"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". PROFETA (dal gr. * derivato dal verbo * nel senso di parlare in nome di un altro). Nella storia del Vecchio Testamento i profeti ci appaiono come i supremi ed autentici maestri istituiti da Dio, che parlano in suo nome, zelano il suo onore, comunicano agli uomini la sua volontà in ordine alla conservazione, alla spiegazione, alla realizzazione del patto stretto col popolo per mezzo di Mosè, ed alla preparazione del nuovo patto, che Cristo doveva suggellare col suo sangue.
Chiamati direttamente da Dio, senza distinzione di classi e senza preparazione, sono lanciati nel tumulto della vita sociale e politica per estendere il tutti, re e sudditi, sacerdoti e laici, la loro attività ed autorità.
Dio comunica con essi per mezzo di visioni o, più raramente, di sogni. Nelle visioni l'oggetto poteva presentarsi ai sensi esterni o ai sensi interni sotto forma di immagine o di simbolo, oppure Dio poteva imprimere direttamente nell'intelletto del profeta le specie intelligibili ed elevarlo con il lume soprannaturale per renderlo capace di vedere nei misteri della Divina Provvidenza. E' certo che i profeti abbiano avuto coscienza delle comunicazioni divine, ma non necessariamente essi hanno dovuto capire tutto ciò che vedevano o dicevano, perché essendo la loro mente un «instrumentum deficiens», un mezzo insufficiente, non ha potuto raggiungere una conoscenza esauriente di tutto quello che Dio intendeva nelle sue comunicazioni (S. Tommaso, Summa Theol., II-II. q. 173, a. 4).
La previsione del futuro nei profeti del Vecchio Testamento poteva esercitarsi o su fatti che erano contenuti nei limiti del loro tempo. oppure sugli avvenimenti messianici, relativi cioè alla futura salvezza di Israele e del mondo (v. Messia). In questo secondo caso le profezie sono di un altissimo valore ed interesse e danno la misura della divina origine ed eterna attualità del Vecchio Testamento.