Appendice. SACRAMENTALI (cc 1166-1172)
I sacramentali sono segni sacri con cui, per una qualche imitazione dei sacramenti, vengono significati e ottenuti, per l’impetrazione della Chiesa, effetti soprattutto spirituali (c. 1166).
I sacramentali, a differenza dei sacramenti, non sono stati istituiti da Cristo, bensì dalla Chiesa e traggono la loro virtù principalmente dall’intercessione della Chiesa e dalle disposizioni del soggetto.
I sacramentali non conferiscono direttamente un accrescimento dì grazia santificante o la remissione dei peccati; ma procurano grazie attuali per l’accrescimento della grazia santificante, il conseguimento della remissione dei peccati e degli scopi cui i sacramentali sono destinati.
Solo la Sede Apostolica può costituire nuovi sacramentali o interpretare autenticamente quelli già accolti, abolirne alcuni o modificarli.
Nel porre o amministrare i sacramentali, si debbono osservare accuratamente i riti e le formule approvate dalla Chiesa (c. 1167).
Ministro dei sacramentali è il chierico munito della debita potestà. A norma dei libri liturgici, alcuni sacramentali, a giudizio dell’Ordinario del luogo, possono essere amministrati anche dai laici che siano dotati delle qualità convenienti (c. 1168).
Dopo il Concilio Vaticano II, grazie al recupero della teologia del popolo di Dio e alla accresciuta consapevolezza, nei fedeli, della realtà del sacerdozio comune, si è andata facendo più larga e praticata l’amministrazione dei sacramentali da parte dei laici, giudicati idonei dalla competente autorità ecclesiastica.
— Le consacrazioni e le dedicazioni possono essere compiute validamente da coloro che sono insigniti del carattere episcopale, nonché dai presbiteri ai quali ciò sia permesso dal diritto o da legittima concessione;
— le benedizioni possono essere impartite da qualunque sacerdote, eccettuate quelle riservate al Romano Pontefice o ai Vescovi;
— il diacono può impartire solo le benedizioni che gli sono espressamente consentite dal diritto (c. 1169).
Le benedizioni, che vanno impartite in primo luogo ai cattolici, possono essere date anche ai catecumeni, anzi, se non vi si oppone una proibizione della Chiesa, anche ai non cattolici (c. 1170).
Le cose sacre, quelle cioè che sono state destinate al culto divino con la dedicazione o la benedizione, siano trattate con riverenza e non siano adoperate per usi profani o impropri, anche se sono in possesso di privati (c. 1171).
Talora, con più che legittimo disappunto dei fedeli e con notevole danno al patrimonio storico e artistico dei luoghi di culto, in questi ultimi anni si sono moltiplicate le alienazioni di vasi e arredi sacri, che vengono poi destinati a usi profani, persino in luoghi e ambienti del tutto mondani.
Occorre che i sacerdoti ai quali sono affidate le chiese evitino con premura siffatti inconvenienti, anche per non correre il rischio che diminuisca il numero dei fedeli disponibili a dotare le chiese della necessaria suppellettile sacra.
Nessuno può proferire legittimamente esorcismi sugli ossessi, se non ne ha ottenuto dall’Ordinario del luogo peculiare ed espressa licenza.
L’Ordinario del luogo conceda tale licenza solo al sacerdote che sia dotato di pietà, di scienza, di prudenza e d’integrità di vita (c. 1172).
Se non bisogna essere facili nell’ammettere casi di ossessione e possessione diabolica, non si può però negarne ad ogni costo l’esistenza.
Nei Vangeli sono riportati non pochi casi di posseduti dal demonio e liberati da Gesù (cfr Mt 8,27-33; Mc 1,23-28; 5,2,13; Lc 4,33-37; 8,27-33).
Secondo il Rituale Romano, tre sono i segni che possono far conoscere l’ossessione e possessione diabolica: 1) parlare e capire con facilità una lingua del tutto ignota; 2) scoprire cose lontane e occulte; 3) dare prova di forze del tutto superiori all’età e alla condizione della persona.
L’esame concreto di questi segni, studiati alla luce della metapsichica e con metodo scientifico, deve essere eseguito con spirito sanamente critico e con grande prudenza e cautela.