Nato nel 1625 a Lougherew, Irlanda, Oliviero Plunkett studiò a Roma presso il Collegio irlandese e insegnò per 12 anni all\’Urbaniana. Dopo essere stato ordinato prete da un vescovo irlandese in esilio per la persecuzione di Cromwell, Oliviero, finita la persecuzione, tornò in patria come arcivescovo di Armagh per riorganizzare la comunità. Ripresa la persecuzione, si rifugiò sui monti per sfuggire all\’esilio. Accusato di un inesistente «complotto cattolico», fu condannato a morte e giustiziato nel 1681.
L\’Irlanda è stata chiamata l\’isola dei santi dopo che S. Patrizio (1461 ) l\’evangelizzò e stabilì in essa vescovadi e monasteri che divennero centri di cultura e di vita missionaria. Nel 1171 cadde sotto la dominazione inglese. A costo di sofferenze inaudite, la sua popolazione ripudiò i predicanti e la liturgia anglicana al tempo del re Enrico VIII (+1547), della regina Elisabetta (+1603), sua figlia, e di Oliviero Cromwell (+1658), fanatico puritano e dittatore d\’Inghilterra dopo la sconfitta e la decapitazione del re Carlo I (+1649). Gli odi religiosi e politici causarono molte vittime, la più illustre delle quali è Oliviero Plunket, arcivescovo di Armagh e Primate d\’Irlanda.
Il santo nacque nel 1625 a Loughcrew, nella contea di Meath, da una famiglia che era imparentata con le più illustri case d\’Irlanda. Ancora bambino fu affidato alle cure di un suo parente, Patrizio Plunket, abate benedettino di Santa Maria a Dublino, e più tardi vescovo di Ardagh e di Meath. A diciannove anni fu scelto con altri quattro giovani e condotto a Roma dal P. Pietro Francesco Scarampi (+1655) perché si preparasse al sacerdozio nel collegio irlandese. Lo Scarampi, oratoriano, era stato mandato da Urbano VIII in Irlanda (1643) come agente in occasione delle lotte sorte tra gli anglo-irlandesi e vecchi cattolici da una parte, e il re Carlo I dall\’altra parte, per la libertà di coscienza.
Per tre anni, cioè fino a tanto che non si rese vacante una delle borse di studio, Oliviero fu mantenuto agli studi dal P. Scarampi. Egli corrispose alle premure del suo benefattore. Difatti, nel Collegio Romano della Compagnia di Gesù, alla scuola del P. Pallavicino Sforza, fu ritenuto uno dei primi per ingegno, diligenza e profitto negli studi, e vero modello di gentilezza, d\’integrità di costumi e di pietà. Nel 1654 fu ordinato sacerdote. Secondo il giuramento fatto, avrebbe dovuto ritornare subito in patria per darsi al ministero pastorale, ma poiché il Cromwell aveva invaso l\’Irlanda e sterminava i cattolici, chiese di rimanere a Roma e di abitare con i Padri di S. Girolamo della Carità. Avutone il permesso, completò la sua cultura frequentando il corso di diritto canonico e civile presso l\’Università della Sapienza. Nello stesso tempo si diede alla cura dei malati nell\’ospedale di Santo Spirito e all\’assistenza dei poveri, raccolti dal principe Don Marcantonio Odescalchi, con l\’aiuto del cugino, Benedetto Odescalchi, futuro papa B. Innocenze XI.
Per il successo conseguito negli sudi, nel 1657 Don Oliviero fu nominato lettore di teologia nel collegio di Propaganda Fide, consultore della S. Congregazione dell\’Indice e, nel 1668, procuratore dei vescovi irlandesi presso la S. Sede. Alla morte in esilio dell\’arcivescovo di Armagh, primate d\’Irlanda, Clemente IX, con "motu proprio" nominò il santo a quella sede (9-6-1669). Per non ridestare le diffidenze del governo inglese fu deciso che avrebbe ricevuto l\’ordinazione non a Roma, ma a Gand (Belgio), per mano dell\’internunzio. Prima di lasciare Roma, Mons. Plunket volle fare un\’ultima visita all\’ospedale di Santo Spirito. Nell\’abbracciarlo, un sacerdote polacco gli disse: "Voi ora andate a spargere il sangue per la fede cattolica". Il santo gli rispose umilmente: "Non ne sono degno, tuttavia voi aiutatemi con le vostre orazioni affinchè questa brama si adempia".
Il neo-eletto giunse in Irlanda nel mese di marzo 1670 e fu ricevuto dal suo mentore, Mons. Patrizio Plunket, divenuto vescovo di Meath. La situazione religiosa nell\’isola era molto triste. Alla morte del Cromwell era stata ristabilita la monarchia, ma il re Carlo II (+1685), debole e dissoluto, non concesse agl\’irlandesi quella tolleranza legale che essi chiedevano con insistenza. La loro sorte dipendeva dagli umori dei luogotenenti che si succedevano nel governo dell\’isola.
Malgrado le leggi persecutorie ancora esistenti, il santo svolse un intenso apostolato in dieci anni di relativa tranquillità, compiendo segretamente le sacre funzioni, travestendosi e visitando il suo gregge soltanto di notte. Appena prese possesso della sua sede, visitò parte della diocesi, fece conoscenza con il clero della sua provincia, tenne due sinodi e conferì la cresima a oltre 10.000 persone. Egli stesso confidò a Mons. Baldeschi, segretario di Propaganda Fide: "Iddio lo sa che io non penso giorno e notte ad altro che al servizio delle anime… Cose politiche o temporali non mi passano né per la mente, né per la bocca, né per la penna". Fu in gran parte merito suo se il 17-6-1670 venne convocato a Dublino un concilio nazionale di vescovi irlandesi, da lui presieduto, durante il quale furono prese dieci deliberazioni dirette a correggere alcuni abusi che erano invalsi nell\’ultima persecuzione.
Il 23 agosto dello stesso anno il santo convocò a Clones, in un concilio provinciale, tutti i rappresentanti delle diocesi dell\’Ulster. D\’accordo con essi, accettò solennemente i decreti del Concilio di Trento e le norme stabilite a Dublino per fare rifiorire la disciplina ecclesiastica. Chiamò a Drogheda, della diocesi di Armagh, i Padri Gesuiti per l\’istruzione e l\’educazione della gioventù e fabbricò per essi, con l\’aiuto di Propaganda Fide, non ricevendo egli dalla diocesi che duecento corone annue, le scuole e la casa, dopo aver ottenuto dalle pubbliche autorità benevola tolleranza. Per sovvenire ai bisogni delle scuole, Mons. Plunket visse poveramente, contrasse debiti e si limitò a tenere al suo servizio soltanto un uomo e un ragazzo. Al segretario di Propaganda Fide scrisse il 20-1-1672: "Per servire Dio e la S. Sede, venderei ancora la croce e la mitra".
A un anno dal suo ingresso in Armagh, oltre che la sua diocesi, lo zelante pastore aveva già visitato sei delle sue diocesi suffraganee per istruire in inglese e irlandese i fedeli, cresimarli, risolvere contese e correggere abusi. Di tutto egli informava minutamente la S. Congregazione di Propaganda Fide, tanto è vero che Mons. Baldeschi confidò l\’11-7-1671 all\’internunzio del Belgio: "Ammazza con le lettere".
Con la nomina nel 1672 a luogotenente d\’Irlanda del conte Arturo di Essex i cattolici furono di nuovo sottoposti a una violenta persecuzione. Le scuole furono chiuse, i religiosi e i vescovi costretti a nascondersi in attesa che la bufera passasse. Mons. Plunket con una provvista di libri e di candele si rifugiò in una capanna di paglia in mezzo ai boschi disposto piuttosto "a morire di fame e di freddo che abbandonare il gregge" o a farsi trascinare in esilio sopra una nave con la corda al collo. Calmata la tempesta, il santo ne approfittò per riordinare le scuole e la diocesi. Nel mese di agosto 1678 celebrò un secondo sinodo provinciale in Ardpatrick perché voleva che la sua provincia, "quanto al clero secolare e regolare, fosse santa, buona e riformata". A ragione l\’arcivescovo di Cashel, dopo il martirio del Plunket, poté fare di lui quest\’elogio: "In dodici anni di residenza si mostrò vigilante, pieno di zelo e indefesso più dei suoi predecessori. Non consta che, a memoria di uomini di questo secolo, verun primate o metropolita di Armagh abbia visitato la sua diocesi e provincia con tanta sollecitudine e zelo pastorale come lui, riformando i cattivi costumi dei popoli e la scandalosa vita di alcuni ecclesiastici, castigando i colpevoli, premiando i meritevoli, consolando tutti, beneficando quanto poteva e soccorrendo i bisognosi. Onde ebbe applauso e fu onorato dal clero e dal popolo fuorché dai discoli, nemici della virtù e della osservanza ecclesiastica".
Una nuova levata di scudi contro i cattolici irlandesi ci fu con la fantasiosa congiura papale escogitata dall\’avventuriero inglese Tito Oates. Costui, anabattista al tempo dei Cromwell, anglicano al tempo di Carlo II e cappellano delle navi, nel 1678, fingendo una nuova conversione, riuscì a farsi accogliere in collegi di Gesuiti dai quali però fu allontanato per cattiva condotta. Il miserabile se ne vendicò accusando i gesuiti di aver ordito una congiura per uccidere il re, fare strage dei protestanti e restaurare la Chiesa Cattolica in Inghilterra. Il parlamento, sobillato da lord Shafsterbury, abboccò a quelle accuse piene di contraddizioni. Furono arrestate oltre 2.000 persone molte delle quali vennero impiccate. Tra le vittime ci fu anche il primate dell\’Irlanda.
Uno dei primi ad essere imprigionato fu Mons. Pietro Talbot (+1680), arcivescovo di Dublino, con il quale Mons. Plunket aveva avuto molte e aspre contese riguardo al primato d\’Irlanda, ambito da entrambi. Il santo ne diede avviso all\’internunzio di Bruxelles scrivendo il 27-10-1678: "Qui gli affari vanno di male in peggio. Con un editto pubblico si promettono 4 scudi a chi piglierà un prelato o gesuita, e 20 a chi piglierà un vicario generale o un frate. Gli sbirri, le spie e i soldati ne vanno alla caccia giorno e notte". Personalmente si aspettava l\’esilio, gli eventi gli riserveranno invece il carcere e il supplizio. Un giorno venne a sapere che Mons. Patrizio Plunket, al quale era legato da vincoli di sangue e di gratitudine, stava per morire a Dublino. Uscì allora dal suo nascondiglio e lo andò a confortare. Fu però scoperto il 6-12-1679, arrestato dai soldati per ordine del luogotenente, il conte di Ormond, e rinchiuso nella prigione del castello reale di Dublino sia perché vescovo cattolico, e sia perché non aveva voluto abbandonare, in ossequio agli editti del parlamento, il gregge del Signore.
In carcere, il santo tenne un contegno edificantissimo. Nel luglio 1680 fu trascinato davanti al tribunale di Dundalk, nella diocesi di Armagh, per essere giudicato della cospirazione papale di cui era considerato il principale organizzatore. Gli accusatori, tra cui figurava anche il francescano apostata, Giovanni Mac Moyer, che il primate aveva dovuto sospendere per svariati delitti, furono esortati a provare le loro accuse, ma non ci riuscirono . Mons. Plunket, ricondotto nel carcere di Dublino, il 25-7-1680 informò segretamente l\’internunzio di Bruxelles di essere accusato di avere 70.000 cattolici pronti a trucidare tutti i protestanti e a stabilire nel paese la religione romana e la papistica superstizione, di avere inviato diversi agenti a diversi regni per ottenere soccorso, di avere girato e osservato tutte le fortezze del regno e i posti marittimi, e di avere tenuto un concilio provinciale nell\’anno 1678 per introdurre i francesi nell\’Irlanda.
Un senso di elementare giustizia esigeva che il processo di tradimento a carico del santo non fosse più rinnovato, o per lo meno, venisse ripreso in Irlanda qualora fossero addotte nuove prove, invece fu ordinato che il primate il 21-10-1680 fosse trasferito a Londra nel carcere di Newgate e giudicato da un tribunale composto di uomini disposti a condannare un innocente. Il santo accettò la prova per la maggior gloria di Dio e la salvezza dell\’anima propria. Per sostenere le spese fu costretto a vendere parte dei propri beni e impegnare persino il calice e la croce pettorale. Suoi accusatori furono alcuni preti e frati spergiuri da lui sospesi per la vita scandalosa che conducevano.
Il 3-5-1681 Mons. Plunket apparve sul banco degli accusati senza che gli fosse concesso un avvocato per la propria difesa. Sentendosi rinfacciare le solite accuse, egli chiese un po\’ di tempo per addurre testimoni. Gli fu accordato, ma dopo trentacinque giorni il processo riprese. Il capo del giurì lo dichiarò colpevole. Il santo rispose semplicemente: "Siano rese grazie a Dio". Poiché a causa dei venti e di altre difficoltà, dall\’Irlanda non erano ancora giunti ne testimoni, ne documenti, il prigioniero chiese ancora una dilazione di una decina di giorni, ma non gli fu concessa. Se avesse confessato la sua colpa e accusato altri avrebbe avuto salva la vita, ma egli respinse l\’infame proposta perché avrebbe voluto "piuttosto morire diecimila volte che prendere a torto un quattrino dei beni di un uomo, un giorno della sua libertà e un minuto della sua vita".
Il 15-6-1681 il capo della giustizia, dopo una fiera invettiva contro la religione cattolica, sentenziò rivolgendosi all\’imputato: "Voi dovete andare di qui al luogo donde siete venuto, e di là sarete trascinato per la città di Londra a Tyburn, là sarete appeso per il collo, ma calato giù prima che siate morto; vi saranno tratti fuori gl\’intestini, e bruciati davanti ai vostri occhi; vi sarà tagliata la testa e il vostro corpo sarà diviso in quattro quarti da disporre come piace a sua Maestà. E prego Iddio che abbia misericordia dell\’anima vostra".
All\’indomani dell\’iniqua sentenza, il martire scrisse a Michele Plunket, suo parente, alunno in Roma del Collegio Irlandese, accennando alle accuse dei suoi nemici: "Io li perdono tutti e dico con S. Stefano: Signore, non imputare loro questo peccato". E alcuni giorni dopo: "La sentenza di morte non mi ha cagionato timore, ne mi ha tolto il sonno neppure un quarto d\’ora. Io sono innocente di ogni tradimento come un bambino nato ieri. Per il mio carattere sacerdotale, per la mia professione religiosa e per le mie funzioni sacerdotali, lo ripeto pubblicamente, mi si da la morte; e io le vado incontro molto volentieri, ed essendo il primo degli irlandesi, con la grazia di Dio, sarò ad altri di esempio a non temere la morte… I cattolici inglesi furono qui molto caritatevoli a mio riguardo. Non badarono a spese per porgermi aiuto e durante il processo fecero per me ciò che non avrebbe fatto neppure un fratello, sono davvero cattolici rari e costanti nelle sofferenze".
L\’11-7-1681 Mons. Plunket, per volontà dei suoi carnefici, prima si vestì con gli abiti prelatizi, poi si lasciò distendere sopra una treggia e trascinare al luogo del patibolo. Sembrava uno sposo che andasse a nozze, tant\’era raggiante di gioia. Dopo aver pubblicamente proclamato la propria innocenza e perdonato a tutti coloro che gli avevano fatto del male, dopo aver recitato il Miserere e mormorato: "Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito", fu impiccato, sventrato e squartato. Il suo corpo nel 1685 fu trasportato segretamente dall\’Inghilterra al monastero benedettino di Lamspring, presso Hildesheim (Germania) e nel 1883 nell\’abbazia di Dowside (Inghilterra meridionale). La testa del martire è venerata a Drogheda, nel monastero delle Domenicane. Benedetto XV lo beatificò il 23-5-1920 e Paolo VI lo canonizzò il 12-10-1975. Nello stesso anno le reliquie del santo furono solennemente traslate nella cattedrale di Armagh.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 7, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 123-129
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