Principale preoccupazione del nuovo arcivescovo fu la missione tra gli svedesi. Dovendo rimanere in sede, egli consacrò loro vescovo Gotberto, parente di Ebbene di Reims, il quale, dopo parecchi anni di apostolato, dalla reazione dei pagani fu costretto ad abbandonare il paese e trasferirsi ad Osnabrùck, la nuova sede che gli era stata assegnata. La sua opera fu continuata dal monaco Ardgaro. In seguito costui si ritirò verso il sud e la missione svedese rimase sospesa per un certo tempo. Oscar si diede con grande zelo a procurare il bene spirituale e corporale dei suoi fedeli facendo costruire chiese dove maggiormente ce n’era bisogno, erigendo ad Amburgo la cattedrale in onore di San Pietro e un monastero di benedettini. Amava riscattare gli schiavi, specialmente se fanciulli. Costoro li mandava al monastero di Turholt perché, sotto la guida dei monaci di Gorbia, fossero preparati alla predicazione del Vangelo.
Questo santo benedettino fu l’apostolo della Danimarca e della Svezia, e il primo arcivescovo di Amburgo. Egli nacque in un sobborgo di Corbia (Francia) nella diocesi di Amiens (Somme), nell’801. A 5 anni di età rimase orfano di madre. Suo padre, dovendo recarsi sovente a corte per le sue alte funzioni, all’età di 12 anni lo affidò all’educazione dei benedettini di Corbia (abbazia fondata nel secolo VII da S. Batilde, madre del re Clotario III). S. Rimberto (+888), suo biografo e discepolo, asserisce che ben presto Oscar fu favorito di visioni e rivelazioni celesti che lo confermarono nell’amore allo studio e alla virtù, e accesero in lui il desiderio di consacrare la vita alla conversione dei popoli della Germania settentrionale.
S. Adalardo (+826), abate, cugino e consigliere di Carlo Magno, s’interessò vivamente di Oscar e lo affidò alle cure di S. Pascasio Radberto (+865). A tredici anni il santo vestì l’abito di monaco e fece tali progressi nella scienza che, alcuni anni più tardi, i superiori gli affidarono (818) l’istruzione dei giovani allievi del monastero. Quando per l’impulso dell’imperatore Ludovico il Pio (+840), Adalardo fondò in Vestfalia, presso Hóxter, Nuova Corbia o Korvey (822), come succursale della vecchia abbazia, Oscar fu tra i monaci prescelti ad abitarla, con il compito di predicatore e di maestro dei giovani sassoni destinati all’apostolato tra la propria gente.
Da quattro anni vi svolgeva le funzioni sacerdotali e professorali quando la Provvidenza gli fornì l’occasione di realizzare il sogno accarezzato fin dalla sua giovinezza. Nell’826 Ludovico il Pio presiedeva una dieta a Ingelheim, presso Magonza, quando vide arrivare, con numeroso seguito, Harald, re dello Jutland. Costui veniva a sollecitare l’appoggio dell’imperatore contro i suoi nemici, i figli di Goffredo, re della Danimarca del Nord, detti Normanni, e si diceva pronto ad abbracciare la religione cristiana. Ricevette difatti il battesimo dalle mani dell’arcivescovo di Magonza, Otgaro, con la moglie e quattrocento persone del seguito. Volendo che fosse evangelizzato il suo regno in cui Ebbone, vescovo di Reims (+851), aveva già predicato il Vangelo e operato qualche conversione, Ludovico il Pio gli promise missionari e aiuti militari. Nel consiglio imperiale, Wala, fratello di Adalardo e abate di Corbia, propose Oscar come l’uomo più adatto a quella missione. Il santo l’accetto con la più grande sollecitudine.
Accompagnato dal monaco Autberto di Corbia, Oscar si reco nello Jutland e fondò una scuola a Schleswig per l’istruzione nelle lettere e nella religione cattolica di una dozzina di bambini pagani. Essi erano mandati da Harald o riscattati dal missionario dalle mani dei pirati. Non ebbe tuttavia il tempo di vedere i suoi sforzi coronati da successo perché il re, che lo proteggeva, fu cacciato dal regno (827) e Autberto, suo collaboratore, cadde malato, e poco dopo morì.
Verso questo tempo giunsero alla corte dell’imperatore inviati del re di Svezia, Bjòrn, e gli notificarono che un certo numero dei loro compatrioti desideravano istruirsi nella religione cristiana e che il re stesso avrebbe accolto volentieri dei missionari. Ludovico il Pio si rivolse di nuovo all’abate di Corbia e gli chiese dei predicatori. Wasa gli propose un’altra volta il santo, il quale accettò con entusiasmo anche questa missione. L’apostolo si mise in cammino con uno dei suoi condiscepoli, il monaco Witmaro. Dio permise che il vascello che li trasportava fosse assalito dai pirati che li spogliarono di tutti i loro beni, dei doni che l’imperatore aveva consegnato loro per il re del paese, e di “quaranta volumi che essi avevano portato con sé per il servizio divino”. Qualche missionario si scoraggiò e avrebbe voluto tornare indietro. Il santo ne sostenne il coraggio mostrando loro che la spoliazione dei beni, alla quale erano stati sottoposti con la violenza, li rendeva più simili agli apostoli e più cari a Dio.
Arrivati a Birka (oggi Bjórkò), presso Stoccolma, essi furono ricevuti con benevolenza dal re, e cominciarono subito a predicare prima ai prigionieri cristiani, e poi anche ai pagani. Fecero delle conversioni, tra cui quella di Hergejr, governatore della regione e consigliere del re, il quale fece costruire una chiesa sulle sue terre. Dopo aver trascorso due inverni nel paese, Oscar ritornò in Germania (831). Frattanto Ludovico il Pio, d’accordo con il papa Gregorio IV (+844 ), aveva deciso di provvedere all’erezione di un vescovado nella Germania del Nord per i paesi al di là dell’Elba, allo scopo di realizzare i piani di suo padre, Carlomagno (+814), che ad Amburgo aveva fatto erigere una chiesa. Il vescovo doveva incaricarsi dell’evangelizzazione dei paesi scandinavi allora ancora avvolti nelle tenebre dell’errore.
Il santo fu scelto come protovescovo di detta città, e ricevette la consacrazione episcopale da Drogone di Metz (832), fratello dell’imperatore, assistito dagli arcivescovi di Reims, Treviri e Magonza. Prima di prenderne possesso, egli volle recarsi a Roma a rendere omaggio al papa, il quale confermò l’erezione della nuova diocesi, gli conferì il pallio, e lo nominò, contemporaneamente ad Ebbene di Reims, suo Legato presso i popoli della Scandinavia, dell’Islanda e della Groenlandia, con il diritto d’inviare loro dei missionari e di consacrare per essi dei vescovi. Alla chiesa d’Amburgo Gregorio IV unì il monastero di Turholt, nelle Fiandre, con le sue rendite, affinchè il santo vi potesse fare educare gli aspiranti alla vita sacerdotale, avesse di che vivere onestamente e, qualora fosse stato cacciato dai barbari, avesse un rifugio assicurato.
Principale preoccupazione del nuovo arcivescovo fu la missione tra gli svedesi. Dovendo rimanere in sede, egli consacrò loro vescovo Gotberto, parente di Ebbene di Reims, il quale, dopo parecchi anni di apostolato, dalla reazione dei pagani fu costretto ad abbandonare il paese e trasferirsi ad Osnabrùck, la nuova sede che gli era stata assegnata. La sua opera fu continuata dal monaco Ardgaro. In seguito costui si ritirò verso il sud e la missione svedese rimase sospesa per un certo tempo. Oscar si diede con grande zelo a procurare il bene spirituale e corporale dei suoi fedeli facendo costruire chiese dove maggiormente ce n’era bisogno, erigendo ad Amburgo la cattedrale in onore di San Pietro e un monastero di benedettini. Amava riscattare gli schiavi, specialmente se fanciulli. Costoro li mandava al monastero di Turholt perché, sotto la guida dei monaci di Gorbia, fossero preparati alla predicazione del Vangelo. Era generoso nel soccorrere i poveri. Quasi tutte le sue rendite passavano nelle mani delle vedove, degli orfani e degli anacoreti. In quaresima riceveva tutti i giorni alla sua mensa quattro poveri, dopo che aveva lavato loro i piedi. Nelle sue escursioni apostoliche non si assideva alla tavola degli ospiti se prima non aveva offerto l’abluzione delle mani, secondo l’uso benedettino, ad un certo numero d’indigenti, e non li aveva fatti sedere alla mensa allestita per loro.
L’ufficio episcopale non oscurava in lui l’aspetto religioso, e le funzioni pastorali non ne diminuivano l’austerità. Sull’esempio di S. Martino di Tours (+397), portava giorno e notte il cilicio, e digiunava sovente a pane e acqua. Diffidente di se stesso, vigilava sui moti del proprio cuore, e ricorreva incessantemente a Dio per essere illuminato nella predicazione e nella pratica delle verità della fede. Con i suoi discorsi, soffusi ora di dolcezza, ora di severità, atterriva i peccatori, rinfervorava i tiepidi e consolava gli afflitti. Tanto zelante quanto saggio, prima di risolvere qualche importante affare, prendeva il tempo necessario per consultare Dio. Non celebrava il divino sacrificio se prima non aveva ascoltato tre o quattro Messe. Dalla Bibbia e dai Santi Padri aveva estratto una quantità di pensieri adatti a ricordargli costantemente la propria indegnità e a spronarlo all’amore di Dio. Ne trascrisse qualcuno persino dopo ogni salmo del suo breviario.
Oscar si sovraspendeva già da circa dodici anni per la salvezza delle anime quando una grave sciagura si abbatté su Amburgo. Pirati danesi, sotto il comando del re Eric, s’impadronirono della città e la ridussero ad un cumulo di rovine (845). Divennero preda delle fiamme la cattedrale il monastero e la biblioteca. I vasi e gli ornamenti sacri caddero nelle mani dei pirati, e Oscar non poté salvare dalle razzie che le sante reliquie.
Per colmo di sventura, pochi anni prima, al momento della divisione dell’impero carolingio (843), il monastero di Turholt era diventato proprietà di Carlo il Calvo, quarto e ultimo figlio di Ludovico il Pio, il quale ne aveva trasferito l’usufrutto ad un suo favorito. Oscar, ridotto al lastrico, abbandonato dai sacerdoti e dai religiosi, dovette ricorrere alla carità dei buoni finché il re Ludovico il Germanico, altro figlio di Ludovico il Pio, d’accordo con i vescovi radunati in concilio a Magonza (847), non pensò di dare ad Ansgario il vescovado di Brema, rimasto vacante, distaccandolo dall’arcivescovado di Colonia, nei domini del re Lotario I.
Il santo tuttavia portò legittimamente il titolo di arcivescovo di Amburgo-Brema soltanto dal 864, quando cioè il papa S. Nicolò I il Grande (+867) ne approvò l’unione. Pur essendo senza una residenza fissa, il santo non rinunciò alla vita di apostolato. Le sue elemosine e la santità di vita gli conciliarono presto i favori del re Eric. Costui gli permise di costruire una chiesa a Schleswig e di consacrarla alla SS. Vergine. Quando Eric il giovane successe a suo padre (854), i cattolici furono oppressi, e chiusa la loro chiesa. A poco a poco Oscar giunse a fare nascere nel re sentimenti più favorevoli verso il cristianesimo. Gli fu perciò permesso di riaprire la chiesa ai fedeli e di costruirne un’altra a Ribe (Jutland). Il re giunse persino al punto di concedergli l’uso delle campane, il cui suono i pagani avevano sempre rifiutato per una superstiziosa paura.
Nello stesso tempo il santo arcivescovo si occupava della missione nella Svezia. Munito di un messaggio di Luigi il Germanico, e accompagnato da un inviato di Eric I, egli andò a Sigtuna (852), alla corte di Olav, re della Svezia, e gli chiese il permesso di predicare il Vangelo al suo popolo.
L’assemblea generale del paese, su proposta del sovrano, si mostrò favorevole e permise ai missionari di soggiornare nel regno e di celebrare i divini misteri. Oscar, non potendo prolungarvi la sua permanenza, lasciò al suo posto il discepolo Rimberto, il quale edificò una chiesa sul terreno che il re gli aveva donato.
Il santo che, al dire dell’autore della Cronaca di Amburgo, si mostrò sempre “esternamente apostolo, internamente monaco”, consacrò gli ultimi anni di vita al bene della sua vasta diocesi. A Brema fece costruire un ospizio per gli stranieri e i malati poveri. Un anno prima della sua morte scrisse una memoria sulle missioni nelle regioni settentrionali dell’Europa, destinata a Luigi il Germanico e ai vescovi. I risultati da lui conseguiti furono piuttosto modesti per mancanza di aiuti e di collaboratori. Incline per temperamento alla vita contemplativa, si contentò dei compagni che gli affidarono e dei soccorsi che gli diedero. Timido per natura, non seppe sollecitare mai nulla dal re, suo amico, o dai suoi confratelli dell’antica e nuova Corbia. Tra i benefattori della missione svedese non s’incontra che l’arcivescovo di Magonza, Rabano Mauro (+856), il quale mandò a Gotberto degli ornamenti d’altare, vasi sacri, campane, un messale, dei lezionari, un salterio e gli Atti degli Apostoli. Assistito dal suo discepolo prediletto, S. Rimberto, e circondato dai suoi amici, Ansgario morì a Brema il 3-2-865 e fu seppellito nella cattedrale.
Il suo successore, Rimberto, lo fece venerare come santo. Niccolò I approvò quella canonizzazione popolare. Le reliquie di S. Oscar, apostolo della Scandinavia, furono disperse durante la riforma protestante.
Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 2, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 58-63.
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