S. ALFONSO M. DE’ LIGUORI
MEDITAZIONE l Dell’amore di Dio in fasi uomo
MEDITAZIONE II Dell’amore di Dio in nascere bambino
MEDITAZIONE Ill Della vita povera che cominciò a fare Gesù fin dalla sua nascita
MEDITAZIONE IV Della vita umile che cominciù a fare Gesù fin da bambino
MEDITAZIONE V Della vita tribolata che cominciò a far Gesù fin dalla nascita
MEDITAZIONE VI Della misericordia di Dio in venire dal cielo per salvarci colla sua morte
MEDITAZIONE Vll Del viaggio di Gesù bambino in Egitto
MEDITAZIONE VlIl Della dimora di Gesù fanciullo in Egitto e in Nazaret
MEDITAZIONE IX Della nascita di Gesù bambino nella grotta di Betlemme
I. Gesù mio dolcissimo, che nascesti in una grotta e poi fosti collocato in una mangiatoia sulla paglia, abbi di noi pietà.
R). Abbi pietà Signore, abbi di noi pietà.
Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre.
II. Gesù mio dolcissimo, che fosti presentato ed offerto da Maria nel tempio, per esser poi un giorno sacrificato per noi sopra la croce, abbi di noi pietà.
R). Abbi pietà, ecc.
III. Gesù mio dolcissimo, che fosti perseguitato da Erode e costretto a fuggire in Egitto, abbi di noi pietà.
R). Abbi pietà, ecc.
IV. Gesù mio dolcissimo, che dimorasti in Egitto per sette anni povero, sconosciuto e disprezzato da quella gente, abbi di noi pietà.
R). Abbi pietà, ecc.
V. Gesù mio dolcissimo, che ritornasti alla tua patria per esser ivi un giorno crocifisso in mezzo a due ladri, abbi di noi pietà.
R). Abbi pietà, ecc.
VI. Gesù mio dolcissimo, che fanciullo di dodici anni rimanesti nel tempio a discutere con i dottori, e dopo tre giorni fosti ritrovato da Maria, abbi di noi pietà.
R). Abbi pietà, ecc.
VII. Gesù mio dolcissimo, che vivesti nascosto per tanti anni nella bottega di Nazareth servendo a Maria ed a Giuseppe, abbi di noi pietà.
R). Abbi pietà, ecc.
VIII. Gesù mio dolcissimo, che tre anni prima della tua Passione uscisti a predicare insegnando la via della salvezza, abbi di noi pietà.
R). Abbi pietà, ecc.
IX. Gesù mio dolcissimo, che finalmente per nostro amore terminasti la vita morendo in croce, abbi di noi pietà.
R). Abbi pietà, ecc.
MEDITAZIONE I
Dell’amore di Dio in farsi uomo
Consideriamo l’amore immenso che Iddio ci dimostrò in farsi uomo per ottenere a noi la salute eterna.
Pecca Adamo il nostro primo padre, e ribellandosi a Dio vien discacciato dal paradiso e condannato alla morte eterna con tutti noi suoi discendenti. Ma ecco il Figlio di Dio che vedendo perduto l’uomo, per liberarlo dalla morte si offre a prendere carne umana ed a morire giustiziato in croce.
Ma, Figlio, par che allora gli dicesse il Padre, pensa che in terra dovrai fare una vita umile e penosa. Dovrai nascere in una grotta fredda ed esser posto in una mangiatoia per bestie. Dovrai bambino fuggire in Egitto per scampare dalle mani di Erode. Ritornato dall’Egitto dovrai vivere in una bottega da umile garzone, povero e disprezzato. Finalmente, a forza di dolori, dovrai lasciar la vita sopra una croce, svergognato ed abbandonato da tutti. Padre, non importa, risponde il Figlio, di tutto mi contento, purché si salvi l’uomo.
Che si direbbe mai se un principe, avendo compassione d’un verme morto, volesse diventare egli verme, e facendo un bagno del suo sangue, morisse per dar la vita al verme? Più di questo ha fatto per noi il Verbo Eterno, ch’essendo Dio ha voluto farsi verme come noi e morire per noi, affin di acquistarci la vita perduta della grazia divina. Vedendo egli che con tanti doni a noi fatti non aveva potuto guadagnarsi il nostro amore, che fece? Si fece uomo e ci diede tutto se stesso (cf.. Gv 1, 14 e Ef 5, 2).
L’uomo disprezzando Dio, dice S. Fulgenzio, si parti da Dio; ma Iddio amando l’uomo, venne dal cielo a ritrovare l’uomo. E perché venne? Venne affinché l’uomo conoscesse quanto Dio l’amava e così almeno per gratitudine l’amasse. Anche le bestie che ci vengono appresso si fanno amare; e noi perché siamo così ingrati con un Dio che scende dal cielo in terra per farsi da noi amare? Un giorno, dicendosi da un sacerdote quelle parole della Messa E il Verbo si fece carne, un uomo ivi presente, non fece alcun atto di riverenza; allora il demonio gli diede un grande schiaffo, dicendogli: Ah ingrato! Se Dio avesse fatto tanto per me quanto ha fatto per te, io starei sempre colla faccia per terra a ringraziarlo.
Affetti e preghiere
O Figlio di Dio, tu ti sei fatto uomo per farti amare dagli uomini, ma dov’è l’amore che gli uomini ti portano? Tu hai dato il sangue e lavita per salvare le anime nostre, e perché poi ti siamo noi così sconoscenti che, in vece d’amarti, ti disprezziamo con tanta ingratitudine? Ed ecco, Signore, io sono stato uno che più degli altri ti ho maltrattato così. Ma la tua Passione è la speranza mia. Deh per quell’amore che ti fece prendere carne umana e morire per me sopra la croce, perdonami tutte le offese che ti ho fatte.
Ti amo, o Verbo Incarnato, ti amo, mio Dio, ti amo, bontà infinita; e mi pento di quanti disgusti ti ho dati, vorrei morirne di dolore. Dammi, Gesù mio, il tuo amore, non mi far vivere più ingrato all’affetto che mi hai portato. Io ti voglio sempre amare. Dammi la santa perseveranza.
O Maria, Madre di Dio e madre mia, impetrami tu dal tuo Figlio la grazia di amarlo sempre, sino alla morte.
MEDITAZIONE II
Dell’amore di Dio in nascere bambino
Poteva il Figlio di Dio nel farsi uomo per nostro amore comparire al mondo in età d’uomo perfetto, come comparve Adamo quando fu creato; ma perché i bambini sogliono maggiormente tirarsi l’amore di chi li guarda, perciò egli volle comparire in terra da bambino, e da bambino il più povero e spregiato che mai tra bambini sia nato. Scrisse S. Pier Crisologo: Cosi volle nascere il nostro Dio, perché così voll’essere amato. Avendo già predetto il profeta Isaia che il Figlio di Dio doveva nascer bambino e così darsi tutto a noi per l’amore che ci portava: Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio (Is 9, 5).
Gesù mio, mio sommo e vero Dio, e chi mai dal cielo ti ha tirato a nascere in una grotta, se non l’amore che porti agli uomini? Chi dal seno del Padre ti ha indotto a collocarti in una mangiatoia? Chi dal regnare sopra le stelle ti ha posto a giacere sopra la paglia? Chi da mezzo ai cori degli angeli ti ha ridotto a startene tra due animali? Tu infiammi di santo fuoco i serafini, ed ora tremi di freddo in questa stalla? Tu dai il moto ai cieli ed al sole, ed ora per muoverti hai bisogno di chi ti prenda in braccio? Tu provvedi di cibi gli uomini e le bestie, ed ora hai bisogno d’un poco di latte per sostentarti la vita? Tu sei l’allegrezza del cielo, ed ora come ti sento piangere e vagire? Dimmi, chi ti ha ridotto a tante miserie? S. Bernardo dice che l’ha fatto l’amore che tu porti agli uomini.
Affetti e preghiere
O mio caro Bambino, dimmi che sei venuto a fare in questa terra? Dimmi che vai cercando?
Ah già t’intendo: tu sei venuto a morire per me, per liberarmi dall’inferno. Sei venuto a cercare me pecorella perduta, affinché io non fugga più da te e t’ami. Ah Gesù mio, mio tesoro, mia vita, mio amore, mio tutto, e se non amo te chi voglio amare? Dove posso trovarmi un padre, un amico, uno sposo più amabile di te e che più di te mi ha voluto bene? Ti amo, caro mio Dio, ti amo unico mio bene.
Mi dispiace d’essere stato tanti anni al mondo e non averti amato, anzi di averti offeso e disprezzato. Perdonami, amato mio Redentore, che io mi pento d’averti così trattato, me ne dispiace con tutta l’anima mia. Perdonami e dammi la grazia che io da te più non mi separi e ti ami sempre nella vita che mi resta.
Amor mio, a te tutto mi dono; accettami e non mi rifiutare come io meriterei.
Maria, tu sei l’avvocata mia, tu con le tue preghiere ottienimi quanto desideri da questo Figlio; pregalo che mi perdoni e mi dia la santa perseveranza fino alla morte.
MEDITAZIONE III
Della vita povera che comincio a fare Gesù fin dalla sua nascita
Dispose Iddio che nel tempo in cui nacque il suo Figlio in questa terra, uscisse l’ordine dell’imperatore che ognuno andasse a iscriversi nel luogo della sua origine. E così avvenne che dovendo andare Giuseppe con la sua sposa in Betlemme a farsi iscrivere secondo l’editto di Cesare, giunta l’ora del parto ed essendo stata Maria discacciata dalle altre case ed anche dall’ospizio comune dei poveri, fu ella costretta a starsene in quella notte in una grotta, ed ivi partorì il Re del cielo. Se Gesù fosse nato in Nazareth, è vero che ancora sarebbe nato da povero, ma almeno avrebbe avuta una stanza asciutta, un poco di fuoco, pannicelli caldi ed una culla comoda. Ma no, egli volle nascere in quella grotta fredda e senza fuoco; volle che una mangiatoia gli servisse di culla, ed un poco di paglia pungente gli servisse di letto per più patire.
Entriamo per tanto nella spelonca di Betlemme, ma entriamo con fede. Se ci entreremo senza fede, altro non vedremo che un povero bambino che ci muove a compassione in rimirarlo così bello, che trema e piange per il freddo e per la paglia che lo punge. Ma se entreremo con fede e penseremo che questo bambino è il Figlio di
Dio, che per nostro amore è venuto in terra e tanto patisce per pagare i nostri peccati, come sarà possibile non ringraziarlo e non amarlo?
Affetti e preghiere
Dolce mio Bambino, come io, sapendo quanto hai patito per me, ho potuto esserti tanto ingrato con darti tanti disgusti? Ma queste lacrime che spargi, questa povertà che hai eletta per mio amore, mi fanno sperare il perdono delle offese che ti ho fatte. Mi pento, Gesù mio, di quante volte ti ho voltato le spalle e ti amo sopra ogni cosa. Mio Dio, da oggi innanzi tu hai da essere l’unico mio tesoro ed ogni mio bene. Ti dirò con sant’Ignazio di Loyola: Datemi l’amor vostro, datemi la vostra grazia, e son ricco abbastanza. Niente più voglio, niente desidero, tu solo mi basti, Gesù mio, vita mia, amore mio.
MEDITAZIONE IV
Della vita umile che comincio a fare Gesù fin da bambino
Tutti i segni che l’angelo diede ai pastori per ritrovare il Salvatore già nato, furono segni di umiltà. Questo sia il segno, disse l’angelo, per rinvenire il nato Messia: lo ritroverete bambino involto tra poveri pannicelli, dentro una stalla e posto sulla paglia in una mangiatoia d’animali (cf. Lc 2, 72).
Cosi volle nascere il Re del cielo, il Figlio di Dio, mentre veniva a distruggere la superbia che era stata causa di far perdere l’uomo.
Già predissero i Profeti che il nostro Redentore dovea esser trattato come l’uomo più vile della terra e saziato d’obbrobri. Quanti disprezzi non ebbe a soffrire Gesù dagli uomini! Fu trattato da ubbriaco, da mago, da bestemmiatore e da eretico. Quante ignominie poi nella sua Passione! Fu abbandonato dagli stessi suoi discepoli, anzi uno lo vendè per trenta danari ed un altro nego d’averlo conosciuto; fu condotto per le strade legato come un ribaldo, flagellato da schiavo, trattato da pazzo, da re di burla, schiaffeggiato, sputato in faccia, e finalmente fu fatto morire appeso ad una croce in mezzo a due ladri, come il peggior malfattore del mondo. Dunque, dice
S. Bernardo, il più nobile di tutti è trattato come il più vile di tutti! Ma, Gesù, mio, soggiunge poi il santo: “Quanto più voi mi comparite avvilito e disprezzato, tanto vi rendete a me più caro ed amabile”.
Affetti e preghiere
O mio dolce Salvatore, tu hai abbracciato tanti disprezzi per amor mio, ed io non ho potuto sopportare una parola d’ingiuria, che subito ho pensato a vendicarmene! lo che tante volte ho meritato d’esser calpestato dai demoni nell’inferno! Mi vergogno di comparirti avanti, peccatore e superbo! Signore, non mi discacciare dalla tua faccia, come io meriterei. Tu hai detto di non sapere disprezzare un cuore che si pente e si umilia. Mi pento di quanti disgusti ti ho dato. Perdonami, Gesù mio, chè io non voglio offenderti più. Tu per amor mio hai sofferto tante ingiurie: io per amore tuo voglio soffrire tutte le ingiurie che mi saran fatte. Ti amo, Gesù mio disprezzato per me, ti amo, mio bene sopra ogni bene. Dammi l’aiuto per sempre amarti, e per soffrire ogni affronto per tuo amore.
O Maria, raccomandami al tuo Figlio, prega Gesù per me.
MEDITAZIONE V
Della vita tribolata che comincio a far Gesù fin dalla nascita
Poteva Gesù Cristo salvare l’uomo senza patire e senza morire; ma no, per farci conoscere quanto ci amava volle scegliersi una vita tutta tribolata. Perciò il profeta Isaia lo chiamo uomo di dolori, perché la vita di Gesù Cristo doveva essere una vita tutta piena di dolori. La sua Passione non cominciò nel tempo della sua morte, ma fin dal principio della sua vita.
Eccolo che appena nato è collocato in una stalla, dove per Gesù tutto è tormento. E’ tormentata la vista col mirare non altro in quella grotta che mura rozze e nere. E’ tormentato l’odorato con la puzza del letame delle bestie che vi stanno. E’ tormentato il tatto colle punture delle paglie che gli servono di letto. Poco dopo essere nato è costretto a fuggire in Egitto, ove visse più anni nella sua fanciullezza povero e disprezzato. Poco dissimile fu poi la vita vissuta in Nazareth. Finalmente termina la vita in Gerusalemme, morendo sopra una croce a forza di tormenti.
Sicché il vivere di Gesù fu un continuo patire, anzi un doppio patire, avendo sempre avanti agli occhi tutte le pene che dovevano affliggerlo sino alla morte. Suor Maria Maddalena Orsini, lamentandosi un giorno col Crocifisso, gli disse:
“Ma Signore, voi per tre ore steste in croce, io sono più anni che patisco questa pena”. Ma Gesù gli rispose: “Ah ingrata, che dici? Io sin dall’utero di mia Madre soffrii tutte le pene della mia vita e della mia morte”. Non tanto pero afflissero Gesù Cristo tutte quelle pene, perché quelle voll’egli volontariamente patirle; quanto l’afflisse il vedere i nostri peccati e la nostra ingratitudine a tanto suo amore. S. Margherita di Cortona non si saziava di piangere le offese fatte a Dio, onde un giorno le disse il confessore: “Margherita, finiscila, non piangere più, perché Dio già t’ha perdonata”. Ma ella rispose: “Ah Padre, come ho da cessare di piangere, sapendo che i miei peccati tennero afflitto Gesù Cristo mio in tutta la sua vita?”.
Affetti e preghiere
Dunque, dolce amor mio, io con i peccati miei ti ho tenuto afflitto in tutta la tua vita? Ma, Gesù mio, dimmi quel che ho da fare, affinché tu possa perdonarmi, che io tutto voglio farlo.
Mi pento, o sommo bene, di quante offese ti ho fatte. Mi pento e ti amo più di me stesso. Sento in me un gran desiderio d’amarti; questo desiderio tu me lo doni: dammi dunque forza di amarti assai. E’ giusto che ti ami assai chi assai ti ha offeso. Deh ricordami sempre l’amore che mi hai portato, acciocché l’anima mia arda sempre per te d’amore, a te sempre pensi, te solo desideri ed a te solo cerchi di piacere. O Dio d’amore, io che un tempo sono stato schiavo dell’inferno, ora tutto a te mi dono. Accettami per pietà e legami col tuo amore. Gesù mio, d’oggi innanzi, sempre amandoti voglio vivere ed amandoti voglio morire.
O Maria, madre e speranza mia, aiutami ad amare il tuo e mio caro Dio; quest’una grazia ti cerco e da te la spero.
MEDITAZIONE VI
Della misericordia di Dio in venire dal Cielo per salvarci colla sua morte
Quando apparve in terra il Figlio di Dio fatt’uomo, allora si vide quanto fosse grande la bontà di Dio verso di noi. Scrive S. Bernardo che prima era apparsa la potenza di Dio nel creare il mondo, la sua sapienza nel conservarlo; ma la sua misericordia allora maggiormente apparve quando egli prese carne umana per salvare con le sue pene e con la sua morte gli uomini perduti. E qual maggior misericordia poteva usarci il Figlio di Dio, che assumere sopra di sé le pene da noi meritate?
Eccolo nato bambino debole e fasciato dentro una mangiatola, che non può da sé muoversi né cibarsi: ha bisogno che Maria gli porga un poco di latte per sostentargli la vita. Eccolo poi nel pretorio di Pilato legato ad una colonna con funi da cui non può sciogliersi, ed ivi è flagellato da capo a piedi. Eccolo nel viaggio al Calvario che per la debolezza e per il peso della croce che porta, va cadendo per la via. Eccolo finalmente inchiodato a quel legno infame, dove finisce la vita a forza di dolori.
Gesù Cristo col suo amore volle guadagnarsi tutto l’amore dei nostri cuori, e perciò non volle mandare un angelo a redimerci, ma volle venire egli stesso a salvarci colla sua Passione. Se un angelo fosse stato il nostro redentore, l’uomo avrebbe dovuto dividere il suo cuore, amando Dio come suo creatore e l’angelo come suo redentore; ma Iddio che volea tutto il cuore dell’uomo, siccome era già suo creatore, voll’essere ancora il suo redentore.
Affetti e preghiere
Ah Redentore mio caro, e dove io starei a quest’ora se tu non mi avesti sopportato con tanta pazienza, ma mi avesti fatto morire quand’io stavo in peccato? Poiché dunque mi hai aspettato sinora, Gesù mio, perdonami presto prima che la morte mi trovi reo di tante offese che ti ho fatto. Mi pento, o sommo bene, d’averti così disprezzato, vorrei morirne di dolore. Tu non sai abbandonare un’anima che ti cerca; se per il passato io ti ho lasciato, ora ti cerco e ti amo. Si, mio Dio, ti amo sopra ogni cosa, ti amo più di me stesso. Aiutami, Signore, ad amarti per sempre nella vita che mi resta; altro non ti domando; te lo domando e lo spero.
Maria, speranza mia, prega tu per me; se tu preghi, io son sicuro della grazia.
MEDITAZIONE VII
Del viaggio di Gesù bambino in Egitto
Viene dal cielo il Figlio di Dio per salvare gli uomini, ma appena nato questi uomini lo perseguitano a morte. Erode, temendo che questo bambino gli tolga il regno, cerca di farlo morire; per cui S. Giuseppe è avvisato dall’angelo in sogno che prenda Gesù con la sua Madre e fugga in Egitto.
Giuseppe subito ubbidisce e ne avvisa Maria; egli prende quei pochi ferri del suo mestiere, che servivano per aver modo di vivere in Egitto insieme colla sua povera famiglia. Maria da un’altra parte unisce un fardelletto di panni che doveano poi servire per il santo Bambino; e poi si accosta alla culla e piangendo dice al Figlio che dorme: O mio Figlio e Dio, tu sei venuto dal cielo per salvare gli uomini, e questi appena nato ti cercano per toglierti la vita? Lo prende intanto e seguitando a piangere, nella stessa notte insieme con Giuseppe si mette in viaggio.
Consideriamo quanto dovettero patir questi santi pellegrini facendo un viaggio così lungo e senza alcuna comodità. Il Bambino non era ancor atto a camminare, onde a vicenda dovettero portarlo in braccio, ora Maria ed ora Giuseppe. In passare per il deserto di Egitto in quelle notti, la nuda terra serve loro di letto, in campagna all’aria aperta. Piange il Bambino per il freddo, e piangono insieme Giuseppe e Maria per compassione. E chi non piangerebbe in vedere il Figlio di Dio, che povero e perseguitato va fuggendo ramingo per la terra, per non esser ucciso dai suoi nemici
Affetti e preghiere
O caro mio Bambino, tu piangi e ben hai ragione di piangere in vederti così perseguitato dagli uomini che tu tanto ami. Oh Dio, che anche io un tempo ti ho perseguitato con i miei peccati; ma sappi che ora ti amo più di me stesso e non ho pena che più m’affligga quanto il ricordarmi di aver così disprezzato te, mio sommo bene. Deh perdonami, Gesù mio, e permettimi che io ti porti con me, nel mio cuore in tutto il viaggio della vita che mi resta da fare, per entrare insieme con te all’eternità. Io tante volte ti ho discacciato dall’anima mia con offenderti, ma ora ti amo sopra ogni cosa e mi pento sopra ogni male d’averti offeso.
Amato mio Signore, io non voglio lasciarti più, ma tu dammi forza di resistere alle tentazioni; non permettere che io mi separi più da te, fammi prima morire, che io abbia a perdere un’altra volta la tua grazia.
O Maria speranza mia, fammi viver sempre e morire amando Dio.
MEDITAZIONE VIII
Della dimora di Gesù fanciullo in Egitto ed in Nazareth
Il nostro Redentore passa la prima sua fanciullezza in Egitto, menando ivi per sette anni una vita povera e disprezzata. Ivi Giuseppe e Maria eran forestieri e sconosciuti, non avendovi né parenti ne amici; per cui appena si sostentavano alla giornata colle fatiche delle loro mani. Povera era la loro casa, povero il letto e povero il cibo. In questa casetta Maria slatto Gesù. Prima l’alimentava col petto, poi l’alimentava con la mano; prendeva con la mano dalla scodella un poco di pane disfatto in acqua e poi lo poneva nella sacra bocca del Figlio. In questa casa ella gli fece la prima vesticciuola; lo sciolse dalle fasce e cominciò a vestirlo. In questa casa comincio Gesù fanciullo a dare i primi passi, ma tremando e cadendo più volte, come avviene agli altri fanciulli. Ivi comincio a proferir le prime parole, ma balbettando. — O meraviglia! A che si è ridotto un Dio per nostro amore! Un Dio tremare e cader camminando! Un Dio balbettare parlando!
Non dissimile fu poi la vita povera ed abbietta che fece Gesù ritornato dall’Egitto nella casa di Nazareth. Ivi fino all’età di trent’anni non fece altro ufficio che di semplice garzone di bottega, obbedendo a Giuseppe ed a Maria (cf. Lc 2,51).
Gesù andava a prender l’acqua, Gesù apriva e serrava la bottega, Gesù scopava la casa, raccoglieva i frammenti dei legni per il fuoco, e faticava tutto il giorno ad aiutar Giuseppe nel suoi lavori. — Oh stupore! un Dio che serve da garzone! Un Dio che spazza la casa! Un Dio che fatica e suda per dirozzare un legno! Chi? Un Dio onnipotente che con un cenno ha creato il mondo e può distruggerlo quando vuole! Ah che un pensiero di questi dovrebbe intenerirci d’amore.
Che dolce cosa poi era l’osservare la devozione con cui Gesù faceva orazione, la pazienza con cui lavorava, la prontezza con cui ubbidiva, la modestia con cui si cibava, e la dolcezza ed affabilità con cui parlava e conversava! Ah che ogni parola, ogni azione di Gesù era così santa che innamorava tutti, ma specialmente Maria e Giuseppe che sempre lo stavano osservando.
Affetti e preghiere
O Gesù mio Salvatore, quando penso che tu, mio Dio, ti trattenesti tanti anni per amor mio sconosciuto e disprezzato in una povera casetta, come posso desiderare diletti, onori e ricchezze di mondo? Io rinunzio a tutti questi beni e voglio essere tuo compagno in questa terra, povero come te mortificato come te e come te disprezzato; così spero di poter godere un giorno poi la tua compagnia in paradiso. Che regni, che tesori! Tu, Gesù mio, hai da esser l’unico mio tesoro, l’unico mio bene. Mi dispiace sommamente che per il passato ho tante volte disprezzato la tua amicizia per soddisfare i miei capricci; me ne pento con tutto il cuore. Per l’avvenire voglio perdere prima mille volte la vita, che perdere la tua grazia. Dio mio, non ti voglio offendere più, e ti voglio sempre amare. Dammi tu l’aiuto per esserti fedele sino alla morte.
Maria, tu sei il rifugio dei peccatori, tu sei la speranza mia.
MEDITAZIONE IX
Della nascita di Gesù Bambino nella grotta di Betlemme
Essendo già uscito l’editto dell’imperator di Roma, che andasse ognuno a scriversi nella sua patria, si parte Giuseppe con la sua sposa Maria per andare a scriversi in Betlemme. O Dio, quanto dovette patire la Vergine santa in questo viaggio che fu di quattro giornate, per vie di montagne ed in tempo d’inverno, con freddi, venti e piogge! Giunti che furono colà, venne il tempo del parto; onde Giuseppe si pose a cercare per quella città qualche alloggio dove potesse partorire Maria. Ma perché son poveri, son discacciati da tutti: son discacciati anche dall’osteria, dove gli altri poveri erano stati accolti. Onde in quella notte uscirono dalla città, e trovando una grotta, ivi entro Maria. Ma Giuseppe le disse: Sposa mia, come vuoi stare questa notte in questo luogo così umido e freddo, e qui partorire? Non vedi che questa è stalla di animali? Ma rispose Maria: Giuseppe mio, è pur vero che questa grotta è il palazzo reale in cui vuol nascere il Figlio di Dio. Ed ecco già che venuta l’ora del parto, stando la santa Verginella genuflessa in orazione, vede tutt’insieme illuminata quella spelonca da una gran luce, abbassa ella gli occhi, ed ecco che mira già nato in terra il Figlio di Dio, tenero Bambino che trema di freddo e piange; onde prima l’adora come suo Dio, poi se lo mette in seno e lo fascia con quei poveri pannicelli che seco avea, e finalmente così fasciato lo ripone a giacere dentro una mangiatoia sopra la paglia.
Ecco come ha voluto nascere il Figlio dell’Eterno Padre per nostro amore. Diceva S. Maria Maddalena de’ Pazzi che le anime innamorate di Gesù Cristo stando ai piedi del santo Bambino debbono fare l’officio delle bestie della stalla di Betlemme, che con i loro fiati riscaldavano Gesù; e così esse devon anche riscaldarlo con i sospiri d’amore.
Affetti e preghiere
Adorato mio Bambino, io non avrei ardire di stare ai tuoi piedi, se non sapessi che tu stesso m’inviti ad accostarmi a te. Io son quello che con i peccati miei ti ho fatto spargere tante lacrime nella stalla di Betlemme. Ma giacché tu sei venuto in terra a perdonare i peccatori pentiti, perdona me ancora, mentre mi pento sommamente di aver disprezzato te, mio Salvatore e Dio, che sei così buono e tanto mi hai amato. Tu in questa notte dispensi grazie grandi a tante anime, consola anche l’anima mia. La grazia che voglio è la grazia d’amarti, da oggi avanti, con tutto il mio cuore; infiammami tutto del tuo santo amore. Ti amo, Dio mio fatto bambino per me. Deh non permettere che io lasci mai d’amarti.
O Maria, madre mia, tu tutto puoi con le tue preghiere, altro non ti domando, prega Gesù per me.
PER IL GIORNO DELLA PRESENTAZIONE AL TEMPIO
1. Ecco l’Eterno Padre che avendo mandato il Figlio a patire e morire per noi, vuole che in questo giorno sia circonciso e cominci a spargere il suo sangue divino, per finire di spargerlo poi nel giorno di sua morte sopra la croce in un mare di disprezzi e di dolori. E perché? Affinché questo Figlio innocente così paghi la pena da noi meritata. Oh ammirabile, canta la santa Chiesa, degnazione della divina pietà verso di noi! oh inestimabile amore di carità! per redimere il servo hai dato il tuo Figlio alla morte!
O Dio, eterno, e chi mai poteva farci questo dono infinito, se non tu che sei una bontà infinita ed un infinito amore? Ah mio Signore, se tu donandomi il tuo Figlio mi hai donata la cosa più cara che hai, è ragione che io misero ti doni tutto me stesso. Si, mio Dio, tutto me stesso ti dono; accettami tu e non permettere che io ti lasci più.
2. Ecco all’incontro il divin Figlio che, tutto umile e tutto pieno d’amore verso di noi, abbraccia la morte amara a lui destinata, per salvar noi peccatori dalla morte eterna, e volentieri comincia oggi a soddisfare per noi la divina giustizia col prezzo del suo sangue. Umilio se stesso, dice l’Apostolo, fatto ubbidiente fino alla morte e morte di croce (cf. Fil 2, 8). Gesù mio, per mio amore hai accettato la morte, ed io che farò? Seguirò forse a disgustarti con i miei peccati? No, mio Redentore, non voglio esserti più ingrato. Mi dispiace sommamente d’averti date tante amarezze per il passato. T’amo, bontà infinita, e per l’avvenire non voglio lasciare mai più d’amarti.
3. Disse il nostro Salvatore: Nessuno può avere maggior carità che di metter la vita per li suoi amici. Ma tu, Gesù mio, dice S. Paolo, maggior carità hai dimostrato con noi, dando la vita per noi tuoi nemici.
Ecco, mio Signore, ai piedi tuoi uno di costoro. Quante volte io misero per non volerti ubbidire ho rinunziato alla tua amicizia! Ora conosco il male che ho fatto; perdonami, Gesù mio, mentre io vorrei morirne di dolore. Ora t’amo con tutta l’anima mia, ed altro non desidero che amarti e darti gusto.
Maria, madre di Dio e madre mia, prega Gesù per me.
1. Nasce il Figlio di Dio umile e povero in una grotta, ivi lo riconoscono si bene gli angeli del cielo cantando: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli” (Lc 2, 14), ma gli uomini della terra, per la salvezza dei quali nasce Gesù, lo lasciano abbandonato. Appena pochi pastori vengono a riconoscerlo ed a confessarlo per loro Salvatore. Ma l’amante Redentore vuol già iniziare a comunicarci la grazia della sua Redenzione per cui comincia a palesarsi anche ai gentili che né lo conoscevano né lo aspettavano. Perciò manda la stella ad avvisare i santi Magi, illuminandoli insieme con la luce eterna, affinché venissero a riconoscere e adorare il loro Redentore.
Questa fu la prima e somma grazia a noi fatta, la chiamata alla fede.
Oh Salvatore del mondo, che ne sarebbe di noi se tu non fossi venuto ad illuminarci? Saremmo simili ai nostri padri che adoravano, come fossero dèi, bruti, marmi e legni, sicché saremmo tutti dannati. Io ti ringrazio oggi da parte di tutti gli uomini.
2. Ecco i Magi senza dimora si mettono in viaggio, e per mezzo della stella giungono dove giace il santo Bambino (cf. Mt 2, 11). Ivi non trovano che una povera donzella ed un povero infante coperto di poveri pannicelli; ma in entrare in quella casa, ch’era stalla di animali, provano un gaudio interno e sentono tirarsi il cuore da quell’amabile Bambino. Quelle paglie, quella povertà, quei vagiti del loro picciolo Salvatore son tutte saette d’amore e fiamme ai loro cuori illuminati.
Si, Gesù mio bambino, quanto più umiliato e povero ti miro, tanto più tu m’infiammi del tuo amore.
3. Il Bambino dimostra a quei santi pellegrini un viso giulivo, e con tal segno accetta quelle prime “prede” della sua Redenzione. Anche la divina Madre tace, ma col suo volto giocondo ben li accoglie e li ringrazia di quell’ossequio fatto al suo Figlio. Essi ancora con silenzio l’adorano e lo riconoscono per loro Salvatore e Dio, offrendogli i doni d’oro, d’incenso e mirra.
Bambino mio re Gesù, anch’io ti adoro e ti offro il mio misero cuore. Accettalo tu e mutalo. Fa ch’egli sia tutto tuo e non ami altri che te. Dolce mio Salvatore, salvami, e la salute mia sia l’amarti sempre e senza riserva,
Vergine santa Maria, questa grazia da te la spero.
PER IL GIORNO DEL NOME Dl GESÙ
1. Il nome di Gesù fu dato al Verbo Incarnato non dagli uomini, ma da Dio stesso: “Lo chiamerai Gesù” (Lc 1, 31), cioè Salvatore. Nome di allegrezza, nome di speranza, nome d’amore. Nome d’allegrezza, poiché se ci affligge la memoria dei peccati fatti, questo nome ci rallegra, ricordandoci che il Figlio di Dio a questo fine si è fatto uomo, per farsi nostro Salvatore.
Caro amato mio Salvatore, tu sei venuto dal cielo a cercarmi, ed io, misero, ti ho voltato le spalle, disprezzando la tua grazia e il tuo amore! Ma ciò nonostante, tu mi vuoi salvo, Gesù mio, te ne ringrazio e ti amo.
2. Nome di speranza, perché chi prega l’Eterno Padre in nome di Gesù, può sperare ogni grazia che cerca: “Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Gv 14, 14). Mio Dio, fidato dunque a tal promessa, in nome di Gesù ti cerco il perdono delle mie colpe, la santa perseveranza, il dono del tuo amore. Fa insomma che la vita che mi resta non mi serva più per disgustarti, ma solo per amarti e darti gusto come tu meriti.
3. Nome d’amore. Dice S. Bernardo che il nome di Gesù è una cifra che ci rappresenta quanto ha fatto Dio per amor nostro. Sicché il nome di Gesù ci ricorda tutte le pene che Gesù ha patite per noi nella sua vita e nella sua morte. Per cui gli dice un devoto autore: O Gesù, quanto ti è costato l’essere Gesù, cioè mio Salvatore!
Deh Gesù mio, scrivi il tuo nome sul mio povero cuore, sulla mia lingua, affinché tentato a peccare io resista con invocarti: tentato a disperarmi io confidi nei tuoi meriti: e trovandomi tepido in amarti, il tuo nome m’infiammi col ricordarmi quanto tu mi hai amato. Il tuo nome dunque sarà sempre la mia difesa, il mio conforto e la fiamma che mi terrà acceso del tuo amore. Dammi dunque che io sempre ti chiami, o Gesù mio, mentre vivo; e muoia col tuo nome in bocca, dicendo nell’ultimo di mia vita: T’amo. Gesù mio; Gesù mio, io ti amo.
Regina mia Maria, fa che io morendo t’invochi sempre insieme col tuo Figlio Gesù.
CORONELLA IN ONORE Dl GESÙ BAMBINO
V) O Dio, vieni a salvarmi
R) Signore vieni presto in mio aiuto.
Gloria al Padre.
I. Amabilissimo mio Gesù, amor mio, Dio del mio cuore, io adoro e benedico quell’ora nella quale ti facesti uomo nel purissimo seno di Maria SS., per patire e morire per amor mio.
Ti prego per quei nove mesi che volesti star chiuso in quell’utero verginale, a perdonarmi tutti i miei peccati, dei quali mi pento con tutto il cuore, perché offesa del mio sommo bene.
Un Padre nostro, un’Ave e un Gloria al Padre; poi:
O dolce Vita mia, | Vorrei per te, Signore, |
(da ripetersi ad ogni invocazione)
II. Amabilissimo mio Gesù, amor mio, Dio del mio cuore, benedico quella notte, in cui volesti nascere in una stalla, per fare acquisto dei nostri cuori e comparire tenero bambinello, fasciato con poveri panni, tremante di freddo, in mezzo a due animali, riposto in una mangiatoia sopra la paglia.
Io adoro le tue tenere membra, bacio quella fortunata terra, ti ringrazio di tanti benefici e ti prego per quei grandi patimenti, per quelle prime lagrime, per quei sospiri, di darmi la grazia che io viva, a tua maggior gloria, amando te, bontà infinita.
III. Amabilissimo mio Gesù, amor mio, Dio del mio cuore, benedico quell’ora in cui fosti presentato da Maria SS. nelle braccia di S. Simeone. Ti ringrazio che volesti addossarti i miei peccati e soddisfarne la divina giustizia con patire e morire per me. Ti supplico per tanta tua bontà, di liberarmi dalle pene dell’inferno; e di far che io odii, sopra ogni male, il peccato, perché tuo nemico, perché odiato infinitamente da te.
IV. Amabilissimo mio Gesù, amor mio, Dio del mio cuore, benedico quella notte nella quale la tua SS. Madre ti condusse in Egitto con tanti patimenti e incomodi, per liberarti dalle mani di Erode. Adoro la tua santissima umanità addolorata, ti ringrazio di aver patito tanto per me; e ti prego di aprirmi quel paradiso che a costo di tante sofferenze mi hai guadagnato: perché venga a goderti in cielo per darti quella gloria, che meriti, o infinita bontà.
V. Amabilissimo mio Gesù, amor mio, Dio del mio cuore, benedico quegli anni, nei quali volesti vivere nella bottega di Nazareth, in compagnia di Maria e di Giuseppe, povero e sconosciuto, tra fatiche, stenti e sudori. Adoro tutte le tue divine azioni; bacio quella terra che calpestasti; ti ringrazio, mio Signore, che hai tanto patito per amor mio; ti prego di concedermi, a tua imitazione, amore alla vita nascosta ed alla tua santissima umanità: sicché viva e muoia amando te, mio Padre, mio Redentore, mio Maestro e mio Dio, per amarti in cielo per tutti i secoli. Amen.
Vergine santissima, grande regina del cielo e della terra, Madre di Gesù, Figlio di Dio, e madre mia, benedico e venero il tuo grembo che porto il Redentore del mondo, le tue braccia che l’accolsero, il tuo seno che lo allatto, il tuo ardentissimo cuore che tanto l’amo. Ti supplico, per quanto ami Gesù, di ottenermi il vero amore di Dio e amore a te, grande Madre di Dio. Sicché l’unico oggetto di tutti i miei desideri e di tutti gli amori miei sia Gesù, e, dopo Gesù, sii tu, dolcissima e amabilissima mia Madre.
Tre Ave e Gloria Patri ai santi Cuori di Gesù, di Maria, e in onore di S. Giuseppe.
GRADI DELL’INFANZIA DI GESÙ CRISTO
I. Gesù bambino mio dolcissimo, che dal seno del Padre per amor mio scendesti; e nell’utero di Maria, fatto uomo, la forma di servo prendesti: abbi di noi pietà.
R) Abbi di noi pietà, caro Gesù bambino, abbi di noi pietà.
(E così si risponde in ogni grado).
II. Gesù bambino mio dolcissimo, che per mezzo di Maria, Elisabetta visitasti: e nel suo seno Giovanni santificasti: abbi di noi pietà.
III. Gesù bambino mio dolcissimo, che nel seno di Maria per nove mesi ti chiudesti, e il suo bel cuore di sant’amore accendesti: ed all’Eterno Padre per la salute del mondo di te oblazione facesti; abbi di noi pietà.
IV. Gesù bambino mio dolcissimo, da Maria Verginella in una stalla nato, con poveri pannicelli fasciato, nel presepe sul fieno collocato, dagli angioli annunciato; e dai pastori visitato: abbi di noi pietà.
V. Gesù bambino mio dolcissimo, nella circoncisione col dolce nome di Gesù chiamato, e col sangue e col nome per Salvatore significato: abbi di noi pietà.
VI. Gesù bambino mio dolcissimo, da una stella ai Magi manifestato; nelle braccia di Maria da quelli adorato, e con oro, incenso, e mirra regalato: abbi di noi pietà.
VII. Gesù bambino mio dolcissimo, nel tempio da Maria presentato, da Simeone abbracciato, da Anna profetessa rivelato: abbi di noi pietà.
VIII. Gesù bambino mio dolcissimo, da Erode a morte perseguitato; da Giuseppe in Egitto con Maria portato; e con la morte degl’Innocenti glorificato: abbi di noi pietà.
IX. Gesù bambino mio dolcissimo, per sette anni nell’Egitto esiliato, da Maria con immenso amore allevato: abbi di noi pietà.
X. Gesù bambino mio dolcissimo, dall’Egitto a Nazareth ritornato, e nel viaggio tanto strapazzato: abbi di poi pietà.
XI. Gesù bambino mio dolcissimo, che nella tua casa con Maria e Giuseppe ubbidiente conversasti; tra fatiche e povertà la vita in una bottega menasti; e gran segni di grazia e di sapienza al mondo desti: abbi di noi pietà.
XII. Gesù bambino mio dolcissimo, di dodici anni in Gerusalemme da Maria e Giuseppe guidato: con lagrime e sospiri ricercato: e dopo tre giorni tra dottori nel tempio ritrovato: abbi di noi pietà.
R) Abbi di noi pietà, caro Gesù bambino, abbi di noi pietà.
Amabilissimo mio Gesù, fatto per me bambino, volesti nascere in una stalla, per cacciarmi dalle tenebre del peccato; per tirarmi a te; ed accendermi del tuo santo amore; ti ringrazio e ti adoro con tutta la corte celeste; ti riconosco per mio Creatore e mio Dio, per mio Redentore e Salvatore: ti eleggo per mio Re e Signore, e per tributo ti offro tutti gli affetti di questo misero cuore. Caro mio bene, accetta per tua pietà l’offerta; ed acciocché sia degna d’un Dio, perdonami, illuminami, purificami, santificami, infiammami del tuo santo fuoco, che per accenderlo nei nostri cuori, sei venuto nel mondo; sicché l’anima mia sia un olocausto perpetuo ad onore tuo; che cerchi sempre la tua maggior gloria in terra; e venga un giorno a godere delle tue infinite bellezze in Cielo.
E voi, santa Maria, Madre di Gesù e madre mia, insieme con Giuseppe vostro sposo, pregate il S. Bambinello per me, affinché mi esaudisca; e così sia.
TU SCENDI DALLE STELLE
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Dunque a morir per me, tu pensi, o Dio; |
FERMARONO I CIELI
Fermarono i Cieli La loro armonia, Cantando Maria La nanna a Gesù. | Le guance di rose, Mi rubano il core; O Dio, che già more Quest’Alma per te. |
Con voce divina La Vergine bella, Più vaga che stella, Diceva così: | Mi sforza a baciarti Un labbro si raro; Perdomani, Caro, Non posso più, no. |
Mio Figlio, mio Dio, Mio caro tesoro, Tu dormi, ed io moro Per tanta beltà. | Si tacque; ed al petto, Stringendo il Bambino, Sul volto divino Un bacio donò. |
Dormendo, mio Bene, Tu Madre non miri; Ma l’aura che spiri, E’ fuoco per me. | Si desta il Diletto, E tutto amoroso, Con occhio vezzoso La Madre guardò. |
Cogli occhi serrati, Voi pur mi ferite: Or quando li aprite, Per me che sarà? | Oh Dio! ch’alla Madre Quegli occhi, quel guardo Fu strale, fu dardo Che l’Alma ferì. |