Nel mese di giugno del 1572, i calvinisti, a Gorkum, in Olanda, catturarono i Frati Minori di quel convento con altri sacerdoti, e li trascinarono per molti villaggi, esponendoli al ludibrio delle popolazioni. Li condussero prigionieri a Brielle, torturandoli in mille modi, perché rinunciassero alla fede cattolica nell’Eucaristia e nel primato del Romano Pontefice; ma essi rimasero saldi nella fede, e perciò furono messi a morte il 9 luglio 1572. Papa Pio IX li ha canonizzati nel 1867.
Gorkum, cittadina sulla Mosa del distretto d\’Arkel (Olanda), fu teatro di torbidi al tempo del dominio spagnolo sui Paesi Bassi. Filippo II non seppe adattare le sue autoritarie disposizioni alle condizioni di vita proprie dei fiamminghi e degli olandesi. Nel tentativo di rafforzare tra di loro il suo potere assoluto, richiamò in vigore le disposizioni di suo padre, Carlo V, per aumentare il peso fiscale, accentrare l\’amministrazione, combattere il luteranesimo, penetrato in quelle terre dalla Germania e soprattutto il Calvinismo, penetratevi dalla Francia. L\’opinione pubblica ne rimase esasperata. La nobiltà fiamminga diresse il movimento di protesta a tutela della tradizionale libertà. II rifiuto di Filippo II di accondiscendere alle petizioni presentategli da tutte le classi sociali, scatenò una prima rivolta che, presso la plebaglia suggestionata dalla predicazione calvinista, degenerò in episodi di violenza iconoclasta.
Il re di Spagna ordinò allora a Fernando Alvarez di Toledo, duca d\’Alba di Tormes (Leon), di troncare decisamente ogni agitazione, punendo i ribelli ed estirpando l\’eresia. Centinaia di persone furono sommariamente giudicate e condannate da un Tribunale dei torbidi. Fra gli altri, salirono il patibolo il conte di Egmont e il conte di Horn, due capi cattolici del movimento, mentre un altro capo, il calvinista Guglielmo di Orango, riusciva a fuggire nei suoi territori tedeschi, donde organizzò la riscossa, raccogliendo armati e assicurandosi l\’appoggio di tutte le forze antispagnuole, specialmente di quelle di Elisabetta, regina d\’Inghilterra. Furono perciò anni di pace infida quelli tra il 1568-72, quando sembrava che il governo del duca d\’Alba avesse ricondotto l\’ordine dappertutto con la sua spietata opera di repressione.
L\’emanazione nel 1571 di nuovi decreti fiscali fu l\’occasione per una ripresa di sommovimento, che conseguì un primo successo con l\’occupazione dell\’importante porto di Brielle nell\’aprile del 1572 da parte dei "gueux de mer", ossìa i ribelli delle province del nord, che rivendicavano a titolo di onore questo vocabolo loro lanciato come ingiuria. In gergo francese "gueux" significa difatti pezzente, mendicante. Dopo che questa gente violenta occupò la città di Dordrecht, a Gorkum, distante sei ore di cammino, la gente dabbene, il clero e i religiosi non furono in grado di fronteggiare l\’uragano che si avvicinava. Il P. Nicola Pieck, Guardiano dei Cappuccini, fu invitato ad allontanarsi con i suoi frati dalla città natale, ma egli si oppose. In attesa degli avvenimenti, egli non cessò di rianimare sia i fedeli che i frati ed esortarli a mettere ordine nella propria coscienza. I comandanti spagnuoli delle città vicine erano stati avvertiti, ma i protestanti di Gorkum si erano affrettati a fare sapere agli occupanti di Dordrecht che il momento era propizio per un colpo di mano sulla città.
Il 25-6-1572, sul fare del giorno, tredici navi con a bordo circa 150 soldati, sbarcarono a Gorkum quasi senza colpo ferire. Alla loro vista la confusione e il tumulto furono al colmo. I segreti partigiani dei rivoltosi corsero ad ingrossare le loro fila. Il Guardiano dei Cappuccini esortò i suoi religiosi a disperdersi, ma essi ricusarono di lasciarlo solo.
Lo seguirono allora nella fortezza, con quanto avevano di più prezioso, nove sacerdoti: Girolamo di Weerden, vice guardiano; Teodoro diEmden, direttore delle religiose di S. Agnese; Nicasio Johnson, eloquente predicatore; Willehad, danese nonagenario; Goffredo di Merville, confessore del convento; Antonio di Weerden, soccorritore dei poveri e grande predicatore contro gli errori del tempo; Antonio di Hoornaer; Francesco Rhodes; e due fratelli laici: Pietro diAsche e Cornelio di Wich. Colà furono raggiunti oltre che da parenti e ragguardevoli cattolici, dal parroco di Gorkum, Leonardo Wechel e dal suo vicario Nicola Poppel. Costoro avevano cercato di animare il popolo alla resistenza, ma esso rimase indifferente ai loro accorati appelli sia perché poco si preoccupavano degli interessi del re di Spagna, sia perché i rivoltosi proclamavano rispetto per la religione.
Il loro capo, Marin Brant, pirata fiammingo, al servizio del grande Ammiraglio Guglielmo Lumay, conte della Marck, appena riuscì a penetrare in città con l\’aiuto dei partigiani, fece radunare gli abitanti, al suono delle campane, sulla piazza principale e li invitò a giurare odio agli spagnuoli e fedeltà a Guglielmo di Orange. Assalì quindi la fortezza prima che le truppe del conte di Bossut, governatore di Utrecht, giungessero in aiuto dei pochi difensori. Durante l\’assedio, che iniziò sul fare della sera, tutti coloro che vi si erano rifugiati si confessarono e si comunicarono con le ostie che Nicola Poppel aveva portato con sé per sottrarle alle profanazioni degli eretici. Appena la cittadella capitolò, i prigionieri furono derubati di tutti i loro beni e volgarmente ingiuriati.
Un soldato, avendo trovato una patena tra i vasi sacri, portati nella fortezza dai Cappuccini, la scagliò con forza in faccia al P. Nicola, ferendolo alla bocca; al curato e al suo vicario, che durante il loro ministero avevano aiutato e salvato diversi eretici dalla morte, pareva impossibile di non trovare in cambio nessuna pietà. Soltanto i laici furono rilasciati dopo il giuramento di fedeltà e un forte riscatto. Gli altri furono gettati tutti alla rinfusa nella prigione. Un vecchio prete, Goffredo di Duynen, in un primo tempo aveva avuto il permesso di uscire perché ritenuto folle, poi fu ricondotto in prigione perché un abitante di Gorkum aveva fatto notare che "come aveva sufficiente testa per fabbricare il suo Dio dicendo la Messa, ne avrebbe avuto a sufficienza per esser impiccato".
Il Padre Guardiano avrebbe potuto fuggire con l\’aiuto dei nipoti che erano in buone relazioni con i rivoltosi, ma preferì restare con i suoi confratelli. Alle loro insistenze aveva risposto: "Voi lo vedete, io sono padre. Inutilmente tenterete ancora di sottrarmi ai miei figli". Ai prigionieri, digiuni dalla sera prima, furono preparati cibi di grasso, ma essendo venerdì essi preferirono digiunare anziché dare agli eretici la gioia di veder infrangere la legge grave dell\’astinenza. I soldati, per completare la loro serata di bagordi, cominciarono a sfogare il loro odio calvinista contro i detenuti. Li perquisirono ancora una volta brutalmente, puntarono la pistola al petto di Teodoro di Emden credendolo in possesso dei tesori delle religiose di S. Agnese, e ordinarono a Nicola Poppel: "Consegnaci almeno gli dei che tu hai fabbricato nella Messa. Si dice che tu ne porti una provvista su di te! È vero? Tu che hai così sovente blaterato contro di noi dal pulpito della tua chiesa, che ne pensi adesso, di fronte a questa pistola, di tutte le sciocchezze che spacciasti agli imbecilli?" "Io credo – rispose il vicario – a tutto ciò che la Chiesa Cattolica mi propone a credere e in particolare alla presenza reale del mio Dio sotto le specie sacramentali. Se voi vedete in ciò una ragione per uccidermi, uccidetemi; io sarei felice di morire per la confessione di fede che mi avete richiesto".
Credendo quindi che fosse giunta la sua ultima ora, si gettò in ginocchio e gridò: "Nelle tue mani, o Signore, raccomando il mio spirito", con voce così forte che fu intesa da tutta la cittadella. I soldati s\’accontentarono invece di legargli al collo il cordone di un cappuccino; di fissarne un\’estremità alla porta; di sollevarlo ripetutamente con l\’altra per aria per lasciarlo cadere pesantemente al suolo.
Dopo il barbaro trastullo passarono a tormentare i Cappuccini che ritenevano carichi di soldi a motivo delle questue. Si accanirono contro i più giovani di loro credendoli meno capaci di dissimulazione. Ad uno di essi fecero persino saltare un dente molare con un pugno sulla guancia, ma avendo dichiarato che, secondo la regola di S. Francesco, non potevano conservare moneta, se la presero con il Guardiano. Cominciarono a tempestarlo di calci e pugni, a sospingerlo di qua e di là come fosse un pallone, ma il paziente si limitò a rispondere: "I miei tesori sono i calici e i vasi sacri della mia chiesa che io ho portato qui; voi li avete trovati, lo so; questo vi basti, perché non ce ne sono altri". Anche lui fu sottoposto al tormento di Nicola Poppel finché il cordone si ruppe, ed egli cadde svenuto al suolo. Per accertarsi se era ancora vivo, lo posero a sedere contro il muro e con torce accese gli bruciarono la faccia, la lingua e il palato. Credendolo morto, lo respinsero con un piede dicendo: "Un monaco in meno: chi ce ne chiederà conto?". Il giorno dopo i soldati vennero con una scure per farne a pezzi il cadavere. Avendolo trovato in vita, bofonchiarono: "Questo tosato non vuole dunque morire. Che abbia l\’anima ribadita nel ventre? Ebbene, sapremo noi a farnela uscire". E a calci e a pugni lo fecero rotolare per terra.
I confessori della fede rimasero dieci giorni in balia della soldatesca ubriaca nonostante che al momento della capitolazione fosse stata promessa a tutti salva la vita. La loro sorte cominciava a commuovere il cuore dei loro concittadini, i quali avanzarono suppliche e offrirono denaro per il loro riscatto. In assenza del duca di Nassau, i rivoltosi chiesero istruzioni al feroce conte della Marck, che si trovava a Brielle per organizzare l\’insurrezione marittima. Costui, tramite un canonico regolare apostata, Giovanni Ornai, diede ordine che gli fossero condotti di notte in barca. Egli li accolse tra risa sguaiate, li fece inginocchiare davanti a sé e li obbligò a fare tre volte la processione attorno alla forca che aveva fatto erigere in quei paraggi.
Frattanto, diceva loro per spaventarli: "E qui il termine del vostro pellegrinaggio. Cantate, dunque, pii pellegrini; siamo in procinto di avvicinarvi al ciclo". Furono invece fatti scortare fino a Brielle. Il conte li accompagnò con uno scudiscio in mano, ripetendo di quando in quando: "Cantate, dunque, monaci lussuriosi e fannulloni, cantate. Vediamo, se avete paura!". I confessori a voce ferma e spiegata intonarono la Salve Regina e altre lodi in onore dei santi. Entrarono in città al canto del Te Deum.
Gl\’insulti più atroci essi li ricevettero dalle donne. Sulla piazza furono costretti ancora una volta a girare tre volte attorno alla forca che vi sorgeva in permanenza mentre i più facinorosi gettavano loro in faccia manate di sabbia, pietre, e recipienti di acqua salata. Furono quindi fatti inginocchiare per terra ed esortati a cantare le Litanie dei Santi. Vi posero tanto impegno da sembrare che vi prendessero gusto.
Nella lurida prigione in cui furono rinchiusi fecero conoscenza con altri confessori tra cui il curato di Heinort, Aredrea Wouters, e i premostratensi Adriano di Hiluarenbeek e Giacomo Lacops, rispettivamente curato e vicario di Monster, nei dintorni di Brielle. A loro furono aggregati pure un domenicano, Giovanni di Colonia, curato di Hoornaar, e un canonico regolare di S. Agostino, rettore del beghinaggio di Gorkum, Giovanni di Oesterwych. Il 7 luglio, nel primo interrogatorio svoltosi in municipio, tre prigionieri apostatarono. Il giorno dopo i calvinisti sperarono di ottenere completa vittoria anche sugli altri, ma i confessori della fede, esortati in un secondo interrogatorio a rinnegare l\’autorità del papa, si dichiararono irremovibili nel ritenere l\’autorità di lui come la pietra angolare dell\’unità cristiana.
Il principe di Grange, sollecitato dalla popolazione di Gorkum, intervenne a favore dei prigionieri, ma il conte della Marck, anziché rimetterli in libertà, rinnovò il proposito di vendicare i conti di Horn e di Egmont, fatti uccidere dalla Spagna, con la soppressione di tutti i papisti che gli sarebbero caduti tra le mani. A Brielle erano accorsi pure due fratelli del P. Pieck per cercare di piegarlo. Essi ottennero dai principali rivoltosi l\’insperato permesso di condurlo a cena con loro fuori del carcere.
I calvinisti speravano di far recedere dal loro attaccamento alla chiesa di Roma anche gli altri qualora il guardiano avesse consentito per primo a rinnegare la propria fede. Durante la cena i fratelli del martire, con mille lusinghe, cercarono di sottrarlo alla morte, ma egli, che era solito svenire alla puntura di un dito, li ridusse al silenzio dicendo loro: "Pensate voi che per la vigliaccheria che mi proponete io sfuggirò alla morte? No, amici miei. Io morirò solamente un po\’ più tardi, tra cinque, dieci, trent\’anni forse, poco importa, per poi cadere nell\’inferno. Lasciatemi piuttosto salire al ciclo subito. La morte non mi spaventa; ci conosciamo già l\’un l\’altro perché ne ho provato un saggio nella fortezza della nostra città".
Il conte della Marck diede ordine che tutti i prigionieri papisti fossero impiccati alle prime ore del 9-7-1572 fuori della città. Il drappello orante fu fatto fermare nel granaio del monastero dei Canonici Regolari di S. Agostino, saccheggiato e semidistrutto dai rivoltosi. Alle due travi che attraversavano le muraglie furono sospesi ad uno ad uno i martiri completamente denudati. Il primo a subire la morte fu il trentottenne Padre Guardiano. Dopo aver abbracciato i suoi compagni, egli disse loro: "Ecco, io vi mostro la via del cielo! Seguitemi come valorosi soldati di Cristo. Dopo aver combattuto insieme, che nessuno manchi al trionfo che ci attende lassù!".
Un calvinista si sforzò di indurre i fratelli laici e i giovani religiosi a rinunciare al papismo. Nicasio Johnson li consigliò di evitare la discussione e di confessare semplicemente con una affermazione la costanza della loro fede. Più volte rispose per loro al ministro: "Voi perdete il vostro tempo; essi non vi daranno ascolto. Noi siamo tutti papisti fino alla morte". Siccome Girolamo di Weerden saliva i gradini della scala invocando la SS. Vergine e diversi santi, il ministro gli si collocò davanti e gli rimproverò la pretesa idolatria dicendo: "Adora Dio soltanto e lascia stare i santi, stolti idoli che non ti ascoltano!". Girolamo non poté trattenersi dall\’assestargli una pedata nel ventre e farlo cadere riverso. Oltre che per la bestemmia, egli si era indignato perché il novizio Enrico, il più giovane dei confessori, per aver salva la vita, aveva fatto segno di accettare le condizioni che il ministro gli aveva proposto. Ripieno di santo zelo, Girolamo lo apostrofo: "Sei tu, ministro di satana, che risponderai davanti a Dio della dannazione eterna di questo adolescente della cui inesperienza abusi!". I carnefici gli chiusero la bocca a colpi di picca, e avendo visto che, sul petto e sul braccio destro, si era fatto tatuare la croce, gliela cancellarono a colpi di spada. Un\’altra defezione più deplorevole ancora fu quella di un padre cappuccino di nome Guglielmo, che morì impiccato lo stesso due mesi dopo per un furto.
Tra i martiri più giovani, uno o due temettero la morte e chiesero ai carnefici che fossero recise le loro corde. Non avendo però consentito a rinnegare la loro fede, non furono esauditi. Goffredo di Merville, prima di morire pregò: "Perdona loro, o Signore, perché non sanno quello che fanno!". Leonardo Wechel, pensando al dolore della sua vecchia madre, rallentò il passo, salì la scala titubante. Goffredo di Duynen se ne accorse e gli gridò: "Coraggio, signor Leonardo, oggi ci assideremo in cielo, al festino dell\’Agnello!". Goffredo fu impiccato per ultimo. Siccome i soldati esitavano a ritirare la scala da sotto i suoi piedi ritenendolo innocente, egli disse loro: "No, no,affrettatevi ad associarmi ai miei fratelli; io vedo i cieli aperti!" E soggiunse: "Se ho offeso e scandalizzato qualcuno, lo prego di perdonarmi".
L\’agonia della maggior parte delle vittime fu lunga e dolorosa. I soldati non si erano preoccupati di fare in modo che la corda stringesse bene il collo dei martiri. Alcuni erano rimasti stretti al mento, altri alla bocca. I soldati si accanirono contro i loro cadaveri. Dalle due alle quattro dopo mezzanotte, li mutilarono motteggiando. A chi tagliarono il naso, a chi le orecchie, a chi una mano, a chi un piede, a chi persino i genitali. Con quei vergognosi trofei fissati sui loro caschi a guisa di coccarde, sospesi alle loro picche, essi si riversarono in città per farli vedere per forza ai passanti, specialmente alle religiose e alle donne, con feroci facezie.
Qualcuno di loro, persuaso che il grasso dei condannati a morte fosse un rimedio efficace contro certe malattie, aprirono le viscere degl\’impiccati per frugarvi dentro. Tra gli altri cadaveri, essi sospesero ad una scala, sotto una finestra, il corpo di Girolamo di Weerden, lo squartarono a piacimento come un animale da macello, e vendettero quanto ne ricavarono a mercanti di unguenti. Fin sul mercato di Gorkum furono portate di quelle viscere, la cui provenienza era audacemente garantita con etichette.
I corpi dei martiri furono seppelliti in due fosse dopo che per tutto il giorno erano rimasti esposti, a pagamento, alla curiosità del popolo. Sul luogo del loro martirio al principio del secolo XVIII sbocciò un fiore bianco e profumato, che crebbe rapidamente e acquistò una straordinaria bellezza. Alla notizia del meraviglioso fenomeno, fu un accorrere di pellegrini da tutte le città. Ciascuno portava via qualche ramo del cespuglio miracoloso che, invece di diminuire, non cessava di crescere e di moltiplicare i suoi steli.
Il curato di Santa Gertrude in Utrecht, Adriano Antonio di Oorschat, aveva deposto in una scatola un ramo di quei fiori, e ogni qualvolta l\’apriva li trovava freschi e profumati come quando li aveva colti. Una volta restò per circa nove mesi senza controllare lo strano fenomeno. Quando vi fu indotto da numerose persone presenti, trovò che i fiori non soltanto avevano conservato la loro primitiva freschezza, ma si erano moltiplicati. Furono contati e risultarono essere diciannove come gli eroici atleti morti per Cristo.
Nel 1615 le ossa dei martiri di Gorkum furono trasportate a Bruxelles e deposte in casse dorate nella chiesa dei Francescani. Clemente X li beatificò il 14-11-1675 e Pio IX li canonizzò il 29-6-1867.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 7, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 80-87
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