…di Bruto Maria Bruti. Qual’e’ la razionalita’ e la credibilita’ del Vangelo in rapporto al matrimonio e alla famiglia? Innamoramento, amore, monogamia, indissolubilita’. Il problema delle unioni di fatto….
“ Bisogna sforzarsi di mostrare la razionalità e la credibilità del Vangelo in rapporto al matrimonio e alla famiglia, riorganizzando il sistema educativo della Chiesa. La spiegazione del matrimonio e della famiglia a partire da una visione antropologica corretta (…) non è soltanto una questione di fede (…) Il problema delle unioni di fatto rappresenta una grande sfida per i cristiani, che devono essere capaci di mostrare l’aspetto razionale della fede, la razionalità profonda del Vangelo del matrimonio e della famiglia. Ogni annuncio di questo Vangelo che non sia in grado di rispondere a tale sfida alla razionalità (…) sarebbe inefficace “( Pontificio Consiglio per la famiglia, Famiglia, matrimonio e – unioni di fatto -, supplemento a L’Osservatore romano n.47, 24 novembre 2000, n. 45 e n. 48).
L’amore coniugale
Innamoramento, amore, monogamia, indissolubilità.
L’origine più profonda del desiderio d’amore
Psico-ecologia della vita di coppia
Cultura dell’amore libero e instabilità della vita di coppia
La tendenza umana verso l’assoluto che viene fissata su qualcosa di relativo
La perdita dell’identità di genere
La tendenza a gustare il frutto proibito
Il problema degli istinti e dei bisogni umani
Convivenze e matrimoni per esperimento
In ogni essere umano è presente il desiderio di realizzare un amore perfetto in cui potersi abbandonare totalmente: all’origine di questo desiderio c’è, nell’inconscio , il desiderio di Dio.
L’amore fra l’uomo e la donna è per sua natura limitato e soggetto al fenomeno della delusione: pretendere dalla relazione di coppia un amore senza limiti, senza difetti, senza delusioni in cui potersi abbandonare totalmente, significa non comprendere la necessità dello sforzo quotidiano, dell’impegno, del sacrificio e della responsabilità per la riuscita del rapporto.
La vita di coppia è un habitat privilegiato che favorisce un continuo processo di crescita psicologica ed umana nei partners e nei figli ed è un luogo dove può crescere più facilmente l’amore autentico verso la persona il cui valore viene considerato superiore al valore del piacere.
Questo habitat favorisce e custodisce l’amore verso la persona solo quando costituisce un universo psico – ecologico stabile in cui vivere e relazionarsi con l’altro.
L’origine più profonda del desiderio d’amore
Jurg Willi, direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Zurigo e docente di psichiatria e psicoterapia, dice che in ogni essere umano è presente il desiderio di potersi abbandonare nel completo godimento di un eterno abbraccio: si tratta del desiderio di realizzare il perfetto abbandono nell’amore.
Nella vita il perfetto abbandono nell’amore si limita solo ad alcuni momenti di felicità che sono impossibili da prolungare e conservare.
Nel periodo che caratterizza l’innamoramento, per esempio, si crea un clima d’intenso entusiasmo affettivo in cui gli innamorati sperimentano la sensazione momentanea del perfetto abbandono nell’amore, la sensazione di un’accettazione incondizionata e totale al di là dell’io e del tu, del tempo e dello spazio: non si tratta dell’assoluto ma di una finestra da cui si può intravedere la trascendenza.
Questo tipo d’amore, inizialmente, non conosce altro bisogno se non quello di stare insieme, ma si tratta di un periodo che ha una durata limitata e che precede lo sforzo quotidiano per la riuscita del rapporto.
L’innamoramento è il periodo in cui si desidera realizzare con la persona da cui si è attratti un’unione completa, esclusiva, totale e, nello stato nascente di questo movimento che gli innamorati intraprendono verso l’obbiettivo della fusione affettiva, essi sperimentano una sensazione intensa, straordinaria, esaltante.
L’entusiasmo affettivo straordinario che si ha nel periodo dell’innamoramento è uno stato transitorio destinato a diminuire appena inizia l’amore, che consiste nello stare insieme veramente con la realtà e con la totalità della persona dell’altro: amore deriva dalla parola greca ama che significa insieme.
Anche se la scelta del coniuge, che deve essere fatta in base a criteri di affinità e di affidabilità dal punto di vista delle idee e dei progetti di vita, è stata una buona scelta, appena la conoscenza si fa più profonda, attraverso l’unione con tutti gli aspetti della vita dell’altro, ci si rende conto che l’altro è un essere imperfetto come noi: quando si vive veramente insieme con una persona, quando si vivono insieme le costrizioni della vita quotidiana, le preoccupazioni materiali e le responsabilità comuni, diventa sempre più evidente che l’amore fra l’uomo e la donna è per sua natura un amore limitato, soggetto a tensioni, difficoltà, delusioni e non in grado di realizzare le aspettative e le sensazioni esaltanti che accompagnano l’innamoramento.
L’amore fra l’uomo e la donna è un amore in cui non è possibile abbandonarsi completamente nelle braccia dell’altro senza avere più problemi, ma è un amore in cui occorre fare uno sforzo quotidiano per la riuscita del rapporto, cioè occorre l’impegno della volontà e della ragione, il sacrificio, la responsabilità, la capacità di perdonare, la capacità di ricominciare.
La relazione fra l’uomo e la donna non è immune da tensioni e difficoltà ma, al contrario, è sempre insistentemente minacciata e richiede di essere difesa, rinnovata e costruita ogni giorno.
Da dove nasce l’entusiasmo affettivo straordinario degli innamorati che sentono e intravedono la possibilità di potersi abbandonare nel completo godimento di un eterno abbraccio?
Questa sensazione meravigliosa nasce da un’esigenza che è prettamente spirituale. In ogni essere umano è presente la tendenza verso l’assoluto, il bisogno di un bene infinito, assoluto, totale: questo bisogno è in realtà un bisogno di Dio perché nessun bene materiale, nessun amore umano può essere infinito, assoluto, totale.
Per Jurg Willi, l’aspirazione al perfetto abbandono nell’amore ha il carattere archetipico dell’unione mistica: è il desiderio di uno stato originario in cui ci si fonde liberamente in un tutto più vasto, si fa parte di qualcosa che tutto comprende.
Si tratta del desiderio di ritornare a quella situazione paradisiaca in cui lo stato d’isolamento si dissolve e si confluisce in una coscienza trascendente. E’, in fondo, una nostalgia religiosa dell’unione mistica con Dio, nella quale ci si svuota di ogni creatura limitata e imperfetta per essere riempiti della Divinità. Nell’inconscio di ogni essere umano, all’origine del desiderio d’amore c’è il desiderio di Dio. In questa vita, infatti, il perfetto abbandono nell’amore si limita ad alcuni momenti impossibili da prolungare e conservare: ogni amore umano è, per sua natura, limitato, imperfetto, soggetto alla delusione, incapace di riempire completamente il cuore dell’uomo.
Tutti gli esseri umani hanno bisogno di sentirsi completi e appagati totalmente, tutti hanno bisogno di questa pienezza, tutti hanno bisogno di essere riempiti da Dio e nessuno è un recipiente con le stesse capacità di un altro: il Paradiso è proprio quella condizione in cui ognuno avrà tutto ciò che basta per lui.
Credere che sia possibile trovare nel coniuge o nell’amante colui o colei che possa soddisfare tutti i nostri bisogni e tutte le nostre aspirazioni costituisce propriamente l’illusione del cosiddetto amore romantico
L’amore romantico è un tentativo di realizzare lo stato paradisiaco in terra attraverso un’esperienza di solidarietà perfetta con un essere umano che viene ritenuto portatore di qualcosa di assoluto e che ci è sempre mancato.
Si tratta di un desiderio verso la totalità, verso la perfezione che dà origine ad una sorta di ossessione della fantasia concentrata sull’immagine della persona amata le cui caratteristiche sembrano avere un fascino speciale.
Gli studiosi di psicologia concordano nel ritenere che, in realtà, l’immagine che seduce negli innamoramenti di tipo romantico – e soprattutto nella fenomenologia del colpo di fulmine – è un’immagine interiore che l’altro è stato capace soltanto di richiamare alla mente: si tratta di una dimensione interna che emerge, l’individuo viene – rapito – non dall’essere che gli sta dinanzi ma da un’idea di cui era inconsciamente portatore, un’idea che viene risvegliata ed evocata dall’incontro.
L’amore romantico non funziona mai perché non appartiene alla realtà dei rapporti umani, esso è il surrogato di un’esigenza religiosa che non ha trovato o che ha smarrito la propria consapevolezza: nasce dal tentativo di attribuire ad una creatura umana un valore di infinità, dal tentativo di concentrare su questa il desiderio insoddisfatto di perfezione e di infinito.
Quando il desiderio di realizzare il perfetto abbandono nell’amore viene cercato non in Dio ma nelle creature, il cuore dell’uomo diventa inquieto e questo può indurre ad una ricerca quasi morbosa di rapporti sentimentali o sessuali che tuttavia non sono in grado di soddisfarlo.
(cfr Jurg Willi, Che cosa tiene insieme le coppie, Arnoldo Mondadori editore, Milano 1992, traduzione di Paola Massardo e Palma Severi, pp.20-24; cfr Francesco Alberoni, Innamoramento e amore, Garzanti, Milano 1992, pp.21, 57, 62, 77-78; cfr Aldo Carotenuto, Eros e Pathos, Bompiani, Milano 1994, pp.21-25, 41-47; cfr M. Scott Peck, Un’infinita voglia di bene, Frassinelli editore, Como 1995, traduzione di Laura Sgorbati Buosi, pp.224-225 )
S. Agostino, che prima della conversione confessava di non poter dormire in un letto senza una donna, scrive :”Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore sarà irrequieto fin quando non si abbandonerà in Te”( citato in S. Tommaso d’Aquino, Opuscoli teologico-spirituali, ed Paoline, Roma 1976, traduzione di P. Raimondo M. Sorgia o.p., pag. 254 )
La dottrina della Chiesa Cattolica ricorda che il bisogno di un amore assoluto e perfetto troverà soluzione e appagamento soltanto nella vita del mondo che verrà perché solo l’unione con Dio farà nascere nell’uomo un amore di tale profondità in grado di soddisfare ogni bisogno ed in grado di rendere inutile la stessa necessità del matrimonio, la stessa necessità della relazione sessuale: solo la perfetta comunione con Dio realizzerà la perfetta comunione con se stessi e con gli altri. Per questo Nostro Signore Gesù Cristo rivela che: – alla risurrezione…. non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo–(Mt 22,30; cfr Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creò, catechesi sull’amore umano, Città nuova editrice e Libreria editrice Vaticana, Roma 1985, capitolo 68 )
Pretendere dalla relazione di coppia un amore senza limiti, senza difetti, senza delusioni significa non comprendere la necessità dell’impegno, del sacrificio, della responsabilità per la riuscita del rapporto.
Psico – ecologia della vita di coppia
Gli orientamenti del pensiero moderno sull’amore pongono l’accento soprattutto sugli aspetti utilitari del rapporto uomo – donna, siano essi di natura sentimentale o sessuale. Si possono comprendere tali orientamenti nel concetto generico di amore libero, da intendersi come antitetico al concetto di amore vero.
La cultura moderna dell’amore libero ha contribuito soprattutto a diffondere la falsa convinzione che i rapporti di coppia debbano donare un clima di intenso entusiasmo affettivo, una grande felicità o un grande piacere, in questo modo gli individui sono ossessionati dal culto idolatrico del grande amore o della sessualità totalmente appagante e i rapporti di coppia sono destinati al fallimento sin dall’inizio a causa delle eccessive pretese di felicità perché l’amore viene concepito in modo astratto, non riferito alla comunione di vita con la totalità della persona del partner, privato dell’impegno e della responsabilità; in molti casi l’amore viene addirittura consegnato al libero mercato della domanda e dell’offerta e ridotto ad un oggetto di consumo.
Si pretende, infatti, dai rapporti di coppia quello che non si pretende da altri rapporti umani come quelli con i genitori o con i figli. Chi non è particolarmente felice con i genitori o con i figli non si affretta a sciogliere il suo rapporto con loro.Dai rapporti di coppia, invece, si pretende un pieno soddisfacimento.
Non si riesce più a concepire il fatto che le sofferenze e le limitazioni nell’ambito di una convivenza, se accettate e vissute positivamente, sono indispensabili aspetti del processo di crescita individuale all’interno del rapporto e quindi viene a mancare la convinzione che, in un rapporto di coppia, sopportare anche delle lunghe crisi possa tornare a vantaggio dell’evoluzione personale. ( cfr J. Willi, op. cit., pag 6, pp.10-11 )
Lo psichiatra svizzero Jurg Willi dice che la vita di coppia deve essere studiata secondo un’ottica – psicoecologica – : cioè nella vita di coppia la persona deve essere vista come – entità relazionale – che si sviluppa con il partner creando con esso un universo psicologico in cui abitare.
Secondo la psicoecologia il rapporto di coppia viene visto come uno degli strumenti fondamentali per rendere più facile all’uomo lo svolgimento del più importante dei suoi doveri esistenziali: la propria crescita psicologica ed umana.
Scrive Willi che “- chi vive con un altra persona è sollecitato a rendersi comprensibile all’altro, e diventa quindi più trasparente anche a se stesso-“. ( J. Willi, ibidem, pag 204 )
L’uomo, da solo, con molta difficoltà riesce a prendere coscienza dei propri difetti e delle proprie illusioni. La coppia, invece, è un luogo privilegiato della cura del sentire e del pensare perché luogo dell’intimità, dell’unione fisica e psicologica e quindi luogo dove viene condivisa e messa a nudo la realtà totale.
In questo habitat privilegiato, che è il legame di coppia, è possibile prendere più facilmente coscienza del proprio modo di essere cognitivo – comportamentale e quindi autocriticare e smascherare le proprie idee irrazionali, le illusioni, le fanatizzazioni, le emotivizzazioni, i disordini affettivi ed intellettivi ( che si oppongono ad un’autentica crescita psicologica ) attraverso il confronto diretto con l’altro e con la critica che proviene dall’altro.
Scrive Willi:-“i coniugi si convalidano a vicenda le regole individuali, la concezione del mondo (…) fino ad arrivare agli innumerevoli dettagli della vita quotidiana, di cui sovente essi stessi non erano coscienti finché non sono stati loro segnalati dal partner. La convivenza stimola dunque a prendere continuamente posizione e ad autodefinirsi (…) le regole individuali vengono continuamente verificate e corrette (…) il raccontarsi a vicenda libera da un’ottica unilaterale e soggettiva e ha un’importante funzione di rigenerazione e di compensazione. (…) Abitare in un universo costruito in comune consente di vedere il mondo reale con altri occhi. (…) In ogni caso un rapporto di coppia è un continuo processo di crescita e di cambiamento, nel quale costantemente si soffre, si ridimensionano le aspettative e si ricomincia daccapo”-. ( J. Willi, pp. 202-205, pag 102 )
L’amore fra l’uomo e la donna è un amore in cui non è possibile abbandonarsi completamente nelle braccia dell’altro senza avere problemi, ma è un amore in cui occorre fare uno sforzo quotidiano per la riuscita del rapporto. La vita di coppia, per l’impegno che comporta da parte di tutte le componenti della personalità, sentimento, ragione e volontà, è l’ambiente che favorisce la crescita dell’amore autentico verso la persona e che permette un continuo processo di crescita psicologica nei partners: questi due aspetti sono fondamentali per la formazione psico – affettiva dei figli.
Qual è l’amore autentico? L’amore autentico è quello che cerca prima di tutto il vero bene dell’altro e non il proprio benessere.
L’amore autentico non è fatto solo di belle sensazioni e di bei sentimenti ma è fatto di sacrificio, di perdono, di aiuto reciproco. L’amore autentico è una strada diversa da quella di chi cerca soprattutto il proprio benessere, l’assenza di dispiaceri, delusioni, contraddizioni, è una strada diversa da quella di chi rimane insieme con un’altra persona soltanto fino a quando tutto procede senza problemi.
Quello dell’amore autentico è un percorso faticoso e difficile ma è un percorso che mette al primo posto il bene dell’altro, è un itinerario diametralmente opposto a quello dell’egoismo e che porta a concepire e a vivere un amore sempre più disinteressato, simile a quello di Dio, un amore che mette al primo posto il valore della persona e non il valore del piacere.
Insegna Giovanni Paolo II che “- (…) l’amor coniugalis non è solo né soprattutto sentimento; è invece essenzialmente un impegno verso l’altra persona, impegno che si assume con un preciso atto di volontà “-( Giovanni Paolo II, Discorso al tribunale della Rota Romana, 21- 1- 1999 ).
Stare insieme stabilmente con una persona comporta un impegno totale e il rapporto a due favorisce la crescita psicologica perché, chi vive con un altro, è costretto a conoscere meglio se stesso: per rendersi comprensibile all’altro, infatti, deve rendersi comprensibile a se stesso, deve mettersi in discussione, deve cercare ciò che è giusto oggettivamente al di fuori delle proprie visioni unilaterali e soggettive.
Nella vita di coppia si diventa più facilmente consapevoli della soggettività delle proprie interpretazioni attraverso il confronto con la continua critica che viene dall’altro.
Secondo la – psicoecologia – il rapporto di coppia stabile rappresenta una fonte naturale e preziosa di psicoterapia.
Innamoramento e amore
L’innamoramento è propriamente il desiderio di stare insieme con l’altro e cioè il movimento verso l’altro determinato dall’attrazione verso i suoi valori, oppure determinato dall’attrazione verso l’idea che ci si è fatta dell’altra persona – ripiegamento sul proprio sentimento -: mentre la pura e semplice attrazione è uno stato passeggero, l’innamoramento è un’attrazione che tende a perdurare nel tempo, diventando uno – stato affettivo – ( cfr Massimo Introvigne, Le domande dell’uomo, Cirone, Torino 1984, p. 117 ). Il periodo dell’innamoramento può andare avanti anche qualche anno ma resta sempre un periodo relativamente breve perché le emozioni alte che costituiscono il meccanismo psicologico dell’attrazione sono destinate a cessare appena la convivenza diventa più ravvicinata e il contatto con la realtà trasforma l’oggetto del desiderio in una persona concreta e imperfetta come noi.
Scrive lo psicanalista Piero Bellanova, segretario nazionale della società psicoanalitica italiana, che il periodo dell’innamoramento “- (…) è il momento che nella vita di un individuo suscita le maggiori emozioni, fa riaffiorare aspetti adolescenziali e infantili con tutta una serie di comunicazioni che non fanno parte normalmente dell’età adulta.
Le emozioni sono più risonanti, più coinvolgenti (…) sono comunque tali da far sì che l’individuo colpito esca dalla routine abituale della sua vita e cominci a viverne un’altra. E’ come se uomini e donne si staccassero di colpo dal comune senso di realtà proponendosi l’uno all’altro in modi che sfiorano la patologia. (…) Il periodo dell’innamoramento è sempre relativamente breve perché si scontra presto – appena la convivenza diventa più ravvicinata – con la realtà, che non è mai quella utopizzata. Le piccole cose quotidiane, anche se non sempre avviliscono l’amore, lo rendono molto più – banale -. Così l’innamoramento sfuma in un sentimento che apparentemente sembra aver dimenticato le punte alte e gli eccessi, per dedicarsi semmai alla formazione di un’unione approfondita e costante. Quelle emozioni che l’innamoramento ha dato sembrano cessare, o quanto meno sfioccarsi, pronte magari a riaffiorare in circostanze cruciali della vita a due”- ( Piero Bellanova, L’innamoramento, l’amore, in Dieci Psicoanalisti spiegano i temi centrali della vita, a cura di Stefania Rossini, Rizzoli, Milano 1987, pp. 77 –78 ).
Nel caso degli amanti – termine usato per indicare prevalentemente rapporti illeciti e segreti -, l’innamoramento è destinato a prolungarsi per un periodo maggiore a causa della mancanza di una piena comunione di vita. Al di fuori delle costrizioni della vita quotidiana a due, delle preoccupazioni materiali e delle responsabilità comuni, ognuno dà il meglio di sé e la speranza di una – perfezione – del rapporto, l’illusione di una – intimità speciale – possono durare più a lungo.
Solo gli amanti possono mantenere in vita per più tempo il – mito dell’anima gemella –, ma il loro entusiasmo affettivo è destinato a diminuire appena il desiderio di stare insieme diventa più concreto e pretende di essere verificato. In genere possono realizzarsi due condizioni fondamentali: gli amanti possono cercare di rendere effettivo il loro desiderio di essere insieme e la convivenza ravvicinata mostrerà progressivamente che la realtà non è mai quella sperata e utopizzata.
L’altra condizione consiste nel fatto che uno dei due amanti, prima o poi, porrà all’altro il problema di vivere insieme: – se ci amiamo veramente dobbiamo vivere insieme -., – se mi ami veramente devi rinunciare a tua moglie o a tuo marito – . La non disponibilità di uno dei due di assumere un impegno effettivo con l’altro, dimostrerà la natura illusoria e la sostanziale falsità dell’idealizzazione romantica dell’amore.
Scrive il sociologo Massimo Introvigne che “- (…) l’innamoramento non è ancora vero amore: l’innamoramento offre materiali, mattoni per una costruzione che è successiva”- ( Massimo Introvigne, op. cit., p.118 ).
L’amore, che consiste nello stare insieme veramente con la totalità della persona dell’altro, implica un giudizio razionale sul materiale offerto con l’innamoramento e sul tipo di rapporto giusto che si intende costruire con l’altro.
Il giudizio razionale fa giustizia di molte illusioni perché cerca di capire com’è veramente l’altra persona – i suoi criteri di giudizio, i suoi valori di riferimento, la sua prospettiva religiosa, i suoi interessi, i suoi difetti, la sua disponibilità ad autocriticarsi e correggersi ecc. – e si rende conto che non tutto è facile e che una convivenza esige sacrifici.
Nella vita di coppia non si vive insieme con un desiderio, un entusiasmo, un sentimento ma con una persona concreta.
Al giudizio razionale segue l’impegno della volontà di donarsi interamente all’altro e questo impegno presuppone la reciprocità. L’innamoramento è un fatto passionale legato ai sentimenti, cioè alle sensazioni e alla sensibilità, mentre l’amore riguarda anche la ragione e la volontà.
Nell’amore di coppia – amore coniugale – vengono impegnate tutte le componenti della personalità ed esso richiede la capacità di integrare queste componenti: sentimenti, sensibilità, ragione e volontà ( cfr Massimo Introvigne, ibidem, pp. 117-121 ).
Dopo il giudizio razionale sul materiale offerto con l’innamoramento, occorre riflettere sul tipo di rapporto giusto che si deve costruire con l’altro. Qual’è il tipo di rapporto giusto che si deve costruire con l’altro? L’esperienza psico – biologica dell’innamoramento rivela che alla base di questo processo c’è il bisogno di unicità o – monogamia -. La genesi dell’amore avviene nella primissima infanzia ed è l’amore fra la madre e il figlio: la madre che china sul volto del figlio, fino ad allora immerso in una vita opaca e indistinta, vi fa nascere il miracolo del primo sorriso ( cfr C. Jamont, Bruxelles, La libertà comincia in due, in Enciclopedia della sessualità, a cura di A. Willy e C. Jamont, trad. italiana, ed. Borla, Bologna 1974, p.634 ).
Il bisogno di unicità fa nascere il processo dell’innamoramento, anzi, questo bisogno di unicità viene potenziato soprattutto durante l’innamoramento. Ogni essere umano sa di essere portatore di un’inconfondibile specificità: noi vogliamo essere amati in quanto esseri unici, insostituibili, assolutamente noi stessi. Scrive il sociologo Alberoni:”- vogliamo essere vissuti come unici, straordinari, indispensabili da chi è unico, straordinario ed indispensabile. Per questo l’innamoramento è monogamico e non può che essere monogamico (…).
Noi, ogni singola persona, siamo diversi da tutti gli altri e lo sappiamo, ma è solo nell’innamoramento che questa nostra individualità irriducibile viene colta e apprezzata in modo totale. Un segno sicuro ed inconfondibile dell’amore è questo apprezzamento della specificità e unicità dell’altro. L’apprezzamento che sentiamo venire da lui ci consente di apprezzare noi stessi, di dare sostanza di valore al nostro io” ( F. Alberoni, op. cit., pp.41 – 42 ).
Nello stato nascente dell’amore, gli innamorati promettono di essere, l’uno per l’altro, l’unico uomo e l’unica donna ma promettono anche di amarsi per tutta la durata della vita: nell’innamoramento emerge una realtà che è inscritta nella natura umana, un bisogno specificamente umano di amore unico – cioè monogamico – e stabile – cioè indissolubile -.
Ognuno di noi vuole poter essere amato come persona unica ed insostituibile e amato per tutta la durata della sua vita: nessuno di noi vuole essere amato soltanto per qualche aspetto della sua persona, ma ognuno di noi ha bisogno di essere amato per quello che è il centro e il cuore della sua personalità, cioè l’io spirituale fatto di coscienza e volontà. Rientra nella logica dell’autentico amore coniugale il promettersi di essere, l’uno per l’altro, l’unico uomo e l’unica donna: questa verità può essere offuscata e dimenticata nel corso delle difficoltà coniugali, nel contrasto inevitabile fra le passioni e la ragione ma essa è presente nel subconscio spirituale dell’essere umano. La ragione, guidata e sostenuta dalla fede, è in grado di poter conoscere le verità che devono essere poste alla base di un giusto rapporto di coppia: queste verità consistono nella monogamia e nell’indissolubilità. Dopo l’innamoramento, solo un legame di coppia monogamico e indissolubile permette di costruire un habitat in cui il valore della persona sia considerato superiore al valore del piacere. Divorzio e poligamia sono le facce di una stessa medaglia: esse sono unicamente o prima di tutto delle istituzioni atte a permettere la realizzazione del godimento sessuale dell’uomo e della donna ma non l’unione completa delle persone ( cfr. Carlo Wojtyla, Amore e responsabilità, Marietti, trad. italiana, Casale 1979, pp.30- 34, pp.197- 211 ).
Come impedire che l’uomo e la donna si strumentalizzino reciprocamente senza amarsi veramente, come impedire che il sesso diventi il fine, anche se non sempre consapevole, delle relazioni fra l’uomo e la donna, invece di essere ciò che deve essere e cioè segno e strumento di reciproca e totale donazione fra due persone di sesso complementare ?
Per impedire questo, bisogna che entrambi i partners abbiano un bene comune e oggettivo da amare e a cui subordinare ogni altro bene soggettivo, utile o piacevole che sia. Nel matrimonio questo bene comune e oggettivo è la discendenza, la famiglia e la crescente maturità nei rapporti delle due persone su tutti i piani della comunità coniugale ( cfr Carlo Wojtyla, ivi, p.21 ).
Solo nei confronti di una persona – cioè solo all’interno di una scelta monogamica e indissolubile – sarà possibile assumere un impegno esclusivo e totale finalizzato alla piena comunione interpersonale, al reciproco perfezionamento e all’educazione dei figli: educazione che deve avvenire nella stabilità e nella continuità di quell’unione da cui i figli stessi sono nati.
I coniugi non devono cercare in un’altra donna o in un altro uomo ciò che devono costruire e realizzare con il proprio partner. Ogni sforzo che venisse indirizzato dai coniugi verso un’altra persona di sesso complementare, allo scopo di costruire con lei un’unione psicologica, affettiva o sessuale, sottrarrebbe – energie – all’amore coniugale: questo bloccherebbe la crescita e il perfezionamento della vita di coppia, provocando una – lacerazione – profonda nella relazione stessa. Non bisogna dimenticare che l’amore coniugale è un’opera che nasce soprattutto dall’impegno della volontà e della ragione verso una persona e all’interno di un ordine morale oggettivo: l’amore coniugale è soggetto a un continuo processo di sviluppo e di rinnovamento e deve essere sempre nutrito, curato, difeso.
Scrive Guido Gatti che “- istinto e sentimento, lasciati a se stessi, verrebbero travolti da crisi e difficoltà ricorrenti se non fossero sorretti dalla decisione spirituale di appartenenza reciproca. Le stesse istituzioni giuridiche possono svolgere, in questo, solo un compito sussidiario di sostegno.
Ci si può chiedere fino a che punto sia autentico un amore che sembra a volte ridotto alla sola volontà di essere fedeli a qualcosa che non si sente più, fino a che punto l’uomo in questo caso scelga liberamente e fino a che punto resti schiavo di una scelta passata e non più condivisa.
Certo la realtà psicologica può essere complessa e diversissima da caso a caso e si può effettivamente dare anche questa situazione – limite in cui l’amore sembra ridursi a una forma di volontarismo disumano.
Bisogna però ammettere l’esistenza di una libertà dello spirito capace di sovrapporsi alla spontaneità della carne: in fondo solo le decisioni spirituali sono veramente libere. Del resto, se è vero che l’amore non può restare a lungo privo delle sue basi d’istinto e di sentimento, resta anche vero che sotto la guida di una volontà sincera, simpatia e tenerezza possono superare facilmente momenti di crisi e riemergere più forti e non meno sinceri –“ ( Guido Gatti, Morale sessuale educazione dell’amore, Elle Di Ci, Torino 1987, pp. 36 –37 ).
Il Concilio Vaticano II dice che per tenere fede agli impegni dell’amore coniugale occorre “- (…) una virtù fuori del comune(…)”- ( Costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo del 7 dicembre 1965, n. 49 ) e questo accade perché le esigenze dei sentimenti, che accompagnano l’attrazione fra l’uomo e la donna, esercitano una speciale e particolarissima violenza contro la ragione e la volontà: “- l’amore è un tipo d’esperienza in cui l’affermazione della razionalità si trova di fronte a spinte contrapposte, quasi a una certa resistenza del senso e del sentimento che sembrano volere affermarsi autonomamente, far valere le loro – ragioni – anche contro la ragione -“ ( Massimo Introvigne, op. cit., p.124 ).
Il Catechismo della Chiesa cattolica ricorda che il peccato originale ha avuto come prima conseguenza la rottura della comunione fra l’uomo e la donna: da allora la loro unione è sempre minacciata dalla discordia, dallo spirito di dominio, dall’infedeltà, dalla gelosia e da conflitti che possono arrivare fino all’odio. Questo disordine ha un carattere universale e senza l’aiuto della grazia l’uomo e la donna non possono giungere a realizzare l’unione delle loro vite ( cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1606, 1607 1608 ).
Cultura dell’amore libero e instabilità della vita di coppia
Solo un rapporto di coppia stabile può favorire un processo di crescita e di maturazione: la cultura dell’amore libero, invece, trasforma il rapporto di coppia in un rapporto soltanto di tipo utilitario: secondo questa visione esclusivamente utilitaria si rimane insieme soltanto fino a quando si è in grado di ricavare dalla relazione un utile, cioè un benessere fisico e/o affettivo.
Il rapporto di tipo utilitario, però, è destinato a mantenere e ad alimentare il narcisismo dei partners ed i loro disordini affettivi ed intellettivi: in questo senso la cultura dell’amore libero, che si concretizza nelle avventure sessuali, nell’adulterio, nel divorzio o nella convivenza, contribuisce a determinare un habitat psico – ecologico disordinato ed instabile che non fa crescere l’amore autentico verso l’altra persona, l’amore che cerca prima di tutto il vero bene dell’altro, ma favorisce l’egoismo, il narcisismo e la ricerca predominante o esclusiva del proprio benessere.
Le esperienze dell’amore libero creano un ambiente instabile un ambiente in cui si rimane insieme solo fino a quando si è in grado di ricavare dalla relazione un utile, un ambiente in cui il valore del piacere viene considerato superiore al valore della persona.
La verginità ed il celibato nella vita consacrata non contraddicono l’itinerario di crescita e di maturazione dell’amore autentico che si ha nella vita di coppia stabile perché anche essi costituiscono un legame con Dio e con la comunità verso i quali il consacrato deve mettersi al servizio in maniera completa, esclusiva totale, libera da ogni vincolo e interesse. ( cfr 1 Cor 7,25-40 )
Anche queste scelte, quando sono vissute nella coerenza, creano un tipo di vita dove è più facile mettere al primo posto il vero bene degli altri: il religioso, infatti, attraverso il sacrificio della sessualità e della famiglia, conserva con minore difficoltà la consapevolezza che solo in Dio è possibile trovare un amore perfetto e totale e può imparare ad amare le persone in maniera disinteressata, al di fuori della ricerca predominante del proprio piacere: il religioso ha la possibilità di farsi dei figli e dei fratelli mediante la misericordia e la carità.
Solo la stabilità della convivenza può costruire un habitat che offre sicurezza e intimità ai partners e solo nel rapporto a lungo termine l’amore per la persona, il cui valore viene considerato superiore al valore del piacere, può diventare la condizione di base dell’habitat psicoecologico in modo da dare luogo ad un continuo processo di crescita nel quale costantemente si soffre, si ridimensionano le aspettative e si ricomincia daccapo “- (…) nella vita dell’adulto la più profonda e personale esperienza di relazione è il rapporto amoroso . (…) Un più frequente cambiamento di partner è legato alla mancanza di uno stabile senso di sicurezza, ripetuti scioglimenti di unioni comportano uno smembramento dell’habitat spirituale e materiale, frequenti interruzioni di un percorso comune sottraggono continuità alla propria storia e la libertà dai legami definitivi rende difficile diventare fecondi”- ( J. Willi, ibidem, pp. 263-265 e ivi cfr pp. 76-78 )
Amore, abbiamo detto, deriva dal greco ama che significa insieme: la vita di coppia monogamica ed indissolubile è l’unica condizione che rende possibile all’uomo e alla donna di essere – insieme – in una maniera totale, senza riserve e calcoli egoistici.
Willi non giunge a formulare queste verità definitive sull’amore umano e cioè non giunge a concepire la verità e la necessità della monogamia e dell’indissolubilità.
Ciò non deve meravigliare considerando il fatto che la ragione umana non è una facoltà dotata dell’infallibilità: la ragione può sbagliarsi nei suoi giudizi sia per difetto di conoscenza e sia perché il conflitto fra le passioni disordinate e la volontà può confondere l’itinerario della ragione facendoci ritenere falso o quantomeno dubbio ciò che non vorremmo fosse vero: questo contrasto fra le passioni e la volontà e fra la volontà e la ragione è particolarmente presente nelle relazioni fra l’uomo e la donna perché in questo tipo d’esperienza il sentimento spesso fa valere le sue – ragioni – contro quelle della ragione stessa.
Nell’amore fra l’uomo e la donna ciò che è vero e giusto entra facilmente e drammaticamente in conflitto con le esigenze momentanee del piacere, dell’attrazione, della sensibilità, del sentimento.( cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica n. 37 )
Tuttavia le ricerche di Jurg Willi e quelle di altri sociologi e psicologi sono preziose quando gli elementi di verità, come tessere di un mosaico, vengono sistemati secondo una sequenza logica ed unitaria all’interno di un quadro organico e più ampio.
Questo lavoro di sistemazione può essere svolto in maniera più spedita quando la ragione opera all’interno dell’orizzonte fornito dalla fede, la quale fornisce le coordinate, i punti cardinali, la direzione di marcia, consentendo di purificare gli elementi di verità, di elevarli ed inserirli lungo la direzione indicata dalla verità sostanziale rivelata.
Nella Chiesa esiste il deposito della verità: questo deposito è costituito dalla verità rivelata sostanziale ma la Rivelazione non è offerta già esplicitata e richiede uno sviluppo di conoscenze che non esime dalla ricerche e dalle fatiche umane.
La Rivelazione è la parola definitiva e completa di Dio ma questa parola è come un giacimento, una miniera che contiene tutti i tesori della sapienza e della scienza i quali devono essere pazientemente conosciuti ed estratti: “- (…) anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata: toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli –“ ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 66 )
Ogni comandamento, ad esempio, è una verità sostanziale di natura morale, una indicazione generale che racchiude al suo interno un numero infinito di verità morali da conoscere e da approfondire.
L’annuncio della fede è “ (…) certamente conservatore nel senso che custodisce e conserva le radici dell’uomo. Proprio in questo, però, tale annuncio è al tempo stesso creativo perché così offre all’uomo la possibilità di crescere e di progredire, possibilità che non può darsi senza l’indicazione di una direzione in cui muoversi ”.( Joseph Ratzinger, Collaboratori della verità, San Paolo, Torino 1994, traduzione di Annarita Torti pp. 270-271 )
Il progresso, nella Chiesa, non riguarda il deposito dove è custodita la verità sostanziale rivelata ma riguarda la comprensione soggettiva della verità contenuta nel deposito, nel senso che viene reso esplicito ciò che è implicito e viene dedotto ciò che è deducibile e le cose nuove che vengono comprese e spiegate non sono in antitesi con le antiche precedentemente spiegate ma sono in perfetta continuità e servono per approfondirle e svilupparle: l’intelligenza o comprensione, tanto della realtà quanto delle parole, contenute nel deposito della fede, progredisce nella vita della Chiesa. (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica n. 94). Scrive il pensatore cattolico Gomez Davila che, nella Chiesa cattolica, “ per rinnovare non è necessario contraddire, basta approfondire.”(cfr Giovanni Cantoni, Gomez Davila il conservatore, Dizionario del pensiero forte, a cura dell’istituto per la dottrina e l’informazione sociale )
Giovanni Paolo II ricorda che la ragione non deve essere separata dalla fede ma deve trovare nella fede un alleato prezioso: quando il lavoro della ragione viene inserito nell’orizzonte della fede, allora la ragione può percorrere la sua strada in maniera spedita, senza ostacoli e fino alla fine. (cfr Giovanni Paolo II, Fides et Ratio, lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione, San Paolo, Milano 1998, n.16 )
Per quanto riguarda l’indissolubilità, le ricerche scientifiche e gli studi più recenti confermano che il divorzio rappresenta uno dei più seri pericoli per la salute – psicosociale – : il divorzio non risolve i problemi della persona ma ne crea di nuovi.
Si è visto statisticamente che i separati in generale corrono maggiori pericoli di cadere nell’alcolismo e in altre dipendenze, di commettere suicidio e ammalarsi di disturbi fisici e psichici: la percentuale di decessi fra i divorziati è più del doppio rispetto agli uomini sposati.
Gli studi sulle conseguenze del divorzio nei figli hanno dimostrato che i danni psicologici che vengono prodotti diventano più gravi nel tempo e permangono in età adulta. ( cfr J. Willi, op. cit., pp. 7 –11 )
La sociologa Judith Wallerstein, che ha pubblicato i risultati di un’ampia ricerca sociologica, dimostra che i figli dei divorziati portano quasi tutti cicatrici emotive così profonde che li rendono incapaci di avere relazioni stabili da adulti.
Anche la Joseph Rowntree Foundation ha compiuto uno studio sui danni psicologici che il divorzio provoca nei figli. Il dottor John Tripp dell’università di Exter, in Inghilterra, ha tenuto sotto osservazione centinaia di bambini appartenenti a due campioni di studio: i figli delle famiglie rimaste integre, pur fra litigi e incomprensioni, e i figli dei divorziati che hanno uno dei genitori che si è risposato. Lo studio ha dimostrato che la guerra in casa è meglio del divorzio e che i figli dei divorziati soffrono di più e presentano danni psicologici più gravi.
Gli individui del primo campione (quelli con la guerra in casa) mostrano la capacità di superare con relativa semplicità i traumi provocati dai litigi mentre i secondi si trovano in una condizione oggettivamente peggiore: presentano segni di una maggiore sofferenza psicologica, scarsa stima di se stessi, difficoltà di relazione ma soprattutto presentano una profonda incapacità di superare le difficoltà inerenti alla vita di coppia e quindi una disposizione all’intolleranza verso il proprio coniuge: i figli dei divorziati non hanno conosciuto, attraverso i modelli parentali, la possibilità del perdono e quindi i dinamismi comportamentali che portano al pentimento ed alla riconciliazione ( cfr J. Willi, ibidem; Paolo Filo Della Torre, la guerra in casa meglio del divorzio, uno studio: i figli dei divisi soffrono di più, La Repubblica 8 febbraio 1994, pag 21; cfr Vittorio Zucconi, legge e divorzio, la ricerca sociologica di Judith Wallerstein, La Repubblica 4 giugno 1997; cfr Joseph Rowntree Foundation, Children living re-ordered families, Social Policy Research findings N° 45, february 1994, Published by the Joseph Rowntree Foundation The Homestead 40 Water End York YO3 6LP )
Questo studio fa riflettere sul fatto che, nei casi di grave conflittualità familiare, la soluzione estrema per i mali estremi non è il divorzio ma la separazione perché questa non comporta l’abbandono del partner e la formazione di una nuova famiglia e quindi lascia aperta la porta ad una futura riconciliazione.
La dissoluzione del rapporto di coppia danneggia gravemente i figli, nei quali giunge, perfino, a provocare una cronica incapacità di vivere in comunione con l’altro, di sopportare e superare le difficoltà, di riconciliarsi, di saper perdonare e ricominciare.
Il dottor C. Haffter, dell’Università di Basilea, nota che la dissoluzione familiare, quando nella generazione dei nonni la cifra dei divorzi supera la media, è un trauma profondo che danneggia i figli rendendoli incapaci di avere legami stabili di coppia, dando luogo con maggiore probabilità ad un effetto a catena che può propagarsi per almeno tre generazioni. Questa sorta di – ereditarietà – dell’infelicità coniugale dipende in gran parte da una anormale evoluzione di tipo nevrotico. ( cfr C. Haffter, Il divorzio e la sorte dei figli, in Enciclopedia della sessualità, a cura di A. Willy e C. Jamont, edizioni Borla, Bologna 1974, pp. 355-356, op. cit. )
Anche il sociologo M. Barbagli sottolinea il fatto che il divorzio è un processo che si auto -alimenta e si auto – rafforza: i figli dei divorziati hanno maggiore probabilità di divorziare rispetto a coloro che provengono da relazioni stabili. ( cfr Donata Francescato, Quando l’amore finisce, Il Mulino, Bologna 1992, pag 55 )
Il divorzio danneggia i figli ferendoli gravemente nella volontà, nell’intelligenza, nella memoria, negli affetti. La restaurazione di un abito virtuoso capace di sopportare, di sacrificarsi, di rinunciare, di perdonare, di ricominciare, richiede da parte dell’individuo, ferito dalle colpe dei genitori, uno sforzo maggiore, uno sforzo eroico ed un percorso più lento e tutto in salita.
Le esperienze traumatiche della dissoluzione familiare determinano degli effetti che perdurano nel tempo condizionando il comportamento della persona, lasciando un’impronta nel suo temperamento, un ricordo che rende più difficile il controllo delle proprie reazioni.
Il sociologo G. Campanini fa notare che l’introduzione del divorzio ha determinato in alcune componenti della popolazione un atteggiamento di minore responsabilità nei confronti dell’impegno coniugale che viene preso: questo dimostra come la legge divorzista, che non protegge l’istituto familiare dalla dissoluzione, comporta la perdita della consapevolezza sociale del bene rappresentato dalla integrità familiare e quindi influisce negativamente sulla famiglia stessa perché contribuisce a – deformare – il comportamento delle persone. ( cfr Donata Francescato, ibidem, pag 56 )
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che il divorzio determina gravi danni nei coniugi, nei figli e nella società: il suo effetto contagioso lo rende una vera piaga sociale (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2385 )
I disordini affettivi ed intellettivi spingono verso la strada dell’amore libero e l’amore libero mantiene, consolida, sviluppa e propaga tali disordini.
I disordini affettivi ed intellettivi che portano all’amore libero possono essere compresi all’interno di quattro cause fondamentali:, il bisogno di conquista, la tendenza umana verso l’assoluto che viene fissata su qualcosa di relativo, la perdita dell’identità di genere e quindi la fine della complementarietà fra l’uomo e la donna, la tendenza a gustare il frutto proibito
Queste cause in realtà non presentano confini ben delimitati, ma sono variamente associate, sfociano l’una nell’altra e solo per esigenze descrittive abbiamo cercato di catalogarle.
La tendenza umana verso l’assoluto che viene fissata su qualcosa di relativo
Abbiamo già scritto ( p.3 ) che l’amore romantico è un tentativo di realizzare lo stato paradisiaco in terra attraverso un’esperienza di solidarietà perfetta con un essere umano che viene ritenuto portatore di qualcosa di assoluto che ci è sempre mancato. Quando il desiderio di realizzare il perfetto abbandono nell’amore viene cercato non in Dio ma in un essere umano, il cuore dell’uomo diventa inquieto e questo può indurre ad una ricerca quasi morbosa di rapporti sentimentali o sessuali che tuttavia non sono in grado di soddisfarlo. Una nuova relazione, con il periodo iniziale dell’innamoramento, permette di proiettare nell’altro il desiderio di una felicità assoluta e totale. Il nuovo, in quanto ignoto, si presta a questa proiezione: si tratta della costruzione di un Paradiso artificiale momentaneo. La comunione di vita implica la conoscenza della realtà della persona e ogni conoscenza rivela difetti e imperfezioni delle creature e anche il fatto che esse sono soggette alla legge del mutamento: tutto cambia, la bellezza e la giovinezza sfioriscono ma anche il carattere è soggetto al cambiamento.
Lo psichiatra americano M. Scott Peck – che ha diretto l’istituto di igiene mentale al New Milford hospital, nel Connecticut – scrive che l’amore romantico è una delle più grandi illusioni.
“- Il grande ideale americano di amore romantico crede che sia possibile per Cenerentola cavalcare col principe verso un tramonto di orgasmi infiniti “-. Chiunque crede “- (…) che in un rapporto l’amore romantico non debba finire mai è destinato a una delusione dopo l’altra. Ritengo infatti che uno dei maggiori problemi di questa e di altre culture sia la ricerca di Dio nell’ambito dei rapporti di amore romantico tra umani.
Quel che facciamo è guardare al coniuge o all’amante come a un dio. Cerchiamo nel coniuge o nell’amante colui o colei che possa soddisfare tutti i nostri bisogni e tutte le nostre aspirazioni, che ci porti a un durevole Paradiso in terra.
E non funziona mai. Tra i motivi per cui non funziona – che si sia consapevoli o meno di ciò che si fa – c’è la violazione del primo comandamento che afferma:- Io sono il Signore Dio tuo, e non avrai altro Dio all’infuori di me -. Tuttavia è molto naturale fare così. E’ naturale voler avere un Dio tangibile, qualcuno che non solo possiamo vedere e toccare ma che possiamo anche afferrare, abbracciare, con cui possiamo dormire e che forse possiamo persino possedere. Così continuiamo a cercare nel coniuge o nell’amante un dio e facendolo dimentichiamo il vero Dio-“. (M. Scott Peck, Un’infinita voglia di bene, trad. italiana, Frassinelli, Como1995, pp. 224-225).
La nostra citazione di Peck non vuole assolutamente essere un’approvazione di certe idee relativistiche di questo autore che, secondo il sociologo Massimo Introvigne, può essere considerato il precursore dell’attuale Next Age, anche se il suo recente percorso culturale lo avrebbe portato dal buddismo zen e da una posizione strettamente individualistica verso un cristianesimo non ben definito ( cfr Massimo Introvigne, New Age e Next Age, Piemme, Casale Monferrato ( AL) 2000, pp.18-20 ).
Il bisogno di conquista
Il sesso al di fuori di un’unione totale e indissolubile – e già questa non preserva da abusi e disordini – viene vissuto in modo narcisistico e può essere anche la conseguenza di motivazioni inconsce che nascono da strategie difensive nevrotiche e quindi sbagliate che cercano di compensare, attraverso la relazione sessuale, problemi conflittuali interiori.
Un’approfondita indagine clinica ha evidenziato vari disturbi nevrotici che si nascondono dietro la motivazione sessuale: tra queste motivazioni non autentiche, che nascono da problemi profondi non risolti, ci sono i rapporti sessuali che vengono cercati come tentativo di difendere la stima di se stessi, per essere confermati, per sentirsi importanti e anche come prova di potere-dominio su un’altra persona perché si vuole dimostrare a se stessi di essere attraenti, capaci di attirare un’altra persona. Spesso il soggetto è spinto alla ricerca del rapporto sessuale dal bisogno di essere rassicurato sulla propria mascolinità o femminilità perché non si sente normale o adeguato: questo bisogno è forte negli adolescenti, ma può continuare ad essere presente anche negli adulti che non hanno superato i propri complessi d’inferiorit