Bernardo fu padre dell'Ordine Cistercense. Il bene della Chiesa lo spinse spesso a dedicarsi alle più gravi questioni politico-religiose del suo tempo. Fu maestro di guida spirituale ed educatore di generazioni di santi. Ispirò un devoto affetto all'umanità di Cristo e alla Vergine Madre. Muore per tumore allo stomaco. Seppellito nella chiesa del monastero, durante la Rivoluzione francese i suoi resti andranno dispersi, tranne la testa, ora nella cattedrale di Troyes. Alessandro III lo proclama santo nel 1174. Pio VIII, nel 1830, gli dà il titolo di Dottore della Chiesa.
Questo massimo genio del secolo XII, salutato dal Mabillon "l'ultimo dei Padri e l'uguale dei più grandi", nacque nel 1090 nel castello di Fontaines-lez-Dijon (Cóte-d'Or) da Tescelino e Aletta di Montbard, vassalli del duca di Borgogna. Fece i primi studi presso i canonici di St-Vorles a Chàtillon-sur-Seine. Crebbe malaticcio e molto timido, ma incline alla pietà e alla meditazione. A vent'anni si abbandonò a frivole compagnie, però seppe conservarsi casto. Per vincere una forte tentazione non esitò un giorno a gettarsi in uno stagno gelato. Per morire completamente al mondo, dopo la visione del Bambino Gesù in una notte di Natale, chiese nel 1112 di vestire le bianche lane dei Cistercensi con suo zio Guaderico, quattro fratelli e venticinque gentiluomini, dopo sei mesi di vita solitaria in un feudo paterno a Chàtillon.
Nell'abbazia di Cìteaux, fondata nel 1098 da S. Roberto, abate di Molesme, la regola benedettina era vissuta alla lettera. I monaci dividevano la giornata tra l'ufficiatura corale, il lavoro manuale, la lettura spirituale, i frequenti digiuni, un'estrema povertà e un perpetuo silenzio. Per la formazione intellettuale Bernardo "non ebbe altri maestri che le querce e i faggi". Quanto però leggeva nella Scrittura o nei Padri lo ruminava durante i lavori dei campi. Dopo l'anno di prova fu ammesso alla professione con i suoi trenta compagni. L'Ordine cominciò allora a fiorire. Nel 1113 fu fondata l'abbazia di La Ferté, nel 1114 quella di Pontigny e nel 1115 quella di Clairvaux, che con Morimond e Cìteaux costituirono i cinque focolari da cui i Cistercensi si diffusero per tutta Europa. Nel 1300 erano presenti in 700 monasteri.
Stefano Harding, abate generale, destinò Bernardo con dodici monaci, tra cui i suoi fratelli, a reggere l'abbazia di Chiaravalle. Il prescelto fu ordinato sacerdote dal vescovo di Chàlon-sur-Marne, Guglielmo de Champeaux, che lo iniziò alla teologia ed ebbe cura dei suoi mali. Per trentotto anni il santo rimarrà al suo posto per illuminare con la sua dottrina e consigliare religiosi, sacerdoti, vescovi, papi e re. Per i primi dieci anni si occupò quasi solo del suo gregge. Interpretò con austerità la regola benedettina, impose rigorose penitenze, richiese a tutti assoluta povertà, totale separazione dal mondo e perfetta ubbidienza. Egli stesso era eroico nell'esercizio di tutte le virtù. Giorno e notte pregava in piedi finché le sue ginocchia, indebolite dal digiuno, e i suoi piedi, gonfi per il lavoro, si rifiutavano di sostenere il corpo, rivestito di cilicio, nutrito di pane e latte o di una zuppa di verdure e un po' di vino. Finché visse fu quasi sempre malato e tormentato da un vomito che divenne cronico. I medici erano meravigliati della violenza che si faceva, ma lo Spirito Santo parlava per mezzo suo e operava miracoli senza numero.
Nel 1118 fu composta la Carta della Carità, statuto fondamentale dell'Ordine. S. Bernardo ne difese l'austerità contro le proteste dei Cluniacensi, decaduti dal loro primitivo fervore per il lusso, le comodità e la ricercatezza dei cibi. Il loro abate, Pietro il Venerabile, ne rimase scosso. Dopo aspre polemiche, fece scomparire gli abusi introdotti a Cluny dal suo predecessore, seguito dal grande Sugero, abate di St-Denis a Parigi, e da molti altri. Un quarto dell'epistolario del santo si occupa di questioni monastiche. Nel concilio di Troyes (1128) diede ai Templari, fondati a Gerusalemme nel 1119 dal suo amico Ugo di Payens, la regola di S. Benedetto adattata alle esigenze della vita militare.
Forse S. Bernardo immaginava di trascorrere la sua vita nella contemplazione e nella penitenza, invece era decretato che prendesse parte attiva a tutti gli avvenimenti del secolo. Avendo ricevuto in sommo grado il dono dell'amore, doveva diffonderlo attorno a sé con un'azione prodigiosa. Non si limitò infatti a propugnare la stretta osservanza della regola, ma nei capitoli, nei sinodi e nei concili cui partecipò si adoperò perché alle diocesi fossero preposti vescovi santi e istruiti, e spronò il clero inferiore a conservarsi casto, umile e caritatevole nella linea della riforma gregoriana. Quando Eugenio III, monaco dell'abbazia delle Tre Fontane (Roma), sarà eletto papa, gli dedicherà il De Consideratione, l'opera sua più matura, per indicargli il modo di santificarsi sulla cattedra di S. Pietro e per tracciargli un vasto piano di riforma per la curia e il clero romano ambizioso e avido di denaro. A diverse riprese seppe richiamare al loro dovere i re di Francia, Luigi VI il Grosso e Luigi VII il Giovane, quando s'ingerivano nel governo delle chiese senza motivo. Più volte prese le difese dei contadini oppressi dai loro signori e rimproverò alle dame il lusso sfrenato oltraggioso alla miseria dei poveri.
Quando scoppiò lo scisma di Anacleto II, nel concilio di Etampes (1130), S. Bernardo si pronunciò a favore di Innocenze II benché le elezioni di entrambi non fossero esenti da irregolarità. Essendo numerosi i partigiani dell'antipapa in Italia, il santo abate vi discese tre volte per pacificare milanesi, romani e normanni. Fu salutato il padre della patria e ripetutamente gli fu offerto l'episcopato che rifiutò. Tra le altre sedi figurò anche quella di Genova. Il senato più tardi lo proclamerà patrono della città.
Ritornato in Francia, dovette occuparsi di questioni dogmatiche sollevate da Pietro Abelardo, scolastico a Parigi. Nel concilio di Sens (1140) fece condannare 19 proposizioni di lui perché esprimevano con eccessiva arditezza e ambiguità il mistero della SS. Trinità. Un discepolo di Abelardo, Arnaldo da Broscia, agitò per un certo tempo gli animi dei francesi propugnando la sottomissione della Chiesa allo Stato per il possesso dei beni temporali. Il santo lo fece esiliare, lo perseguì in Svizzera e in Germania, e lo denunciò al papa come un perturbatore dell'ordine pubblico. Nel concilio di Reims (1148) obbligò a firmare una professione di fede ortodossa Gilbert de la Porre, vescovo di Poitiers, il quale insegnava che la divinità è una realtà distinta da Dio. La Francia in quel tempo era minacciata dall'eresia dei manichei. Nella Linguadoca specialmente, il sacerdote Pietro de Bruys e l'ex-benedettino Enrico di Le Mans sollevavano il popolo contro il clero, negavano il battesimo, l'Eucaristia e la Messa e distruggevano le chiese. S. Bernardo percorse le città del meridione e ovunque con l'infiammata parola e il dono dei miracoli arginò, almeno per un certo tempo, i progressi dell'eresia.
In seguito alla caduta di Edessa (1144) in mano dei musulmani, il re di Francia, Luigi VII, e il papa Eugenio III esortarono i cavalieri a intraprendere una seconda crociata. Lo zelo di S. Bernardo si fece loro interprete a Vézelay (1146) dove, con la predicazione, spronò centinaia di migliaia di giovani a prendere la croce e le armi. Scrisse lettere in tutte le parti. Percorse la Renania e nella dieta di Spira persuase Corrado III, sovrano della Germania, a mettersi a capo dei suoi crociati. Per mancanza di organizzazione e discordia tra i capi l'impresa si esaurì e si disperse dopo un vano tentativo di occupare Damasco. Il significato religioso della crociata veniva lentamente sopraffatto da quello politico, militare e soprattutto economico. S. Bernardo ne rimase afflitto, ma si difese dalle accuse con una eloquentissima apologia. L'insuccesso non gl'impedì di formare con Sugero un progetto di una nuova crociata, che avrebbe capitanato in persona se i suoi monaci non vi si fossero opposti.
Gli ultimi anni del santo furono amareggiati da dispiaceri di ogni sorta, specialmente dal tradimento del suo segretario Nicola. Sempre instancabile, qualche mese prima di morire, malgrado la spossatezza, si recò ancora a Metz per ristabilire, dopo tante stragi, la pace tra il vescovo e il duca di Lorena. Morì il 20-8-1153. Alessandro III lo canonizzò nel 1174 e Pio VIII lo proclamò Dottore della Chiesa nel 1830.
La sua opera letteraria comprende prediche tenute ai monaci, trattati e 540 lettere, importanti per la storia del tempo, la teologia e l'ascetica.
Per la soavità e l'unzione degli scritti passò ai posteri con il titolo di Dottore mellifluo. Più che un teologo e un filosofo, egli è un mistico e un uomo d'azione. Concepisce la vita spirituale come uno sforzo basato sull'umiltà e l'amore di Dio, governato dalle leggi del progresso. Si svilupperà con la devozione all'umanità di Gesù e alla Vergine SS., mediatrice di tutte le grazie. Di lei ci ha lasciato bellissimi sermoni, ma non accettò la dottrina del suo immacolato concepimento.
Durante la sua vita S. Bernardo fondò in Europa 68 abbazie. Quando morì, Chiaravalle era abitata da circa 700 monaci. Ogni volta che ritornava da un viaggio apostolico, il santo era accompagnato da uno stuolo di candidati alla vita religiosa di ogni età e condizione, affascinati dalla sua parola e ancora più dai suoi miracoli. Solo dalla Renania, dopo la predicazione della crociata, ne condusse con sé circa 350.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 8, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 213-218
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