L’ANGELUS DELLA MATTINA

Questa breve preghiera – tre Ave e tre Gloria congiunti da un oremus – E’ tutto un itinerario da noi a Dio, ossia dal tempo all’eternita’. di Tito Casini L’ultimo canto che spirò fra le volte della cattedrale fu un canto d’agonia: Nunc dimittis… e l’ultimo suono della campana fu un suono di morte: De profundis… Passò il calore, passò la luce, e il sonno compì l’ultimo ufficio stendendo sulle deserte pupille il doppio velo delle palpebre.
Sì, quel finire del giorno fu troppo simile a un morire perché arrendendoci al sonno non si pensasse alla sua dura sorella, chiedendoci se non ci avrebbe svegliati l’aspra tromba di un angelo incalzante al giudizio… Invece, ci risvegliò la campana, e la prima voce che udimmo fu una voce di saluto: una voce d’angelo ma di un angelo mite, del mite arcangelo Gabriele che diceva a una fanciulla: “Io ti saluto, Maria…”
Ogni mattina quella campana risuona; ogni mattina l’arcangelo batte l’ali verso la terra; e la terra par che ogni mattina rigermini (nei cuori è come un rigettito di vita novella) al labieggiar di quelle parole. Angelus Domini nuntiavit Mariae… Ecce ancilla Domini… Et Verbum caro factum est...
È la prima preghiera del giorno, la prima refezione dell’anima dopo il digiuno del sonno, e ben le sta di esser prima: tutte l’altre preghiere, anche la più sublime, hanno in lei la radice, tutte si svolgon da lei, tutte sanno di lei – come i più alti misteri, la risurrezione, la morte, la passione, l’umanazione di Dio, salgon dall’umil “sia” di Maria. Non guardar che sia così breve. Questa breve preghiera – tre Ave e tre Gloria congiunti da un oremus – è tutto un itinerario da noi a Dio, ossia dal tempo all’eternità; è come la scala di Giacobbe che poggiava sulla terra e portava fino al paradiso. L’angelo che annunzia, Maria che accetta, il Verbo che si fa carne: tutto questo avviene sulla terra ed è umano perché avviene per ubbidienza e produce dolore. Ma ecco la scala, ecco l’oremus: Gratiam tuam, quaesumus, Domine, mentibus nostris infunde…: “Spandi, Signore, come noi ti preghiamo, la tua grazia sulle nostre menti, onde noi che per l’annunzio dell’angelo conoscemmo di Cristo tuo figliolo l’Incarnazione, per la sua Passione e la sua Croce giungiamo alla gloria della Risurrezione”. Per questa scala fatta di tutti i misteri, gaudiosi e dolorosi e gloriosi – ogni mistero un gradino -, il Verbo che si era fatto carne e aveva abitato fra noi risalì ad abitar col Padre e lo Spirito Santo. Per questa stessa l’anima nostra sale dalla terra, su su, mentre le labbra svolgono l’orazione, fino alla presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Dove giunta, che altro farà che inchinarsi e adorare? E la preghiera termina in inno; il timido “sia ” della fanciulla di Nazareth scoppia nel grido dell’umanità redenta e risorta, irrompente nel paradiso riaperto: “Al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo gloria come in principio, ora e sempre…”
La notte, infatti, è già scomparsa; il sole brilla nel cielo