"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". PECCATO (originale): è quello commesso dai nostri Progenitori all'origine del genere umano, come è narrato nella S. Scrittura (Gen. 2,3). Dio aveva arricchito di doni Adamo ed Eva (vedi Innocenza, Integrità) e li aveva collocati nel Paradiso terrestre, pieno d'ogni bene materiale.
Volle il Signore dalle sue creature una prova di fedeltà facilissima a superarsi: proibì loro di mangiare il frutto dell'albero detto della scienza del male e del bene, minacciando pene severissime in caso di disubbidienza. Satana sotto forma di serpente tentò Eva che, allettata dalle sue parole, staccò il frutto, ne gustò e ne diede anche allo sposo, il quale, per farle piacere, non esitò a mangiarne, nonostante il divieto divino. Immediatamente la colpa offuscò il loro spirito e sconvolse l'armonia di tutto il loro essere. Sentono la ribellione dei sensi, si vergognano della nudità, si nascondono dietro le piante credendo di sfuggire a Dio. E Dio, secondo la minaccia, promulga le pene del peccato commesso e scaccia dal Paradiso i colpevoli, che aprono a sé e a tutta la umanità l'itinerario del dolore, delle miserie e delle tribolazioni.
La S. Scrittura ritorna più volte su questo tragico fatto: «Dalla donna ebbe inizio il peccato e per essa tutti moriamo» (Eccli. 25.33). S. Paolo insistentemente nella Lett. ai Romani: «Per il delitto di un solo molti sono morti… Per la disubbidienza d'un solo uomo molti sono stati costituiti peccatori». E S. Giovanni ricorda la parte del demonio: «Quell'omicida fin da principio» (Giov. 8,44). La Tradizione è unanime. Qualche vestigio del fatto si riscontra nelle mitologie religiose del mondo pagano, che però presentano deformazioni in contrasto con la dignità e la drammaticità composta della narrazione biblica. I Razionalisti negano la storicità del racconto sacro, allegando l'incongruenza dei dettagli (un pomo causa di tanta rovina, il serpente che parla alla donna, ecc.). I nostri Esegeti hanno risposto adeguatamente a queste obbiezioni: a) Dio, dopo tanta generosità, aveva diritto d'imporre una prova; b) nella sua bontà infinita si contenta di una prova lievissima; c) promulga con chiarezza il suo precetto e le sue sanzioni; d) il peccato dei Progenitori materialmente fu il frutto mangiato, ma formalmente fu superbia e ribellione a Dio perché il demonio suggerisce ad Eva che mangiando del frutto non morranno ma diventeranno simili a Dio; ed Eva crede più al demonio che a Dio; Adamo pospone Dio alla sua donna ed ambedue disubbidirono col superbo desiderio di diventare dii. Il peccato dunque fu grave, tanto più grave perché i Progenitori erano ricchi di luce e di energie soprannaturali e però nessuna scusa, nessun pretesto potevano addurre ad attenuare la loro colpa, che fu piena malizia. Del resto se la giustizia divina colpisce, e giustamente, interviene subito la misericordia e la bontà con la promessa del Redentore che schiaccerà il serpente maligno.
Conseguenze del peccato originale negli stessi progenitori : a) privazione dei doni soprannaturali (grazia e virtù infuse) e preternaturali (integrità); b) stato di peccato col reato e la macchia (v. peccato personale); c) debito di pena eterna; d) vulnerazione della natura, per cui le passioni insorgono contro la ragione, intralciano il libero esercizio della volontà e rendono difficile il bene.
La Chiesa ha definito (Conc. Trid. Sess. 5, DE. 788) che tutto l'essere di Adamo per il peccato fu «in deterius commutatum»; ma ha condannato il Luteranesimo (vedi), che sosteneva, la corruzione intrinseca e l'insanabilità della natura dopo il peccato originale (DE, 792 e 815 ss.). V. Trasmissione.