Prof. A. Torresani. 16. 1 Dalla fine della dinastia carolingia a Ugo Capeto; 16. 2 La Francia nel secolo XI; 16. 3 Luigi VI alle prese coi vassalli; 16. 4 Luigi VII alle prese coi Plantageneti; 16. 5 Il movimento comunale in Francia; 16. 6 Filippo II Augusto rafforza la monarchia di Francia; 16. 7 Cronologia essenziale; 16. 8 Il documento storico; 16. 9 In biblioteca
Cap. 16 La Francia fino al secolo XII
La Francia, già centro delle vicende europee dal tempo di Clodoveo fino a Carlo Magno, subì forse più profondamente di altre aree europee le conseguenze del decentramento feudale e delle incursioni vichinghe, ma verso la fine del secolo X Ugo Capeto aveva posto solide radici nell’Ile-de-France, fondando la dinastia regale più nota d’Europa, durata in linea diretta fino al tempo di Filippo IV il Bello che fece della Francia la massima potenza europea.
I grandi feudatari francesi raggiunsero posizioni politiche di prima grandezza e perciò la lotta ingaggiata dai Capetingi per riaffermare i diritti della corona fu serrata, riuscendo infine ad aver ragione di vassalli talvolta più potenti dei loro sovrani.
Nel secolo XI la Francia conobbe una ripresa dell’agricoltura e nel XII divenne il paese più colto dell’Occidente, raggiungendo il suo apogeo nel XIII secolo, quando Parigi era considerata la capitale dell’Occidente.
Per merito di una solida tradizione monarchica, anche nei momenti di maggiore anarchia feudale, non venne meno in Francia il riferimento al re, sebbene l’alta nobiltà fosse la più potente e la più gelosa dei propri privilegi esistente in Europa.
Il movimento comunale fu imponente in Francia, ma le città libere non estesero il loro potere oltre la cerchia delle mura, e quando la monarchia tornò abbastanza forte riprese il controllo diretto sul governo delle città.
La svolta in senso autoritario della monarchia di Francia avvenne al tempo di Filippo II Augusto che affrettò la crisi della monarchia normanna d’Inghilterra avvenuta verso la fine del XII secolo: con la sua vigorosa politica riuscì a ridimensionare la potenza inglese sul suolo di Francia.
16. 1 Dalla fine della dinastia carolingia a Ugo Capeto
Dopo la morte di Carlo il Grosso, avvenuta nell’888, mancando un discendente di Carlo Magno idoneo alla dignità di re dei Franchi, gli occhi dei grandi vassalli si appuntarono su Oddone, conte di Parigi, che si era coperto di gloria resistendo ai Vichinghi.
Oddone re dei Franchi occidentali Arnolfo di Carinzia convocò Oddone a Worms e gli conferì la corona di re dei Franchi occidentali. Solo Folco, arcivescovo di Reims, non accettò quella nomina resistendo a Oddone che negli anni seguenti fu ripetutamente sconfitto dai Vichinghi. Nell’892 Folco guidò la rivolta dei grandi feudatari, divenendo sostenitore di Carlo il Semplice, un carolingio figlio di Lodovico (o Luigi) III il Balbo, che aveva solo tredici anni: nell’893 Carlo il Semplice fu incoronato re a Reims. Nella guerra tra Oddone e Carlo il Semplice, il primo riuscì vincitore, e il secondo ebbe il buon senso di fargli atto di sottomissione. Nell’898 Oddone morì, lasciando il trono a Carlo il Semplice.
La creazione del ducato di Normandia L’avvenimento più importante del regno di Carlo il Semplice fu l’insediamento di un gruppo di Vichinghi nella regione posta tra la Bretagna e il basso corso della Senna che assunse il nome di Normandia: nel 911, tra Parigi e Rouen, ci fu l’incontro di Carlo il Semplice e Rollone, nel corso del quale il secondo ricevette in feudo le contee di Rouen, Lisieux ed Evreux, il nucleo di quel ducato di Normandia già esaminato. Tuttavia, sarebbe un errore pensare che le scorrerie dei Vichinghi cessassero, o che le pretese dei congiunti di Oddone fossero venute meno. Infatti, Roberto, fratello di Oddone, nel 922 si fece incoronare re, e l’anno seguente attaccò Carlo il Semplice. Nel corso della battaglia Roberto fu ucciso, ma Carlo il Semplice risultò sconfitto e dovette darsi alla fuga. Rodolfo, duca di Borgogna, genero di Roberto, fu incoronato a Soissons, e Carlo il Semplice fu fatto prigioniero: nel 929 morì senza aver recuperato la libertà. Il re Rodolfo tenne il potere in modo saldo fino al 936, anno della morte: non avendo figli, si poneva di nuovo la questione della successione.
Ugo il Grande Il personaggio più potente tra la Senna e la Loira appariva Ugo il Grande, figlio di Roberto, già re di Francia tra il 922 e il 923. Ugo il Grande non fu incoronato, perché contro di lui si formò un’ampia coalizione guidata da Erberto di Vermandois che si oppose alla proclamazione di Ugo il Grande come re: costui portò solo il titolo di duca dei Franchi. I feudatari francesi si ricordarono che la moglie di Carlo il Semplice, Ogiva, era fuggita presso il padre Edoardo il Vecchio, re d’Inghilterra, portando con sé il figlioletto Luigi, soprannominato d’Oltremare perché educato al di là della Manica.
Luigi IV d’Oltremare Luigi IV d’Oltremare fu indotto ad assumere la corona di re di Francia. Fin dall’inizio Ugo il Grande prese sotto la sua protezione il re quindicenne, che però aveva progetti ambiziosi: riprendere il controllo della Lorena e attaccare la Neustria su cui dominava Ugo il Grande. Luigi d’Oltremare fu sconfitto: nel 941 sembrava in una situazione disperata, ma fu soccorso da Ottone I di Sassonia, che aveva tutto l’interesse a mantenere il regno dei Franchi occidentali in una situazione di debolezza. Luigi d’Oltremare fu però catturato e consegnato a Ugo il Grande, che nel 945 lo rimise in libertà a patto che gli cedesse la capitale Laon. Nel 949 Luigi d’Oltremare riprese Laon, e nell’anno seguente Ugo il Grande fu scomunicato. Nel 954 Luigi d’Oltremare morì e subito fu proclamato re il figlio Lotario appena quattordicenne. Nel 956 morì anche Ugo il Grande.
Lotario Lotario tentò un grande colpo nel 978 ai danni di Ottone II imperatore di Germania, riuscendo a occupare Aquisgrana per tre giorni in capo ai quali fu costretto a ritirarsi per mancanza di viveri. La vendetta di Ottone II non tardò a giungere: la guerra si concluse nel 980 con un incontro tra i due sovrani. La riconciliazione fu solo apparente perché ben presto sorse l’alleanza tra Ottone II e Ugo Capeto, figlio di Ugo il Grande. La morte di Ottone II, avvenuta nel 983, permise all’arcivescovo di Reims Adalberone e a Gerberto di Aurillac, il maestro di Ottone III, di ordire una congiura ai danni di Lotario. Costui si difese con energia, ma nel 996 morì.
Luigi V Lotario aveva preso la precauzione di far incoronare il figlio Luigi V fin dal 979, e perciò la successione avvenne senza incidenti, ma anch’egli morì nel maggio 987, senza lasciare figli. La dinastia dei Carolingi non era del tutto estinta perché c’era ancora un fratello di Lotario, Carlo duca di Lorena, giudicato tuttavia indegno del trono.
Ugo Capeto In Francia si sviluppò un grande dibattito concluso con l’affermazione che doveva essere re chi di fatto svolgeva le funzioni di re: poiché sia Ugo il Grande sia Ugo Capeto non avevano cessato di accrescere il loro potere e avevano radunato un buon numero di ducati e contee, la scelta del nuovo re appariva obbligata. Nel 987 Ugo Capeto fu proclamato re di Francia. Ugo Capeto non aveva altra forza che quella fornita dai territori direttamente governati. Per tutto il X secolo la monarchia si era dimostrata incapace di far fronte ai compiti essenziali di difesa del territorio dalle incursioni, che ogni feudatario doveva fronteggiare solo con le sue truppe, ma non era andata perduta la nozione dell’esistenza di un unico re con un potere superiore a quello dei duchi, anche quando di fatto erano più potenti del sovrano. Il potere regio si era trasmesso all’interno della famiglia dei Carolingi, con l’eccezione di Oddone e del nipote Ugo Capeto che, infine, soppiantò i Carolingi solo perché il loro ultimo rappresentante apparve indegno della corona.
Potere nominale dei re di Francia Il potere nominale dei re di Francia si estendeva dalla Schelda fino a Barcellona, e comprendeva le contee d’Olanda, i ducati di Aquitania, di Normandia, di Borgogna, delle Fiandre e della Neustria. C’era anche la marca di Guascogna, di Tolone, di Gotia e di Spagna (Catalogna). La Bretagna era sempre stata di fatto indipendente, mentre la Lorena era considerata un ducato tedesco.
16. 2 La Francia nel secolo XI
Uno dei primi atti di Ugo Capeto fu l’incoronazione del figlio Roberto come successore, per parare meglio i tentativi di restaurazione dei Carolingi messi in opera da Carlo di Borgogna.
Politica di Ugo Capeto Ugo Capeto fece nominare arcivescovo di Reims Arnolfo, figlio naturale dell’ex re Lotario per calmare in qualche modo il partito dei Carolingi, ma fu mal ripagato, perché Arnolfo si affrettò a cedere la città di Reims a Carlo di Borgogna. Ugo Capeto riuscì con l’inganno a imprigionare sia Arnolfo sia Carlo di Borgogna, e ben presto quest’ultimo morì (992). La questione di Arnolfo era più complicata perché costui era difeso dall’appoggio del papa e dell’imperatore Ottone III. Il re di Francia convocò un concilio nel corso del quale Arnolfo, per aver salva la vita, accettò la deposizione, lasciando la sua carica a Gerberto di Aurillac. Il papa, tuttavia, non poteva venir messo da parte, passando sopra alla deposizione di un arcivescovo: negli anni seguenti furono convocati numerosi concili, ma senza arrivare a una conclusione soddisfacente.
Roberto il Pio Ugo Capeto morì nel 996 lasciando un trono debole al figlio Roberto, la cui unica probabilità di salvezza era di non impegnarsi a fondo in alcuna direzione, cercando di sopravvivere. Gerberto di Aurillac dovette andare a Roma per discolparsi: fu tanto ben accolto da divenire consigliere e segretario di Ottone III che più tardi lo elevò alla dignità di papa.
La questione del matrimonio del re Roberto re di Francia si innamorò della cugina Berta e volle sposarla contro le leggi canoniche che vietavano il matrimonio tra consanguinei: fu minacciato di scomunica se non rinunciava a quel legame. Il re comprese che in qualche cosa doveva cedere, e lo fece a proposito della questione dell’arcivescovado di Reims, restituito ad Arnolfo. Tuttavia, sulla questione del matrimonio, Gregorio V rimase irremovibile e finì per scomunicare Roberto di Francia: costui, non avendo avuto figli, ripudiò Berta e sposò Costanza, figlia del conte di Arles.
Debolezza della monarchia La dinastia dei Capetingi non era più in contrasto col papa e coi Carolingi, ma la sua base territoriale si era ridotta alla regione posta tra Parigi e Orléans, e anche in quei territori il re doveva usare le buone maniere piuttosto che la forza. L’unica politica possibile era di resistere finché qualche evento nuovo gli permettesse di ricostituire l’antico potere monarchico seguendo un’oculata politica di aggregazione alla monarchia di una contea dopo l’altra. Roberto il Pio si incamminò per questa strada, poco gloriosa ma sicuramente efficace. Qualche tentativo fu effettuato anche nei confronti dell’impero tedesco, dopo la morte di Enrico II (1024), mediante un colpo di mano ai danni della Lorena, fallito perché non fu trovato l’accordo con gli altri grandi vassalli. Nel 1031 Roberto il Pio morì lasciando aperto un complicato problema dinastico.
Conflitto dinastico Infatti, nel 1025 era morto l’erede al trono Ugo, già incoronato alcuni anni prima. A corte si formarono due partiti facenti capo il primo a Enrico, sostenuto dal padre prima di morire, e l’altro a un fratello minore. Subito dopo la morte di Roberto il Pio, la vedova guidò una rivolta contro Enrico, occupando alcune città. Enrico I fu aiutato da Roberto duca di Normandia. Il prezzo politico pagato da Enrico I per ottenere la pace fu la cessione del ducato di Borgogna al fratello minore (1032), oltre alla cessione del Vexin al duca di Normandia per ripagarlo dell’aiuto fornito. Nel 1044 fu perduta anche la contea di Tours, ceduta a Goffredo Martello conte di Angiò che con questo acquisto divenne pericoloso per il regno di Francia. Ben presto sorse un’acuta competizione tra il ducato di Normandia e la contea di Angiò che durò per tutto il regno di Enrico I di Francia.
Goffredo Martello conte di Angiò Il conte di Angiò, assurto a tanta potenza, era un terribile personaggio, totalmente dedito a metodi banditeschi e si chiamava Folco Nerra (987-1040). Il figlio Goffredo Martello (1040-1060) aveva proseguito la politica di espansione in direzione del Maine, al quale aspirava anche il duca di Normandia. L’alleanza di quest’ultimo col re di Francia appariva perciò opportuna per creare un doppio fronte al conte di Angiò.
Guglielmo duca di Normandia Come già ricordato, il duca Roberto di Normandia era morto nel viaggio in Terrasanta nel 1035, lasciando come successore il figlio naturale Guglielmo, il futuro conquistatore dell’Inghilterra, di soli otto anni. I vassalli normanni attesero la sua maggiore età per ribellarsi apertamente, ma l’alleanza del giovane duca col re di Francia permise la sconfitta dei ribelli presso Caen (1047). Dopo aver schiacciato i ribelli normanni, i due alleati attaccarono il conte di Angiò: il duca Guglielmo penetrò nel Maine, il re Enrico I nella Turenna. Ma la potenza del duca di Normandia, dopo la conquista del Maine e dopo il suo matrimonio con Matilde di Fiandra, era divenuto pericoloso, e perciò Enrico I di Francia cambiò fronte alleandosi col conte di Angiò ai danni del duca di Normandia, che dimostrò il suo valore militare massacrando le truppe dei coalizzati. Nel 1060 Enrico I morì, e il regno di Francia passò al figlio minorenne Filippo I, sotto la tutela dello zio materno, Baldovino conte di Fiandra.
Filippo I Il regno di Filippo I apparve ai contemporanei inglorioso perché il giovane re dovette mettere da parte ogni intento aggressivo, proseguendo solo il recupero delle contee. Dopo la conquista d’Inghilterra, i duchi di Normandia ridussero la loro presenza sul suolo di Francia e ciò permise alla dinastia dei Capetingi di avanzare pretese su una parte del ducato normanno, giocando l’uno contro l’altro il re d’Inghilterra e il suo rappresentante sul suolo francese.
La politica ecclesiastica Un altro modo per estendere la potenza del regno di Francia era di occupare i possedimenti ecclesiastici. I fautori della riforma della Chiesa cercavano di escludere i sovrani dalle nomine ecclesiastiche: i re di Francia, invece, trovavano che disporre del diritto di nomina alle sedi vacanti era fonte di entrate al riparo da ogni rischio, anche se si trattava di chiara simonia. Per di più, Filippo si innamorò di Bertrada di Montfort, moglie del duca d’Angiò, che volle sposare dopo averla fatta rapire. Il papa Urbano II fu costretto a scomunicare il re di Francia nel concilio di Clermont (1095).
Composizione del conflitto ecclesiastico Il papa Pasquale II si rese conto che si stava per giungere allo scisma, e perciò moderò le sue pretese, seguito dal re di Francia consapevole di rischiare troppo. Nel 1104 il caso del matrimonio del re e delle nomine ecclesiastiche fu sottoposto alla decisione di un concilio nel corso del quale vennero prese sul serio le promesse di Filippo I di separarsi da Bertrada. Filippo I era precocemente invecchiato, era troppo grasso e perciò non poteva guidare di persona l’esercito, affidato fin dal 1097 al figlio Luigi, impegnato in guerre estenuanti contro Guglielmo il Rosso re d’Inghilterra e contro Guglielmo d’Aquitania. Luigi doveva difendersi anche dai tentativi di assassinio provenienti da Bertrada che anelava a mettere sul trono di Francia uno dei propri figli. Filippo I morì nel 1108.
I problemi aperti del regno di Francia Il fatto più sorprendente della storia di Francia nel secolo XI è che la dinastia dei Capetingi sia riuscita a resistere con successo al marasma feudale. Le rivolte dei conti furono pressoché continue; il re non aveva regolari entrate finanziarie; le sue rendite erano tanto modeste che il tesoro del regno viaggiava al seguito del re da un possedimento all’altro. Le entrate più consistenti venivano dal patrimonio ecclesiastico, dalla vendita degli uffici sacri, eppure la dignità di re di Francia non venne mai messa in discussione e i grandi feudatari temevano sempre come massima sventura la rottura politica col re, spesso più debole di loro.
16. 3 Luigi VI alle prese con i suoi vassalli
La storia di Francia nel corso dei due lunghi regni di Luigi VI (1108-1137) e di Luigi VII (1137-1180) è dominata da due tendenze che paiono contraddittorie: da una parte assistiamo all’accrescimento dei territori anglo-normanni che arrivano a comprendere metà della Francia; dall’altra assistiamo a un reale aumento del potere della monarchia di Francia, impegnata a contrastare l’egemonia inglese, recuperando molti territori appartenuti alla corona.
Luigi VI Il compito immediato di Luigi VI fin dall’assunzione al trono era di ottenere l’obbedienza della riottosa nobiltà feudale che arrivava a insidiare l’autorità del re perfino nell’Ile-de-France. Luigi VI fu un re-soldato, alto e imponente, con tendenza all’obesità, tanto che fu soprannominato il “Grosso”. Riuscire a sconfiggere i nobili asserragliati nei loro castelli non fu compito facile: i cronisti, spesso monaci vittime delle imprese brigantesche dei nobili, li descrivono come lupi rapaci. I nobili non spogliavano solo mercanti e pellegrini, bensì saccheggiavano i raccolti dei contadini, aggredivano chiese e monasteri, pretendendo alloggio gratuito per sé e per la masnada.
Anarchia dei nobili Il più noto dei nobili briganti dell’epoca è certamente Tommaso di Marle, le cui feroci imprese furono descritte da Gilberto, abate del monastero di Nogent.
Campagna contro Tommaso di Marle Contro Tommaso di Marle Luigi VI dovette bandire una specie di crociata. Infatti, nella città di Laon nel corso di una rivolta popolare i cittadini avevano assassinato il vescovo, mettendo a sacco le chiese dopo aver incendiato il palazzo vescovile. Temendo l’ira del re, gli abitanti di Laon avevano chiesto aiuto a Tommaso di Marle il quale li unì alla sua banda che subito dopo saccheggiò due abbazie trasformandole in fortezze. Nel 1114 Tommaso di Marle fu scomunicato e messo al bando mentre gli ecclesiastici della regione arruolavano contadini per combattere i ribelli: solo nel 1115 Tommaso di Marle fu circondato nel suo castello dal re, il quale tuttavia fu tanto imprudente da concedergli il perdono. Tommaso di Marle poté riprendere per altri quindici anni le sue imprese brigantesche senza che il re osasse attaccarlo. Finalmente, nel 1130 fu organizzata una spedizione nel corso della quale Tommaso di Marle fu ferito, morendo poco dopo.
Cresce il prestigio della monarchia Episodi come quello ricordato furono frequenti. Luigi VI si rese conto che era suo dovere reprimere quegli abusi, per riportare giustizia e sicurezza nel regno: i consiglieri ecclesiastici si premuravano di ricordargli questo fondamentale dovere. Luigi VI cominciò a convocare davanti al suo tribunale i vassalli rei di qualche delitto: se si rifiutavano, il re raccoglieva l’esercito e guidava la spedizione contro il ribelle. Questo atteggiamento accrebbe la fiducia degli oppressi circa la possibilità di ottenere giustizia.
Il conflitto con l’Inghilterra A partire dalla metà del secolo XI i problemi più gravi per i re di Francia furono i rapporti con i duchi di Normandia, divenuti re d’Inghilterra. Appena succeduto al padre, Luigi VI dovette affrontare Enrico I d’Inghilterra che aveva fatto imprigionare il fratello Roberto, assumendo direttamente la carica di duca di Normandia. Subito dopo fece occupare il castello di Gisors, nel Vexin, di grande importanza strategica in quanto dominava la strada tra Parigi e Rouen: a norma dei trattati quel castello doveva rimanere in mano a un barone neutrale, ma Enrico I ritenne più opportuno occuparlo direttamente. Scoppiò una guerra durata una ventina d’anni, secondo uno schema fisso: Luigi VI cercava l’alleanza col conte di Angiò il quale impegnava gli inglesi nel Maine, lasciando ai francesi il compito di attaccare nel Vexin. Enrico I rispondeva stabilendo alleanza con Tibaldo conte di Blois che doveva attaccare alle spalle Luigi VI, impedendogli di concentrare le sue truppe nel Vexin. In questa guerra più ampia si inserirono i vassalli minori. Il momento più difficile per Luigi VI avvenne nel 1119, quando le sue truppe furono rovinosamente sconfitte. A seguito di quella disfatta Luigi VI fu costretto a ricorrere all’arbitrato del papa Callisto II, venuto in Francia in occasione del concilio di Reims. I due avversari convennero di procedere allo scambio delle conquiste compiute ciascuno sul territorio dell’altro e che Guglielmo Aetheling, figlio del re d’Inghilterra Enrico I, rendesse omaggio al re di Francia per la Normandia.
Morte di Guglielmo Aetheling Nel 1120 Guglielmo Aetheling morì in naufragio mentre si recava in Inghilterra: si formò una coalizione di baroni normanni e del re di Francia per cacciare gli inglesi dalla Normandia. Enrico I d’Inghilterra si alleò con l’imperatore Enrico V, suo genero, che portò l’attacco in direzione di Reims. Luigi VI sollevò tutta la Francia, obbligando Enrico I a battere in ritirata (1124). Luigi VI non potè completare la sua campagna vittoriosa con un attacco a fondo in Normandia. Enrico I d’Inghilterra nel 1128 combinò il matrimonio tra la propria figlia Matilde, vedova dell’imperatore Enrico V di Germania, e Goffredo Plantageneto, erede del ducato d’Angiò e di Maine. Quel matrimonio appariva pericoloso per il regno di Francia perché avrebbe fatto confluire nelle mani del futuro re d’Inghilterra tutta la Francia occidentale.
Morte di Luigi VI Nel giro di pochi anni i protagonisti di quel conflitto morirono: nel 1135 Enrico I d’Inghilterra – gli successe Stefano di Blois -; nel 1137 Luigi VI che aveva avviato le trattative per il matrimonio tra Eleonora, figlia ed erede di Guglielmo X di Aquitania, e il proprio figlio Luigi VII, erede del trono di Francia. Se questi fosse stato saggio avrebbe fatto di tutto per tener fede a quel matrimonio.
16. 4 Luigi VII alle prese coi Plantageneti
Mentre la guerra civile immobilizzava l’Inghilterra per la durata del regno di Stefano di Blois, Luigi VII non riuscì a impostare una politica coerente.
Politica velleitaria di Luigi VII Dopo aver preso possesso dell’Aquitania, prima ancora di averla pacificata, Luigi VII tentò di far valere i suoi diritti sulla contea di Tolosa, organizzando una spedizione miseramente fallita. In seguito Luigi VII si impegnò per tre anni in una fiera discussione contro il papato e contro Tibaldo di Champagne. La vicenda prese l’avvio dalla nomina di Pietro de la Châtre a vescovo di Bourges, preferito a un candidato presentato dal re. Il vescovo Pietro fu riconosciuto dal pontefice Innocenzo II; Tibaldo di Champagne accolse nei suoi domini il neoeletto quando fu cacciato da Bourges per volontà del re, esasperato da un duplice rifiuto di obbedienza nei suoi confronti. L’irato re di Francia compì una spedizione ai danni di Tibaldo di Champagne. Bernardo di Chiaravalle fu incaricato di riportare pace nella Champagne, ma la guerra riesplose fomentata da una lega di feudatari contro Luigi VII, costretto a ritirarsi dalla Champagne e ad accettare come vescovo di Bourges Pietro de la Châtre (1143).
Goffredo Plantageneto Luigi VII dovette occuparsi di Goffredo Plantageneto che aveva proceduto all’occupazione delle contee di Normandia, culminata nel 1144 con la presa di Rouen. Ma proprio in quell’anno Edessa cadde in potere dei Turchi: Luigi VII rimase affascinato dall’idea di farsi crociato in Terrasanta. Il giorno di Natale 1145 annunciò ai dignitari di corte che sarebbe partito per l’Oriente, invitando i più arditi cavalieri a seguirlo. Bernardo di Chiaravalle sollevò l’entusiasmo generale nell’assemblea di Vézelay, riuscendo a convincere anche l’imperatore Corrado III a partire. Sembrava che l’impresa dovesse cogliere un successo completo, ma avvenne il contrario perché i tedeschi furono sconfitti a Dorileo, e i francesi a Laodicea; infine i crociati subirono lo scacco finale davanti a Damasco. Luigi VII non si affrettò a tornare, finché il reggente, Sugero abate di Saint-Denis, lo avvertì che rischiava di perdere il trono a causa dei maneggi di Roberto, fratello del re. Luigi VII ritornò in Francia nel 1149, giusto in tempo per costatare che la concentrazione di potenza operata da Goffredo Plantageneto e Matilde, a favore del loro figlio Enrico II, era divenuta pericolosa per il regno di Francia.
Crisi del matrimonio di Luigi VII Nel 1150 Goffredo assediò la fortezza di Angevin, e Luigi VII colse l’occasione per attaccarlo, ottenendo il controllo del Vexin. Nel 1152 tra Luigi VII ed Eleonora avvenne una clamorosa rottura: radunato un concilio, Luigi VII fece sciogliere il suo matrimonio anche a seguito di innegabili colpe di Eleonora. Enrico II, divenuto conte di Angiò alla morte di Goffredo (1151), propose il matrimonio a Eleonora che accettò, portandogli in dote il ducato di Aquitania.
Guerra contro Enrico II Plantageneto Luigi VII si rese conto troppo tardi del proprio errore, e per ripararlo scese in guerra contro il duca di Angiò che riuscì a recarsi in Inghilterra, farsi riconoscere successore di Stefano di Blois, e tornare in Normandia obbligando il re di Francia a firmare un trattato di pace (1154): qualche mese dopo Enrico II fu incoronato a Westminster, rimanendo duca di Normandia, conte di Angiò e duca di Aquitania in Francia. Da tutto ciò si deduce che Luigi VII era un sovrano politicamente inetto: a partire da quell’anno la politica di Luigi VII conobbe continui cedimenti nei confronti del re d’Inghilterra divenuto più forte di lui.
Espansione di Enrico II Enrico II iniziò un ambizioso programma che prevedeva l’occupazione del Vexin, la sottomissione della Bretagna, il recupero della contea di Tolosa. Nel 1158 Enrico II occupò la contea di Nantes; poi riuscì a convincere Luigi VII a far sposare i loro figli ancora infanti, Enrico e Margherita: la dote doveva essere il Vexin, che fino alla consumazione del matrimonio doveva venir amministrato dai Templari. Nel 1159 Enrico II compì il tentativo di occupare Tolosa: Luigi VII si rinchiuse nella città, obbligando Enrico II a desistere dall’assedio per non combattere contro il suo signore feudale. Nel 1160 Enrico II fece celebrare il matrimonio dei due sovrani bambini per ottenere il Vexin dai Templari.
La vicenda di Thomas Becket Giunti a questo punto passò in primo piano la questione di Thomas Becket, fuggito dall’Inghilterra alla fine del 1164 e prontamente accolto alla corte di Francia. La guerra divampò ancora una volta, ma fu condotta stancamente e terminò con una tregua. Nel 1169 fu siglata la pace: il re di Francia si accontentò dell’omaggio feudale per la Bretagna e il Vexin. La questione di Becket, invece, si concluse con la tragica morte dell’arcivescovo di Canterbury. Ma, come abbiamo visto, il tracollo della potenza inglese incominciò all’interno della famiglia reale: il primogenito del re inglese, Enrico il Giovane, si ribellò al padre, cercando rifugio presso la corte di Francia, ben presto raggiunto, per istigazione della madre Eleonora, anche dai fratelli Riccardo e Goffredo. Luigi VII arrivò al punto di riconoscere Enrico il Giovane come re d’Inghilterra, ma poi, sul piano militare, fu incapace di sostenere una guerra a fondo contro Enrico II, e nel 1174 costrinse i ribelli a chiedere il perdono paterno.
Prosegue la concentrazione di potere in Francia Nonostante la politica di continui cedimenti, il regno di Francia continuò a rafforzarsi all’interno mediante un’azione tendente al recupero di feudi. L’apparato amministrativo finì in mano a funzionari le cui azioni venivano controllate dal re per impedire che si costituisse un potere indipendente dalla corona. Quando nel 1180 Luigi VII morì, il movimento comunale aveva raggiunto un’importante estensione che è necessario esaminare.
16. 5 Il movimento comunale in Francia
Nel XII secolo il movimento comunale era in rapida espansione nell’Europa occidentale, collegato con la rinascita delle città e con l’economia di mercato, favorito dal bisogno di sicurezza collettiva di artigiani, mercanti, contadini.
Sviluppo delle autonomie comunali È opportuno ripetere che non si può proporre una teoria unica in grado di spiegare la nascita dei comuni: ciascuno ebbe la sua storia. Ovunque presente, invece, lo spirito di associazione per provvedere alla sicurezza collettiva di fronte all’anarchia feudale, alle prepotenze dei baroni, per combattere i quali anche la monarchia di Francia favorì la nascita di comuni autonomi quando risultava utile al potere centrale. Il movimento comunale in Francia ebbe uno sviluppo più impetuoso di quello avvenuto in Italia, ma si arrestò prima proprio a causa della monarchia la cui esistenza e autorità non si era mai offuscata del tutto. In ogni caso i comuni francesi non estesero la loro influenza alle campagne circostanti rimaste in mano all’aristocrazia feudale.
Il comune sul piano del diritto Il comune medievale era, sul piano del diritto, un corpo dotato di personalità giuridica, ossia in grado di detenere proprietà, nominare vassalli, amministrare la giustizia. All’interno del diritto feudale, il comune si poneva a fianco dei grandi proprietari terrieri: prestava o pretendeva omaggio, giudicava i propri affittuari, trattava da pari a pari coi grandi feudatari, configurandosi come una signoria collettiva. In qualche caso i comuni arrivarono a dichiarare guerra o stipulare la pace, a stringere alleanze o romperle, senza sottostare ad altri signori feudali, riconoscendo solo la superiore giurisdizione del re.
Localizzazione dei comuni francesi In Francia i comuni urbani più numerosi si formarono nel nord del paese e nel sud. Nel nord erano frequenti i comuni sorti da una coniuratio; nel sud erano frequenti i comuni pressoché indipendenti retti da consoli. Molti comuni sorsero all’interno di un feudo dando vita a un corpo collettivo che prevedeva un giuramento di fedeltà a un signore feudale; i cittadini assumevano l’obbligo di certe prestazioni, rimanendo liberi per tutto il resto. Alcuni comuni delle Fiandre erano completamente liberi, e il loro statuto li configurava come città-stato, rette da un sindaco e un collegio di scabini o consiglieri.
Rouen Rouen, grazie ai suoi commerci internazionali, divenne comune libero: nel 1145 la città ricevette da Goffredo Plantageneto i poteri giudiziari. Il governo era formato da un sindaco e da un consiglio di scabini assistiti da un’assemblea di cento pari che si riunivano ogni due settimane per esaminare le questioni di pubblico interesse. Il sindaco era scelto tra i pari dal duca di Normandia. Il modello di Rouen fu seguito da altre città poste sotto il dominio angioino. Anche la città di Amiens aveva commerci estesi: il sindaco e gli scabini esercitavano i pieni poteri circa l’amministrazione e la giustizia, sotto la suprema giurisdizione del re.
I comuni del sud della Francia Le città rette da consoli nel sud della Francia avevano spesso statuti che prevedevano la completa emancipazione dal potere feudale, e godevano di quasi totale indipendenza dal potere del re che in Provenza, nel Rossiglione, in Linguadoca, in Guascogna, nella Guienna, da secoli non esercitava un dominio diretto. Carcassonne era un comune militare; numerosi erano i comuni rustici formati di viticultori che dovevano provvedere alla sicurezza del trasporto del vino.
Il caso di Parigi Non sempre la borghesia cittadina riuscì ad assicurarsi la preminenza nei comuni: i cittadini costituivano in questi casi una comunità dotata di privilegi, ma senza autogoverno, per esempio Parigi. In questo caso i borghesi si associavano per assicurarsi alcuni diritti, ma i funzionari regi conservavano i pieni poteri di giurisdizione.
Sviluppo dell’economia di mercato Il movimento comunale ebbe la sua più potente molla nel naturale sviluppo dell’economia che trovava ingombrante e poco funzionale la struttura feudale. Come già detto, il regime feudale fu il prodotto di una società chiusa in cui si era stabilito un rapporto verticale tra un gruppo di militari in alto che assicuravano la protezione fisica dei contadini posti in basso, i quali lavoravano la terra per tutti, ossia fornendo servizi in cambio di protezione. Il sistema feudale, anche nella sua versione migliore del cavaliere che combatteva a difesa dei deboli, non poteva favorire il progresso civile; nella versione peggiore il feudalesimo appariva brigantaggio, come abbiamo visto nel caso di Tommaso di Marle. Il movimento comunale nasceva dall’esigenza dei mercanti-imprenditori di trasferire merci e capitali da un luogo all’altro con sicurezza; dalla necessità della legge civile per stabilire l’obbligatorietà dei contratti; dal bisogno di sicurezza per i viaggi di terra e di mare.
La circolazione della moneta Col passare del tempo, in una società in cui l’uso del denaro diveniva sempre più comune, risultavano anacronistiche le prestazioni personali di lavoro: poiché anche i signori feudali si rendevano conto di poter ricavare notevoli vantaggi, trovarono conveniente trasformare le prestazioni personali in canoni in denaro che lasciavano liberi gli antichi servi della gleba di operare nel modo ritenuto più conveniente. Il mercato assumeva la funzione di centro della città: bisognava difenderlo dalle turbative e prevenire le cause che potevano far oscillare i prezzi regolando la produzione; le leggi dovevano venir rispettate per impedire sopraffazioni o la diserzione dei mercanti forestieri; bisognava curare la pace sociale e quindi risolvere i problemi che creano emarginazione e violenza, provvedendo all’assistenza pubblica.
I comuni fonte di reddito per il ceto feudale Re e signori feudali avevano un crescente bisogno di denaro per le necessità di una politica che assumeva estensione continentale; i comuni apparivano una fonte di reddito per procurare cose utili e piacevoli. Le città della pianura padana e delle Fiandre erano alla testa della produzione di beni di lusso, il cui commercio procurava merci esotiche che esercitavano un’attrazione irresistibile.
Gli statuti comunali Le carte dei privilegi comunali rivelano che spesso veniva ratificato dall’autorità superiore ciò che già esisteva di fatto; le città di nuova fondazione fin dall’inizio adottavano uno statuto che altrove aveva dato buoni risultati; quanto alle forme assunte dal governo comunale ci si affidava a quelle che sembravano offrire maggiori garanzie. L’ulteriore progresso del movimento comunale dipendeva dallo sviluppo dell’economia generale: finché il mercato accettava ciò che veniva prodotto, il movimento comunale si espandeva, riuscendo a superare guerre e pestilenze. Come vedremo più avanti, le catastrofi del XIV secolo assunsero dimensioni continentali e perciò molti comuni entrarono in crisi, e le libertà godute parvero eccessive al potere centrale che nel frattempo si era dato strutture politiche – esercito e burocrazia – in grado di esercitare il controllo diretto sul territorio nazionale.
16. 6 Filippo II Augusto rafforza la monarchia di Francia
Nel corso del lungo regno di Filippo II Augusto (1180-1223) la dinastia dei Capetingi raggiunse il suo culmine raccogliendo il frutto del paziente sforzo volto al recupero dei poteri sovrani decentrati nell’epoca feudale.
Filippo II Filippo II aveva le qualità adatte per condurre in porto con successo una vasta azione politica volta a sottomettere alla corona la Normandia, l’Aquitania, la Bretagna ancora in mano agli Inglesi; a sottrarre all’impero tedesco i territori del sud, Linguadoca e Provenza; a scacciare dalle Fiandre l’influenza congiunta inglese e tedesca. Filippo II era equilibrato, metodico, paziente nel tessere trame politiche. Non era un uomo d’armi e perciò non si affidava al successo nei combattimenti, anche se a Bouvines nel 1214 seppe cogliere la vittoria nel combattimento più ricco di conseguenze per la storia del XIII secolo. Gli avversari che si trovò di fronte furono spesso grandi personaggi, ma non avevano le qualità del re di Francia che seppe metterli l’uno contro l’altro.
Matrimoni di Filippo II Anche i suoi matrimoni furono stipulati con evidente attenzione ai vantaggi che si riprometteva. La prima moglie, Isabella di Hainaut, portò in dote gli importanti territori dell’Artois, del Valois e del Vermandois, orientando la politica francese verso la regione più sviluppata d’Europa. Isabella di Hainaut morì giovanissima dopo aver dato alla luce il futuro re Luigi VIII. Il secondo matrimonio fu stipulato con Ingeborg di Danimarca, suggerito dal bisogno di una flotta per condurre un vigoroso attacco contro la Normandia e l’Inghilterra: perché un’operazione tanto audace avesse successo occorreva l’alleanza di Canuto VI di Danimarca che, in cambio del prestigioso matrimonio della sorella Ingeborg, si impegnava a cedere i suoi diritti sul trono d’Inghilterra. Fu un matrimonio infelice, e Ingeborg fu messa da parte fin dall’inizio, tenuta quasi prigioniera: per oltre vent’anni, essa cercò di far valere i suoi diritti, tenacemente negati da Filippo II che però non ardì ripudiarla per non far sorgere un pericoloso caso politico. Filippo II cercò di far sciogliere il matrimonio da un’assemblea di prelati francesi, adducendo a giustificazione un certo grado di parentela: i vescovi francesi sciolsero il legame, ma la loro decisione fu cassata dal papa Celestino III, al quale Ingeborg si era appellata. Ma con ciò la sorte di Ingeborg non migliorò perché essa continuò a rimanere lontana dalla corte. Nel 1200 avvenne il matrimonio del figlio ed erede di Filippo II, Luigi VIII, con Bianca di Castiglia, nipote del re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra, da cui nacque Luigi IX il Santo.
L’espansione del regno di Francia La prima grande conquista di Filippo II avvenne nel 1185 ai danni del suocero Baldovino V di Hainaut: la corona incamerò la parte occidentale del Vermandois con Amiens e Montdidier, con diritto di riscatto per la parte restante del Vermandois, avvenuta nel 1213. La seconda direttrice delle conquiste di Filippo II riguardava il ducato di Normandia, e le contee di Angiò e Poitou: nel 1187 tra Enrico II d’Inghilterra e Filippo II di Francia fu stipulata la tregua di due anni quando giunse in Occidente la notizia della caduta di Gerusalemme, cui seguì il bando della Terza crociata. Nel 1189 morì Enrico II Plantageneto: in cambio del riconoscimento di Riccardo come re d’Inghilterra e duca di Normandia, Filippo II ottenne il Berry e la signoria diretta sull’Alvernia, concedendo il Vexin come dote alla sorella Alice che avrebbe dovuto sposare Riccardo.
Filippo II partecipa alla Terza crociata Nel 1190 Filippo II e Riccardo unirono le loro truppe prendendo parte alla Terza crociata. Giunti a Messina, Riccardo si rifiutò di sposare Alice e perciò fu ridiscusso il trattato stipulato l’anno precedente. La Terza crociata fallì anche per questo contrasto insorto tra i re di Francia e d’Inghilterra, oltre che per la morte di Federico Barbarossa. Alla fine del 1190 Filippo II era già di ritorno in Francia, risentito nei confronti di Riccardo. Filippo II chiese la restituzione della sorella Alice e della dote, il Vexin normanno. Nel 1192 Riccardo fu catturato dall’imperatore Enrico VI che lo tenne prigioniero per due anni in attesa del riscatto. Filippo II occupò il Vexin, alleandosi con Canuto VI per invadere l’Inghilterra, un disegno peraltro prematuro.
Guerra in Normandia Infatti, appena Riccardo fu liberato, reclutò mercenari e sbarcò in Normandia. Per cinque anni la Normandia fu teatro di numerosi combattimenti, difesa da un grande soldato qual era Riccardo contrastato da un fine politico come era Filippo II. Riccardo resse bene ai ripetuti attacchi di Filippo II: si alleò con Raimondo VI di Tolosa, riuscì a far eleggere al trono imperiale il nipote Ottone di Brunswick (1198), fortificò potentemente la Normandia. Un nuovo attacco di Filippo II fallì, e perciò fu costretto a chiedere una tregua di cinque anni. Nel 1199 Riccardo Cuor di Leone morì in Aquitania ucciso nel corso di una futile contesa: subito Filippo II approfittò della circostanza per annettersi il Vexin fino a Evreux, ricevendo il Berry come dote della nuora Bianca di Castiglia. Nel frattempo il grande dominio di Angiò si sfaldava perché i baroni d’Inghilterra e di Normandia riconobbero come sovrano Giovanni Senzaterra: l’Aquitania tornò in mano all’anziana regina Eleonora; Maine, Angiò e Turenna giurarono fedeltà ad Arturo di Bretagna, nipote di Giovanni Senzaterra.
Si restringe la presenza inglese sul continente Nel maggio 1202 la corte dei pari di Francia dichiarò Giovanni vassallo ribelle al suo signore, condannandolo alla perdita di tutti i suoi domini continentali. Filippo II condusse una guerra lenta ma proficua conquistando uno alla volta i grandi castelli fortificati dai re inglesi. Per di più, Giovanni commise l’errore di spossessare e far uccidere il nipote Arturo di Bretagna inducendo le regioni di Maine, Angiò e Turenna a passare dalla parte di Filippo II. Nel 1204 il re di Francia occupò anche Tours, facendo scoppiare in Normandia ribellioni che costrinsero Giovanni a rifugiarsi in Inghilterra. Filippo II rispettò le consuetudini normanne, e sull’onda del successo pensò per qualche tempo all’invasione dell’Inghilterra, ma già nel 1206 Giovanni riuscì a tornare in Bretagna, sbarcando a la Rochelle.
La questione degli albigesi Nel 1209 iniziarono le guerre contro gli albigesi di Provenza senza la presenza del re di Francia ancora impegnato a sventare ogni tipo di accordo tra l’imperatore tedesco Ottone IV di Brunswick e Giovanni Senzaterra. Infatti, Filippo II si rendeva conto che ogni rafforzamento del potere imperiale era a danno della Francia. Fu ben lieto, perciò, di apprendere la notizia della scomunica papale ai danni di Ottone IV affrettandosi a favorire il giovane re di Sicilia, Federico di Svevia, eletto imperatore nel 1212.
Le Fiandre Nel 1213 fu preparata una grande spedizione francese nelle Fiandre per sottrarle a ogni influenza inglese e imperiale. I francesi occuparono molte città della regione, ma a maggio una flotta inglese sorprese e distrusse la flotta francese. Lo sbarco in Inghilterra non era più possibile e perciò l’esercito francese si dette a una guerra di devastazione delle Fiandre fino alla metà del 1214, quando Ottone IV di Brunswick ritenne doveroso intervenire per schiacciare la crescente vitalità del regno di Francia. Inglesi e imperiali riunirono le loro forze e puntarono su Lilla: l’esercito francese fu intercettato all’altezza del villaggio di Bouvines dove il 27 luglio ebbe luogo una grande battaglia.
Significato politico della battaglia di Bouvines I sogni imperiali di Ottone IV furono infranti, mentre in Francia la notizia della vittoria sollevò grandi entusiasmi che cementarono i territori di recente annessione con quelli da cui era partita la conquista. Con Giovanni Senzaterra, nel 1215 fu stipulata una tregua di cinque anni, perché non appariva conveniente a nessuno dei contendenti spingere a fondo il contrasto per il Poitou e l’Aquitania, dove la situazione era ancora fluida. Il resto della vita di Filippo II fu speso per organizzare i suoi domini, per radunare un ingente tesoro, per riaffermare il potere della corona in Alvernia, e per stabilire le modalità di intervento contro gli albigesi di Provenza. Mentre era intento a questi compiti, nel 1223, Filippo II Augusto morì, lasciando al figlio Luigi VIII il compito di terminare ciò che egli aveva iniziato con tanto successo.
Luigi VIII Alla morte del padre, Luigi VIII aveva trentasei anni, la fama di uomo devoto alla Chiesa, ma anche di sovrano deciso e astuto. Aveva due figli ancora piccoli, destinati a un grande avvenire. Dal 1209 Luigi VIII aveva guidato gli eserciti del padre nelle Fiandre, assumendo una posizione chiave negli avvenimenti che culminarono nella battaglia di Bouvines, poi aveva partecipato alle campagne contro gli albigesi di Provenza. Morì ancor giovane nel 1226, perfezionando l’opera del padre mediante il sistema anglo-normanno di inserire in ogni feudo terre amministrate da funzionari del re, per controllare anche le terre concesse ai vassalli.
Il Mezzogiorno della Francia Eliminata l’influenza dei Plantageneti, la corona di Francia poté occuparsi del Mezzogiorno, della Linguadoca, all’interno della quale si formarono una poco alla volta tante isole di potere regio: la crociata contro gli eretici albigesi fu condotta da Simone di Montfort e dai cavalieri del nord della Francia che si gettarono con fanatismo nell’impresa, giungendo a travolgere la grande civiltà cavalleresca del sud della Francia, ma alla fine fu la corona a cogliere i frutti della guerra. In conclusione, i regni di Filippo II e di Luigi VIII misero in grado i futuri sovrani di godere una straordinaria libertà d’azione, impiegata con equità da Luigi IX o con implacabile legalismo al tempo di Filippo IV: alle vittorie militari seguirono misure intese a rafforzare il potere della monarchia, che così conquistò l’alone posseduto per breve tempo al tempo di Carlo Magno.
16. 7 Cronologia essenziale
911 Rollone, capo dei Vichinghi, riceve in feudo le contee di Rouen, Lisieux ed Evreux, primo nucleo della Normandia.
987 Ugo Capeto, figlio di Ugo il Grande, è proclamato re.
1031 Morte di Roberto il Pio.
1124 Luigi VI sconfigge la coalizione di Enrico I d’Inghilterra e di Enrico V dell’impero.
1143 Goffredo Plantageneto con la presa di Rouen completa l’occupazione della Normandia.
1152 Luigi VII fa sciogliere il suo matrimonio con Eleonora d’Aquitania che si affretta a sposare Enrico II Plantageneto.
1180 Muore Luigi VII: gli succede il figlio Filippo II Augusto.
1190 Filippo II e Riccardo Cuor di Leone partecipano alla Terza crociata.
1212 Federico II di Svevia, re di Sicilia, è eletto imperatore in sostituzione di Ottone IV di Brunswick.
1214 L’esercito francese sconfigge truppe inglesi e imperiali a Bouvines.
1223 Muore Filippo II e tre anni dopo il figlio Luigi VIII.
16. 8 Il documento storico
Nel medioevo il genere storiografico maggiormente impiegato fu la Cronaca. Tra i partecipanti alla Quarta crociata ci fu anche Geoffroy de Villehardouin, eccezionale scrittore che presenta i fatti in modo rigoroso secondo una esatta successione degli avvenimenti: non avendo versato la cifra pattuita, i crociati hanno dovuto aiutare Venezia a sconfiggere Zara e poi sono approdati a Costantinopoli in luogo della Terrasanta. Il racconto è netto, lucido, impersonale: un po’ troppo, tanto che si ha l’impressione di una ricostruzione diplomatica, volta a scagionare da certe responsabilità.
“E così se ne andarono a Venezia il conte Luigi (di Blois) e gli altri baroni: furono ricevuti con grandi feste e gioia, e presero alloggio nell’isola di San Nicola.
L’armata appariva molto bella, composta di forti guerrieri. I Veneziani fornirono il mercato abbondantemente delle cose necessarie a uomini e cavalli. La flotta che essi avevano allestita era così ricca e bella che mai i cristiani ne videro una più bella e più ricca: vascelli, galere e navi da carico bastanti a trasportare tre volte i crociati convenuti.
Ah, che danno hanno procurato coloro che andarono in altri porti, che non vennero qui! Molto di più sarebbe stata esaltata la cristianità e abbassati i Turchi! I Veneziani avevano fatto onore con larghezza ai loro impegni e chiesero che conti e baroni versassero il loro pedaggio e pagassero il nolo perché essi erano pronti a salpare.
Il costo del passaggio fu richiesto ai crociati. Ve n’erano molti che non potevano pagare il passaggio, e i baroni prendevano quel che potevano dare. Essi poi versarono il prezzo del passaggio, o almeno ciò che riuscirono a raccogliere dopo averlo richiesto. E quando ebbero pagato ci si accorse che l’ammontare era ben lontano dalla somma pattuita.
Allora i baroni fecero assemblea e dissero: “Signori, i Veneziani hanno adempiuto ai loro obblighi verso di noi ben oltre l’indispensabile; noi invece siamo troppo pochi per poter adempiere ai nostri obblighi circa il prezzo del passaggio, e ciò a causa di coloro che si sono recati in altri porti. In nome di Dio, che ciascuno metta mano alla sua borsa per pagare ciò a cui ci siamo impegnati! Poiché è meglio dar fondo qui a tutti i nostri averi, piuttosto che venir meno alla parola data: perché se questa spedizione si scioglie, viene meno l’aiuto alla Terrasanta”.
Ci fu grande disaccordo, perché la maggior parte dei baroni e altre persone cominciarono a dire: “Noi abbiamo pagato il nostro passaggio. Se loro ci trasportano, noi partiremo volentieri; se loro non vogliono, ci arrangeremo a trovare altri passaggi”. Dicevano così perché avrebbero voluto che l’armata si sciogliesse. Altri dicevano: “Noi preferiamo impegnare tutto il nostro patrimonio e partire poveri con l’armata, piuttosto che assistere alla sua divisione e alla sua rovina: perché Dio ci ricompenserà quando gli piacerà”.
Allora il conte di Fiandra (Baldovino) versò tutto ciò che aveva e che poté prendere a prestito, e così fece il conte Luigi, e il marchese del Monferrato e il conte Ugo di Saint-Pol, e quelli che stavano dalla loro parte. Che bel vassoio di oro e di argento avreste potuto vedere portare a casa del doge per fare il pagamento! Quando ebbero pagato, mancavano alla somma pattuita ancora trentaquattromila marchi d’argento. E di ciò si rallegrarono coloro che si erano tenuti il loro denaro e non vollero contribuire in nulla: perché credevano che l’armata si sarebbe sciolta. Ma Dio che dà speranza ai disperati, non volle permetterlo”.
Fonte: G. de VILLEHARDOUIN, La conquête de Costantinople, Par E. Faral, “Les belles lettres”, Paris 1961.
16. 9 In biblioteca
Per la storia generale della Francia si può consultare di G. DUBY (a cura di), Storia della Francia, 2 Voll., Bompiani, Milano 1987. Un’opera specifica per il basso medioevo è di F. HEER, Il Medioevo (1100-1350), il Saggiatore, Milano 1962. Metodologicamente interessante di G. DUBY, Una società francese del medioevo. La regione di Mâcon nei secoli XI e XII, il Mulino, Bologna 1985. F. CARDINI, Alle radici della cavalleria medievale, la Nuova Italia, Firenze 1981. K. BOSL, Modelli di società medievale, il Mulino, Bologna 1979. R. FOSSIER, L’infanzia dell’Europa. Economia e società fra X e XII secolo, il Mulino, Bologna 1987. Interessante, anche se per taluni aspetti discutibile, è il libro di J. LE GOFF, L’uomo medievale, Laterza, Bari 1987. Molto suggestivo di G. DUBY, La domenica di Bouvines (27 luglio 1214), Einaudi, Torino 1977.