Pio XII, enciclica Menti nostrae. Castita’, obbedienza, studio, apostolato e spiritualita’ liturgica, sono il programma da attuare senza cadere nella cosiddetta “eresia dell’azione”, che fa dimenticare il dovere della santificazione personale
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Pio XII
Menti nostrae
INTRODUZIONE
Voci che non si spengono
Risuona sempre nell’animo Nostro la voce del Divin Redentore che dice a Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di questi?… pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle” (Gv 21,15.17); e quella dello stesso Principe degli Apostoli che esorta i Vescovi ed i Sacerdoti del suo tempo: “Pascete il gregge di Dio, che da voi dipende… fatti sinceramente esemplari del gregge” (1Pt 5,2.3).
Principale necessità del nostro tempo
Meditando attentamente tali parole, stimiamo essere officio precipuo del Nostro supremo Ministero di adoperarci affinché diventi sempre più efficace l’opera dei sacri Pastori e dei Sacerdoti, che devono guidare il popolo cristiano ad evitare il male, a superare i pericoli ed a conseguire la santità. Questa infatti è la principale necessità del nostro tempo, in cui i popoli, in conseguenza della recente immane guerra, non solo sono angustiati da gravi difficoltà materiali, ma sono anche spiritualmente sconvolti, mentre i nemici del nome cristiano, fatti insolenti dalle condizioni in cui versa la società, si sforzano, con odio satanico e con sottili insidie, di allontanare gli uomini da Dio e dal suo Cristo.
Paterna sollecitudine per i Sacerdoti
La necessità, che tutti i buoni avvertono, di una restaurazione cristiana, Ci spinge a rivolgere il Nostro pensiero e il Nostro affetto in modo speciale ai Sacerdoti di tutto il mondo, perché sappiamo che soprattutto la umile, vigile, fervida opera di essi, che vivono in mezzo al popolo e ne conoscono i disagi, le pene, le angustie spirituali e materiali, può rinnovare le coscienze e stabilire in terra il Regno di Gesù Cristo, “regno di giustizia, di amore e di pace” .
Non sarà però in alcun modo possibile che il ministero sacerdotale consegua pienamente il suo fine, così da rispondere adeguatamente ai bisogni del nostro tempo, se i Sacerdoti non risplenderanno in mezzo al popolo per insigne santità, come degni “Ministri di Cristo”, fedeli “dispensatori dei Misteri divini” (cf. 1Cor 4,1), efficaci “collaboratori di Dio” (cf. 1Cor 3,9), pronti ad ogni opera buona (cf. 2Tm 2,21).
Manifestazione di gratitudine
Pensiamo pertanto che non potremmo in nessun modo manifestare meglio la Nostra gratitudine ai Sacerdoti del mondo intero, i quali, nel cinquantesimo anniversario del Nostro Sacerdozio, Ci hanno dato testimonianza del loro amore elevando per Noi preghiere a Dio, che rivolgendo a tutto il clero una paterna esortazione alla santità, senza la quale il ministero ad esso affidato non può essere fecondo. L’Anno Santo, che abbiamo indetto con la speranza di un generale risanamento dei costumi secondo gli insegnamenti del Vangelo, questo desideriamo che porti come primo frutto, che cioè quelli che sono la guida del popolo cristiano, attendano con maggiore impegno alla propria santificazione, perché così sarà assicurato il rinnovamento dei popoli nello spirito di Gesù Cristo.
È tuttavia da ricordare che, se oggi gli accresciuti bisogni della Società cristiana esigono con più urgenza l’interna perfezione dai Sacerdoti, essi sono già obbligati per la stessa intima natura dell’altissimo ministero loro confidato da Dio, ad adoperarsi indefessamente, sempre ed ovunque, per la propria santificazione.
Il grande dono del Sacerdozio
Come hanno insegnato i Nostri Predecessori, e particolarmente Pio X e Pio XI , e come Noi stessi abbiamo accennato nelle Lettere Encicliche Mystici Corporis e Mediator Dei , il sacerdozio è veramente il grande dono del Divin Redentore, il quale, per rendere perenne l’opera di redenzione del genere umano da lui compiuta sulla Croce, trasmise i suoi poteri alla Chiesa, che volle partecipe del suo unico ed eterno sacerdozio. Il Sacerdote è un “alter Christus” perché è segnato con indelebile carattere che lo configura al Salvatore; il Sacerdote rappresenta Cristo, il quale disse: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” (Gv 20,21); “chi ascolta voi ascolta me” (Lc 10,16). Iniziato, per divina vocazione, a questo augustissimo ministero “è preposto a pro degli uomini a tutte quelle cose che riguardano Dio, affinché offra doni e sacrifici per i peccati” (Eb 5,1). A lui pertanto è necessario che ricorra chiunque vuol vivere la vita di Cristo e desidera ricevere forza, conforto ed alimento per l’anima; a lui chiederà la medicina necessaria chiunque desidera risorgere dal peccato e tornare sulla retta via. Per tal motivo, tutti i Sacerdoti possono applicare a se stessi le parole dell’Apostolo: “Siamo cooperatori di Dio” (1Cor 3,9).
Necessità della corrispondenza
Ma sì eccelsa dignità esige dai Sacerdoti che corrispondano con fedeltà somma al loro altissimo officio. Destinati a procurare la gloria di Dio in terra, ad alimentare ed accrescere il Corpo Mistico di Cristo, è assolutamente necessario che così eccellano per santità di costumi, che attraverso di essi si diffonda dovunque il “buon profumo di Cristo” (2Cor 2,15).
Il dovere fondamentale
Il giorno stesso in cui voi, diletti figli, foste innalzati alla dignità sacerdotale, il Vescovo, a nome di Dio, vi ha solennemente indicato quale fosse il vostro dovere fondamentale: “Comprendete ciò che fate, imitate ciò che trattate, affinché, celebrando il mistero della morte del Signore, procuriate di mortificare le vostre membra da tutti i vizi e le concupiscenze. Sia, la vostra dottrina, spirituale medicina al popolo di Dio; sia il profumo della vostra vita il diletto della Chiesa di Cristo, affinché con la predicazione e con l’esempio, edifichiate la casa, che è famiglia di Dio” .
Totalmente immune da peccato, la vostra vita, più di quella dei semplici fedeli, sia nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3). Soltanto adorni di quella esimia virtù che esige la vostra dignità, potrete attendere all’officio cui vi ha destinati la sacra ordinazione, di continuare e completare l’opera della redenzione.
Questo è il programma da voi liberamente e spontaneamente assunto; siate santi, perché santo è il vostro ministero.
Parte I – LA SANTITÀ DELLA VITA
La perfezione consiste nel fervore della carità
Secondo l’insegnamento del Divino Maestro, la perfezione della vita cristiana consiste nell’amore verso Dio e verso il prossimo (Mt 22,37.38.39), amore che sia però veramente fervido, premuroso, attivo. Se esso ha queste doti, può dirsi veramente che abbraccia tutte le virtù (cf. 1Cor 13,4s), ed a ragione può chiamarsi “vincolo di perfezione” (Col 3,14). In qualunque stato pertanto l’uomo si trovi, a questo fine deve dirigere le sue intenzioni e le sue azioni.
Il Sacerdote è chiamato alla perfezione
A questo dovere tuttavia è tenuto in modo particolare il Sacerdote. Ogni sua azione sacerdotale infatti, per sua stessa natura – in quanto proprio a tal fine il Sacerdote è stato per divina vocazione chiamato, e destinato ad un divino officio ed insignito di un divino carisma – tende a questo; egli infatti deve prestare la sua cooperazione a Cristo, unico ed eterno Sacerdote; è necessario pertanto che segua ed imiti Colui il quale, durante la sua vita terrena, non ebbe altro scopo che dimostrare il suo ardentissimo amore verso il Padre e partecipare agli uomini gli infiniti tesori del suo Cuore.
IMITAZIONE DI CRISTO
Intima unione con Gesù
Il primo impulso, dal quale deve esser mosso lo spirito sacerdotale, deve esser quello di unirsi strettamente al Divin Redentore, per accettare docilmente ed in tutta la loro integrità i divini insegnamenti, e per applicarli diligentemente in tutti i momenti della sua esistenza, di modo che la fede sia costantemente la luce della sua condotta e la sua condotta sia il riflesso della sua fede.
Tenere lo sguardo fisso in lui
Seguendo la luce di questa virtù, egli terrà fisso lo sguardo in Cristo, ne seguirà gli insegnamenti e gli esempi, intimamente persuaso che non è sufficiente per lui limitarsi a compiere i doveri cui sono tenuti i semplici fedeli, ma deve tendere con sempre maggior lena a quella santità che esige la dignità sacerdotale, secondo l’avvertimento della Chiesa: “I chierici devono condurre vita più santa dei laici, ed essere a questi di esempio nella virtù e nel retto operare” .
Vita cristocentrica
La vita sacerdotale, come deriva da Cristo, così tutta e sempre deve dirigersi a lui. Cristo è il Verbo di Dio, che non sdegnò di assumere la natura umana; che visse la sua vita terrena per compiere la volontà dell’Eterno Padre; che diffonde intorno a sé il profumo del giglio; che visse nella povertà; “che passò facendo del bene e sanando tutti” (At 10,38); che infine si immolò ostia per la salvezza dei fratelli. Ecco, diletti figli, la sintesi di quella mirabile vita; studiatevi di riprodurla in voi, memori dell’esortazione: “Vi ho dato l’esempio, affinché, come io ho fatto, così facciate anche voi” (Gv 13,15).
Pratica dell’umiltà
L’inizio della perfezione cristiana è nell’umiltà. “Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore” (Mt 11,29). Di fronte all’altezza della dignità alla quale siamo stati elevati con il Battesimo e l’Ordine Sacro, la consapevolezza della nostra miseria spirituale deve indurci a meditare la divina sentenza di Gesù Cristo: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).
Diffidenza di sé stessi
Il Sacerdote non confidi nelle proprie forze, non si compiaccia delle proprie doti, non cerchi la stima e la lode degli uomini, non aspiri a posti elevati, ma imiti Cristo, il quale non venne “per essere servito, ma a servire” (Mt 20,28); e rinneghi se stesso secondo l’insegnamento del Vangelo (cf. Mt 16,24), distaccando l’animo dalle cose terrene per seguire più speditamente il Divino Maestro. Tutto ciò che egli ha, tutto ciò che è, viene dalla bontà e dalla potenza di Dio: se vuole dunque gloriarsi, ricordi le parole dell’Apostolo: “Quanto a me, di niente mi glorierò, se non delle mie debolezze” (2Cor 12,5).
Immolazione della volontà
Lo spirito di umiltà, illuminato dalla fede, dispone l’anima alla immolazione della volontà attraverso l’obbedienza. Cristo stesso, nella società da lui fondata, ha stabilito un’autorità legittima, che è una continuazione della sua. Perciò, chi obbedisce ai Superiori, obbedisce allo stesso Redentore.
Necessità dell’obbedienza
In un’età come la nostra, in cui il principio d’autorità è gravemente scosso, è assolutamente necessario che il Sacerdote, saldo nei principii della fede, consideri e accetti l’autorità non solo come baluardo dell’ordine sociale e religioso, ma anche come fondamento della sua stessa santificazione personale. Mentre i nemici di Dio, con criminosa astuzia, si sforzano di sobillare e solleticare le smoderate bramosie di qualcuno, per indurlo ad erigersi contro la Santa Madre Chiesa, Noi desideriamo dare la dovuta lode e sostenere con paterno animo quella larga schiera di Ministri di Dio, che per dimostrare apertamente la loro cristiana obbedienza e conservare intatta la propria fedeltà a Gesù ed alla legittima autorità da lui stabilita, “sono stati trovati degni di soffrire contumelie per il nome di Cristo” (At 5,41), e non solo contumelie, ma persecuzioni e carceri e morte.
Rinunce del celibato
Il Sacerdote ha come campo della propria attività tutto ciò che si riferisce alla vita soprannaturale, ed è organo di comunicazione e di incremento della stessa vita nel Corpo Mistico di Cristo. Perciò è necessario che egli rinunci a “tutto ciò che è del mondo”, per curare solamente ciò “che è del Signore” (1Cor 7,32.33). Ed è appunto perché egli deve essere libero dalle preoccupazioni del mondo per dedicarsi tutto al divino servizio, che la Chiesa ha stabilito la legge del celibato, affinché fosse sempre più manifesto a tutti che il Sacerdote è Ministro di Dio e padre delle anime. Con la legge del celibato, il Sacerdote, piuttosto che perdere il dono e l’ufficio della paternità, lo accresce all’infinito, giacché se non genera una figliolanza a questa vita terrena e caduca, la genera a quella celeste ed eterna.
Quanto più rifulge la castità sacerdotale, tanto più il Sacerdote diventa insieme con Cristo “ostia pura, ostia santa, ostia immacolata” .
Per custodire integerrima, quale tesoro inestimabile, la purezza sacerdotale, è necessario attenersi fedelmente a quella esortazione del Principe degli Apostoli, che ogni giorno ripetiamo nel divino officio: “Siate sobrii, e vigilate” (1Pt 5,8).
Vigilanza e preghiera, custodi della castità
Sì, vigilate, diletti figli, poiché la castità sacerdotale è esposta a molti pericoli, sia per la dissolutezza dei costumi, sia per gli allettamenti del vizio che sono così frequenti ed insidiosi, sia infine per quella eccessiva libertà che s’introduce sempre più nei rapporti tra i due sessi e che tenta di penetrare anche nell’esercizio del sacro ministero. “Vigilate e pregate” (Mc 14,38), memori che le vostre mani toccano le cose più sante, e che voi siete consacrati a Dio ed a lui solo dovete servire. L’abito stesso che portate vi ammonisce che non dovete vivere al mondo, ma a Dio. Adoperatevi dunque con ardore e con alacrità, confidando nella protezione della Vergine Madre di Dio, per conservarvi sempre “nitidi, mondi, puri, casti, come si conviene a Ministri di Cristo ed a dispensatori dei misteri di Dio” .
Evitare le familiarità
A tal proposito vi rivolgiamo una particolare esortazione perché nel dirigere le associazioni ed i sodalizi femminili, vi mostriate come si addice a Sacerdoti; evitate ogni familiarità; quando è necessario che diate la vostra opera, datela come sacri Ministri. Nel dirigere poi queste associazioni, la vostra parte si limiti a quanto richiesto dal sacro ministero.
Distacco dai beni terreni
Al distacco dalla vostra volontà e da voi stessi con la generosa obbedienza ai Superiori ed alla rinuncia ai piaceri terreni con la castità, dovete unire il distacco dell’animo dalle ricchezze e dalle cose terrene. Vi esortiamo ardentemente, o fratelli, a non attaccarvi con l’affetto alle cose di questa terra, transitorie e periture. Prendete ad esempio i grandi Santi degli antichi e nostri tempi, i quali, unendo il necessario distacco dai beni materiali ad una grandissima fiducia nella Provvidenza e ad un ardentissimo zelo sacerdotale, hanno compiuto opere mirabili, confidando unicamente in Dio, il quale non fa mai mancare il necessario. Anche il Sacerdote, che non fa professione di povertà con particolare voto, deve essere sempre guidato dallo spirito e dall’amore di questa virtù; amore che deve dimostrare con la semplicità e la modestia del tenore di vita, dell’abitazione e nella generosità verso i poveri. In modo particolarissimo poi aborrisca dall’immischiarsi in imprese economiche, imprese che gli impedirebbero di compiere i suoi doveri pastorali e gli diminuirebbero la dovuta considerazione dei fedeli. Il Sacerdote, poiché deve attendere con ogni impegno a procurare la salvezza delle anime, deve sempre poter applicare a se stesso il detto di San Paolo: “Non cerco le cose vostre ma voi” (2Cor 12,14).
Essere modelli di ogni virtù
Molto avremmo ancora da dire su tutte le virtù con le quali il Sacerdote deve riprodurre in se stesso, nel miglior modo possibile, l’esemplare divino che è Gesù Cristo. Abbiamo tuttavia preferito fermare la vostra attenzione su ciò che Ci sembra più necessario ai nostri tempi. Vi ricordiamo peraltro le parole dell’aureo libro dell’Imitazione di Cristo: “Il Sacerdote deve essere adorno di tutte le virtù, e dare agli altri esempio di retta vita. La sua conversazione non sia secondo le volgari e comuni vie degli uomini, ma con gli Angeli e gli uomini perfetti” .
NECESSITÀ DELLA GRAZIA PER LA SANTIFICAZIONE
Verità consolanti
Nessuno ignora, diletti figli, come non sia possibile ad alcun cristiano, ed in special modo ai Sacerdoti, di imitare i mirabili esempi del Divino Maestro, senza l’aiuto della grazia, e senza l’uso di quegli strumenti della grazia che egli stesso ha messo a nostra disposizione: uso che è tanto più necessario, quanto più alto è il grado di perfezione che noi dobbiamo conseguire e quanto più gravi sono le difficoltà, che derivano dalla nostra natura incline al male. Per questa ragione, giudichiamo opportuno passare alla considerazione di altre verità, quanto mai sublimi e consolanti, dalle quali ancor più chiaramente appare quanto profonda debba essere la santità sacerdotale e quanto efficaci siano gli aiuti datici dal Signore perché possiamo compiere in noi i disegni della divina misericordia.
Vita di sacrificio
Come tutta la vita del Salvatore fu ordinata al sacrificio di se stesso, così anche la vita del Sacerdote, che deve riprodurre in sé l’immagine di Cristo, deve essere con Lui, per Lui, ed in Lui, un accettevole sacrificio.
Ad esempio di Gesù sul Calvario
Difatti, l’offerta che il Signore fece sul Calvario, non fu soltanto l’immolazione del suo Corpo; Egli offrì se stesso, ostia di espiazione, come Capo dell’umanità, e perciò “mentre raccomanda il suo spirito nelle mani del Padre, raccomanda se stesso a Dio come uomo, per raccomandargli tutti gli uomini” .
Nella Santa Messa
La stessa cosa avviene nel Sacrificio Eucaristico, che è rinnovazione incruenta del sacrificio della Croce: Cristo offre se stesso al Padre per la sua gloria e per la nostra salute. Ed in quanto egli, sacerdote e vittima, agisce come Capo della Chiesa, offre ed immola non soltanto se stesso, ma tutti i fedeli, ed in certo qual modo tutti gli uomini .
I tesori del Sacrificio Eucaristico
Ora, se questo vale per tutti i fedeli, a maggior titolo vale per i Sacerdoti, i quali sono Ministri di Cristo, principalmente per la celebrazione del Sacrificio Eucaristico. Ed appunto nel Sacrificio Eucaristico, quando “in persona di Cristo”, consacra il pane ed il vino che diventano Corpo e Sangue di Cristo, il Sacerdote può attingere dalla stessa sorgente della vita soprannaturale gli inesauribili tesori della salvezza e tutti quegli aiuti che sono necessari a lui personalmente ed al compimento della sua missione.
Vivere la Santa Messa
Il Sacerdote, mentre è a così stretto contatto dei divini misteri, non può non aver fame e sete di giustizia (cf. Mt 5,6), o non sentire lo stimolo ad adeguare la sua vita alla sua eccelsa dignità e ad orientarla verso il sacrificio, dovendo offrire ed immolare se stesso con Cristo. Quindi egli non soltanto celebrerà la Santa Messa, ma la vivrà intimamente; così soltanto potrà attingere quella forza soprannaturale che lo trasformerà e lo farà partecipe della vita di sacrificio del Redentore.
Trasformazione in vittime con Gesù
San Paolo pone come principio fondamentale della perfezione cristiana il precetto: “Rivestitevi del Signore Nostro Gesù Cristo” (Rm 13,14). Questo precetto, se vale per tutti i cristiani, vale in modo speciale per i Sacerdoti. Ma rivestirsi di Cristo non è soltanto ispirare il proprio pensiero alla sua dottrina, sibbene entrare in una nuova vita, la quale, per risplendere dei fulgori del Tabor, deve anche conformarsi alle sofferenze del Calvario. Ciò comporta un lavoro lungo ed arduo che trasformi l’anima allo stato di vittima, perché partecipi intimamente al sacrificio di Cristo. Questo arduo ed assiduo lavoro, non si compie con vane velleità, né si esaurisce in desideri e promesse, ma deve essere un esercizio indefesso e continuo, che porti al rinnovamento dello spirito; deve essere un esercizio di pietà, che riferisca tutto alla gloria di Dio; deve essere esercizio di penitenza, che freni e governi i moti dell’animo; deve essere atto di carità, che infiammi l’animo di amore verso Dio e verso il prossimo e stimoli ad opere di misericordia; deve essere infine volontà operosa di lotta e di fatica per fare tutto ciò che è bene.
Monito di San Pier Crisologo
Il Sacerdote deve dunque studiarsi di riprodurre nella sua anima tutto ciò che avviene sull’Altare. Come Gesù Cristo immola se stesso, così il suo Ministro deve immolarsi con Lui; come Gesù espia i peccati degli uomini, così egli, seguendo l’arduo cammino dell’ascetica cristiana, deve pervenire alla propria ed altrui purificazione. Così ammonisce San Pier Crisologo: “Sii sacrificio e Sacerdote di Dio; non perdere quel che ti diede la Divina Autorità. Rivestiti della stola della santità; cingiti della cintura della castità; sia Cristo, velo sulla tua testa; stia la Croce a baluardo sulla tua fronte; apponi al tuo petto il sacramento della scienza divina; brucia sempre il profumo della orazione; afferra la spada dello spirito; fa’ del tuo cuore come un altare ed offri così sicuro il tuo corpo vittima a Dio… Offri la fede, in modo che sia punita la perfidia; immola il digiuno, perché cessi la voracità; offri in sacrificio la castità, perché muoia la libidine; poni sull’Altare la pietà, perché sia deposta l’empietà; invita la misericordia, perché sia distrutta l’avarizia; e perché scompaia la stoltezza, conviene immolare la santità: così il tuo corpo sarà la sua ostia, se non sarà ferito da alcun dardo del peccato” .
La mistica morte in Cristo
Vogliamo qui ripetere in modo particolare ai Sacerdoti quanto abbiamo già proposto alla meditazione di tutti i fedeli nella Enciclica Mediator Dei: “È ben vero che Gesù Cristo è Sacerdote, ma non per se stesso, bensì per noi, presentando all’eterno Padre i voti ed i religiosi sensi di tutto il genere umano; Gesù è vittima, ma per noi, sostituendosi all’uomo peccatore; ora il detto dell’Apostolo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Gesù Cristo”, esige da tutti i cristiani di riprodurre in sé, per quanto è in potere dell’uomo, lo stesso stato d’animo che aveva il Divin Redentore quando faceva il sacrificio di sé: l’umile sottomissione dello spirito cioè, l’adorazione, l’onore, la lode ed il ringraziamento alla somma Maestà di Dio; richiede inoltre di riprodurre in se stessi le condizioni della vittima; l’abnegazione di sé secondo i precetti del Vangelo, il volontario e spontaneo esercizio della penitenza, il dolore e l’espiazione dei propri peccati. Esige, in una parola, la nostra mistica morte in croce col Cristo, in modo da poter dire con Paolo: “Sono confitto con Cristo in croce”” .
Valerci delle ricchezze del Sangue di Gesù
Sacerdoti e figli diletti, abbiamo nelle nostre mani un grande tesoro, una preziosissima margherita, le ricchezze inesauribili del Sangue di Gesù Cristo; avvaliamocene con la più grande larghezza per essere, con il sacrificio totale di noi stessi offerti al Padre con Gesù Cristo, i veri mediatori di giustizia “in quelle cose che riguardano Dio” (Eb 5,1), e per meritare che le nostre preghiere siano accette ed impetrino grazie sovrabbondanti per tutta la Chiesa e per tutte le anime. Solo dopo che saremo divenuti una sola cosa con Cristo mediante la sua e nostra oblazione, ed avremo elevata la nostra voce con il coro degli abitanti della celeste Gerusalemme, “illi canentes iungimur almae Sionis aemuli” , solo allora corroborati dalla virtù del Salvatore, potremo scendere sicuri dal monte della santità che avremo conseguita, per portare a tutti gli uomini la vita e la luce di Dio attraverso il ministero sacerdotale.
NECESSITÀ DELLA PREGHIERA E DELLA PIETÀ
L’obbligo del Divin Ufficio
La santità perfetta richiede anche una continua comunicazione con Dio; e perché questo intimo contatto che l’anima sacerdotale deve stabilire con Dio non fosse mai interrotto nella successione dei giorni e delle ore, la Chiesa ha fatto obbligo al Sacerdote di recitare l’Ufficio Divino. Essa ha in tal modo raccolto fedelmente il precetto del Signore: “Bisogna pregare sempre e non stancarsi” (Lc 18,1).
La Chiesa, come non cessa mai di pregare, così desidera ardentemente che i suoi figli facciano lo stesso, ripetendo la parola dell’Apostolo: “Per Lui adunque offriamo sempre a Dio l’ostia di lode, cioè il frutto delle labbra, che confessino il suo nome” (Eb 13,15). Ai Sacerdoti essa ha commesso il compito particolare di consacrare a Dio, pregando anche a nome del popolo, tutto il tempo e tutte le circostanze.
Voce di Cristo e della Chiesa
Conformandosi a questa disposizione, il Sacerdote continua a fare nel corso dei secoli quello che fece Cristo, il quale “nei giorni della sua carne, avendo offerto preghiere e suppliche con grande grido… fu esaudito per la sua reverenza” (Eb 5,7). Questa preghiera ha una efficacia singolare, perché è fatta in nome di Cristo “per il Signor Nostro Gesù Cristo” il quale è nostro mediatore presso il Padre, ed a Lui presenta incessantemente la sua soddisfazione, i suoi meriti, ed il prezzo sommo del suo Sangue. Essa è veramente la “voce di Cristo”, il quale “prega per noi quale nostro Sacerdote, prega in noi quale nostro Capo” . È parimenti sempre la “voce della Chiesa” che riassume i voti ed i desideri di tutti i fedeli, i quali, associati alla voce ed alla fede del Sacerdote, lodano Gesù Cristo e, per mezzo di Lui, ringraziano l’Eterno Padre e ne impetrano gli aiuti necessari nelle vicende di ogni giorno e di ogni ora. In tal modo si ripete per mezzo dei Sacerdoti quel che Mosè fece sul Monte Sinai, quando, levate le braccia al Cielo, parlava a Dio e ne otteneva misericordia a favore del suo popolo, che penava nella valle sottostante.
Mezzi efficienti di santificazione
L’Ufficio Divino è anche un mezzo quanto mai efficace di santificazione. Non è infatti soltanto una recita di formule, né di cantici da eseguirsi con arte; non si tratta soltanto del rispetto di certe norme, dette rubriche, o di cerimonie esterne del culto: ma si tratta piuttosto dell’elevazione della mente e dell’anima a Dio perché si uniscano all’armonia degli spiriti beati ; elevazione che suppone quelle disposizioni interiori ricordate al principio dell’Ufficio Divino: “degnamente, attentamente, devotamente”.
Avere le intenzioni stesse di Gesù
È perciò necessario che il Sacerdote preghi con la stessa intenzione del Redentore. È dunque quasi la stessa voce del Signore, il quale, tramite il suo Sacerdote, continua ad implorare dalla clemenza del Padre i benefici della Redenzione; è la voce del Signore, cui si associano le schiere degli Angeli e dei Santi in Cielo e dei fedeli tutti sulla terra, per glorificare debitamente Dio; è la voce stessa di Cristo nostro avvocato, attraverso la quale ci vengono ottenuti gli immensi tesori dei suoi meriti.
La meditazione accurata del Breviario
Meditate perciò attentamente quelle verità feconde che lo Spirito Santo ci elargisce nelle Sacre Scritture e che gli scritti dei Padri e dei Dottori commentano. Mentre le vostre labbra ripetono le parole dettate dallo Spirito Santo, studiatevi di non perdere nulla di tanto tesoro e, affinché nella vostra anima sia viva l’eco della voce di Dio, allontanate con cura quanto può distrarvi e raccogliete i vostri pensieri, in modo da attendere più facilmente e con maggior frutto alla contemplazione delle verità eterne.
Seguire il ciclo liturgico
Nella Nostra Enciclica Mediator Dei, abbiamo diffusamente spiegato a quale scopo il ciclo liturgico rievochi e rappresenti ordinatamente, durante l’anno, i Misteri di Nostro Signor Gesù Cristo, e celebri le Feste della Beata Vergine e dei Santi. Quegli insegnamenti, che abbiamo impartito a tutti perché a tutti utilissimi, devono essere meditati specialmente da voi, o Sacerdoti; voi, che con il Sacrificio Eucaristico e con il Divino Ufficio, avete una parte tanto importante nello svolgimento del ciclo liturgico.
Perché progrediscano sempre più speditamente nella via della santità, la Chiesa raccomanda vivamente ai Sacerdoti, oltre che la celebrazione del Sacrificio Eucaristico e la recita del Divino Ufficio, anche altri esercizi di pietà. Intorno ad essi giova proporre qualche cosa alla vostra considerazione.
La contemplazione delle cose celesti…
La Chiesa ci esorta innanzi tutto alla meditazione, la quale solleva l’anima alla contemplazione delle cose celesti, la guida verso Dio, e la fa vivere in quell’atmosfera soprannaturale di pensieri e di affetti che costituiscono la migliore preparazione ed il più fruttuoso ringraziamento alla Santa Messa. La meditazione inoltre dispone l’anima a gustare e comprendere le bellezze della liturgia, e le fa contemplare le verità eterne ed i mirabili esempi ed insegnamenti del Vangelo. Ora a questo il Sacerdote deve continuamente mirare per riprodurre in se stesso le virtù del Redentore.
…e dei misteri della vita di Gesù
Ma come il cibo materiale non alimenta la vita, non la sostenta, non la accresce, se non è convenientemente assimilato, così il Sacerdote non può acquistare il dominio di se stesso e dei suoi sensi, né purificare il suo spirito, né tendere – come deve – alla virtù, né, infine, compiere con alacre fedeltà e con frutto i doveri del suo sacro ministero, se non avrà approfondito, con meditazione assidua ed incessante, i misteri del Redentore Divino, modello supremo della vita sacerdotale e fonte inesauribile di santità.
Danni gravi per chi la trascura
Stimiamo pertanto essere grave Nostro obbligo di esortarvi alla pratica della meditazione quotidiana, pratica raccomandata al Clero anche dal Codice di Diritto Canonico . Come infatti lo stimolo alla perfezione sacerdotale è alimentato e rinforzato dalla meditazione quotidiana, così dal trascurare e negligere questa pratica, trae origine la tiepidezza dello spirito, per cui la pietà diminuisce e langue, e non soltanto cessa od è ritardato l’impulso alla santificazione personale, ma tutto il ministero sacerdotale soffre non lievi danni. Perciò si deve con fondamento asserire che nessun altro mezzo ha l’efficacia particolare della meditazione, e che la pratica quotidiana di essa è quindi insostituibile.
Preghiere varie e spirito di orazione
Dall’orazione mentale non sia poi disgiunta l’orazione vocale e le altre forme di preghiera privata che, nella particolare condizione di ciascuno, giovino ad attuare l’unione dell’anima con Dio. Si deve però tener presente: più che le molteplici preghiere, vale la pietà ed il vero ed ardente spirito di orazione. Questo ardente spirito di orazione, se mai in altri tempi, oggi specialmente è necessario, quando il così detto “naturalismo” ha invaso le menti e gli animi, e la virtù è esposta a pericoli di ogni genere, pericoli che talvolta s’incontrano nell’esercizio dello stesso ministero. Che cosa vi potrà meglio premunire da queste insidie, che cosa potrà meglio elevare l’anima alle cose celesti e tenerla unita con Dio, che la assidua preghiera e la invocazione del divino aiuto?
Ardente devozione alla Madonna
E poiché i Sacerdoti possono essere chiamati a titolo tutto particolare figli di Maria, essi non potranno fare a meno di nutrire verso la Vergine un’ardente devozione, di invocarla con fiducia, di implorare con frequenza la sua valida protezione. Ogni giorno perciò, come la Chiesa stessa raccomanda , reciteranno il Santo Rosario, che proponendo alla nostra meditazione anche i misteri del Redentore, ci conduce “a Gesù per mezzo di Maria”.
La visita quotidiana al Santissimo Sacramento
Il Sacerdote poi, prima di chiudere la sua giornata di lavoro, si recherà presso il Tabernacolo ed ivi si tratterrà alquanto per adorare Gesù nel suo Sacramento di amore, per riparare alla ingratitudine di troppi verso così grande Sacramento, per accendersi sempre più dell’amore di Dio, e per rimanere in qualche modo anche durante il tempo del riposo notturno, che richiama alla mente il silenzio della morte, alla presenza del Cuore di Cristo.
L’esame di coscienza
Né ometta il cotidiano esame di coscienza, che è il mezzo più efficace sia per rendersi conto dell’andamento della vita spirituale durante il giorno, sia per rimuovere gli ostacoli che intralciano o ritardano il progresso nella virtù, sia infine per conoscere i mezzi più idonei ad assicurare al ministero sacerdotale maggiori frutti e per implorare dal Padre Celeste indulgenza sulle nostre miserie.
La Confessione frequente
Questa indulgenza ed il perdono dei peccati ci sono concessi nel Sacramento della Penitenza, capolavoro della bontà di Dio, per soccorrerci nella nostra fragilità. Non avvenga mai, diletti figli, che proprio il Ministro di questo Sacramento di riconciliazione si astenga da esso. La Chiesa, come sapete, in questa materia dispone: “Vigilino gli Ordinari perché i chierici tutti detergano frequentemente le macchie della propria coscienza con il Sacramento della Penitenza” . Benché Ministri di Cristo, siamo tuttavia deboli e miseri; come potremo dunque ascendere l’altare e trattare i sacri misteri, se non procureremo di purificarci il più spesso possibile? Con la Confessione frequente “si accresce la retta conoscenza di se stesso, si sviluppa la cristiana umiltà, si sradica la perversità dei costumi; si resiste alla negligenza ed al torpore spirituale, si purifica la coscienza, si rinvigorisce la volontà, si procura la salutare direzione delle coscienze e si aumenta la grazia in forza dello stesso sacramento” .
La direzione spirituale
E qui viene opportuna anche un’altra raccomandazione: che nell’affrontare e procedere nella vita spirituale non vi fidiate di voi stessi, ma con semplicità e docilità chiediate ed accettiate l’aiuto di chi con sapiente moderazione può guidare l’anima vostra, indicarvi i pericoli, suggerirvi i rimedi idonei, ed in tutte le difficoltà interne ed esterne vi può dirigere rettamente ed avviarvi a perfezione sempre maggiore, secondo l’esempio dei Santi e gli insegnamenti dell’ascetica cristiana. Senza questa prudente guida della coscienza, in via ordinaria è assai difficile assecondare convenientemente gli impulsi dello Spirito Santo e delle grazie divine.
Gli esercizi spirituali
Desideriamo ardentemente infine raccomandare a tutti la pratica degli esercizi spirituali. Quando noi ci segreghiamo per alcuni giorni dalle consuete occupazioni e dall’ambiente abituale e ci ritiriamo nella solitudine e nel silenzio, allora più attentamente prestiamo orecchio alla voce di Dio, e questa penetra più profondamente nell’animo nostro. Gli Esercizi, mentre ci richiamano ad un più diligente compimento dei doveri del nostro ministero, con la contemplazione dei Misteri del Redentore rafforzano la nostra volontà affinché “serviamo a Lui in santità e giustizia in tutti i nostri giorni” (Lc 1,74-75).
Parte II – LA SANTITÀ NEL SACRO MINISTERO
Sul monte Calvario è stato aperto al Redentore il Costato, dal quale fluì il suo Sangue sacro, che scorre nel corso dei secoli qual torrente inondante, per purificare le coscienze degli uomini, espiare i loro peccati ed impartire ad essi i tesori della salvezza.
Il Sacerdote dispensatore dei Misteri di Dio
Alla esecuzione di sì sublime ministero sono destinati i sacerdoti. Essi infatti non soltanto conciliano e comunicano la grazia di Cristo alle membra del suo Corpo mistico, ma sono anche gli organi di sviluppo del medesimo Corpo mistico, perché essi devono dare alla Chiesa sempre nuovi figli, educarli, coltivarli, guidarli. Essi sono “dispensatori dei misteri di Dio” (1Cor 4,1); devono perciò servire a Gesù Cristo con perfetta carità, e consacrare tutte le proprie forze alla salvezza dei fratelli. Essi sono gli apostoli della luce: devono perciò illuminare il mondo con la dottrina del Vangelo, ed essere così forti nella fede, da poterla comunicare agli altri, e seguire gli esempi e gli insegnamenti del Divino Maestro, per poter condurre tutti a Lui. Sono gli apostoli della grazia e del perdono; devono perciò consacrarsi totalmente alla salvezza degli uomini ed attirarli all’altare di Dio perché si nutrano del pane della vita eterna. Sono gli apostoli della carità: devono quindi promuovere le opere di carità, tanto più urgenti oggi che i bisogni degli indigenti sono enormemente cresciuti.
Le varie forme dell’apostolato moderno
Il Sacerdote deve inoltre adoperarsi affinché i fedeli comprendano giustamente la dottrina della “Comunione dei Santi”, la sentano, la vivano; si serva a tal fine di opere quali l’apostolato liturgico e l’apostolato della preghiera. Deve poi promuovere tutte quelle forme di apostolato, che oggi, per le speciali necessità del popolo cristiano, sono di tanta importanza e di tanta urgenza. Si adoperi pertanto per la diffusione dell’insegnamento catechistico, per lo sviluppo e la diffusione dell’Azione Cattolica e dell’Azione Missionaria: e, mediante l’opera di laici ben preparati e formati, dia incremento a quelle iniziative di apostolato sociale che il nostro tempo richiede.
Esercitare l’apostolato in unione con Cristo
Ricordi tuttavia il Sacerdote che il suo ministero sarà tanto più fecondo, quanto più strettamente egli sarà unito a Cristo e sarà guidato nell’azione dallo spirito di Cristo. Allora, la sua attività non si ridurrà ad un movimento e ad un’agitazione puramente naturali, che affatichino il corpo e lo spirito e che espongano lo stesso Sacerdote a deviazioni dannose a sé ed alla Chiesa: ma il suo lavoro e le sue fatiche saranno fecondati e corroborati da quei carismi di grazia che Dio nega ai superbi, ma concede largamente a coloro i quali, operando in umiltà nella “vigna del Signore”, non cercano se stessi ed il proprio tornaconto (cf. 1Cor 10,33), sebbene la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Pertanto, fedele all’insegnamento del Vangelo, non confidi in se stesso e nelle proprie forze, ma riponga la sua fiducia nell’aiuto del Signore: “Non è nulla né colui che pianta, né colui che irriga; ma Dio che dà il crescere” (1Cor 3,7).
Riproducendo in se stessi la sua immagine
Quando l’apostolato sia così ordinato ed ispirato, non potrà non avvenire che il Sacerdote attiri a sé, con forza quasi divina, gli animi di tutti. Riproducendo egli nei suoi costumi e nella sua vita quasi una viva immagine di Cristo, tutti coloro che a lui si rivolgono come a maestro, riconosceranno, spinti da interna persuasione, che egli non dice parole sue, ma parole di Dio, e non agisce per propria virtù, ma per virtù di Dio. “Chi parla, come parole di Dio; chi ha un ministero, come per una virtù comunicata da Dio” (1Pt 4,11). Nel tendere alla santità e nell’esercitare con somma diligenza il suo ministero, il Sacerdote deve sforzarsi di rappresentare Cristo così perfettamente da poter, con tutta modestia, ripetere le parole dell’Apostolo delle Genti: “Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo” (1Cor 4,16).
Guardarsi dall’eresia dell’azione
Per queste ragioni, mentre diamo la dovuta lode a quanti, nel faticoso assetto di questo dopoguerra, spinti dall’amore verso Dio e dalla carità verso il prossimo, sotto la guida e seguendo l’esempio dei loro Vescovi, hanno consacrato tutte le loro forze a sollievo di tante miserie, non possiamo astenerci dall’esprimere la Nostra preoccupazione, e la Nostra ansietà per coloro i quali, per le speciali circostanze del momento, si sono ingolfati nel vortice dell’attività esteriore, così da negligere il principale dovere del Sacerdote, che è la santificazione propria. Abbiamo già detto in pubblico documento che devono essere richiamati a più retto sentire quanti presumono che si possa salvare il mondo attraverso quella che è stata giustamente chiamata “l’eresia dell’azione”: di quell’azione, che non ha le sue fondamenta nell’aiuto della grazia, e non si serve costantemente dei mezzi necessari al conseguimento della santità, dataci da Cristo. Allo stesso modo abbiamo però stimolato alle opere di ministero coloro che, chiusi in se stessi e quasi diffidenti della efficacia del divino aiuto, non si adoperano, secondo le proprie possibilità, a far penetrare lo spirito cristiano nella vita quotidiana, in tutte quelle forme che sono richieste dai nostri tempi .
Impegnarsi interamente alla salvezza delle anime
Vi esortiamo quindi ardentemente affinché, strettamente uniti al Redentore, con il cui aiuto possiamo ogni cosa (cf. Fil 4,13), vi adoperiate con tutta sollecitudine per la salvezza di coloro che la Provvidenza ha affidato alle vostre cure. Come ardentemente desideriamo, o diletti figli, che emuliate quei santi i quali, nei tempi passati, con le loro grandi opere hanno dimostrato che cosa possa la potenza della grazia divina. Che tutti e ciascuno, in umiltà e sincerità possiate sempre attribuirvi – testimoni i vostri fedeli – il detto dell’Apostolo: “Io volentierissimo sacrificherò il mio, anzi me stesso per le anime vostre” (2Cor 12,15). Illuminate le menti, dirigete le coscienze, confortate e sostenete le anime che si dibattono nel dubbio e gemono nel dolore. A queste forme di apostolato, unite pure tutte quelle altre che le necessità dei tempi esigono. Ma sia sempre a tutti manifesto che il Sacerdote, in tutte le sue attività, niente altro cerca all’infuori del bene delle anime, non ad altro mira, che a Cristo, al quale consacra le sue forze e tutto se stesso.
Seguire gli esempi del Redentore
Al modo stesso che per spronarvi alla santificazione personale vi abbiamo esortato a riprodurre in voi stessi quasi la viva immagine di Cristo, così ora, per l’efficacia santificatrice del vostro ministero vi incitiamo a seguire gli esempi del Redentore. Egli, ripieno di Spirito Santo, “passò facendo del bene e sanando tutti coloro che erano oppressi dal demonio, perché Dio era con lui” (At 10,38). Corroborati dallo stesso Spirito e spinti dalla sua forza, voi potrete esercitare un ministero che, alimentato dalla carità cristiana, sarà ricco della virtù divina e potrà comunicare la stessa virtù agli altri. Il vostro zelo sia vivificato da quella carità che sopporta tutto con animo sereno, che non si lascia vincere dalle avversità e che abbraccia tutti, poveri e ricchi, amici e nemici, fedeli ed infedeli. Questa diuturna fatica e questa quotidiana pazienza richiedono da voi le anime, per la salvezza delle quali il nostro Salvatore subì pazientemente dolori e tormenti fino alla morte, per restituirci all’amicizia divina. È questo, e ben lo sapete, il più grande dei beni. Non fatevi perciò prendere da smoderato desiderio di successo, né lasciatevi disarmare se, dopo assiduo lavoro, non raccogliete i frutti desiderati: “Uno semina ed un altro raccoglie” (Gv 4,37).
Con carità benigna
Splenda inoltre il vostro zelo di carità benigna. Se infatti è necessario – ed è dovere di tutti – combattere l’errore e respingere il vizio, l’animo del Sacerdote tuttavia deve essere sempre aperto alla compassione. Bisogna combattere con tutte le forze l’errore, ma amare intensamente il fratello che erra, e condurlo alla salvezza. Quanto bene non hanno fatto, quante mirabili opere non hanno compiuto i Santi con la loro benignità, anche in ambienti traviati dalla menzogna e degradati dal vizio. Certo, tradirebbe il suo ministero colui il quale, per piacere agli uomini, ne blandisse le malsane inclinazioni od indulgesse al loro non retto modo di pensare e di agire, con pregiudizio della dottrina cristiana e della integrità dei costumi. Quando tuttavia sono salvi gli insegnamenti del Vangelo, e gli erranti sono mossi da desiderio sincero di tornare sulla retta via, allora il Sacerdote deve ricordare la risposta del Signore a Pietro che gli domandava quante volte si sarebbe dovuto perdonare al fratello: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,22).
Essere disinteressati
Il vostro zelo deve aver per oggetto non le cose terrene e caduche, ma le eterne. Il proposito dei Sacerdoti che aspirano alla santità deve essere questo: lavorare unicamente per la gloria e la salvezza delle anime. Quanti Sacerdoti, anche nelle gravi strettezze del nostro tempo, hanno avuto come norma gli esempi ed i moniti dell’Apostolo delle Genti, il quale si teneva contento del minimo indispensabile: “Avendo gli alimenti e di che coprirci, contentiamoci di questo” (1Tm 6,8).
Per questo disinteresse e questo distacco dalle cose terrene, congiunti alla fiducia nella Divina Provvidenza, e che sono degni della massima lode, il ministero sacerdotale ha dato alla Chiesa frutti ubertosi di bene spirituale e sociale.
Perfezionare la propria cultura
Questo zelo operoso infine deve essere illuminato dalla luce della sapienza e della disciplina e infiammato dalla vampa della carità. Chiunque si prefigga la santificazione propria ed altrui, deve essere fornito di solida dottrina, che comprenda non soltanto la teologia, ma anche la sana cultura moderna profana, affinché, come buon padre di famiglia, possa trarre “dal suo tesoro cose nuove ed antiche” (cf. Mt 13,52), e rendere sempre più apprezzato e fecondo il suo ministero. Ed innanzi tutto la vostra attività si ispiri e sia fedelmente conforme alle prescrizioni di questa Sede Apostolica ed alle direttive dei Vescovi. Non avvenga mai, diletti figli, che rimangano morte, o per cattiva direzione non rispondano alle necessità dei fedeli, tutte quelle nuove forme di apostolato, che sono oggi tanto opportune specialmente nelle regioni dove il clero non è sufficientemente numeroso.
Rafforzare lo zelo operoso
Si accresca adunque ogni giorno questo vostro zelo operoso, sostenga la Chiesa di Dio, sia di esempio ai fedeli e costituisca un potente baluardo contro cui si infrangano gli attacchi dei nemici di Dio.
Compiacimento per i direttori di spirito
Desideriamo poi esprimere il Nostro compiacimento in modo particolare a quei Sacerdoti i quali, con umiltà e con ardente carità, attendono alla santificazione dei Confratelli, come consiglieri o come confessori o come direttori spirituali. Il bene incalcolabile che essi rendono alla Chiesa rimane per lo più nascosto, ma sarà un giorno manifesto nel regno della gloria divina.
Si modellino su San Giuseppe Cafasso
Noi che, non sono ancor molti anni, con intima soddisfazione dell’animo Nostro abbiamo decretato gli onori degli altari al Sacerdote torinese Giuseppe Cafasso – il quale in tempi difficilissimi fu guida spirituale, sapiente e santa, di non pochi Sacerdoti, che fece progredire nella virtù, e di cui rese particolarmente fecondo il sacro ministero – nutriamo piena fiducia che anche per il suo valido patrocinio, il Divin Redentore susciti numerosi Sacerdoti di pari santità, i quali sappiano condurre se stessi ed i propri Confratelli a così eccelsa perfezione di vita che i fedeli, ammirando i loro esempi, si sentano spontaneamente mossi ad imitarli.
Parte III – NORME PRATICHE
Abbiamo finora esposto le principali verità e le norme fondamentali, sulle quali si basano il sacerdozio cattolico e l’esercizio del suo ministero. A queste verità ed a queste norme si conformano diligentemente, nella loro pratica quotidiana, tutti i santi Sacerdoti, mentre hanno violato gli obblighi contratti con la sacra ordinazione tutti i disertori ed i transfughi.
Principio fondamentale: adattarsi ai tempi
Ora tuttavia, perché questa Nostra paterna esortazione sia più efficace, stimiamo opportuno indicare più partitamente alcune cose che hanno riferimento con la pratica della vita quotidiana. Ciò è tanto più necessario, perché nella vita moderna si verificano alcune situazioni e si presentano in modo nuovo alcune questioni, che richiedono più diligente studio e più attente cure. Intendiamo perciò esortare tutti i Sacerdoti, ed in modo particolare i Vescovi, affinché provvedano con ogni sollecitudine a promuovere tutto quanto è necessario nei nostri tempi ed a correggere quanto si allontani dalla giusta via.
FORMAZIONE DEL CLERO
Sacerdoti Secolari e Religiosi uniti nell’intento del bene della Chiesa
Dopo le lunghe e varie traversie della recente guerra, il numero dei Sacerdoti, sia nei paesi cattolici, sia nelle Missioni, è divenuto impari alle sempre crescenti necessità. Esortiamo pertanto tutti i Sacerdoti, sia quelli del Clero diocesano, sia quelli appartenenti ad Ordini o Congregazioni religiose, affinché, stretti in vincoli di carità fraterna, procedano in unione di forze e di volontà verso la meta comune, che è il bene della Chiesa, la santificazione propria e dei fedeli. Tutti, anche i Religiosi che vivono nel ritiro e nel silenzio, devono contribuire alla efficacia dell’apostolato sacerdotale, con la preghiera e con il sacrificio: e quanti possono, anche con l’azione.
Reclutare nuovi operai
Ma è anche necessario reclutare, con l’aiuto della grazia divina, altri operai. Noi richiamiamo quindi l’attenzione specialmente degli Ordinari e di quanti sono in cura d’anime su questo importantissimo problema che è intimamente connesso con l’avvenire della Chiesa. È vero che la Chiesa non mancherà mai dei Sacerdoti necessari alla sua missione; occorre tuttavia essere vigilanti, memori della parola del Signore: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Lc 10,2), ed usare ogni diligenza per dare alla Chiesa numerosi e santi ministri.
Pregare per le vocazioni
Lo stesso Signor nostro ci indica la via più sicura per avere numerose vocazioni: “Pregate il padrone della messe, affinché mandi operai per la sua messe” (Lc 10,2); la preghiera umile e fiduciosa a Dio.
Suscitare grande stima per il Sacerdozio
È però necessario che gli animi di coloro che sono chiamati da Dio siano preparati all’impulso ed all’azione invisibile dello Spirito Santo; ed a questo fine è prezioso il contributo che possono dare i genitori cristiani, i parroci, i confessori, i superiori dei Seminari, i Sacerdoti e tutti i fedeli che hanno a cuore le necessità e l’incremento della Chiesa. I Ministri di Dio procurino, non soltanto nella predicazione e nell’istruzione catechistica, ma anche nelle private conversazioni, di dissipare i pregiudizi ora tanto diffusi contro lo stato sacerdotale, mostrandone la eccelsa dignità, la bellezza, la necessità e l’alto merito. Ogni padre e madre cristiani, a qualunque ceto sociale appartengano, devono pregare Dio affinché li faccia degni che almeno uno dei loro figlioli sia chiamato al suo servizio. Tutti i cristiani, infine, devono sentire il dovere di favorire ed aiutare coloro che si sentono chiamati al sacerdozio.
Specialmente con la santità della vita
La scelta dei candidati al sacerdozio, che il Codice di Diritto Canonico raccomanda ai pastori di anime, deve costituire l’impegno particolare di tutti i Sacerdoti, i quali, non solo devono rendere umili e generose grazie a Dio per il dono inestimabile ricevuto, ma devono altresì non aver niente di più caro e di gradito che di trovare e prepararsi un successore, tra quei giovani che conoscono forniti delle doti necessarie. Per riuscire più efficacemente in questo scopo, ogni Sacerdote deve sforzarsi di essere e di mostrarsi come un esempio di vita sacerdotale, che per i giovani che avvicina e nei quali scorga i segni della divina chiamata, possa costituire un ideale da imitare.
Selezione oculata e prudente
Questa selezione oculata e prudente si svolga sempre e dovunque; non soltanto tra i giovani che sono già nel Seminario, ma anche tra quelli che compiono altrove i loro studi, ed in modo particolare tra quelli che prestano la loro opera nelle varie attività dell’apostolato cattolico. Questi, anche se giungono al sacerdozio in età avanzata, sono spesso forniti di maggiori e più solide virtù, essendo stati sperimentati ed avendo rafforzato il loro animo al contatto delle difficoltà della vita ed avendo già collaborato in un campo che rientra nelle finalità dell’azione sacerdotale.
Esame delle vocazioni…
Bisogna però sempre esaminare con diligenza i singoli aspiranti al sacerdozio, per vedere con quali intenzioni e per quali cause abbiano preso questa risoluzione. In modo speciale, quando si tratta di fanciulli, bisogna indagare se essi siano forniti delle necessarie doti morali e fisiche, e se aspirino al sacerdozio unicamente per la sua dignità e per l’utilità spirituale propria ed altrui.
…e delle qualità fisiche dei candidati
Voi conoscete, Venerabili Fratelli, quali sono le condizioni di idoneità morale che la Chiesa richiede nei giovani che aspirino al sacerdozio, e reputiamo superfluo trattenerci su questo argomento. Richiamiamo invece la vostra attenzione sulle condizioni di idoneità fisica; ciò tanto più che la recente guerra ha lasciato tracce funeste ed ha perturbato in vari modi la giovane generazione. Si esaminino dunque con particolare attenzione le qualità fisiche dei candidati, ricorrendo, se necessario, anche all’esame di un medico prudente.
Con questa scelta delle vocazioni, fatta con zelo e con prudenza, Noi confidiamo che sorga dovunque una eletta e folta schiera di candidati al sacerdozio.
CURA DELLE VOCAZIONI
È un grave dovere
Se molti sacri Pastori sono preoccupati della diminuzione delle vocazioni, da non minore preoccupazione essi sono presi quando si tratta di curare i giovani che sono già entrati in Seminario. Conosciamo, Venerabili Fratelli, quanto ardua sia quest’opera e quante difficoltà presenti; ma dal compimento di sì grave dovere avrete grandissima consolazione, in quanto, come ricorda il Nostro Predecessore Leone XIII, “dalle cure e dalle sollecitudini poste nel formare i Sacerdoti, avrete frutti sommamente desiderabili, e sperimenterete che il vostro officio episcopale sarà più facile ad essere esercitato, molto più fecondo di frutti” .
Stimiamo pertanto opportuno di darvi alcune norme, suggerite dalla necessità, oggi più sentita che mai, di educare santi Sacerdoti.
L’ambiente sia sano e sereno
Innanzi tutto bisogna ricordare che gli alunni dei Seminari minori sono adolescenti separati dall’ambiente naturale della famiglia. È necessario dunque che la vita che i ragazzi conducono nei Seminari corrisponda, per quanto è possibile, alla vita normale dei ragazzi; sarà data quindi grande importanza alla vita spirituale, ma in forma adeguata alla loro capacità ed al loro grado di sviluppo, che tutto si svolga in un ambiente sano e sereno. Tuttavia anche in questo si osservi “la giusta misura e moderazione”, in modo che non accada che coloro i quali devono essere formati alla abnegazione ed alle virtù evangeliche, “vivano in case sontuose, nei piaceri e nei comodi” .
Formare il carattere al senso della responsabilità
Si deve curare in modo particolare la formazione del carattere di ciascun ragazzo, sviluppando in esso il senso di responsabilità, la capacità di giudizio, lo spirito di iniziativa. Perciò coloro che dirigono i Seminari, dovranno ricorrere con moderazione ai mezzi coercitivi, alleggerendo, man mano che i giovani crescono di età, il sistema della rigorosa sorveglianza e delle restrizioni, avviando i giovani stessi a guidarsi da sé ed a sentire la responsabilità delle proprie azioni. Concedano una certa libertà di azione in determinate iniziative, abituino gli alunni alla riflessione, perché divenga ad essi più facile l’assimilazione delle verità teoriche e pratiche; né temano di tenerli al corrente degli avvenimenti del giorno, che anzi, oltre a fornire loro gli elementi necessari perché possano formarsene ed esprimere un retto giudizio, non sfuggano le discussioni su di essi, per aiutarli ed abituarli a giudicare e valutare con equilibrio.
Istillare orrore per la doppiezza
In questo modo i giovani sono indirizzati all’onestà e alla lealtà, alla stima della fermezza e della dirittura del carattere ed alla avversione per ogni forma di doppiezza. Quanto più essi saranno sinceri e schietti, tanto meglio potranno essere conosciuti e ben guidati dai Superiori nel difficile esame della vocazione.
Non isolare interamente dal mondo
Se i giovani – specialmente quelli che sono entrati in Seminario in tenera età – sono formati in un ambiente troppo avulso dal mondo, quando poi usciranno dal Seminario potranno trovare serie difficoltà nelle relazioni sia col popolo, sia con il laicato colto, e può quindi succedere o che prendano un atteggiamento errato e falso verso i fedeli, o che considerino sfavorevolmente la formazione ricevuta. Per questo motivo, bisogna diminuire gradatamente e con la dovuta prudenza, il distacco tra il popolo ed il futuro sacerdote, affinché quando egli, ricevuto il sacro Ordine, inizierà il suo ministero, non abbia a sentirsi disorientato: ciò che non soltanto sarebbe dannoso al suo spirito ma nuocerebbe anche all’efficacia del suo lavoro.
La formazione intellettuale, letteraria e scientifica…
Altra grave cura dei Superiori è la formazione intellettuale degli alunni. Voi avete presenti, Venerabili Fratelli, gli ordinamenti e le disposizioni che questa Sede Apostolica ha dato in proposito, e che Noi medesimi abbiamo raccomandato a tutti fin dal primo incontro che avemmo con gli alunni dei Seminari e dei Collegi di Roma all’inizio del Nostro Pontificato .
…non inferiore a quella dei laici
Qui vogliamo anzitutto raccomandare che la cultura letteraria e scientifica dei futuri Sacerdoti sia per lo meno non inferiore a quella dei laici che frequentano analoghi corsi di studi. In tal modo, non solo sarà assicurata la serietà della formazione intellettuale, ma sarà anche facilitata la selezione dei soggetti. I Seminaristi si sentiranno più liberi nella scelta dello stato, e sarà allontanato il pericolo che, per mancanza di una sufficiente preparazione culturale, la quale possa assicurare una sistemazione nel mondo, qualcuno si senta in certo modo spinto a proseguire una via che non è la sua, seguendo il ragionamento del fattore infedele: “Fodere non valeo, mendicare erubesco” (Lc 16,3). Se poi accadesse che qualcuno, su cui si erano concepite buone speranze per la Chiesa, si allontani dal Seminario, ciò non deve preoccupare, perché il giovane che è riuscito a trovare la sua via, in seguito non potrà non ricordarsi dei benefici ricevuti in Seminario, e con la sua attività potrà arrecare un notevole contributo di bene alle opere del laicato cattolico.
Necessità della dottrina filosofica e teologica
Nella formazione intellettuale dei giovani seminaristi, pur non trascurando anche gli altri studi, fra cui ricordiamo quelli attinenti ai problemi sociali, oggi tanto necessari, si dia la massima importanza alla dottrina filosofica e teologica “a norma del Dottore Angelico” , adeguata ai tempi e informata degli errori moderni. Lo studio di tali discipline è di somma importanza e utilità sia per lo spirito dello stesso Sacerdote che per il popolo. I maestri di vita spirituale infatti affermano che lo studio delle scienze sacre, purché esse siano impartite nel debito modo e con retti sistemi, è un aiuto efficacissimo per conservare e alimentare lo spirito di fede, frenare le passioni, mantenere l’anima unita a Dio. Si aggiunga che il Sacerdote, il quale è “sale della terra” e “luce del mondo” (cf. Mt 5,13.14), deve prodigarsi nella difesa della fede predicando il Vangelo e confutando gli errori delle avverse dottrine che oggi vengono disseminate tra il popolo con ogni mezzo. Ma non si possono efficacemente combattere tali errori, se non si conoscono a fondo gli inconcussi principii della filosofia e della teologia cattolica.
Seguire il metodo scolastico
A tal proposito non è fuori luogo ricordare che il metodo scolastico ha una particolare efficacia per dare concetti chiari e mostrare come le dottrine affidate, qual sacro deposito, alla Chiesa maestra dei cristiani, siano tra loro organicamente connesse e coerenti. Non mancano oggi di quelli che, allontanandosi dagli insegnamenti del Magistero Ecclesiastico e trascurando la chiarezza e la precisione delle idee, non soltanto si allontanano dal sano metodo scolastico, ma aprono la via ad errori e confusioni, come una triste esperienza dimostra.
Ad impedire pertanto che negli studi ecclesiastici si debbano lamentare ondeggiamenti e incertezze, vi esortiamo, Venerabili Fratelli, a vigilare assiduamente affinché le norme precise date da questa Sede Apostolica per tali studi siano fedelmente accolte e tradotte in atto.
FORMAZIONE SPIRITUALE E MORALE
La scienza da sola può essere nociva
Se con tanta sollecitudine abbiamo raccomandato una valida preparazione intellettuale nel Clero, è facile comprendere quanto Ci debba stare a cuore la formazione spirituale e morale dei giovani chierici, senza la quale anche una scienza eminente rimane infruttuosa, anzi può produrre danni incalcolabili per la superbia e l’orgoglio che insinua nel cuore. Perciò la Chiesa ansiosamente e sopra ogni cosa vuole che nei Seminari si pongano solide fondamenta alla santità che il ministro di Dio dovrà poi sviluppare e praticare per tutta la vita.
I chierici si diano alla vita interiore
Come già abbiamo detto per i Sacerdoti, così ora raccomandiamo che i chierici abbiano una convinzione sincera e profonda della necessità della vita spirituale, e sentano quindi il dovere di fare ogni sforzo per acquistarla, per conservarla ed accrescerla continuamente.
La loro pietà sia convinta
Nel corso della giornata, con ritmo più o meno uniforme, secondo gli orari e i programmi, essi compiono varie pratiche religiose e partecipano a diversi esercizi di pietà. È facile il pericolo che agli esercizi esterni di pietà non corrisponda un movimento interiore dell’animo, cosa che può diventare abituale e può anche aggravarsi quando, fuori di Seminario, il ministro di Dio sarà assillato dalla necessità dell’azione, spesso travolgente.
Compiano tutto con fede
Pertanto sia posta ogni cura nel formare i giovani alla vita interiore, che è la vita dello spirito e secondo lo spirito: che essi compiano tutto alla luce della fede ed in unione con Cristo, convinti che questo è un grave dovere di coscienza che incombe a chi un giorno dovrà ricevere il carattere sacerdotale e rappresentare il Divino Maestro nella Chiesa. La vita interiore sarà per i Seminaristi il mezzo più efficace per acquistare le virtù sacerdotali, la forza spontanea proveniente da intima persuasione che fa superare le difficoltà e spinge alla realizzazione dei santi propositi.
I direttori istillino in essi le virtù ecclesiastiche…
Coloro che attendono alla formazione morale dei Seminaristi abbiano sempre di mira il fine, che è quello di fare acquistare ad essi tutte le virtù che la Chiesa esige nei Sacerdoti. Di esse abbiamo già trattato in altra parte di questa Esortazione, e quindi non intendiamo di ritornare sull’argomento; non possiamo però non segnalare e raccomandare, fra tutte le altre virtù che gli aspiranti al sacerdozio devono possedere saldamente, quelle sulle quali poggia, come su saldi pilastri, l’edificio morale del Sacerdote.
…particolarmente la sottomissione…
È necessario che i giovani acquistino lo spirito di obbedienza abituandosi a sottomettere sinceramente la propria volontà a quella di Dio, manifestata attraverso la legittima autorità dei Superiori. Nulla mai si dovrà lamentare nella condotta del futuro Sacerdote che non sia conforme ai voleri divini. Questa obbedienza sia sempre ispirata al modello perfetto del Divino Maestro, che in terra ebbe un solo ed unico programma: “Fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,7).
…sì che diventino veramente obbedienti al Vescovo
Il futuro Sacerdotale impari fin dal Seminario a prestare ai Superiori obbedienza filiale e sincera, per essere sempre pronto, in seguito, a ubbidire docilmente al suo Vescovo secondo l’insegnamento dell’invitto Confessore di Cristo, Ignazio di Antiochia: “Obbedite tutti al Vescovo, come Gesù Cristo al Padre” . “Chi onora il Vescovo, è onorato da Dio; chi opera di nascosto del Vescovo serve al demonio” . “Non fate niente senza il Vescovo, custodite il vostro corpo come tempio di Dio, amate l’unione, fuggite le discordie, siate imitatori di Gesù Cristo, come egli lo fu del Padre suo” .
La castità sia saldamente posseduta e lungamente provata
Sia usata inoltre ogni diligenza e sollecitudine affinché i Seminaristi apprezzino, amino e custodiscano la castità, perché la scelta dello stato sacerdotale e la perseveranza in esso dipendono in gran parte da tale virtù. Questa, essendo esposta a maggiori pericoli, deve essere saldamente posseduta e lungamente provata. Si illuminino dunque i Seminaristi sulla natura del celibato ecclesiastico, della castità che essi devono osservare, e sugli obblighi che ciò comporta , e si istruiscano poi circa i pericoli ai quali possono andare incontro. Si ammoniscano di premunirsi contro di essi fin dalla tenera età, ricorrendo fedelmente ai mezzi che offre l’ascetica cristiana per frenare le passioni; perché quanto più fermo ed ef