Di tutti i cristiani e missionari martirizzati nel Tonchino e nella Cocincina (Vietnam), i Papi, a partire da Leone XIII ne beatificarono centinaia. Non sappiamo con certezza quando il cristianesimo fu introdotto in quei paesi la cui evangelizzazione regolare e sistematica fu iniziata nel 1627 dal P. Alessandro de Rodhes SJ.
Di tutti i cristiani e missionari martirizzati nel Tonchino e nella Cocincina (Vietnam), Leone XIII ne beatificò 77 il 7-5-1900; S. Pio X 8 il 15-4-1906 e 34 l\’11-4-1909; Pio XII 25 il 29-4-1951. Di costoro 117 furono canonizzati da Giovanni Paolo II nel 1988. Non sappiamo con certezza quando il cristianesimo fu introdotto in quei paesi la cui evangelizzazione regolare e sistematica fu iniziata nel 1627 dal P. Alessandro de Rodhes SJ. Con l\’aiuto di un confratello in 3 anni egli riuscì a battezzare circa 3.000 infedeli. Per istigazione di un bonzo fu esiliato dal re, ma nel 1631 altri gesuiti riuscirono a entrare occultamente nel regno e, con l\’aiuto di alcuni missionari di altri Ordini religiosi, in meno di trent\’anni a convertire alla fede 200.000 pagani.
Primo Vicario Apostolico del Tonchino (Vietnam) fu Mons. Francesco Pallu, e primo vicario Apostolico della Cocincina Mons. Pietro de La Motte Lambert. Per provvedere di missionari quelle terre pagane essi si adoperarono per fondare a Parigi il seminario delle Missioni estere. Sono molti i martiri che vi furono formati e che i papi canonizzarono. Tra loro figura anche il P. Agostino Schoefner. Egli nacque il 22-11-1822 a Mittelbonn in Lorena (Francia), e compì gli studi ecclesiastici nel seminario diocesano di Nancy durante i quali volle iscriversi al Terz\’Ordine Domenicano. Non senza opposizione dei parenti, nel 1846 passò in quello delle Missioni estere di Parigi per assecondare la sua vocazione missionaria.
Per quanto fosse disposto a recarsi in qualsiasi terra di missione, non nascose la sua preferenza per il Tonchino (Vietnam) in cui infuriava la persecuzione scatenata dal re Minh-Manh (1820-1840) e continuata da suo figlio, il re Thiéu-Tri (1840-1847). Nelle lettere che di lui ancora si conservano appare manifesto con quanto ardore bramasse di dare la vita per la fede. In una di esse si legge: "II buon Dio mi accorderà la grazia del martirio; gliela domando ogni giorno". E in un\’altra: "Soffro molto, ma ai piedi della croce… Che cosa può esserci di più dolce?".
Il 1-8-1847 il santo lasciò Parigi per Anversa. Raggiunse Hong-Kong dopo cinque mesi di navigazione. Il suo campo di lavoro fu la cristianità di La-Fou che raggiunse dopo essere riuscito a superare la frontiera settentrionale del Tonchino tra pericoli di ogni genere. Trascorse i primi mesi in quel paese studiando la lingua e cercando di adattarsi agli usi e costumi degli indigeni. Poté in seguito darsi con tutto l\’ardore giovanile al sacro ministero. Nel 1849 fu di grande aiuto a Mons. Retord, ordinario del luogo, nella visita pastorale che fece a Ke-Bang. In seguito fu trasferito al distretto di Xu-Doai dove, disseminati per montagne e foreste, 16.000 cristiani attendevano ansiosi l\’opera di un missionario.
Nonostante la malferma salute raccolse tra loro abbondanti frutti di vita spirituale, tanto che il suo nome presso quei cristiani restò in benedizione.
Il desiderio del martirio cresceva nel santo di mano in mano che, prendendosi cura delle anime, capiva che non c\’è amore più grande di colui che da la vita per i fratelli. La pubblicazione dell\’editto di persecuzione contro i cristiani del re Tu-Dùc (1847-1883), secondogenito di Thiéu-Tri, ravvivò le sue speranze. I mandarini erano incitati a far catturare i missionari europei perché erano ritenuti "come falsari, seduttori, barbari, tonti, sciocchi, vili…" e, per conseguire più facilmente lo scopo, venivano offerte trecento once d\’argento a chi ne avesse denunciato uno. Lo stesso re il 13-2-1851 fece spedire a tutti i mandarini una circolare segreta in cui prescriveva che i missionari europei fossero annegati con una pietra al collo, e i sacerdoti annamiti segati vivi.
In quel tempo la cristianità di Bau-Nò, nel Tonchino occidentale, era infestata da bande di briganti e di ribelli. Per opporsi alle loro scorrerie, i mandarini del distretto avevano costituito una milizia di volontari i quali, facendo finta di dare la caccia ai briganti, taglieggiavano i poveri cittadini. Il 1-3-1851 la strada tortuosa che dalle colline scendeva verso il villaggio era infestata da guardie. Pareva che attendessero al varco qualche squadra di briganti, invece, ad un segnale convenuto, essi sbucarono fuori dai cespugli per arrestare prima un sacerdote indigeno che camminava discorrendo con due giovani, quindi P. Agostino, che lo seguiva a poca distanza con allievi e catechisti. Nel mettere le mani addosso al bianco che li guardava maestoso e tranquillo, le guardie furono prese da timore e riverenza. Allora il comandante gridò loro: "Che fate? Date mano alle verghe e battete". Il missionario, che era stato tradito da una delle guide, lo interruppe, dicendo: "E perché? Io non ho mosso un passo per resistere alla vostra violenza". Dopo che fu legato, mentre le guardie si disponevano alla partenza, il loro capo si rivolse ai prigionieri e disse: "Potrei consegnarvi ai mandarini; datemi una verga d\’oro, cento verghe d\’argento e vi lascerò tutti liberi".
Alla mente di P. Agostino balenò immediatamente un generoso disegno. Difatti gli rispose: "Ebbene, se volete una così grande somma per il nostro riscatto, lasciate che questi miei discepoli vadano a cercarla; io resterò in ostaggio".
Il pagano, accecato dalla cupidigia dell\’oro, rilasciò il sacerdote indigeno con gli allievi e i catechisti, ma il denaro pattuito non riuscì ad averlo perché non fu potuto trovare. Il missionario, lieto di aver salvato gli altri con il suo sacrificio, si lasciò condurre a Son-Tay non senza aver prima assicurato i fedeli che nessuno da parte sua sarebbe stato denunciato o compromesso. A Son-Tay, dopo le solite domande, il mandarino chiese al prigioniero: "Quando eravate ancora in Europa, sapevate che la vostra religione era proibita nel regno?". "Si che lo sapevo, ma volli venirvi appunto per questo", "Ditemi i luoghi in cui siete stato affinchè possa fare il mio rapporto e rimandarvi in Europa". "Mi trovo nel regno da quattro anni; sono stato in molti luoghi di cui non ricordo il nome e vado in tutti i villaggi in cui sono desiderato dagli abitanti". I mandarini, presi da insolito rispetto per il giovane sacerdote, non insistettero. Il giorno dopo provarono a indurlo all\’apostasia, ma il martire fu così risoluto nel rifiuto che i giudici, considerando inutile ogni ulteriore insistenza, chiusero gli atti e ne inviarono il rapporto alla capitale.
Tra l\’altro la sentenza diceva: "Il signor Agostino è un europeo che ha avuto l\’audacia di venire, malgrado il divieto che ne fanno le leggi, a percorrere le contrade di questo regno per predicarvi la religione, sedurre e ingannare il popolo: della qual cosa fu pienamente convinto nell\’esame della sua causa. Secondo il decreto del re, ad Agostino si deve tagliare la testa e gettarla nelle acque del mare o dei fiumi a esempio e ritegno del popolo".
Il capitano delle guardie riuscì ad ottenere dal mandarino che, il missionario, fosse tolto dal carcere duro e detenuto nella casa del direttore delle prigioni. Il santo poté riavere anche il denaro che gli era stato sequestrato al momento dell\’arresto, e con esso provvide al suo sostentamento. Così il martire trascorreva nella meditazione e nella preghiera giorni tranquilli. Pur essendo strettamente vigilato, qualche catechista poté introdursi fino a lui e consegnargli le lettere che gli scrivevano altri missionari e gli amici d\’Europa. Il sacerdote Phuong riuscì ad avvicinarlo, travestito da mercante di occhiali, confessarlo e dargli la comunione. Il santo era tanto acceso di zelo che neppure in carcere tralasciò di esercitare l\’apostolato, parlando della bellezza della fede ai soldati di guardia ed esortandoli ad abbracciarla. Diceva loro: "Io mi ricorderò di voi dopo la mia morte, ma se desiderate essere felici, cercate un villaggio abitato da cristiani e convertitevi".
Il 1-5-1851 fu condotto al luogo del supplizio scortato da un buon nerbo di soldati. Giulivo in volto, camminava con passo sicuro, salmeggiando. Appena vi giunse s\’inginocchio per terra, baciò il crocifisso, si sbottonò la veste e presentò il collo al carnefice dicendo: "Sbrigatevi a fare il vostro dovere". La testa del martire fu gettata nel fiume dove non fu più possibile ripescarla. Il corpo, che era stato seppellito nel luogo stesso dell\’esecuzione capitale, il giorno dopo fu trasportato di nascosto nella vicina città di Bach-Loc dove un fervente cristiano gli diede onorata sepoltura presso la propria casa. Leone XIII beatificò il martire il 7-5-1900 e Giovanni Paolo II lo canonizzò nel 1988 con altri 116 testimoni della fede nel Vietnam.
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Mentre il P. Agostino Schoeffler veniva decapitato a Son-Tay, nel Tonchino occidentale, il P. Luigi Bonnard, anche lui delle Missioni estere di Parigi, stava prendendosi cura delle cristianità tonchinesi di Ké-Bang e Ké-Trinh per volere del Vicario Apostolico, Mons. Pietro Retord. Alcuni testimoni oculari gli fecero la descrizione del martirio del confratello, ed egli concepì nel proprio cuore la brama di seguirne la sorte.
Luigi nacque l\’1-3-1824 a Saint-Christò-en-Jaret, allora nella diocesi di Lione (Francia), da famiglia molto povera. Nel seminario di Alix si fece notare per l\’esatto adempimento dei doveri. Nel seminario di Lione iniziò lo studio della teologia, ma lo portò a termine in quello delle Missioni estere di Parigi perché alla lettura degli Annali della Propagazione della Fede aveva sentito nascere in sé la vocazione missionaria.
Poco dopo l\’ordinazione sacerdotale, che ricevette la vigilia di Natale del 1848 per le mani dell\’arcivescovo di Parigi, Mons. Domenico Sibour, salpò da Nantes per i mari della Cina. Da Singapore avrebbe dovuto raggiungere il Laos, ma essendo caduto infermo il P. Douet, che doveva essergli compagno, proseguì per Hong-Kong e quindi per il Tonchino occidentale, dove giunse nel 1850. Per un po\’ di tempo Mona. Retord lo trattenne con sé. Alla fine dell\’anno il Santo aveva così bene imparato la lingua e i costumi degli indigeni da essere da tutti ricercato per le confessioni e le istruzioni.
Nell\’aprile del 1851 fu incaricato della cura delle grandi cristianità di Ké-Bang e Ké-Trinh. L\’anno successivo scese nel villaggio pagano di Boi-Xuyen per battezzare 25 bambini, figli delle poche famiglie cristiane colà esistenti. Mentre stava compiendo la cerimonia sacra gli fu riferito che erano sopraggiunti il mandarino e dei soldati. Fu fatto uscire da una porta segreta, fu accompagnato al canale vicino perché lo guadasse insieme con un catechista, e così si mettesse in salvo, ma fu raggiunto dai soldati e condotto, carico di catene, nel carcere di Nam-Dinh.
Il martire comparve più volte in tribunale. Un giorno il giudice gli disse: "Vuoi tu calpestare la croce? Se lo farai, ti rimanderemo in Europa, altrimenti sarai flagellato a sangue e condannato a morte. Il missionario gli rispose: "Vi ho già detto che non temo ne i flagelli ne la morte: sono pronto a soffrire tutto, ma non a macchiarmi di simile delitto". Al terzo esame fu fatto intervenire anche il catechista. Gli furono fatte insistenze perché rivelasse i luoghi in cui il missionario aveva dimorato, ma costui rispose al giudice: "Non per nuocere ai Tonchinesi, ma per recare loro la salute abbandonai in Europa la casa paterna e la famiglia diletta. Straniero, io amo tanto questo popolo da morire piuttosto che fare del male a qualcuno. Voi che siete i magistrati e i padri non dovreste a più forte ragione evitare questioni che lo possano danneggiare? Se fossi stato catturato in altra provincia, sareste contenti se rispondessi davanti al re di avere abitato la vostra?".
I giudici cercarono di sapere qualcosa dal catechista che, il giorno prima, aveva già tollerato trenta staffilate piuttosto di dire una parola compromettente. In suo aiuto intervenne allora il missionario il quale disse: "Volete risparmiare grandi mali al vostro popolo, togliere voi stessi da inutili fastidi? Fate il vostro rapporto al re in maniera saggia e prudente. Come non accorgervi che, flagellando questo giovane, lo costringete a mentire e a compromettere gli innocenti?". I giudici, desiderosi di conchiudere il processo quanto prima, esortarono i due incarcerati a mettersi d\’accordo sulle risposte. Il santo fece passare nelle mani dei mandarini una considerevole somma di denaro, ed essi divennero molto docili e mansueti cosicché misero nel rapporto tutto quello che i due detenuti volevano.
Nel carcere di Nam-Dinh il missionario si preparò alla morte ricevendo il pane dei forti per le mani di un sacerdote vietnamita inviatogli da Mons. Retord, Lo ringraziò del favore scrivendogli: "E\’ gran tempo che, ricevendo nel mio petto il Re degli angeli, non avevo provato una gioia simile a questa. Conviene stare in prigione, con la catena e la canga al collo, per comprendere quanto è dolce ricevere il proprio Dio. Oh, come si è felici di soffrire qualche cosa per Colui che ci ha tanto amati".
Negli ultimi giorni di vita le guardie alleviarono al santo le pene restituendogli alcuni libri devoti, e permettendo che i fedeli lo visitassero più liberamente. Commoventi sono le lettere con cui il martire si congedò dai superiori e dai congiunti. Scrisse ai genitori; "Quando riceverete questa mia siate certi che la mia testa sarà caduta sotto il taglio della spada… Sarò immolato, come Gesù sul Calvario, e spero di salire presso di lui nella patria dei beati… Se potrò qualche cosa presso il trono del Signore, siatene certi, non mi dimenticherò di voi che mi avete tanto amato e avete fatto tanto per me. Non piangete: io sono felice di morire così… Adoperatevi a salvare l\’anima vostra, disprezzando i beni caduchi della terra e sollevando sovente gli occhi ai beni celesti: lassù, in quell\’amabile soggiorno, vi aspetto tutti".
Il P. Bonnard fu condotto al supplizio il 1 maggio 1852, anniversario della morte del P. Schoeffler, tra due fitte ali di popolo, stupito di vedere tanta serenità sul volto di lui. Giunto al luogo stabilito, il martire s\’inginocchiò per terra e poi pregò, per oltre un\’ora, perché i carnefici non si erano accorti di avere dimenticato gli strumenti necessari per tagliargli la canga e le catene.
Dopo che fu decapitato, i cristiani non riuscirono a inzuppare i loro pannilini nel sangue del martire perché tenuti a distanza dai soldati a colpi di verghe. Più tardi i pagani ne fecero mercato rivendendolo con la barba e i capelli ai cristiani a prezzi esosi. La salma del giustiziato fu dai soldati portata alla foce del fiume e gettata in mare. Un diacono e due catechisti, nascosti con il loro canotto tra i giunchi della riva, di notte riuscirono a ripescare le spoglie del martire e a riportarle a Mons. Retord nel seminario di Ké-Vinh. P. Luigi Bonnard fu beatificato da Leone XIII il 7-5-1900 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 19-6-1988 con altri 116 martiri del Vietnam.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 15-20.
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