Rinnovare la vita religiosa

Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelica testificatio: e’ necessario un giusto discernimento, per non attuare riforme frettolose e alla lunga dannose


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Paolo VI
Evangelica testificatio


1. La testimonianza evangelica della vita religiosa manifesta chiaramente, agli occhi degli uomini, il primato dell’amore di Dio con una forza tale, di cui bisogna render grazie allo Spirito santo. Con tutta semplicità – come già fece il nostro venerato predecessore Giovanni XXIII alla vigilia del concilio -, noi vorremmo dirvi quale speranza susciti in noi, come in tutti i pastori e i fedeli della chiesa, la generosità spirituale di coloro – uomini e donne – che hanno consacrato la propria vita al Signore nello spirito e nella pratica dei consigli evangelici. Desideriamo altresì aiutarvi a continuare il vostro cammino di seguaci del Cristo, nella fedeltà agli insegnamenti conciliari.


 


Il concilio


2. Ciò facendo, intendiamo rispondere all’inquietudine, alla incertezza ed all’instabilità che alcuni dimostrano, ed incoraggiare, parimenti, coloro che cercano il vero rinnovamento della vita religiosa. L’audacia di certe arbitrarie trasformazioni, un’esagerata diffidenza verso il passato, anche quando esso attesta la sapienza ed il vigore delle tradizioni ecclesiali, una mentalità troppo preoccupata di conformarsi affrettatamente alle profonde trasformazioni, che scuotono il nostro tempo, hanno potuto indurre taluni a considerare caduche le forme specifiche della vita religiosa. Non si è arrivati addirittura a far appello, abusivamente, al concilio per rimetterla in discussione fin nel suo stesso principio? Eppure è ben noto che il concilio ha riconosciuto a questo dono speciale un posto di elezione nella vita della chiesa, in quanto esso permette a quelli che l’hanno ricevuto di conformarsi più profondamente ” a quel genere di vita verginale e povera, che Cristo Signore scelse per sé e che la Vergine, sua madre, abbracciò”. Il concilio gli ha anche indicato le vie per un suo rinnovamento secondo il vangelo.


 


La tradizione della chiesa


3. La tradizione della chiesa – è forse necessario ricordarlo? – ci offre, fin dalle origini, questa testimonianza privilegiata di una ricerca costante di Dio, di un amore unico ed indiviso per Cristo, di una dedizione assoluta alla crescita del suo regno. Senza questo segno concreto, la carità che anima l’intera chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del vangelo di smussarsi, il “sale” della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione.


Fin dai primi secoli, lo Spirito santo ha suscitato, accanto alla eroica confessione dei martiri, la meravigliosa fermezza dei discepoli e delle vergini, degli eremiti e degli anacoreti. La vita religiosa era già in germe ed essa avvertì, progressivamente, il bisogno crescente di svilupparsi e di articolarsi in forme diverse di vita comunitaria o solitaria, per rispondere all’invito insistente del Cristo: ” Non vi è nessuno che abbia abbandonato casa, moglie, fratelli, genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più in questo tempo, e la vita eterna nel secolo futuro “.


Chi oserebbe sostenere che un tale appello non avrebbe più, al giorno d’oggi, lo stesso valore e vigore, che questi testimoni eccezionali della trascendenza dell’amore di Cristo, o che il mondo potrebbe senza suo danno lasciar spegnere queste luci, le quali annunciano il regno di Dio con una libertà che non conosce ostacoli ed è quotidianamente vissuta da migliaia di suoi figli e figlie?


 


Stima e effetto


4. Ah, cari religiosi e religiose, che, mediante la pratica dei consigli evangelici, avete voluto seguire più liberamente il Cristo e più fedelmente imitarlo, dedicando tutta la vostra vita a Dio con una consacrazione particolare, che trova la sua radice nella consacrazione battesimale e la esprime con maggiore pienezza, se poteste comprendere tutta la stima e tutto l’affetto che noi vi portiamo nel nome del Cristo Gesù! Noi vi raccomandiamo ai nostri carissimi fratelli nell’episcopato, i quali, assieme ai presbiteri, loro collaboratori nel sacerdozio, sentono la propria responsabilità nei riguardi della vita religiosa. E chiediamo a tutti i laici, a cui ” propriamente, anche se non esclusivamente, competono gli impegni e le attività temporali “, che sappiano comprendere quale valido impulso voi siete per loro nella ricerca della santità, alla quale anch’essi sono chiamati dal loro battesimo nel Cristo, per la gloria del Padre!


 


Aggiornamento


5. Certamente, non pochi elementi esteriori, raccomandati dai fondatori di ordini o di congregazioni religiose, si dimostrano al presente sorpassati. Alcuni appesantimenti o irrigidimenti, accumulati nel corso dei secoli, hanno bisogno di essere snelliti. Adattamenti devono essere operati, ed anche forme nuove possono essere cercate ed istituite con l’approvazione della chiesa. È appunto lo scopo al quale, ormai da alcuni anni, si sta dedicando generosamente la maggior parte degli istituti religiosi, sperimentando, talvolta troppo arditamente, tipi di costituzioni e di regole. Ben lo sappiamo e seguiamo con attenzione questo sforzo di rinnovamento, voluto dal concilio.


 


Necessario discernimento


6. Nell’ambito stesso di questo processo dinamico, in cui lo spirito del mondo rischia costantemente di mescolarsi all’azione dello Spirito santo, come aiutarvi ad operare con il necessario discernimento? Come salvaguardare o raggiungere l’essenziale? Come beneficiare dell’esperienza del passato e della riflessione presente, per rafforzare questa forma di vita evangelica?


Secondo la responsabilità singolare che il Signore ci ha affidato nella sua chiesa – quella di ” confermare i nostri fratelli ” -, noi vorremmo, da parte nostra, stimolarvi a procedere con maggior sicurezza e con più lieta fiducia lungo la strada che avete prescelto. Nella ” ricerca della carità perfetta “, che guida la vostra esistenza, quale altro atteggiamento vi sarebbe per voi, se non quello di una disponibilità totale allo Spirito santo che, agendo nella chiesa, vi chiama alla libertà dei figli di Dio?


 


I. LA VITA RELIGIOSA


L’insegnamento del concilio


7. Cari figli e figlie, con una libera risposta all’appello dello Spirito santo, voi avete deciso di seguire il Cristo, consacrandovi totalmente a lui. I consigli evangelici di castità votata a Dio, di povertà e di obbedienza sono ormai la legge della vostra esistenza. Ora, il concilio ce lo ricorda, ” l’autorità della chiesa, sotto la guida dello Spirito santo, si è data cura di interpretarli, di regolarne la pratica ed anche di istituire, in base ad essi, forme stabili di vita “. Così essa riconosce e rende autentico lo stato di vita, costituito dalla professione dei consigli evangelici: “Mediante i voti o altri vincoli sacri, assimilati secondo la loro propria indole ai voti con i quali il cristiano si obbliga all’osservanza di questi tre consigli, egli dona totalmente a Dio, amato al di sopra di ogni cosa… Col battesimo egli è morto al peccato e consacrato a Dio; ma per poter raccogliere più copiosi frutti della grazia battesimale, con la professione dei consigli evangelici nella chiesa intende liberarsi dagli impedimenti, che potrebbero distoglierlo dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino, e si consacra più intimamente al servizio di Dio. Tale consacrazione poi sarà tanto più perfetta, quanto più solidi e stabili sono i vincoli, con i quali è rappresentato il Cristo indissolubilmente unito alla chiesa, sua sposa”.


Questo insegnamento del concilio mette bene in luce la grandezza di questo dono, da voi stessi liberamente deciso, ad immagine di quello fatto dal Cristo alla sua chiesa e, come quello, totale ed irreversibile. Proprio in vista del regno dei cieli, voi avete votato al Cristo, con generosità e senza riserva, queste forze di amore, questo bisogno di possedere e questa libertà di regolare la propria vita, cose che sono per l’uomo tanto preziose. Tale è la vostra consacrazione, che si compie nella chiesa e mediante il suo ministero sia quello dei suoi rappresentanti, i quali ricevono la professione religiosa, sia quello della comunità cristiana, il cui amore riconosce, accoglie, porta e circonda coloro che in seno ad essa si donano, come un segno vivente ” che può e deve attirare efficacemente tutte le membra della chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana… rendendo così manifesti a tutti i credenti i beni celesti, già presenti in questo mondo “.


 


Vita contemplativa


8. Alcuni di voi sono stati chiamati alla vita cosiddetta “contemplativa”. Un’attrattiva irresistibile vi trascina verso il Signore. Afferrati da Dio, voi vi abbandonate alla sua azione sovrana, che verso di lui vi solleva ed in lui vi trasforma, mentre vi prepara a quella contemplazione eterna, che costituisce la nostra comune vocazione. Come potreste avanzare lungo questa strada ed esser fedeli alla grazia che vi anima, se non rispondeste con tutto il vostro essere, per un dinamismo il cui impulso è l’amore, a questo appello che vi orienta, in maniera permanente, verso Dio? Considerate dunque ogni altra attività immediata, alla quale pur dovete attendere – rapporti con i fratelli, lavoro disinteressato o rimunerativo, necessaria distensione – come una testimonianza resa al Signore dell’intima vostra comunione con lui, perché vi conceda quella purezza d’intenzione unificante, tanto necessaria per incontrarlo nel momento stesso dell’orazione. Così voi contribuirete all’estensione del regno di Dio, con la testimonianza della vostra vita e con ” una misteriosa fecondità apostolica “.


 


Vita apostolica


9. Altri sono consacrati all’apostolato in quella che è la sua missione essenziale: l’annuncio della parola di Dio a quelli che egli pone sul loro cammino, per condurli verso la fede. Una tale grazia richiede una profonda unione con il Signore, la quale vi consentirà di trasmettere il messaggio del Verbo incarnato, pur usando un linguaggio che il mondo può intendere. Com’è dunque necessario che tutta la vostra esistenza vi faccia partecipare alla sua passione, alla sua morte ed alla sua gloria!


 


Contemplazione e apostolato


10. Quando poi la vostra vocazione vi destina ad altre funzioni in servizio degli uomini – vita pastorale, missioni, insegnamento, opere di carità, ecc. -, non sarà anzitutto l’intensità della vostra adesione al Signore, che le renderà feconde, proprio secondo la misura di questa unione ” nel segreto “? Se vogliono rimanere fedeli all’insegnamento del concilio, ” i membri di ogni istituto, cercando prima di tutto Dio solo “, non devono ” unire la contemplazione, mediante la quale aderiscono a lui con il cuore e lo spirito, e l’amore apostolico, che si sforza di associarsi all’opera della redenzione e di estendere il regno di Dio “?


 


Carisma dei fondatori


11. Solo così voi potrete ridestare i cuori alla verità e all’amore divino, secondo il carisma dei vostri fondatori, suscitati da Dio nella sua chiesa. Non altrimenti il concilio giustamente insiste sull’obbligo, per i religiosi e per le religiose, di esser fedeli allo spirito dei loro fondatori, alle loro intenzioni evangeliche, all’esempio della loro santità, cogliendo in ciò uno dei principi del rinnovamento in corso ed uno dei criteri più sicuri di quel che ciascun istituto deve eventualmente intraprendere. Il carisma della vita religiosa, in realtà, lungi dall’essere un impulso nato ” dalla carne e dal sangue ” né derivato certo da una mentalità che ” si conforma al mondo presente “, è il frutto dello Spirito santo, che sempre agisce nella chiesa.


 


Forme esteriori e slancio interiore


12. È precisamente qui che trova la sua risorsa il dinamismo proprio di ciascuna famiglia religiosa, perché se la chiamata di Dio si rinnova e si differenzia secondo le circostanze mutevoli di luogo e di tempo, essa richiede tuttavia degli orientamenti costanti. Lo slancio interiore, che ad essa corrisponde, suscita in seno alla esistenza certe opzioni fondamentali. La fedeltà alle loro esigenze è la pietra di paragone della autenticità di una vita religiosa. Non dimentichiamolo: ogni istituzione umana è insidiata dalla sclerosi e minacciata dal formalismo. La regolarità esteriore non basterebbe, di per se stessa, a garantire il valore di una vita e l’intima sua coerenza. Pertanto è necessario ravvivare incessantemente le forme esteriori con questo slancio interiore, senza il quale esse si trasformerebbero ben presto in un carico eccessivo.


Attraverso la diversità delle forme, che danno a ciascun istituto la sua fisionomia propria e hanno la loro radice nella pienezza della grazia del Cristo, la regola suprema della vita religiosa, la sua ultima norma, è quella di seguire il Cristo secondo l’insegnamento del vangelo. Non è forse tale preoccupazione che ha suscitato nella chiesa, durante il corso dei secoli, l’esigenza di una vita casta, povera, obbediente?


 


II. IMPEGNI ESSENZIALI


A) Castità consacrata


13. Solo l’amore di Dio – bisogna ripeterlo – chiama in forma decisiva alla castità religiosa. Questo amore, del resto, esige tanto imperiosamente la carità fraterna, che il religioso vivrà più profondamente con i suoi contemporanei nel cuore di Cristo. A questa condizione, il dono di se stessi, fatto a Dio ed agli altri, sarà sorgente di una pace profonda. Senza deprezzare in alcun modo l’amore umano ed il matrimonio – secondo la fede, non è esso immagine e partecipazione dell’unione di amore, che unisce il Cristo e la chiesa? -, la castità consacrata richiama questa unione in una maniera più immediata ed opera quel superamento, verso il quale dovrebbe tendere ogni amore umano, Così, nel momento stesso in cui quest’ultimo è più che mai minacciato da “un erotismo devastatore”, essa deve essere oggi più che mai compresa e vissuta con rettitudine e generosità. Virtù decisamente positiva, la castità attesta l’amore preferenziale per il Signore e simboleggia, nel modo più eminente e assoluto, il mistero dell’unione del corpo mistico al suo corpo, della sposa all’eterno suo sposo. Essa infine, raggiunge, trasforma e penetra l’essere umano fin nel suo intimo, mediante una misteriosa somiglianza con il Cristo.


 


Sorgente di fecondità spirituale


14. Così è per voi necessario, cari figli e figlie, restituire alla spiritualità cristiana della castità consacrata tutta la sua efficacia. Quando è realmente vissuta in vista del regno dei cieli, essa libera il cuore dell’uomo, e diviene così ” come un segno e uno stimolo della carità e una speciale sorgente di fecondità spirituale nel mondo “. Anche se quest’ultimo non sempre la riconosce, rimane in ogni caso misticamente efficace in mezzo ad esso.


 


Dono di Dio


15. Quanto a noi, la nostra convinzione deve restare ferma e sicura: il valore e la fecondità della castità, osservata per amore di Dio nel celibato religioso, non trovano il loro ultimo fondamento se non nella parola di Dio, negli insegnamenti del Cristo, nella vita della sua madre vergine, come pure nella tradizione apostolica, quale è stata incessantemente affermata dalla chiesa. Si tratta, infatti, di un dono prezioso, che il Padre concede ad alcuni. Fragile e vulnerabile a motivo dell’umana debolezza, esso rimane esposto alle contraddizioni della pura ragione ed in parte incomprensibile a coloro, ai quali la luce del Verbo incarnato non abbia rivelato in che modo colui che ” avrà perduto la sua vita ” per lui, ” la ritroverà “.


 


B) Povertà consacrata


16. Casti alla sequela del Cristo, voi volete anche vivere poveri secondo il suo esempio, nell’uso dei beni di questo mondo necessari per il quotidiano sostentamento. Su questo punto, del resto, i nostri contemporanei vi interrogano con particolare insistenza. Certamente, gli istituti religiosi hanno un importante compito da svolgere nel quadro delle opere di misericordia, di assistenza e di giustizia sociale: è chiaro che, nel compiere questo servizio, essi debbono essere sempre attenti alle esigenze del vangelo.


 


Il grido dei poveri


17. Più incalzante che mai, voi sentite levarsi ” il grido dei poveri ” dalla loro indigenza personale e dalla loro miseria collettiva. Non è forse per rispondere al loro appello di creature privilegiate di Dio che è venuto il Cristo, giungendo addirittura al punto di identificarsi con loro? In un mondo in pieno sviluppo, questo permanere di masse e di individui miserabili è un appello insistente ad ” una conversione delle mentalità e degli atteggiamenti “, particolarmente per voi, che seguite ” più da vicino ” il Cristo nella sua condizione terrena di annientamento. Questo appello – non lo ignoriamo – risuona nei vostri cuori in una maniera tanto drammatica, che alcuni di voi provano talvolta anche la tentazione di una azione violenta. Quali discepoli del Cristo come potreste seguire una via diversa dalla sua? Essa non è, come sapete, un movimento di ordine politico o temporale, ma è un appello alla conversione dei cuori, alla liberazione da ogni impaccio temporale, all’amore.


 


Povertà e giustizia


18. Ed allora come troverà eco nella vostra esistenza il grido dei poveri? Esso deve interdirvi, anzitutto, ciò che sarebbe un compromesso con qualsiasi forma di ingiustizia sociale. Esso vi obbliga, inoltre, a destare le coscienze di fronte al dramma della miseria ed alle esigenze di giustizia sociale del vangelo e della chiesa. Induce certuni tra voi a raggiungere i poveri nella loro condizione, a condividere le loro ansie lancinanti. Invita, d’altra parte, non pochi vostri istituti a riconvertire in favore dei poveri certe loro opere, cosa che, del resto, molti hanno già generosamente attuato. Esso, infine, vi impone un uso dei beni limitato a quanto è richiesto dall’adempimento delle funzioni, alle quali siete chiamati. Bisogna che mostriate nella vostra vita quotidiana le prove, anche esterne, dell’autentica povertà.


 


Uso dei beni del mondo


19. In una civiltà e in un mondo contrassegnati da un prodigioso movimento di crescita materiale quasi indefinita, quale testimonianza offrirebbe un religioso che si lasciasse trascinare da una ricerca sfrenata delle proprie comodità, e trovasse normale concedersi senza discernimento né ritegno tutto ciò che gli viene proposto? Mentre, per molti è aumentato il pericolo di essere invischiati nella seducente sicurezza del possedere, del sapere e del potere, l’appello di Dio vi colloca al vertice della coscienza cristiana: ricordare cioè agli uomini che il loro progresso vero e totale consiste nel rispondere alla loro vocazione di ” partecipare come figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini “.


 


L’esigenza evangelica


20. Voi saprete ugualmente capire il lamento di tante vite, trascinate nel vortice implacabile del lavoro per il rendimento, del profitto per il godimento, del consumo, che, a sua volta, costringe ad una fatica talora inumana. Un aspetto essenziale della vostra povertà sarà dunque quello di attestare il senso umano del lavoro, svolto in libertà di spirito e restituito alla sua natura di mezzo di sostentamento e di servizio. Non ha messo il concilio, molto a proposito, l’accento sulla vostra necessaria sottomissione alla “legge comune del lavoro”?. Guadagnare la vostra vita e quella dei vostri fratelli o delle vostre sorelle, aiutare i poveri con il vostro lavoro: ecco i doveri che incombono su di voi. Ma le vostre attività non possono derogare alla vocazione dei vostri diversi istituti, né comportare abitualmente lavori, che siano tali da sostituirsi ai loro compiti specifici. Esse non dovrebbero neppure trascinarvi in alcuna maniera verso la secolarizzazione, con detrimento della vita religiosa. Siate dunque solleciti dello spirito, che ci anima: quale fallimento sarebbe, se vi sentiste “valorizzati” unicamente dalla retribuzione di lavori profani.


 


Compartecipazione fraterna


21. La necessità, tanto categorica oggi, della compartecipazione fraterna deve conservare il suo valore evangelico. Secondo l’espressione della Didaché, ” se condividete tra voi i beni eterni, a più forte ragione dovete tra voi condividere i beni che periscono”. La povertà, effettivamente vissuta mettendo in comune i beni, compreso il salario, attesterà la spirituale comunione che vi unisce; essa sarà un richiamo vivente per tutti i ricchi ed apporterà anche un sollievo ai vostri fratelli e sorelle, che sono nel bisogno. Il desiderio legittimo di esercitare una responsabilità personale non si esprimerà nel godimento delle proprie rendite, ma nella partecipazione fraterna al bene comune. Le forme della povertà di ognuno e di ciascuna comunità dipenderanno dal tipo di istituto e dalla forma di obbedienza, che vi è praticata: così si realizzerà, secondo le particolari vocazioni, il carattere di dipendenza, che è inerente ad ogni povertà.


 


L’esigenza evangelica


22. Voi lo costatate, cari figli e figlie: i bisogni del mondo odierno, se voi li provate in intima unione con Cristo, rendono più urgente e più profonda la vostra povertà. Se vi è necessario, evidentemente, tener conto dell’ambiente umano in cui vivete, per adattare ad esso il vostro stile di vita, la vostra povertà non potrà essere puramente e semplicemente conformità ai costumi di tale ambiente. Il suo valore di testimonianza le deriverà da una generosa risposta all’esigenza evangelica, nella fedeltà totale alla vostra vocazione, e non soltanto da una preoccupazione di apparire poveri, che potrebbe restare troppo superficiale; sono, tuttavia, da evitare modi di vita, che potrebbero denotare una certa ricercatezza e vanità. Pur riconoscendo che certe situazioni possono giustificare l’abbandono di un tipo di abbigliamento religioso, non possiamo passare sotto silenzio la convenienza che l’abito dei religiosi e delle religiose, sia, come vuole il concilio, segno della loro consacrazione e si differenzi, in qualche modo, dalle forme apertamente secolaresche.


 


C) Obbedienza consacrata


23. Non è la medesima fedeltà che ispira la vostra professione di obbedienza, alla luce della fede secondo il dinamismo stesso della carità del Cristo? Mediante questa professione, infatti, voi compite l’offerta totale della vostra volontà, ed entrate più decisamente e più sicuramente nel suo disegno di salvezza. Sull’esempio del Cristo, venuto ad adempiere la volontà del Padre, in comunione con colui che ” soffrendo ha imparato l’obbedienza ” e ” si è fatto servitore dei propri fratelli “, voi siete vincolati ” più strettamente al servizio della chiesa ” e dei vostri fratelli.


 


Fraternità evangelica e sacrificio


24. L’aspirazione evangelica alla fraternità è stata espressa a tutto rilievo dal concilio: la chiesa si è definita come ” il popolo di Dio ” nel quale la gerarchia è al servizio delle membra di Cristo, unite tra loro dalla medesima carità. Nello stato religioso, come in tutta la chiesa, si vive il medesimo mistero pasquale del Cristo. Il senso profondo dell’obbedienza si rivela nella pienezza di questo mistero di morte e di risurrezione, in cui si realizza in maniera perfetta il destino soprannaturale dell’uomo: è infatti attraverso il sacrificio, la sofferenza e la morte che questi accede alla vera vita. Esercitare l’autorità in mezzo ai vostri fratelli, significa dunque servirli, sull’esempio di colui che ” ha dato la sua vita in riscatto per molti “.


 


Autorità e obbedienza


25. Pertanto, al servizio del bene comune, l’autorità e l’obbedienza si esercitano come due aspetti complementari della stessa partecipazione all’offerta del Cristo: per quelli che operano in autorità, si tratta di servire nei fratelli il disegno d’amore del Padre, mentre, con l’accettazione delle loro direttive, i religiosi seguono l’esempio del nostro maestro e collaborano all’opera della salvezza. Così, lungi dall’essere in opposizione, autorità e libertà individuale procedono di pari passo nell’adempimento della volontà di Dio, ricercata fraternamente, attraverso un fiducioso dialogo tra il superiore ed il suo fratello, quando si tratta di una situazione personale, o attraverso un accordo di carattere generale per quanto riguarda l’intera comunità. In questa ricerca, i religiosi sapranno evitare tanto l’eccessiva agitazione degli spiriti, quanto la preoccupazione di far prevalere, sul senso profondo della vita religiosa, l’attrattiva delle opinioni correnti. È dovere di ciascuno, ma particolarmente dei superiori e di quanti esercitano una responsabilità tra i loro fratelli o le loro sorelle, risvegliare nelle comunità le certezze della fede, che devono guidarli. La ricerca ha lo scopo di approfondire queste certezze e di tradurle in pratica nella vita quotidiana secondo le necessità del momento, e non già, in alcun modo, di rimetterle in discussione.


Questo lavoro di comune ricerca deve, quando è il caso, concludersi con le decisioni dei superiori, la cui presenza e il cui riconoscimento sono indispensabili in ogni comunità.


 


Nella necessità della vita quotidiana


26. Le moderne condizioni della esistenza incidono naturalmente sul vostro modo di vivere l’obbedienza. Molti tra voi svolgono, infatti, una parte delle loro attività fuori delle case religiose ed esercitano una funzione nella quale hanno una particolare competenza. Altri sono portati a collaborare in gruppi di lavoro, aventi un proprio regime. Il rischio inerente a tali situazioni non è un invito a riaffermare ed approfondire il senso dell’obbedienza? Perché questo sia veramente benefico, bisogna rispettare alcune condizioni. Si deve, anzitutto, verificare se il lavoro assunto è conforme alla vocazione dell’istituto. Conviene anche definire con chiarezza i due ambiti. Bisogna, soprattutto, saper passare dall’attività esterna alle esigenze della vita comune, preoccupandosi di garantire tutta la loro efficacia agli elementi della vita propriamente religiosa. Uno dei compiti dei superiori è quello di assicurare ai loro confratelli e consorelle in religione le condizioni indispensabili per la loro vita spirituale. Ora, come potrebbero adempierlo senza la fiduciosa collaborazione di tutta la comunità?


 


Libertà e obbedienza


27. Aggiungiamo anche questo: più voi esercitate la vostra responsabilità, tanto più diventa necessario rinnovare, nel suo pieno significato, il dono di voi stessi. Il Signore impone a ciascuno l’obbligo di ” perdere la propria vita “, se vuole seguirlo. Voi osserverete questo precetto, accettando le direttive dei vostri superiori come una garanzia della vostra professione religiosa, che è ” offerta totale della vostra volontà personale come sacrificio di voi stessi a Dio “. L’obbedienza cristiana è una sottomissione incondizionata al volere divino. Ma la vostra è più rigorosa, perché voi l’avete fatta oggetto di una dedizione speciale, e l’orizzonte delle vostre scelte è limitato dai vostri impegni. È un atto completo della vostra libertà che sta all’origine della vostra presente condizione: vostro dovere è di renderlo sempre più vivo, sia con la vostra stessa iniziativa, sia con l’assenso che prestate di cuore agli ordini dei vostri superiori. Così il concilio enumera tra i benefici dello stato religioso ” una libertà corroborata dall’obbedienza “, e sottolinea che tale obbedienza, ” lungi dal diminuire la dignità della persona umana, la conduce a maturità, facendo sviluppare la libertà dei figli di Dio “.


 


Coscienza e obbedienza


28. Eppure, non è forse possibile che ci siano conflitti tra l’autorità del superiore e la coscienza del religioso, ” questo santuario, in cui l’uomo è solo con Dio ed in cui la sua voce si fa intendere “? È necessario ripeterlo: la coscienza non è da sola l’arbitra del valore morale delle azioni che ispira, ma deve riferirsi a norme oggettive e, se è necessario, deve riformarsi e rettificarsi.


Fatta eccezione per un ordine che fosse manifestamente contrario alle leggi di Dio o alle costituzioni dell’istituto, o che implicasse un male grave e certo – nel qual caso infatti l’obbligo di obbedire non esiste -, le decisioni del superiore riguardano un campo, in cui la valutazione del bene migliore può variare secondo i punti di vista. Il voler concludere, dal fatto che un ordine dato appaia oggettivamente meno buono, che esso è illegittimo e contrario alla coscienza, significherebbe misconoscere, in una maniera poco realistica, l’oscurità e l’ambivalenza di non poche realtà umane. Inoltre, il rifiuto di obbedienza porta con sé un danno, spesso grave, per il bene comune. Un religioso non dovrebbe ammettere facilmente che ci sia contraddizione tra il giudizio della sua coscienza e quello del suo superiore. Questa situazione eccezionale qualche volta comporterà un’autentica sofferenza interiore, sull’esempio di Cristo stesso ” che imparò mediante la sofferenza che cosa significa obbedire “.


 


La croce, prova del più grande amore


29. Questo per dire a qual grado di rinuncia impegni la pratica della vita religiosa. Dovete dunque sperimentare qualcosa del peso che attirava il Signore verso la sua croce, questo ” battesimo con cui doveva essere battezzato “, ove si sarebbe acceso quel fuoco che infiamma anche voi; qualcosa di quella ” follia ” che san Paolo desidera per tutti noi, perché solo essa ci rende sapienti. La croce sia per voi, come è stata per il Cristo, la prova dell’amore più grande. Non esiste forse un rapporto misterioso tra la rinuncia e la gioia, tra il sacrificio e la dilatazione del cuore, tra la disciplina e la libertà spirituale?


 


III. STILE DI VITA


30. Ammettiamolo, figli e figlie in Gesù Cristo: nel momento presente, è difficile trovare uno stile di vita che sia in armonia con questa esigenza. Troppe sollecitazioni contrarie vi spingono a cercare, anzitutto, un’azione umanamente efficace. Ma non tocca a voi dare l’esempio di un’austerità gioiosa ed equilibrata, accettando le difficoltà inerenti al lavoro ed ai rapporti sociali e sopportando pazientemente le prove della vita con la sua angosciosa insicurezza, quali rinunzie indispensabili alla vita cristiana? I religiosi infatti ” tendono alla santità per una via più stretta “. In mezzo a queste pene, grandi o piccole, il vostro fervore interiore vi fa scoprire la croce di Cristo e vi aiuta ad accoglierle con fede ed amore.


 


Sull’esempio di Cristo


31. A questa condizione voi darete la testimonianza che il popolo di Dio attende: uomini e donne capaci di accettare l’incognita della povertà, di essere attratti dalla semplicità e dall’umiltà, amanti della pace, immuni da compromessi, decisi all’abnegazione totale, liberi ed insieme obbedienti, spontanei e tenaci, dolci e forti nella certezza della fede: questa grazia vi sarà data da Gesù Cristo in proporzione del dono completo che avrete fatto di voi stessi, senza più riprenderlo. La storia recente di tanti religiosi e religiose che hanno generosamente sofferto per Cristo in diversi paesi ne è una prova eloquente. Mentre esprimiamo loro la nostra ammirazione, li additiamo alla imitazione di tutti.


 


Fortificare l’uomo interiore


32. Durante questo cammino, un aiuto prezioso vi è offerto dalle forme di vita che l’esperienza, fedele ai carismi dei diversi istituti, ha fatto adottare, e di cui essa ha variato le sintesi e propone incessantemente nuovi sviluppi. Per quanto diverse siano le modalità, questi mezzi sono sempre ordinati alla formazione dell’uomo interiore. Ed è la premura di fortificarlo che vi aiuterà a riconoscere, nell’ambito di tante sollecitazioni diverse, le forme di vita più appropriate. Un eccessivo desiderio di flessibilità e di spontaneità creativa può far tacciare, in effetti, di rigidezza il minimum di regolarità nelle consuetudini, che la vita delle comunità e la maturazione delle persone ordinariamente richiedono.


Slanci disordinati, che si appellano alla carità fraterna o a ciò che si crede mozione dello Spirito, possono condurre le istituzioni anche al loro sfacelo.


 


Importanza dell’ambiente di vita


33. Non si dovrebbe, pertanto, sottovalutare – lo sapete per esperienza – l’importanza dell’ambiente di vita sia per l’orientamento abituale di tutto l’essere, così complesso e diviso, nel senso della chiamata divina, sia per l’integrazione spirituale delle sue tendenze. Il cuore non si lascia spesso prendere da ciò che passa? Orbene, molti fra voi saranno obbligati a condurre la loro esistenza, almeno in parte, in un mondo che tende a esiliare l’uomo da se stesso e a comprometterne, insieme con la sua unità spirituale, l’unione con Dio. Bisogna dunque che impariate a trovarlo anche in queste condizioni di esistenza, contrassegnate da ritmi sempre più accelerati, dal frastuono e dalle sollecitazioni delle realtà effimere.


 


Per ritemprarsi in Dio


34. Chi non vede tutto l’aiuto che vi offre, per arrivare a questa unione, il contesto fraterno di un’esistenza regolare, con le sue discipline di vita liberamente accettate? Queste appaiono sempre più necessarie a chiunque ” ritorna al suo cuore “, nel senso biblico della parola, che esprime qualcosa di più profondo dei nostri sentimenti, delle nostre idee e dei nostri voleri, ed è penetrato dall’idea dell’infinito, dell’assoluto, del nostro eterno destino. Nello smarrimento presente, i religiosi debbono essere i testimoni dell’uomo, che l’adesione vitale al proprio fine, cioè al Dio vivente, ha realmente unificato e aperto, mediante l’integrazione di tutte le sue facoltà, la purificazione dei suoi pensieri, la spiritualizzazione dei suoi sensi, la profondità e la perseveranza della sua vita in Dio.


 


Necessario ritiro dal mondo


35. Nella misura dunque, in cui voi assolvete funzioni esterne, è necessario che impariate a passare da queste attività alla vita raccolta, nella quale le vostre anime si ritemprano. Se compirete veramente l’opera di Dio, avvertirete da voi stessi il bisogno di tempi di ritiro, che, insieme con i vostri fratelli e le vostre sorelle in religione, trasformerete in tempi di pienezza. Date le soverchie occupazioni e le tensioni della vita moderna, conviene dunque attribuire una particolare importanza, in aggiunta al ritmo quotidiano della preghiera, a questi momenti più prolungati di orazione, che siano variamente distribuiti nei diversi periodi, secondo le possibilità e la natura delle vostre vocazioni. Se poi, secondo le vostre costituzioni, le case, a cui appartenete, praticano largamente l’ospitalità fraterna, starà a voi regolarne la frequenza e lo ” stile “, in modo da evitare qualsiasi vana agitazione e facilitare ai vostri ospiti l’intima unione con Dio.


 


Iniziazione spirituale


36. Questo è il senso delle osservanze che segnano il ritmo della vostra vita quotidiana. Lungi dal considerarle sotto l’unico aspetto dell’obbligo di una regola, una coscienza vigile le giudica dai benefici che esse apportano, in quanto assicurano una più grande pienezza spirituale. Bisogna affermarlo: le osservanze religiose richiedono, molto più che un’istruzione razionale o un’educazione della volontà, una vera iniziazione tendente a cristianizzare l’essere, fin nelle sue profondità, secondo le beatitudini evangeliche.


 


Dottrina di vita


37. Il concilio considera ” una dottrina collaudata per il raggiungimento della perfezione ” come uno dei patrimoni degli istituti ed uno dei benefici più grandi che essi vi devono garantire. E poiché questa perfezione consiste nel procedere sempre più oltre nell’amore di Dio e dei nostri fratelli, occorre intendere una tale ” dottrina ” in maniera ben concreta, cioè come una dottrina di vita che deve essere effettivamente vissuta. Ciò vuol dire che le ricerche, alle quali si applicano gli istituti, non possono consistere soltanto in certi adattamenti da compiere in funzione delle trasformazioni del mondo; devono invece favorire la riscoperta feconda dei mezzi indispensabili per condurre un’esistenza che sia tutta penetrata dall’amore di Dio e degli uomini.


 


Costruzione dell’uomo nuovo


38. Si impone, di conseguenza, la necessità, tanto per le comunità quanto per le persone che le costituiscono, di passare dallo stato “psichico” a uno stato che sia veramente ” spirituale “. ” L’uomo nuovo “, di cui parla san Paolo, non è forse come la pienezza ecclesiale del Cristo ed insieme la partecipazione di ciascun cristiano a questa pienezza? Un tale orientamento farà delle vostre famiglie religiose l’ambiente vitale, che svilupperà il germe di vita divina, innestato dal battesimo in ciascuno di voi ed al quale la vostra consacrazione, integralmente vissuta, consentirà di produrre i suoi frutti con la più grande abbondanza.


 


Semplicità accogliente della vita comunitaria


39. Pur se imperfetti, come ogni cristiano, voi intendete tuttavia creare un ambiente atto a favorire il progresso spirituale di ciascuno dei suoi membri. Come si può raggiungere questo risultato, se non approfondendo nel Signore i vostri rapporti, anche quelli più ordinari, con ciascuno dei vostri fratelli? La carità – non dimentichiamolo – deve essere come una operosa speranza di quanto gli altri possono divenire con l’ausilio del nostro sostegno fraterno. Il segno della sua autenticità si riscontra nella lieta semplicità, con la quale tutti si sforzano di comprendere ciò che sta a cuore a ciascuno. Se alcuni religiosi danno l’impressione di essersi lasciati spegnere dalla loro vita comunitaria, che avrebbe dovuto invece farli espandere, ciò non avviene forse perché manca, in essa, questa cordialità comprensiva, che alimenta la speranza? È indubbio che lo spirito di gruppo, i rapporti di amicizia, la collaborazione fraterna in un medesimo apostolato, al pari del sostegno vicendevole in una comunanza di vita, scelta per un migliore servizio del Cristo, siano altrettanti coefficienti preziosi in questo quotidiano cammino.


 


Piccole comunità


40. Da tale punto di vista, stanno emergendo alcune tendenze dirette a creare delle comunità più ridotte. Una specie di reazione spontanea contro l’anonimato delle concentrazioni urbane, la necessità di adattare l’edificio di una comunità all’habitat esiguo delle città moderne ed il bisogno stesso di esser più vicini, per le condizioni di vita, ad una popolazione da evangelizzare, sono tra i motivi che inducono certi istituti a progettare, di preferenza, la fondazione di comunità con un piccolo numero di membri. Queste possono anche favorire le sviluppo di relazioni più strette tra i religiosi e una reciproca e più fraterna assunzione di responsabilità. Tuttavia, se un certo schema può effettivamente favorire la nascita di un clima spirituale, sarebbe illusorio credere che esso basti a svilupparlo. Le piccole comunità, anziché presentare una forma di vita più facile, si rivelano, al contrario, più esigenti per i loro membri.


 


Grandi comunità


41. D’altra parte, resta vero che le comunità numerose convengono in maniera particolare a molti religiosi. Esse possono essere richieste altresì dalla natura di un servizio caritativo, da certi lavori di carattere intellettuale o dall’attuazione della vita contemplativa o monastica: vi regni sempre l’unità perfetta di cuori e di anime, in esatta corrispondenza allo scopo spirituale e soprannaturale, al quale si tende. Per il resto, a prescindere dalle loro dimensioni, le comunità, piccole o grandi, non potranno aiutare i loro membri se non rimanendo costantemente animate dallo spirito evangelico, alimentate dalla preghiera, dalla mortificazione dell’uomo vecchio, dalle discipline necessarie per la formazione dell’uomo nuovo e dalla fecondità del sacrificio della croce.


 


IV. RINNOVAMENTO ED ACCRESCIMENTO SPIRITUALE


Desiderio di Dio


42. Come potreste, cari religiosi e religiose, non desiderare di conoscere meglio colui che amate e volete manifestare agli uomini? A lui vi unisce la preghiera! Se voi ne aveste perduto il gusto, ne sentireste di nuovo il desiderio, rimettendovi umilmente a pregare. Non dimenticate, del resto, la testimonianza della storia: la fedeltà alla preghiera o il suo abbandono sono il paradigma della vitalità o della decadenza della vita religiosa.


 


Preghiera


43. Scoperta dell’intimità divina, esigenza di adorazione, bisogno di intercessione: l’esperienza della santità cristiana ci dimostra la fecondità della preghiera, nella quale Dio si manifesta allo spirito ed al cuore dei suoi servitori. Questa conoscenza di lui stesso il Signore ce la dona nel fuoco dell’amore. Sono molteplici i doni dello Spirito, ma ci consentono sempre di gustare questa conoscenza intima e vera del Signore, senza la quale non riusciremmo né a comprendere il valore della vita cristiana e religiosa, né a possedere la forza per progredirvi nella gioia di una speranza che non inganna.


 


Lo spirito di preghiera permea la vita fraterna


44. Certo, lo Spirito santo vi dà anche la grazia di scoprire il volto del Signore nel cuore degli uomini, che egli stesso vi insegna ad amare come fratelli. E vi aiuta a cogliere le manifestazioni del suo amore nella trama degli avvenimenti. Nell’umile attenzione rivolta agli uomini e alle cose, lo Spirito di Gesù ci illumina e ci arricchisce della sua sapienza, purché siamo profondamente penetrati dallo spirito di preghiera.


 


Bisogno di vita interiore


45. Non è forse una delle miserie del nostro tempo lo squilibrio “tra le condizioni collettive della esistenza e le esigenze del pensiero personale e della stessa contemplazione “? Molti uomini – e tra essi molti giovani – hanno smarrito il senso della loro vita e sono ansiosamente alla ricerca della dimensione contemplativa del loro essere, senza pensare che Cristo, per mezzo della sua chiesa, potrebbe dare risposta alla loro attesa! Fatti di questo genere devono portarvi a riflettere seriamente su ciò che gli uomini hanno diritto di aspettarsi da voi, che vi siete formalmente impegnati a vivere al servizio del Verbo, ” la luce vera che illumina ogni uomo”. Abbiate dunque coscienza dell’importanza dell’orazione nella vostra vita, ed imparate ad applicarvi generosamente: la fedeltà alla preghiera quotidiana resta sempre, per ciascuno e per ciascuna di voi, una necessità fondamentale e deve avere il primo posto nelle vostre costituzioni e nella vostra vita.


 


Silenzio


46. L’uomo interiore avverte i tempi di silenzio come un’esigenza dell’amore divino, e una certa solitudine è a lui normalmente necessaria per sentire Dio che gli ” parla nel cuore “. Bisogna sottolinearlo: un silenzio che fosse semplice assenza di rumori o di parole, in cui l’anima non potesse ritemprarsi, sarebbe evidentemente privo di qualsiasi valore spirituale, e potrebbe, anzi, essere di pregiudizio alla carità fraterna, se, in quel momento, urgesse stabilire dei contatti con gli altri. Invece, la ricerca dell’intimità con Dio comporta il bisogno, veramente vitale, di un silenzio di tutto l’essere, sia per coloro che devono trovare Dio anche in mezzo al frastuono, sia per i contemplativi. La fede, la speranza, un amore di Dio disponibile ai doni dello Spirito, come pure un amore fraterno aperto al mistero degli altri, implicano, come loro esigenza, un bisogno di silenzio.


 


Vita liturgica


47. È necessario, infine, ricordarvi il posto specialissimo che ha, nella vita delle vostre comunità, la liturgia della chiesa, il cui centro è il sacrificio eucaristico, nel quale la preghiera interiore si collega al culto esterno? Al momento della vostra professione religiosa voi siete stati offerti a Dio dalla chiesa, in intima unione al sacrificio eucaristico. Giorno dopo giorno, questa offerta di voi stessi deve divenire una realtà, concretamente e continuamente rinnovata. La comunione al corpo e al sangue di Cristo è la sorgente primaria di tale rinnovamento: la vostra volontà di amare veramente e fino al dono della vita ne sia incessantemente rinvigorita.


 


L’eucaristia, cuore delle comunità e sorgente di vita


48. Adunate nel suo nome, le vostre comunità hanno di per sé come loro centro l’eucaristia ” sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità “. È dunque normale che esse siano visibilmente riunite intorno ad un oratorio, in cui la presenza della santa eucaristia esprime ed insieme realizza ciò che deve essere la principale missione di ogni famiglia religiosa, come del resto di ogni assemblea cristiana. L’eucaristia, grazie alla quale non cessiamo di annunciare la morte e la risurrezione del Signore e di prepararci al suo ritorno nella gloria, riporta costantemente alla vostra memoria le sofferenze fisiche e morali, da cui Cristo fu oppresso e che pure aveva liberamente accettate fino all’agonia ed alla morte sulla croce. Le prove, cui andate incontro, siano per voi l’occasione per portare insieme al Signore e offrire al Padre le tante disgrazie e sofferenze ingiuste, che colpiscono i nostri fratelli ed alle quali solo il sacrificio di Cristo può dare, nella fede, un significato.


 


Fecondità spirituale per il mondo


49. In tal modo, anche il mondo è presente al centro della vostra vita di preghiera e di offerta, come il concilio ha vigorosamente spiegato: ” Non bisogna pensare che i religiosi, per il fatto della loro consacrazione, diventino estranei agli uomini ed inutili nella città terrestre. Difatti, anche se talora non assistono direttamente i loro contemporanei, essi li tengono tuttavia presenti in modo più profondo con la tenerezza di Cristo, e con loro collaborano spiritualmente, affinché l’edificazione della città terrena abbia sempre il suo fondamento nel Signore ed a lui sia diretta, e non avvenga che lavorino invano quelli che la stanno edificando “.


 


Partecipazione alla missione della chiesa


50. Questa partecipazione alla missione della chiesa – insiste il concilio – non può avvenire senza un’apertura ed una collaborazione alle sue ” iniziative e agli scopi che essa persegue nei vari campi, come in quello biblico, liturgico, dogmatico, pastorale, ecumenico, missionario e sociale “. Preoccupati di prender parte alla pastorale di insieme, voi lo farete, certo, sempre ” nel rispetto del carattere proprio di ciascun istituto “, ricordando che l’esenzione riguarda soprattutto la sua struttura interna e che non vi dispensa dal sottomettervi alla giurisdizione dei vescovi responsabili ” secondo quanto richiedono sia il compimento del loro ministero pastorale, sia la buona organizzazione della cura d’anime “. Del resto, non dovete voi, più degli altri, ricordare instancabilmente che l’azione della chiesa continua quella del Salvatore a profitto degli uomini, solo entrando nel movimento di Cristo stesso, che tutto riconduce al suo Padre: ” Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio”? L’appello di Dio, in effetti, vi orienta, nella maniera più diretta e più efficace, nel senso del regno eterno. Attraverso le tensioni spirituali, inevitabili in ogni vita che sia veramente religiosa, voi testimoniate, ” in forma luminosa e singolare, che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio se non nello spirito delle beatitudini “.


 


V. APPELLO FINALE


Per un autentico rinnovamento della vita religiosa


51. Cari figli e figlie in Cristo, la vita religiosa, per rinnovarsi, deve adattare le sue forme accidentali ad alcuni cambiamenti che toccano, con una rapidità ed un’ampiezza crescenti, le condizioni di ogni esistenza umana. Ma come giungervi mantenendo quelle ” forme stabili di vita “, riconosciute dalla chiesa, se non mediante un rinnovamento dell’autentica ed integrale vocazione dei vostri istituti? Per un essere che vive, l’adattamento al suo ambiente non consiste nell’abbandonare la sua vera identità, ma nell’affermarsi, piuttosto, nella vitalità che gli è propria. La profonda comprensione delle tendenze attuali e delle istanze del mondo moderno deve far zampillare le vostre sorgenti con rinnovato vigore e freschezza. Tale impegno è esaltante, in proporzione delle difficoltà.


 


Necessità della testimonianza evangelica nel mondo d’oggi


52. Un interrogativo bruciante oggi ci assilla: come far penetrare il messaggio evangelico nella civiltà delle masse? Come agire ai livelli in cui si elabora una nuova cultura, in cui si instaura un nuovo tipo di uomo, che crede di non aver più bisogno di redenzione? Essendo tutti chiamati alla contemplazione del mistero della salvezza, voi comprendete quale serio impegno derivi alle vostre esistenze da tali interrogativi, e quale stimolo per il vostro zelo apostolico! Cari religiosi e religiose, secondo le modalità che la chiamata di Dio richiede dalle vostre famiglie spirituali, voi dovete seguire con occhi bene aperti le necessità degli uomini, i loro problemi, le loro ricerche, testimoniando in mezzo a loro, con la preghiera e con l’azione, l’efficacia della buona novella d’amore, di giustizia e di pace. L’aspirazione dell’umanità ad una vita più fraterna, a livello delle persone e delle nazioni, esige anzitutto una trasformazione dei costumi, delle mentalità e delle coscienze. Una tale missione, che è comune a tutto il popolo di Dio, è vostra ad un titolo particolare. Come adempierla, se manca questo gusto dell’assoluto, che è frutto di una certa esperienza di Dio? Ciò equivale a sottolineare come l’autentico rinnovamento della vita religiosa sia di capitale importanza per il rinnovamento stesso della chiesa e del mondo.


 


Testimoni viventi dell’amore del Signore


53. Questo mondo, oggi più che mai, ha bisogno di vedere in voi uomini e donne, che hanno creduto alla parola del Signore, alla sua risurrezione ed alla vita eterna, fino al punto di impegnare la loro vita terrena per testimoniare la realtà di questo amore, che si offre a tutti gli uomini. La chiesa non ha cessato, nel corso della sua storia, di essere vivificata e rallegrata da tanti santi religiosi e religiose che, nella diversità delle loro vocazioni, furono testimoni viventi di un amore senza limiti e del Signore Gesù. Questa grazia non è per l’uomo d’oggi come un soffio vivificante venuto dall’infinito, come una liberazione di sé, nella prospettiva di una gioia eterna e assoluta? Aperti a tale gioia divina, rinnovando l’affermazione delle realtà della fede, e interpretando cristianamente alla loro luce le necessità del mondo, vivete generosamente le esigenze della vostra vocazione. È giunto il momento di attendere con la massima serietà ad una rettifica, se ce n’è bisogno, delle vostre coscienze ed anche alla revisione di tutta la vostra vita per una più grande fedeltà.


 


Appello a tutti i religiosi e le religiose


54. Contemplandovi con la tenerezza del Signore, quando definiva i suoi discepoli ” piccolo gregge “, e ad essi annunciava che il Padre suo si era compiaciuto di dare loro il regno, noi vi supplichiamo: conservate la semplicità dei ” più piccoli ” del vangelo. Sappiate ritrovarla nell’interiore e più cordiale rapporto con Cristo, o nel contatto diretto con i vostri fratelli. Conoscerete allora ” il trasalir di gioia per l’azione dello Spirito santo “, che è di coloro che sono introdotti nei segreti del regno. Non cercate di entrare nel numero di quei ” saggi ed abili “, che tutto cospira a moltiplicare, ai quali tali segreti sono nascosti. Siate veramente poveri, miti, affamati di santità, misericordiosi, puri di cuore, quelli grazie ai quali il mondo conoscerà la pace di Dio.


 


Irradiamento fecondo della vostra gioia


55. La gioia di appartenergli per sempre è un incomparabile frutto dello Spirito santo, che voi avete già assaporato. Animati da questa gioia, che Cristo vi conserverà anche in mezzo alle prove, sappiate guardare con fiducia all’avvenire. Nella misura in cui si irradierà dalle vostre comunità, questa gioia sarà per tutti la prova che lo stato di vita, da voi scelto, vi aiuta, attraverso la triplice rinuncia della vostra professione religiosa a realizzare la massima espansione della vostra vita nel Cristo. Guardando a voi e alla vostra vita, i giovani potranno capir bene l’appello, che Gesù non cesserà mai di far risuonare in mezzo a loro. Il concilio, infatti, ve lo ricorda: ” L’esempio della vostra vita costituisce la migliore raccomandazione dell’istituto ed il più efficace invito ad abbracciare la vita religiosa “.


Nessun dubbio, inoltre, che dimostrandovi profonda stima e grande affetto, vescovi, sacerdoti, genitori ed educatori cristiani risveglieranno in molti il desiderio di camminare al vostro seguito, in risposta all’appello del Cristo che non cessa di riecheggiare nei suoi discepoli.


 


Preghiera a Maria


56. La Madre amatissima del Signore, sul cui esempio voi avete consacrato a Dio la vostra vita, vi ottenga, nel vostro quotidiano cammino, quella gioia inalterabile che Gesù solo può dare. Possa la vostra vita, seguendo il suo esempio, dare testimonianza di “quell’amore materno, dal quale devono essere animati tutti coloro che, associati alla missione apostolica della chiesa, collaborano per la rigenerazione degli uomini “. Figli e figlie carissimi, la gioia del Signore trasfiguri la vostra vita consacrata, e la fecondi il suo amore. Nel suo nome, di tutto cuore, noi vi benediciamo.


Roma, San Pietro, 29 giugno 1971, solennità dei ss. apostoli Pietro e Paolo, anno nono del nostro pontificato.