Maria di Gesù Émilie d’Oultremont

Fondatrice della Congregazione di Maria Riparatrice


L’Eucaristia e la missione


ALBERT HOUSSIAU

Vescovo di Liegi

 

Leggendo l’eccellente biografia di Madre Maria di Gesù del P. Henri de Gensac, S.J. (Ed. Fidélité, Namur, 1997) restiamo sorpresi dal percorso paradossale della sua vita: vita di castello, gioie del matrimonio e della maternità, consacrazione di vita a Dio e sollecitudine materna per i suoi figli.

In tutte queste tappe si manifesta una ricca personalità, indipendente e sensibile, ed anche molto costante.
Sin dalla sua fanciullezza, si sente chiamata a darsi totalmente all’amore di Cristo.

È lì racchiuso il segreto dell’unità della sua esistenza.

La Chiesa non proclama Émilie d’Oultremont beata per esaltarne la forte personalità, ma piuttosto per riconoscere come Dio ha santificato tutto il suo essere, con tutte le ricchezze di vita, di affettività, d’intelligenza e di volontà: «Per mezzo di Gesù Cristo, nella potenza dello Spirito Santo, fai vivere e santifichi» ogni cosa (Preghiera eucaristica III).

Il processo di canonizzazione, durato 80 anni (Liegi, 1913 — Roma, 1993) testimonia delle numerose sfaccettature, a prima vista contrastanti, della storia della sua anima.

I suoi direttori spirituali non arrivavano sempre a comprendere il suo desiderio di vivere pienamente: l’affetto profondo che nutriva verso i suoi cari, di cui condivideva così fortemente le sofferenze, era compatibile con la sua consacrazione totale all’amore di Dio? Madre Maria di Gesù non ha giocato due ruoli, poiché viveva già l’Unico necessario nelle sofferenze che offriva al Cristo, Dio e Uomo, in comunione con Maria, sua Madre.

Vivace, fiera e indipendente, come si descrive lei stessa, Émilie d’Oultremont si è lasciata forgiare dalla volontà di Dio sottomettendosi ai consigli dei suoi direttori spirituali.

Così ha potuto restare fedele, con costanza ma senza ostinazione umana, al carisma originario del suo Istituto: l’unione personale a Cristo presente nell’Eucaristia e la missione di farlo conoscere e amare.

La vocazione di Madre Maria di Gesù si iscrive nella vita della Chiesa nella prima metà del XIX secolo: il ruolo importante dell’antica nobiltà terriera nella ricristianizzazione dei villaggi, l’adorazione del Cristo presente nell’Eucaristia (il Vescovo di Liegi, Charles d’Oultremont, suo prozio, aveva eretto a questo scopo una confraternita nel 1765), la devozione riparatrice verso il Sacro Cuore e l’ardente devozione mariana, così come il nuovo sviluppo della Compagnia di Gesù.

Il suo progetto di fondare una famiglia religiosa autonoma di donne è segno del grande movimento chiamato «cattolicesimo al femminile »: tra la religiosa claustrale e la militante laica, la «figlia del secolo» che vuole essere religiosa (Cl.Langlois).

Madre Maria di Gesù era proprio del suo tempo, o piuttosto del tempo della Chiesa.

È per noi un esempio che Dio ci offre della progressiva integrale trasfigurazione della persona, libera e sensibile, attraverso le sofferenze del corpo e le tensioni del cuore e dello spirito.

Ci indica pure un cammino per la missione: l’unione personale con Cristo, vissuta nell’adorazione, resta la condizione primaria dell’evangelizzazione in un mondo che non conosce più o non conosce ancora le ricchezze dell’amore di Dio.


 

 

Un dono nel cammino verso il Grande Giubileo


MARY HENIHAN

Superiora generale della Congregazione di Maria Riparatrice

 

La notizia della ormai non lontana Beatificazione di Madre Maria di Gesù è giunta proprio quando da poco eravamo entrati nel primo anno della preparazione della Chiesa al Grande Giubileo del 2000. Anno consacrato alla riflessione su Gesù Cristo, Parola del Padre, unico Salvatore del mondo che, nato da Maria Vergine, si è fatto uno di noi.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II sottolineava l’aspetto particolare di questo anno che è «la riscoperta di Cristo, Salvatore ed Evangelizzatore». Questo tema ha avuto un significato speciale per noi, suore di Maria Riparatrice, nel riflettere sull’esperienza spirituale di Émilie d’Oultremont vedova d’Hooghvorst, perché tocca il cuore della nostra vocazione, nella sequela di Cristo, «unico Redentore e Riparatore», e ci ha accompagnato durante tutto il periodo di più intensa preparazione alla Beatificazione.

Vorrei evocare tre frasi tipiche di Maria di Gesù che ci aiutano a conoscerla un po’ più ed a scoprire il suo messaggio per noi.

Maestro, Tu solo nella mia vita. Émilie si trovava in una festa da ballo, a Roma, quando ha vissuto l’esperienza del Signore che la invitava a scegliere nel cammino della sua vita. Senza esitazioni fu la sua risposta: Maestro, tu solo nella mia vita. Non era la prima volta che Émilie ascoltava la chiamata del Signore.

Era ancora molto giovane e si era sentita attratta a donarsi totalmente a Lui. Non lo vedeva chiaro, e tuttavia, era sicura che Dio la conduceva e che ogni avvenimento era carico di un significato speciale nel suo piano di amore su di lei.

Tutta la vita di Émilie era centrata nel Signore. Le piaceva chiamarlo: Maestro.

Lui infatti la istruiva, la custodiva, in Lui incontrava la vita. Si sentiva in sintonia e ispirata da s. Ignazio, che ci invita a incontrare Dio in tutte le cose.

Émilie, Maria di Gesù, incontra la vita in Dio e Dio nella vita, in ogni momento ed ogni aspetto della vita, nelle gioie come nelle pene.

Far conoscere la tenerezza dell’amore di Dio per il mondo. Il Dio che Émilie incontra e alla cui presenza continuamente vive, è un Dio di amore e di tenerezza.

Questo suscita in lei un grande desiderio di far conoscere la tenerezza dell’amore di Dio per il mondo. Émilie era nata in una famiglia profondamente cristiana, nella quale aveva appreso a vivere la fede e i valori cristiani.

Aveva fatto esperienza dell’amore, sin dalla sua infanzia, dell’Amore presente nell’Eucaristia, presenza di Cristo in mezzo a noi, nella vita della Vergine Maria, nel Vangelo, nell’esempio dei santi. Si muove liberamente nel suo mondo e scopre che l’Amore non è conosciuto, molte volte è ignorato, disprezzato o rifiutato.

In risposta, Émilie si sente chiamata ad amare pienamente e aiutare gli altri a fare lo stesso.

Per Émilie l’amore di Dio si manifesta in Gesù, morto per amore nostro, Gesù che è perdono e misericordia, che riunisce ciò che è rotto o guarisce ciò che è ferito dal peccato, che ci dà la possibilità, in altre parole, di una vita nuova.

Per Émilie, questa è la chiamata che sente, questa è la riparazione, la riconciliazione, l’amore «senza calcolo e senza riserva», come Gesù, Redentore nostro, ha realizzato.

Essere Maria per Gesù. Émilie sente che il suo cuore non è abbastanza grande per rispondere ad un tale Amore. È qui dove Maria riveste un posto importante nella sua vita e nella sua chiamata.

Émilie desidera e sente la necessità, se così si può dire, di avere «il cuore di Maria» per rispondere all’amore di Dio, di «essere Maria per Gesù» e vivere la riparazione con Maria. La Vergine le indica il cammino, quell’8 dicembre 1854, a Bauffe.

È un cammino di presenza semplice e amorosa, facendo suoi gli atteggiamenti di Maria.

Ci dice Émilie che si tratta di rendere presente Gesù attraverso l’amore, la preghiera, l’adorazione, il rispetto, l’attenzione alle necessità dei nostri fratelli per aiutarli a scoprire Colui che è Via, Verità e Vita.

Per Émilie, Madre Maria di Gesù, la missione di Riparazione con Maria è universale, non conosce frontiere. È un invio, come lei dice, ad andare ovunque la carità di Gesù Cristo ci chiami, per costruire insieme la «civiltà dell’amore» nella pace e nella giustizia.

 

 

Il miracolo dovuto alla sua intercessione


BENITO GANGOITI

Postulatore della Causa

 

Numerosi sono i favori e le grazie segnalati alla Postulazione durante il percorso della Causa. Ma la guarigione ottenuta da una religiosa della Congregazione di Maria Riparatrice è stata quella riconosciuta il 17 dicembre 1996 dal Santo Padre come intervento soprannaturale per intercessione della Serva di Dio. Guarigione avvenuta il 22 febbraio 1957, giorno anniversario della morte della Madre Maria di Gesù, e proprio nella città di Firenze.

Suor Anna Maria Berra era una giovane religiosa di voti temporanei di 32 anni che, in seguito ad operazione di appendicite e colecisti accusa, nel 1953, sindrome aderenziale postoperatoria.

Questa persiste e tre anni dopo si procede a laparatomia, liberando le aderenze. Il ricupero è di breve durata perché queste si riformano e insorge anche una grossa tumefazione al lato destro.

Di fronte alla prognosi dell’infermità — non «infausta quoad vitam», bensì per la grave situazione che si era creata a motivo dell’impossibilità di eliminare le aderenze e il conseguente pernicioso deperimento organico — le religiose iniziano una fervente novena per ottenere la guarigione della malata.

L’ultimo giorno della novena fatta dalle suore e da altre comunità, nella notte tra il 21 e il 22 febbraio 1957, suor Anna Maria Berra sente un improvviso sollievo e al mattino può alzarsi constatando che la grossa tumefazione era sparita. Può iniziare così ad alimentarsi ricuperando il suo organismo gravemente compromesso.

Perfettamente e completamente ristabilita, impiegherà le sue energie e le sue doti, con generosità impagabile, al servizio della Congregazione e di diversi movimenti, per molti anni ancora. Nel 1992, a 35 anni dalla guarigione, le verrà diagnosticato un cancro avanzato e morirà il 1 settembre 1993. La conclusione è chiara: la prognosi era dichiarata estremamente riservata «quaod vitam», la terapia chirurgica e medica inefficace; la guarigione completa ed in modo inesplicabile alla scienza medica.

 

 

Presenza e apostolato delle suore di Maria Riparatrice


JUSTINE APFELD

 

Oggi le suore di Maria Riparatrice (poco più di 1.000), presenti con 135 comunità in 21 paesi di Africa, America ed Europa, desiderano continuare ed attualizzare il carisma di M. Maria di Gesù, che ha saputo leggere il «bisogno di riparazione spirituale del suo secolo» rispondendovi con fedeltà e creatività, prendendo Maria come madre e modello.

Quando si sente per la prima volta il nome di «Congregazione di Maria Riparatrice», ci si domanda quale sia il suo significato. È il titolo che meglio ha espresso per Maria di Gesù il ruolo della Madre di Gesù nella storia della salvezza.

«Maria Riparatrice», è Maria che coopera all’opera riparatrice, redentrice del Figlio suo, l’unico Riparatore e Redentore.

Osservando la vita di Maria, Madre di Gesù, cominciamo ad intuire il senso della parola «riparazione» come lei l’ha inteso ed anche il ruolo di Maria, cioè come possa essere detta «Riparatrice».

Émilie sente l’urgenza di rispondere all’amore di Dio con il dono della sua vita. Soffre dell’indifferenza del mondo mentre Dio offre continuamente il suo amore. È un filo questo che percorre tutti i suoi scritti. Maria è vista da Maria di Gesù come colei che ha impegnato tutto il suo essere nella partecipazione al mistero pasquale.

 

Contemplando Maria, Madre Maria di Gesù scopre ciò che vuol dire «riparare».

Non si tratta di fare di più o meglio degli altri, ma volere incessantemente orientarsi verso il Cristo, desiderando farlo conoscere e servire.

Si tratta di vivere l’impegno da rinnovare in ogni Eucaristia, di seguire Gesù nella sua passione, di non mettere alcun limite al dono di sé.

Si tratta di divenire testimoni della riconciliazione che Dio propone gratuitamente a tutti. La vocazione di una religiosa di Maria Riparatrice la chiama a porre gesti di comunione e di pace.

Spesso, questi sono semplici gesti di essere vicino alle persone nelle loro pene, malattie, sofferenze di ogni genere. Possono estendersi a volte ad una scala più vasta, per esempio, cooperando con altri per cambiare strutture ingiuste o una legislazione poco favorevole ai poveri o distruttrice dell’ambiente. La giustizia è grazia, esperienza dell’amore di Dio in ciascuna di noi e che, passando attraverso la comunità, diventa risposta alle situazioni di sofferenza del nostro mondo.

 

Dove Cristo è sconosciuto, oltraggiato, nelle sue membra sofferenti ed umiliate, là c’è posto per la Riparazione. Essa si rivolge a Lui in coloro con i quali Egli si identifica.

 

Lo spirito di riparazione che deve animare e unificare tutto nella nostra vita, è unione e conformità a Cristo; si rinnova nella contemplazione di Gesù in croce, mistero che si prolunga in ogni sofferenza umana. Ogni giorno, alcune o molte di queste sofferenze passano davanti ai nostri occhi, ma quante di più sono quelle conosciute da Dio solo e da quanti le vivono. Una Riparatrice porta tutte queste persone e le loro sofferenze nella preghiera, nell’adorazione dell’Eucaristia e le presenta tutte al Signore, a Lui che «è sempre vivo per intercedere per noi».

 

Da Maria, una Riparatrice impara come seguire Gesù sul cammino che Egli ha accettato per la nostra redenzione.

Maria si è consegnata totalmente come «serva» del Signore, alla Persona e all’opera del Figlio suo, dall’Annunciazione alla Croce, dalla Risurrezione alla Pentecoste. Guardando Maria, Émilie ha cercato di abbandonarsi totalmente, senza esitazioni, senza riserve.

 

A quante desiderano abbracciare la vocazione di Maria Riparatrice, niente di meno è domandato che di seguire Maria secondo il piano di Dio, di collaborare all’opera del Figlio suo. Una Riparatrice, come Maria, dovrebbe essere «docile ai più leggeri movimenti della grazia», diceva Maria di Gesù.

E questa docilità, Ignazio di Loyola non farebbe fatica a riconoscerla in colei che lo considerava un «Padre» e un «Maestro» e a cui egli aveva assicurato che un giorno avrebbe seguito le sue Regole: così come l’umiltà profonda del cuore, l’obbedienza a Dio e a chi lo rappresenta, la ricerca continua della sua maggior gloria.

 

Contemplando Maria nella sua preghiera, la Riparatrice impara a pregare.

Maria è la Vergine che ascolta, che accoglie la Parola, l’incarna nella sua vita e medita ogni avvenimento nel suo cuore; è il suo modello nell’ordine della fede e della perfetta unione a Cristo.

«Tutto, nella sua vita, rendeva continuamente a Dio un culto perfetto di adorazione e di amore, ed è così che cooperava con il Cristo all’opera della Riparazione», leggiamo nelle Costituzioni.

 

«La Riparazione per tutti e ovunque», era il desiderio di Maria di Gesù. Questa missione, che non dovrebbe conoscere nessuna frontiera, deve poter suscitare nelle suore una disponibilità gioiosa e piena di speranza per annunciare la Parola di Gesù, la sua misericordia, il suo amore, là dove Egli vorrà ben chiamarle.

 

Oggi ancora, le religiose sono chiamate in nuovi luoghi, ma sempre per amare Cristo e farlo amare, conoscerlo e farlo conoscere, adorarlo in verità e farlo adorare.

 

Sia attraverso l’adorazione eucaristica, testimonianza di fede nel Dio sempre presente nel suo popolo, sia mediante varie forme di evangelizzazione: esercizi spirituali, catechesi, ecc. esse desiderano manifestare l’amore del Signore e, con la sua grazia, riparare, restaurare nella persona ferita dal peccato l’immagine di Dio che porta in sé. In ognuno dei ministeri, lo zelo e la discrezione di Maria nel portare la Buona Novella ad Elisabetta, sono per la Riparatrice, modello ed ispirazione.

 

Se l’Eucaristia esige un amore universale, esso deve manifestarsi sia nel microcosmo di una comunità locale che nel macrocosmo di un mondo più vasto.

Le prime compagne di Madre Maria di Gesù erano di diverse nazionalità, come del resto i primi compagni di Ignazio di Loyola.

Forse a motivo della sua sensibilità materna, Émilie d’Oultremont prende a cuore in modo specialissimo di promuovere e conservare l’unione nella sua famiglia religiosa, argomento che ha un luogo speciale nelle sue esortazioni e nelle Costituzioni.

«Questa unione di cuori e di volontà, desidero vederla regnare tra di voi, dappertutto e sempre.

«Più che mai è indispensabile ora che, divenute più numerose, i vostri rapporti saranno anche meno frequenti. Sparse in diversi paesi, bisogna che la carità vi avvicini e che, anche senza esservi mai viste, vi unisca un affetto di sorelle» (11 giugno 1868).

 

 

 

Una madre di quattro figli chiamata alla sfida della vita consacrata


HENRI DE GENSAC

 

Émilie d’Oultremont nasce l’11 ottobre 1818 a Wégimont, presso Liegi, da genitori che appartengono ambedue alla nobiltà belga. Con i suoi due fratelli riceve una solida formazione in tutti i campi e un’eccellente educazione morale e religiosa.

Nonostante Émilie d’Oultremont si senta orientata verso una vita di consacrazione a Dio (che tuttavia non le appare chiara) accede al desiderio dei genitori di vederla formarsi una famiglia quando le pare di discernere la volontà di Dio nelle circostanze che ve la conducono (19 ottobre 1837). Totalmente rispettando le aspirazioni religiose della sua sposa, Victor van der Linden d’Hooghvorst, ne riceve pure una felice influenza. I quattro figli (Adrien, Edmond, Olympe, Marguerite) crescono in un sereno e gioioso ambiente familiare, turbato solo dalla prematura morte di Victor, dopo diversi mesi di malattia, il 10 agosto 1847.

Questo periodo è segnato per Émilie dalla preoccupazione di scoprire la via che il Signore le prepara, senza tuttavia arrecare nessun pregiudizio all’adempimento dei suoi doveri: si dedica completamente ai suoi figli, a molti poveri e malati e a diverse opere diocesane.

Per disporsi con maggiore libertà a discernere la volontà di Dio su di lei, Émilie decide, nel corso del 1854, di stabilirsi a Parigi L’8 dicembre di quello stesso anno, mentre Pio IX, in S. Pietro a Roma promulga il dogma dell’Immacolata Concezione, Émilie è favorita da una manifestazione e comunicazione mariale assolutamente decisiva. La Santa Vergine le fa comprendere un «desiderio del suo cuore»: vedersi sostituire presso il Figlio suo, troppo spesso offeso e misconosciuto, consacrarsi a lui esprimendogli quella «delicatezza di amore che si trova nel cuore di una madre».

 

Consigliata dai Padri gesuiti Petit e Studer, attualizza l’ispirazione divina di fondare un nuovo Istituto religioso: la Congregazione di Maria Riparatrice. Iniziata a Parigi, sarà presto accolta nella diocesi di Strasburgo da Monsignor André Raess. La data del 1 maggio 1857 segna l’avvio ufficiale dell’Istituto, con la Vestizione di Madre Maria di Gesù (tale il nome che Émilie prenderà da quel momento) e delle sue prime dieci compagne.

 

Gli anni seguenti sono contrassegnati da diverse fondazioni.

Significativa quella in Maduré (India) — terza casa dell’Istituto — dove sette Riparatrici sono inviate missionarie nel 1859, seguita da altre a La Riunione e nell’Isola Maurizio. Nello stesso tempo in Europa nuovi centri fioriscono a Tolosa, Londra, Tournai, Liegi. A Roma la fondatrice vuole stabilire la casa generalizia, la cui apertura avverrà nel 1865.

 

Un pellegrinaggio a Loyola, nel maggio 1860, è particolarmente importante nella vita di Madre Maria di Gesù, quasi una conferma della via intrapresa, sotto «la protezione di sant’Ignazio» il «vero Padre della sua anima». Totalmente docile alle direttive ascetiche del P. Paolo Ginhac, Maria di Gesù unisce a un’orazione indiscutibilmente mistica, straordinarie mortificazioni ed un’attività instancabile.

Risale sempre di questo periodo (2 luglio 1862) una celebre lettera della fondatrice sullo spirito che deve animare le religiose della Congregazione. Una «summa» di pensieri scaturiti dal cuore, un invito dinamico a fissare lo sguardo su Maria per apprendere da lei il cammino «tipico» di una Riparatrice.

«Nessuno meglio di Maria — aveva detto altrove — può meglio formarci ad amare nostro Signore, perché nessuno meglio di lei ha compreso il Cuore di Dio e il cuore dell’uomo… e lei ci domanda di essere sue “Compagne di dedizione, di riparazione, di adorazione e di amore”». Come è ovvio, prove non potevano mancare a Maria di Gesù nella sua vita spirituale, come nelle sue relazioni familiari e nella sua attività di fondatrice.

Ma per circa sei anni, queste assumono dimensioni di estrema acutezza e continuità.

 

Il 23 gennaio 1867, Marguerite d’Hooghvorst, entrata sette anni prima nella Congregazione con il nome di Marie di Santa Giuliana, muore per tubercolosi. La sua sorella maggiore, Olympe, anche lei religiosa, Maria di San Victor, si ammala gravemente e quasi sfiora la morte. Pur potendo ancora per diversi anni realizzare un lavoro considerevole e di gran valore, sarà sempre malata, e morirà il 14 dicembre 1872, a ventinove anni.

Maria di Gesù affronta così un abbandono spirituale radicale, per il quale, nonostante la sua innegabile dedizione, il P. Ginhac non riesce più a darle un valido aiuto.

Questa terribile notte, porta talvolta quasi alla disperazione la superiora generale, che tuttavia rimane molto attiva. Si segnalano in quel periodo nuove fondazioni: Wexford, Nantes, Le Mans, Bruxelles, Liesse, Pau, Siviglia, Cordova.

 

Il 23 dicembre 1873, Maria di Gesù arriva a Roma, quando i Gesuiti hanno dovuto lasciare la città per l’ostilità del governo. Ha perciò ragione di pensare che sarebbe stata più che mai isolata. Pochi giorni dopo, ascoltando una conferenza sull’Immacolata Concezione, data dal Superiore generale dei Resurrezionisti, P. Pierre Semenenko, ritrova improvvisamente la gioia spirituale della quale era stata privata così a lungo. La vita mistica di Maria di Gesù, per quasi quattro anni, conosce un notevole progresso. Accetta con pazienza altre prove e difficoltà di vario genere: lutti familiari, salute sempre più malferma, separazione di alcune comunità.

Un’ultima sofferenza, Maria di Gesù la vivrà in seno al suo consiglio, per atteggiamenti di incomprensione di alcune religiose nei confronti del P. Semenenko, alimentati dal timore ingiustificato che la sua influenza avrebbe condotto la Congregazione fuori dal solco ignaziano. Mentre si trova di passaggio a Firenze, in casa del figlio Adrien, aspettando di proseguire per il Belgio, le sue ultime capacità di resistenza cedono.

È così che, poco prima di mezzogiorno, il 22 febbraio 1878, spira serenamente. Non ha ancora sessant’anni.