…Come trasformare praticamente le nostre famiglie in “chiese domestiche”, nonostante i numerosi impegni? …
La preghiera nella spiritualità familiare
di Don Alfredo M. Morselli
L’argomento di questo scritto è la preghiera, in particolare la preghiera nella famiglia, la preghiera e la vita familiare.
Quando si deve parlare della preghiera, pur con tante cose che ci sarebbero da dire su questo argomento – pensate a tutti i trattati sulla vita di orazione, gli innumerevoli passi della S.Scrittura etc. – è opportuno ricominciare sempre da quello che diceva S. ALFONSO “Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna. Tutti i beati, eccettuati i bambini, si sono salvati col pregare. Tutti i dannati si sono perduti per non pregare; se pregavano non si sarebbero perduti. E questa è, e sarà la loro maggiore disperazione nell’inferno, l’aversi potuto salvare con tanta facilità, quant’era il domandare a Dio le di lui grazie, ed ora non essere i miseri più a tempo di domandarle” ( S. ALFONSO M. de’ LIGUORI, Del gran mezzo della preghiera, cap I conclusione).
L’importanza di questa lapidaria frase di S. ALFONSO è stata rilevata anche da Giovanni Paolo II, il quale, nell’ultimo documento ufficiale dedicato a questo santo, redatto in occasione del secondo centenario della sua morte (1787-1987), dovendo scegliere alcune frasi particolarmente significative del santo dottore, non ha indugiato a ripetere “Solo chi prega si salva, chi non prega si danna”.
Si capisce bene come queste parole siano profondamente vere: per salvarci dobbiamo compiere le buone opere, per compiere le buone opere abbiamo bisogno della grazia (“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” Gv 15,5), per ottenere la grazia, -sebbene esista la “grazia preveniente”- dobbiamo chiederla. Quindi niente preghiere => niente grazia, niente grazia => niente buone opere, niente buone opere => niente salvezza.
Il discorso è chiaro: chi prega si salva, chi non prega si danna.
Il diavolo sa benissimo questa regola; e siccome vuole perderci, contrariamente a Dio che “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tim 2,4.) , il diavolo vuole ingannarci tutti e vuole che tutti gli uomini si dannino; egli svolge quindi nei nostri confronti una invisibile e terribile lotta perché non preghiamo:
a) lotta invisibile: mentre ci accorgiamo di altri tipi di tentazioni (p. es. contro la purezza), la tentazione di non pregare è particolarmente subdola, quasi insensibile, abilmente celata nell’accidia, nell’inerzia, nell’ansia – “quante cose devo fare…” NO! NO! non quante cose… UNA COSA DEVI FARE! UNA COSA É NECESSARIA: ricordiamo le parole di Gesù a S. Marta…
“Ma Gesù le rispose: – Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta -” (Lc 10, 41-42)
… e ancora quanto ci riporta S. Matteo:
“Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà gia le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.” (Mt 6, 25-34)
b) lotta terribile, senza esclusione di colpi, per farci dimenticare l’essenziale: ascoltiamo queste parole di Gesù, tratte dal Vangelo di S. Luca:
“…metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.” (Lc 21,12-19)
S. AMBROGIO interpreta in senso spirituale questo passo:
“Si legge “Non regni più il peccato nel vostro corpo mortale” (Rm. 6,12). Vedi davanti a quali re sei posto o uomo? Se fai regnare in te la colpa sottostarai al re-peccato. Quanti sono i peccati, quanti sono i vizi, altrettanti sono i re. Davanti a questi noi siamo trascinati e avanti a questi noi siamo posti. Anche questi re hanno un loro tribunale nello spirito di moltissimi. Ma se uno confessa Cristo, fa subito prigioniero quel re, lo atterra da trono della propria anima. Infatti, come potrebbe restare il tribunale del diavolo in colui nel quale è eretto il tribunale di Cristo?”. (Commento sul salmo 118, (Disc. 20, 47-50; CSEL 62, 467-469); cit. dal IV volume della Liturgia delle Ore, p. 1371.)
Quindi non solo siamo condotti ogni giorno davanti a re e tribunali umani (questa è una grazia particolare non concessa a tutti), ma tutti ogni momento siamo trascinati davanti al tribunale del diavolo, dove ci attende la prova della testimonianza della nostra fede. Il Vangelo ci consola: “Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere (…) nemmeno un capello del vostro capo perirà”, ma ci presenta la drammaticità e la serietà di questo combattimento spirituale: “sarete odiati da tutti per causa del mio nome”; la vittoria è certa, ma ad una condizione: la perseveranza: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.
Tornando alle tentazioni sulla preghiera, sappiamo che ogni momento siamo trascinati davanti al diavolo che usa tutti i mezzi per non farci pregare: e noi sappiamo che con la perseveranza nella preghiera salveremo le nostre anime.
Ma ora vediamo come praticamente possiamo impostare una buona vita di preghiera familiare: sapete che l’essere componente di una famiglia è un modo di essere non accidentale; i membri di una famiglia sono “una cosa sola”, “sangue dello stesso sangue”, “ossa delle stesse ossa”; esiste, fondatissima “in re”, una spiritualità familiare che non è la semplice “somma” delle preghiere dei singoli.
Infatti, secondo S. Tommaso, la famiglia è la massima forma di unità possibile nell’ambito delle creature: (“maximum quid in genere conjunctionis” cfr. S.Theol. Suppl. q. 44 a. 1 c.; a. 2 ad 3.). In conseguenza di ciò, la preghiera in famiglia deve essere il particolare respiro spirituale della massima forma di unità possibile nell’ambito delle creature.
Solo l’unità propria della SS. Trinità (massima unione increata) e quella tra Cristo e la Chiesa (e ogni singola anima per mezzo della grazia, come partecipazione di questa unione – massima unione tra increato e creato) è maggiore dell’unità della famiglia.
Ad eccezione delle unioni suddette, non ne esistono di maggiori della famiglia; e siccome ogni operazione dipende dal soggetto che opera, anche la vita spirituale propria della familgia deve essere necessariamente la vita spirituale della “massima forma di unità possibile”
Ciò può realizzarsi anche se i membri di una famiglia sono spiritualmente distanti: pensiamo, per es. ad un medico che deve assentarsi da casa il sabato e la domenica: questi offre a Dio la sua azione, con purezza d’intenzione: la moglie offre a Dio il sacrificio della solitudine, in unione all’intenzione del marito; questa intenzione congiunta è veramente “familiare”, veramente una espressione del “maximum quid in genere conjunctionis”.
Perché ciò si realizzi, dobbiamo servirci degli opportuni mezzi: S. Tommaso osserva che “questi principi non sono proporzionati alla ragione umana, secondo la condizione dell’uomo viatore, e la ragione è solita comprendere attraverso cose sensibili questi stessi principi; pertanto è necessario che sia condotta come per mano alla loro cognizione attraverso realtà analoghe sensibili”(cfr. In I Sent., prol. q. 1, a. 5 c.).
L’uomo, data la sua natura anche corporea, è condotto quasi per mano a realtà invisibili attraverso cose sensibili. Se questo è vero per realtà naturali, a maggior raginone è più necessario per vivere un’unità spirituale di ordine soprannaturale.
Quindi è necessaria:
a) una vita spirituale di famiglia, proporzionata alla “massima forma di unità possibile”
b) una vita spirituale di famiglia comprendente anche manifestazioni esterne di preghiera comune, per essere condotti attraverso realtà analoghe sensibili alla cognizione della misteriosa unità soprannaturale nella quale la famiglia è costituita.
Vorrei presentare ora i suggerimenti che il padre R. PLUS S.J. offre nella sua preziosa opera Come pregare sempre, corredati di alcune osservazioni per facilitare l’applicazione degli stessi consigli alla spiritualità familiare.
Abbiamo visto fino ad ora l’assoluta necessità della preghiera, la drammaticità della fedeltà alla preghiera, la necessità dell’armonizzare la nostra vita di preghiera alla natura della famiglia; ora vediamo come concretamente possiamo fare.
Il Padre PLUS ci propone tre regole pratiche fondamentali:
I.
Tutti i giorni un po’ di preghiera
II.Un po’ di preghiera per tutto il giorno
III.Trasformare tutto in preghiera
I. Tutti i giorni un po’ di preghiera
Vedremo in seguito come far sì che ogni azione diventi preghiera: ma devo dire che pretendere di trasformare tutto in preghiera o ritenere di aver pregato agendo senza dedicare un certo lasso di tempo alla preghiera propriamente detta è un’illusione diabolica. Gesù ha dato un ben altro esempio: chi più di lui ha potuto agire con intenzione pura, agendo e pregando nello stesso tempo? Ma i Vangeli ci descrivono un Gesù che passava le notti in orazione…
Come una casa è riscaldata perché ci sono i radiatori, e i radiatori sono caldi perché nel bruciatore c’é il fuoco (massimo calore), come il calore si irradia a partire dal fuoco e si diffonde per la casa, così tutta la giornata può essere di preghiera se c’é un momento irradiante . S. Tommaso spiega da par suo questo concetto con la sua solita perfetta sintesi: “Ciò che è primo in un certo ordine è causa di tutto ciò che consegue nel medesimo ordine” (“Cum primum in quolibet ordine sit causa eorum quae consequuntur”; S. Theol., I, q. 105, a. 3, c.).
Così ci deve essere un momento di massima preghiera attuale, perché ne consegua una vita trasformata in preghiera.
Si può quantificare questo momento? Sebbene nella vita spirituale non esistano “ricette” e ognuno debba sempre lasciarsi guidare dallo Spirito, è doveroso tuttavia considerare quanto raccomandano i Pontefici.
Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n° 59:
“La preghiera familiare ha le sue caratteristiche. É una preghiera fatta in comune, marito e maglie insieme, genitori e figli insieme. La comunione nella preghiera è, ad un tempo, frutto ed esigenza di quella comunione che viene donata dai sacramenti del battesimo e del matrimonio. Ai membri della famiglia cristiana si possono applicare in modo particolare le parole con le quali il Signore Gesù promette la sua presenza. “In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,19 ssqq).
Ibidem: Preghiera ed educazione:
“Elemento fondamentale e insostituibile nell’educazione alla preghiera è l’esempio concreto, la testimonianza viva dei genitori: solo pregando insieme con i figli, il padre e la madre, mentre portano a compimento il proprio sacerdozio regale, scendono in profondità nel cuore dei figli, lasciando tracce che i successivi eventi della vita non riusciranno a cancellare. Riascoltiamo l’appello che Paolo VI ha rivolto ai genitori: “Mamme, le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? Li preparate in consonanza con i Sacerdoti, i vostri figli ai sacramenti della prima età: confessione, comunione, cresima? Li abituate, se ammalati a pensare a Cristo sofferente? A invocare l’aiuto della Madonna e dei Santi? Lo dite il Rosario in famiglia? E voi, Papà, sapete pregare con i vostri figliuoli, con tutta la comunità domestica, almeno qualche volta? L’esempio vostro, nella rettitudine del pensiero e dell’azione, suffragato da qualche preghiera comune, vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito; portate così la pace nelle pareti domestiche: “Pax huic domui!”. Ricordate: così costruite la Chiesa!” (Discorso all’Udienza generale (11 agosto 1976): Insegnamenti di Paolo VI, XIV (1976), 640.)”.
Ibidem, n° 61: quali pratiche?
“Per preparare e prolungare nella casa il culto celebrato nella Chiesa, la famiglia cristiana ricorre alla preghiera privata, che presenta una grande varietà di forme (…) Oltre alle preghiere del mattino e della sera, sono espressamente da consigliare, seguendo anche le indicazioni dei Padri Sinodali: la lettura e la meditazione della parola di Dio, la preparazione ai sacramenti, la devozione e la consacrazione al Cuore di Gesù, le varie forme di culto alla Vergine santissima, la benedizione della mensa, l’osservanza della pietà popolare.
Nel rispetto della libertà dei figli di Dio, la Chiesa ha proposto e continua a proporre ai fedeli alcune pratiche di pietà con una particolare sollecitudine ed insistenza. tra queste è da ricordare la recita del Rosario: “Vogliamo ora, in continuità con i nostri Predecessori, raccomandare vivamente la recita del santo Rosario in famiglia… Non v’é dubbio che la Corona della beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle più eccellenti ed efficaci preghiere in comune, che la famigli cristiana è invitata a recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo che, quando l’incontro familiare diventa tempo di preghiera, il Rosario ne sia espressione frequente e gradita” (PAOLO PP. VI, Esort. Ap. Marialis cultus, 52-54: AAS 66 (1974), 164 s.). Così l’autentica devozione mariana, che si esprime nel vincolo sincero e nella generosa sequela degli atteggiamenti spirituali della Vergine Santissima, costituisce uno strumento privilegiato per alimentare la comunione d’amore della famiglia e per sviluppare la spiritualità coniugale e familiare. Lei, la Madre di Cristo e della Chiesa, è infatti in maniera speciale anche la Madre ella famiglie cristiane, delle Chiese domestiche”.
Ibidem, n° 62: preghiera ed impegno quotidiano:
“…la preghiera non rappresenta affatto un’evasione dall’impegno quotidiano, ma costituisce la spinta più forte perché la famiglia cristiana assuma ed assolva in pienezza tutte le sue responsabilità di cellula prima e fondamentale della società umana. In tal senso, l’effettiva partecipazione alla vita e missione della Chiesa nel mondo è proporzionale alla fedeltà e all’intensità della preghiera con la quale la famiglia cristiana si unisce alla Vite feconda, che è Cristo Signore.
Dall’unione vitale con Cristo (…) deriva pure la fecondità della famiglia nel suo specifico servizio di promozione umana, che di per sé non può non portare alla trasformazione del mondo”.
Riassumendo brevemente l’insegnamento del Papa, tanti buoni motivi per pregare insieme; tra le preghiere viene raccomandata la recita del Santo Rosario; dalla fedeltà a queste piccole cose dipende la “buona educazione dei figli“, la “costruzione della Chiesa” e “la trasformazione del mondo“. Capiamo così come ci prendiamo tragicamente in giro se parliamo di nuova Evangelizzazione e poi non adempiamo al dovere della preghiera.
II. Un po’ di preghiera per tutto il giorno
Per mantenere lo stato di orazione, il Padre PLUS raccomanda frequenti orazioni giaculatorie (Cuore di Gesù confido in Voi, Gesù mio misericordia, Venga il tuo Regno etc. orazioni brevissime che il cuore suggerisce), le quali intessono tutta la giornata di preghiera, e rendono più facile la purezza di intenzione, che spiegheremo più avanti.
Per ricordare di ripetere queste giaculatorie, sono raccomandabili degli agganci mnemonici: quando si entra o si esce di casa, in particolari momenti del lavoro, quando si sale in auto etc.
Per quanto riguarda questa pratica nella vita familiare, può essere utile adorare la presenza di Dio, che si attua mediante la Grazia, nell’anima dei bambini, specialmente se sono ancora molto piccoli e quindi incapaci di commettere un peccato mortale; ancora è necessario insegnare ai bambini questa pratica, sfruttando tutte le occasioni (es: all’inizio del gioco, dei compiti etc.).
In questo genere di preghiera, sebbene non siano giaculatorie in senso stretto, si possono annoverare le preghiere prima e dopo i pasti: sono preghiere oltremodo “familiari”, che arrecano veramente una connotazione di “sacralità” a tutta la nostra giornata.
Ecco ancora alcune considerazioni sulle giaculatorie di S. FRANCESCO DI SALES:
“…come gli innamorati di un amore umano e naturale hanno quasi continuamente i loro pensieri rivolti verso la persona amata, il cuore pieno di affetto verso di essa e la bocca piena delle sue lodi, e quand’essa è lontana non perdono una sola occasione per testimoniare per lettera i loro sentimenti, mentre incidono sulla corteccia degli alberi il loro amato; così coloro che amano Dio non possono stare senza pensare a lui, senza respirare per lui, aspirare a lui e parlare di lui, e vorrebbero, se fosse possibile, scolpire nel cuore di tutti gli uomini il sacrosanto nome di Gesù; tutte le cose sono per loro un invito a fare ciò, e non vi é creatura che non annunzi loro le lodi del beneamato; e, come dice S. Agostino (Enarratio II in Psalmum 26,12), citando S. Antonio (SOCRATES, Historia, IV, 23), tutto ciò che esiste nel mondo parla loro un linguaggio muto ma intelligentissimo, in favore del loro amore; tutte le cose destano in loro buoni pensieri, che danno origine a frequenti slanci ed aspirazioni a Dio.” (Introduzione alla vita devota, cap. 13).
II. Trasformare tutto in preghiera
“Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: «C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»” (Lc 18, 1-8)
“Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi”: da queste parole – in armonia con tutta la S. Scrittura- ricaviamo la presenza di un triplice comandamento sulla preghiera:
I) pregare è necessario
II) bisogna pregare sempre
III) bisogna pregare sempre senza stancarsi
Ma qual’é il significato dell’espressione pregare sempre? Certamente non significa pregare in senso stretto 24 ore su 24; questo è impossibile, e Dio non comanda cose impossibili!
Certamente “pregare sempre” non significa pregare per un tempo tale da farci trascurare o non adempiere i nostri doveri. Immaginate un buon marito che torna a casa e non trova niente da mangiare; chiede alla moglie ragione del fatto e si sente rispondere: “Ho pregato tutto il giorno”.
“Pregare sempre” significa avere l’intenzione virtuale di pregare sempre: il contenuto questa intenzione virtuale è ben spiegato da S. IGNAZIO DI LOYOLA, quando ci dice di chiedere a Dio “che tutte le nostre azioni, intenzioni, operazioni, siano ordinate esclusivamente a maggior servizio e lode di Sua Divina Maestà” (Esercizi Spirituali, 46) .
Cercherò ora di spiegare queste ultime affermazioni.
Cosa significa intenzione virtuale?
L’intenzione può essere attuale, abituale, virtuale.
L’intenzione è attuale quando uno compie, coscientemente, una certa azione per un determinato fine.
L’intenzione è abituale quando si compie un’azione, senza avere coscienza del fine, ma tuttavia abitualmente l’azione è compiuta per lo stesso fine.
L’intenzione è virtuale quando si compie un’azione, senza avere coscienza del fine, ma tuttavia quella stessa azione è compiuta per quel determinato fine; es: un tale sale in auto per andare da Roam a Milano: questo è il fine principale del viaggio: certamente mentre egli guida non pensa in continuazuine che sta andando a Milano: quando ci pensa la sua intenzione è attuale, quando non ci pensa la suaa intenzione è virtuale: realissima, ma non sempre conscia.
Se gli chiedessero: “Cosa stai facendo”, risponderebbe “Sto andando a Milano”, anche se in quel momento magari stava fischiattando e non stava pensando di andare a Milano.
Quando noi abbiamo l’intenzione pura come descritta da S. Ignazio per ogni nostra azione, anche quando questa intenzione non è attuale, ma soltanto virtuale, noi siamo in stato di preghiera, noi adempiamo al comandamento di Gesù di “pregare sempre”: se ci chiedessero in un qualunque momento: “Per chi fai questa azione?” e noi possiamo rispondere, riprendendo coscienza dell’azione: “Per Dio, per Dio solo”, allora siamo in stato di preghiera.
Dimensione sponsale dello “stato di preghiera”
Vorrei ora cercare di approfondire l’aspetto “sponsale” di questa “purezza d’intenzione”, e fare alcune considerazioni su come ricercare questo stato di continua preghiera nella spiritualità della famiglia.
Vediamo un passo della S. Scrittura, e poi ascoltiamo S. Tommaso.
“Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono gia macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti.»” (Mt 22, 1-14)
Facciamo attenzione all'”abito nuziale”, la cui mancanza è stata rovinosa per il personaggio della parabola: che cosa rappresenta? Senz’altro, come vuole una buona interpretazione tradizionale, lo stato di Grazia necessario per ricevere la S. Comunione.
Ma vi è un altro significato: S. Tommaso parla della virtù della “castità spirituale”:
“Se infatti l’anima dell’uomo si compiace di congiungersi con ciò con cui deve essere congiunta, cioè con Dio, e si astiene dal congiungersi con diletto con qualunque altra creatura, ciò si dice castità spirituale, secondo 2 Cor 11,1: «Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo». Se invece l’anima, contro l’odine divino, si congiunge con qualunque altra creatura, si dice fornicazione spirituale, secondo Ger 3,1: «Tu hai fornicato con molti amanti»” (S. Theol., II IIæ, q. 151 a. 2 c.).
La veste nuziale richiesta è questo amore indiviso per Dio, per Dio solo, per la sua Santissima Volontà, quando la nostra anima non desidera congiungersi che con lui, in quel matrimonio spirituale che è il modello su cui è stato pensato il matrimonio di un uomo e una donna; quando la nostra anima è tanto presa dall’amore per Dio che non desidera congiungersi con qualunque altra creatura: Dio il primo, Dio il solo !!!
Questa veste nuziale è anche lo stato di continua preghiera: comprende anche la fede, la fedeltà alla parola di Dio, alla Verità: come la Vergine custodiva nel suo Cuore ogni parola di Gesù Cristo.
Cari amici, sposi e sposi, voi potete davvero ben comprendere come si “prega sempre”: come il vostro cuore è indiviso per vostra moglie o per il vostro marito, così, molto di più in tutto deve esserlo per la volontà di Dio: in fondo è molto semplice, facile con la Grazia.
Naturalmente, la via per conseguire questa volontà virtuale è la volontà attuale rinnovata, ovvero la volontà abituale; gioverà molto ripetere “la solita orazione preparatoria” di S. IGNAZIO (Esercizi Spirituali n° 46), e, tra le giaculatorie, pensarne qualcuna ad hoc, es: “solo per Te Signore”, o, come il motto del Papa, “Totus tuus”.
É molto utile, direi quasi indispensabile, farsi, cercando un momento di calma, un programma circa la vita di orazione secondo la spiritualità familiare.
Il nostro pensiero va ora a colei che maggiormente ha avuto un Cuore casto, assolutamente indiviso per la S.S. Trinità e, per amore della S.S. Trinità, per tutti gli uomini. Sotto la sua protezione noi ci rifugiamo, tanto incapaci di fedeltà, ma tanto fiduciosi nel soccorso della Vergine.