesta scelta di mezzi per sé indifferenti, abbracciare un solo criterio certissimo, la volontà di Dio;
d) e nel ricercare e interpretare sempre la volontà di Dio (l\’unica che non può essere traviata, né perciò ingannar mai) nella scelta e attuazione dei mezzi necessari e migliori alla mia salute e perfezione giusta l\’avviso di tutti gli uomini di spirito, io mi atterrò fermamente a due criteri: gli avvenimenti che si compiono intorno a me e che si riflettono sopra di me, senza che io possa o riesca impedirli o modificarli e che comunque sono indipendenti da me, credendo che tutti sono permessi od ordinati da Dio pel bene dell\’anima mia. E in tutte le cose indifferenti che dipendono dalla mia scelta, la direzione e il consiglio dei miei superiori tutti, e in ispecie del mio confessore, tenendo per fermissimo che essi tengono il posto di Dio, che essi mi dichiarano la sua volontà, conforme al passo del vangelo: chi ascolta voi ascolta me. Ed anzi sicuro che dove essi mi impongono alcunché, io ho il dovere di obbedirli come obbedirei al comando di Dio; dove essi mi consigliano fosse pure contrariamente al mio parere, io faccio cosa onorevole e piacevole a Dio stesso.
Oh mio Dio! Dunque la conoscenza e l\’adempimento della vostra volontà è il fine della nostra vita quaggiù, è il compendio di tutti i nostri doveri; è l\’obbietto e il termine di ogni giustizia e di ogni perfezione; è l\’argomento d\’ogni nostra gloria e d\’ogni nostra felicità. Oh! Mio Dio, lasciate dunque che io vi faccia una preghiera che tutte le altre riassume, la preghiera che voi mio sovrano, mio padre, mio maestro, mi avete insegnato: fiat, fiat voluntas tua!
Oh! Sapientissima, o sovrana, o benignissima, o dolcissima volontà del mio Dio, quanto meritate di essere ricercata con semplicità di cuore, con fervore di desideri, con slancio di affetti, ricevuta e custodita con umiltà e gratitudine, eseguita con diligenza, generosità, instancabile operosità e perseveranza. Oh in ciò consiste il dovere e la virtù della carità: perocchè che cosa è amore, fuorché l\’aderire della volontà dell\’amante e alla volontà dell\’amato, sicché di essi due per mezzo della volontà si effettui una ineffabile unione?
Eppure mio Dio, mio testimonio, mio giudice severo e misericordioso ad un tempo, voi pure lo sapete: sono forse trenta anni o poco meno che io dico di aspirare all\’adempimento in me della vostra volontà e invece i miei pensieri e la condotta mia esteriore, ma specialmente interiore, sono in gran parte la negazione di questo proposito. Quante esitazioni, quanta fiacchezza, quanti lagni, quante repugnanze, quante resistenze, quanti procedimenti arbitrari, insipienti, contrari, apertamente contrari alla volontà vostra, manifestatami per mezzo delle circostanze che voi nella vita mia disponeste, e più ancora per mezzo delle vostre illustrazioni, degli impulsi, delle aspirazioni, ma soprattutto delle ingiunzioni espresse, molteplici, ripetute, perentorie del mio confessore.
Oh! Come quest\’ultime disobbedienze che superano già il numero dei miei capelli, mi gravano la coscienza, oh come ne sento il peso e le dannose conseguenze. Signore! Io ho rifiutato il dolce giogo vostro, postomi sulla cervice riluttante dal ministro della volontà vostra; ed io sono da trenta anni il vile schiavo della cieca e tirannica mia volontà.
Ma io non mi dolgo no, delle pene che mi cagionarono e tuttora mi cagionano i ceppi del mio volere; no, mio Signore, io voglio accettarli in penitenza della mia stessa disobbedienza, fino a che a voi piaccia di alleviarmele. Ma mi addolora, nell\’imo dell\’anima mia (e ne mando dall\’abisso delle mie tribolazioni e delle mie angustie il grido fino a voi, dolce mio padre) di avervi fatto offesa a voi, di aver moltiplicati i disgusti al vostro cuore, di aver detratto così alla vostra gloria, di aver abusato, disperso, convertito in argomento forse di male, le vostre grazie, le vostre carezze, i vostri inviti, i vostri comandi.
Oh! Dio dell\’amore, che oggi, dì del trionfo della ss. Eucarestia, siete l\’obbietto delle adorazioni più speciali e degli inni di grazia di questa umanità da voi rigenerata nell\’amore, mio padre che ad insegnare a me pure l\’amore discendeste benignamente in me a nutricarmi delle vostre carni e del vostro sangue, mio cibo, mia fortezza, mio lume, mio rinnovatore, mio tutto, trionfate di me: spezzate la durezza della mia cervice, piegate docile il mio intelletto, vuotate di me stesso il mio cuore, annichilite la mia volontà trasformandola nella vostra, prendete il possesso dell\’anima mia e siatene il padrone assoluto e perenne.
Io ve ne prego umilmente per la perfettissima uniformità della volontà del vostro figliolo Gesù a quella di voi, o padre eterno, per la dolcissima obbedienza della madre mia Maria e per l\’obbedientissimo s. Giuseppe. Egli è perciò che tutto confidato in voi e in voi solo, ora alla presenza vostra e dei miei santi protettori in cielo, prometto solennemente: di assoggettarmi alle disposizioni della vostra Provvidenza, le quali mi vengono manifestate dalle circostanze della vita, ma soprattutto di assoggettarmi agli ordini e ai consigli del mio confessore. E ciò umilmente, ciecamente, prontamente, lietamente, senza esitazione e ritorno, senza eccezioni e restrizioni, e per sempre.
Oh! Mio Dio, io ben sento la grandezza della promessa mia, le difficoltà che ad eseguirla mi interpongono debolezze di fisico e di spirito, la grave e diuturna viziatura, la repugnanza dell\’amor proprio, le insidie diaboliche. Ma, Signore del mio cuore, io mi umilio innanzi a voi, io protesto di non confidare punto, punto in me, io confesso di non meritare questa grazia, bensì pregandovene con pazienza, con perseveranza, con dolore dei miei peccati, colla maggiore purezza d\’intenzione, nel nome e nell\’aiuto vostro io interamente abbandonato ho fede fermissima di mantenere il patto che stringo con voi. E la lode sia tutta intera a voi. Per me sarà già gran gloria e felicità l\’adempiere la vostra volontà sia nel fine generale che in quelli particolari da conseguirsi…
Qui intervenne una interruzione di parecchi giorni nei quali ho pur nuovamente fallito alle mie promesse.
Ma riprendendo a rileggere queste pagine, dopo un po\’ di raccoglimento, il dì 16 giugno, giorno consacrato al s. Cuore di Gesù, fatte alcune preghiere e la mia comunione allo scopo di intenerire questo divin Cuore verso le mie miserie, ripiglio, oggi 17 (giorno successivo) le mie proteste scritte:
Oh ! Sì, Cuore amorosissimo del mio Dio, le umiliazioni toccatemi nell\’intervallo non scuoteranno la mia fiducia in voi, di nuovo confesso innanzi a voi, al cielo, e a me stesso, la mia nullità, la mia miseria, la mia indegnità, ma perciò appunto, ponendo tutta ed esclusivamente la mia speranza in quel Cuore misericordioso, mia fortezza, mia salute, rinnovo le mie promesse; voglio adempiere la vostra volontà sapientissima e provvidentissima, voglio essere a tale scopo sublime (l\’unico della mia vita) in modo particolare obbedientissimo al mio confessore, sia nei fini generali, che in quelli speciali che egli propone alla mia vita, come quegli che parla in vostro nome e mi è rivelatore della vostra volontà. Voglio essere obbediente anco nei mezzi, nell\’ordine, nelle forme che egli mi addita confacenti al conseguimento di tanto fine. E ciò nei riguardi della vita spirituale interiore massimamente; e in quelli dei miei doveri di stato, e in quelli della stessa mia vita fisica, seguendo l\’ingiunzione e i consigli suoi, sempre e in tutto; posponendo ad essi e sacrificando con coraggio, senza esitazione, senza riserva, i miei giudizi, i miei gusti, le mie inclinazioni, e disprezzando, rigettando, calpestando tutti gli ostacoli del mondo, del demonio, di me stesso soprattutto, quelli cioè che derivano dal mio amor proprio, che colla grazia del mio Dio voglio crocifiggere da ora in poi sulla croce del mio redentore, immolare sull\’altare del suo cuore obbedientissimo fino alla morte, affinché non più io, ma egli il mio redentore Gesù viva in me quaggiù e per tutta l\’eternità.
Dio mio aiutatemi, per la intercessione dell\’obbedientissima madre vostra Maria. Ma vi ha una condizione dalla religione manifestataci in modo espresso, dalla ragione dimostrata conveniente, dalla esperienza comprovata indispensabile, una condizione, dico, ad ottenere la somma grazia che tutte le altre riassume, di conoscere e adempiere il santo volere di Dio: e questa è l\’umiltà.
Essa può riannodarsi a quel vero supremo della nostra prima origine e del nostro ultimo fine. Se noi veniamo da Dio, senza di cui eravamo nulla ed ora pur siamo nulla, e se andiamo a Dio, termine sublime al cui raggiungimento non abbiamo da per noi forze naturali e meno che mai soprannaturali ed anzi in onta alla stessa grazia di Dio mille tendenze perverse, mille debolezze e miserie, per non usufruire di quel dono celeste ed abusarne, come non saremo umili, e come l\’umiltà non apparisce condizione necessaria per ottenere da Dio il conseguimento del nostro fine?
Ah! Sì, confesso mio Dio, prostrato innanzi a voi, che siete colui che è, mentre io sono colui che non è; d\’essere propriamente nulla, nulla sapere e potere nell\’ordine naturale e soprannaturale senza il benignissimo vostro aiuto e senza la vostra grazia. Confesso di essere per la natura mia corrotta dalle origini e peggio guastata dalle mie tristi abitudini, la stessa miseria; niuno più incostante, niuno più irrequieto, niuno più fragile, niuno più prono al male di me: l\’esperienza di trenta anni me ne moltiplica le prove, la voce del mio stesso confessore me lo conferma. Oh! Come sarei nel fondo di ogni pervertimento e corruttela, se un abisso di misericordia vostra non mi avesse finora prevenuto, circuito, quasi direi perseguitato! Confesso infine mio Dio, santo dei santi, di essere indegnissimo d\’ogni grazia nell\’ordine naturale e sovrannaturale, sia per la mia nullità e miseria dinanzi alla vostra grandezza e perfezione, sia per i miei peccati che mi adimano al di sotto delle creature irragionevoli e al di sotto del nulla.
Mi propongo perciò, o mio Dio, colla santa vostra grazia, di non stimare punto me stesso, attribuendo a me alcuna potenza, alcuna capacità; di non confidare punto e giammai in me e nei miei propositi, per quanto pure mi trovassi dai vostri doni arricchito e portato in alto; di non pretendere alcunché di bene; di non lagnarmi di qualunque cosa di increscioso, tutto accettando da voi con umiltà, con gratitudine come un dono gratuito.
Ah! Come è ragionevole, doverosa, necessaria questa virtù della umiltà. Oh! Come l\’orgoglio offende la verità, la giustizia, la misericordia di Dio! Oh! Come è manifesto il fondamento, la condizione, la misura della perfezione morale dell\’uomo essere l\’umiltà.
Eppure io sono tanto superbo, maliziosamente, sotto mille diverse parvenze, come l\’orgoglio siede nel mezzo del mio cuore, dirige i miei pensieri e le mie azioni, avvelena le opere mie buone, ne genera mille di cattive, è il mio tiranno, è l\’autore di tanti peccati, aberrazioni, disgusti in ordine a Dio! Eppure io avrei motivi per essere più umile di tutti, sia per la natura mia, sia pei peccati commessi, sia per le grazie largitemi.
Ma deh! Mio Dio, che vi siete umiliato ed esinanito, per così dire, per me, che coll\’esempio di una vita di trentatre anni pare che non abbiate voluto insegnarmi fuorché l\’umiltà in tutte le circostanze, sotto tutte le forme, mio Dio, che espressamente mi ingiungete di essere umile, sotto minacce terribili di non entrare nel regno dei cieli, che amorevolmente mi invitate ad apprendere da voi non a far miracoli, ma ad essere umile e mite di cuore, mio Dio, mio Gesù, mio maestro datemi questa sovrana virtù dell\’umiltà.
Io lo desidero ardentemente e ve ne prego insistentemente: io non voglio più resistere a voi, perché voi non resistiate a me, bensì mi largiate abbondante la grazia; sottraete mi alle insidie, alla fallacia, alla tirannia della superbia; fate il mio cuore simile al vostro, affinché in grazia della umiltà sincera, profonda, costante, che moderi la mia mente, che informi il mio sentire, che governi le mie azioni, che si traduca nella mia vita interiore ed esteriore, io meriti la grazia preziosa di conoscere ed adempiere la vostra adorabile volontà, di correre lietamente le vie dei vostri comandamenti, in una parola di amarvi.
Oh Gesù ricordatevi dell\’umiltà della madre vostra e mia Maria, ed esauditemi. Eterno Padre, vi offro l\’umiltà del vostro figlio Gesù, ad ottenimento di questa suprema virtù, fondamento d\’ogni vita cristiana, condizione a modellarsi sulle vostre infinite perfezioni. Io lo spero e ne dò lode a voi colla mia profonda gratitudine, di quest\’uomo poverello, che è nulla, e in voi potrà tutto.
Giorno 25. – Dopo nuove cadute, rileggo le grazie precedenti, ma umiliandomi dinanzi a Dio novellamente e per quanto so profondissimamente, invocando oggi particolarmente il sacro Cuore di Maria, che mi sia scala e interceditore presso il Cuore santissimo di Gesù, e alla presenza dell\’angelo mio custode e dei miei santi protettori, più fermamente di prima, più fiduciosamente di prima, più ampliamente di prima rinnovo tutte le mie promesse, che voglio mantenere fino alla morte senza revocare in minima parte.
Ed ora concludendo dirò: quali promesse immense, ardue, solenni ho io mai fatto a un Dio che è la stessa verità e giustizia, il quale perciò non va in alcuna guisa benché menoma ingannato! Come dovrei tremare a tanto impegno solenne, avessi io in me centuplicate le forze naturali, e fossi stato finora un eroe. Come posso ripetere tali promesse, rinnovare tali impegni, io, io? Eppure io so che il Signore le vuole da me codeste promesse: io debbo farle e adempierle.
In tal caso non vi ha via di mezzo: conviene farle ed eseguirle, non fidando punto in sé e tutto riponendo in Dio.
Così è mio Dio, nulla fido in me, le mie promesse sono voci vane, per quanto inconcusse e ripetute io le facessi non saprei di per me attuarle un istante e in menoma misura. Ma io mi abbandono interamente e per sempre nelle vostre braccia misericordiose. Da voi la grazia di farle, di compierle, di mantenermi in esse costante. A voi tutta la gloria.
Ma per ottenere tanta grazia, io offro a voi novellamente tutto me, le mie potenze, le mie aspirazioni, le mie tendenze, i miei gusti, le stesse mie miserie. Toglietemi tutto mio Dio, la stessa mia famiglia sì cara, la stessa mia vita, se voi credeste che io non fossi per mantenerle. A tal uopo ancora mi consacro ai miei santi protettori, in ispecie s. Giuseppe, s. Tommaso d\’Aquino, s. Francesco di Sales, e al mio angelo custode, mi dedico in ispecie al Cuore immacolato di Maria, madre di Dio, e che ora eleggo nuovamente a mia madre, pregandola di volermi finalmente far suo figliolo puro, umile, docile. E per mezzo loro mi consacro al Cuore di Gesù e nel nome di lui e unitamente ai suoi meriti, prego, prostrato nell\’abisso del mio nulla, l\’eterno Padre ad accettare e rendere efficaci perennemente queste mie promesse, che si riassumono in una: adempiere la santissima di lui volontà, e adempierla assolutamente, troncando fin l\’ultimo filo che mi trattiene dal compierla, con straordinario fervore, apertamente, senza revoca, e per sempre, e per questa via farmi santo. E se ottenga per tal guisa un qualche profitto spirituale, di tutto ciò la lode sia a Dio solamente, e questo non sia argomento ad invanirmi o a rallentare nel fervore; bensì ad umiliarmi vieppiù, a mortificarmi vieppiù, a infervorarmi vieppiù nel servizio di un Dio che mi concesse una preziosissima grazia, quella che supera ogni umano onore, ogni umana possibilità, ogni umana aspirazione, quella di amarlo!
Oh potessi, Signore, amarvi in questo resto di mia vita, in modo da compensarvi in qualche misura del poco amore della mia vita passata. In te Domine speravi non confundar in aeternum.