Fu la cofondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Nella formazione della nascente famiglia religiosa, la santa, ormai trentacinquenne, fu aiutata per sei mesi da due suore di S. Anna, fondate dalla marchesa di Barolo, a Torino. Quando ritornarono alla loro casa, Don Bosco volle che, superiora dell\’Istituto, fosse Madre Maria Domenica. Era infatti di poche parole, e non sempre dette secondo la grammatica, ma possedeva un raro spirito di fede, molto discernimento e criterio. I consigli di Don Bosco per lei erano leggi.
La cofondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice è nata nella frazione Mazzarelli di Mornese, della diocesi di Acqui, (pr. di Alessandria), il 9-5-1837, primogenita di sette figli, da Giuseppe e Maddalena Calcagno, pii agricoltori. Il babbo, specialmente, ebbe molta cura di lei. Non essendoci in paese la scuola, le insegnò a leggere e a dominare il proprio temperamento vivace. Al catechismo parrocchiale riportò sempre i primi premi benché la cascina Valponasca, che i genitori avevano affittato dai marchesi d\’Orla, distasse mezz\’ora dal paese ed ella dovesse aiutare la mamma nella custodia dei fratellini e nelle faccende domestiche.
Dopo la prima comunione, fatta nel 1848, assecondando un\’interna aspirazione, fece il voto perpetuo di castità. Quando nel 1855 il compaesano D. Domenico Pestarino (1817-1874) fondò la Pia Unione delle Figlio di Maria Immacolata, la santa vi si iscrisse subito. A quindici anni il direttore spirituale le permise la comunione quotidiana. Allora cominciò ad alzarsi alle quattro del mattino per andare ad ascoltare la Messa ed essere di ritorno in tempo per i lavori della campagna. La sera si univa in spirito alle preghiere recitate in comune, sotto la guida di D. Pestarino, dicendo il rosario con i familiari, inginocchiata alla finestra di casa prospiciente la chiesa.
Nel 1860, dopo che suo padre si era stabilito in paese, contrasse il tifo nell\’assistere uno zio contagiato. Grazie alla sua robusta costituzione guarì, ma non sentendosi più adatta ai lavori dei campi, disse un giorno all\’amica Petronilla Mazzarello: "Impariamo a lavorare da sarte; potremo così radunare delle ragazze in un laboratorio e insegnare loro, oltre il cucito, la maniera di servire il Signore. Fin d\’ora mettiamo l\’intenzione che ogni nostro punto d\’ago sia un atto di amor di Dio".
Nel 1864 S. Giovanni Bosco si recò a Mornese dietro invito di D. Pestarino, e con lui progettò d\’introdurre la vita comune tra le più volenterose Figlie dell\’Immacolata. La Mazzarello con quattro o cinque compagne aderì con gioia alla proposta." Don Bosco è un santo, diceva, e io lo sento!". Nella casa che il direttore mise a loro disposizione accettarono fanciulle orfane e bisognose. Per educarle e sfamarle, oltre al cucito, la santa, sempre attivissima, allevava bachi da seta, cardava lana e tesseva. Nel 1869, Don Bosco ritornò a Mornese e tracciò un regolamento di vita comune per coloro che perseveravano pur tra contrarietà e privazioni di ogni genere. Le Figlie di Maria Ausiliatrice poterono così sorgere ufficialmente il 5-8-1872, giorno in cui, alla presenza del vescovo della diocesi Mons. Giuseppe Sciandra e di Don Bosco, undici novizie emisero i voti temporanei e quindici postulanti fecero la vestizione.
Nella formazione della nascente famiglia religiosa, la santa, ormai trentacinquenne, fu aiutata per sei mesi da due suore di S. Anna, fondate dalla marchesa di Barolo, a Torino. Quando ritornarono alla loro casa, Don Bosco volle che, superiora dell\’Istituto, fosse Madre Maria Domenica. Era infatti di poche parole, e non sempre dette secondo la grammatica, ma possedeva un raro spirito di fede, molto discernimento e criterio. I consigli di Don Bosco per lei erano leggi. Chi visse insieme a lei attestò che faceva l\’ubbidienza "non camminando, ma volando". Quando il santo, oppresso da debiti, decise di vendere la casa di Mornese per comperare a Nizza Monferrato, nel 1877, un antico convento francescano incamerato dal governo, la santa tenne tutta per sé la pena di dover abbandonare il nido della Congregazione. In poco tempo a Nizza le educande, le postulanti e le suore salirono a 150 di modo che poterono espandersi ben presto in Piemonte, in Sicilia, in Francia e nell\’America Latina.
A chi partiva e a chi restava la santa dava saggi ammaestramenti: "Conservate, per quanto potete, lo spirito di unione con Dio; siate alla sua presenza continuamente. – Ogni passo, ogni parola sia un atto di amore di Dio; sia accompagnato dall\’intenzione di salvare un\’anima".- Per riuscire sante e sapienti, bisogna parlare poco e riflettere molto; parlare poco con le creature, pochissimo delle creature e niente di noi stesse". Per conto suo ella "viveva perduta in Dio". "Figlio mie, ripeteva sovente, in alto i cuori, a Dio tutti i nostri pensieri, le nostre azioni, i nostri discorsi. Tutto per Dio, niente per noi!". Preoccupata che nelle case si osservassero le regole della perfezione e non entrasse il peccato, esortava religiose ed educande alla frequente comunione sacramentale e spirituale e a meditare la passione di Gesù.
Il cardinale Giovanni Cagliero (1838-1926) depose nel processo apostolico: "L\’ebbi sotto la mia direzione. Affermo di non aver notato nella pratica delle sue virtù una mancanza, un difetto o rilassatezza anche momentanea e deliberata, come sarebbe un atto di sfiducia in Dio , un impeto di collera, un moto d\’impazienza o una debolezza nei suoi atti e nelle sue parole".
Con le suddite fu imparziale al punto che ognuna di esse si credeva la più amata di tutte, anche quando veniva ripresa con grande fermezza specialmente delle mancanze di sincerità e di umiltà. Pareva l\’angelo custode; sapeva e vedeva tutto e a tutto provvedeva. Nessuna vocazione fu da lei respinta per mancanza di denaro e, benché si trovasse in grandi ristrettezze economiche, non volle che fossero rimandati a mani vuote i poveri che venivano a bussare alla porta dell\’Istituto. Benché superiora, all\’occorrenza non disdegnava di scendere in cucina, nell\’infermeria o nell\’orto a prestare la sua opera onde sopperire alle svariate necessità. Sovente era afflitta da fortissimi mal di testa, di orecchi e di denti che le gonfiavano il viso. Allora si udiva sospirare: "Tutto per Te, mio buon Gesù, mio bene immenso, quanto faccio, soffro, dico e penso". E anziché lamentarsi dei suoi dolori, continuava a far suo del cilicio, ad annacquare la minestra o a mettere pizzichi di cenere nelle ridottissime pietanze.
Esortava pure le sue figlie a non lasciarsi sfuggire le occasioni di penitenza che chiamava "tempo di vendemmia".
Colpita a quarantaquattro anni di pleurite con versamento, morì il 14-5-1881 a Nizza dove si era definitivamente trasferita il 4-2-1879. L’anno precedente, nel capitolo generale, aveva sconsigliato invano la sua rielezione, perché non avrebbe terminato l\’anno. In punto di morte alle 139 professe e alle 50 novizie distribuite in 26 case raccomandò la carità, l\’umiltà e l\’ubbidienza. Alle superiore disse: "Voi altre, che dovete tirar su le postulanti e le educande, instillate loro in cuore la schiettezza e specialmente la sincerità in confessione… Fate studiare il catechismo. Non racconti fantastici, ma sia vero catechismo…".
La Mazzarello fu beatificata il 20-11-1938 e canonizzata il 24-6-1951 da Pio XII. Le sue reliquie sono venerate a Torino nella basilica di Santa Maria Ausiliatrice.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 198-202.
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