Sintesi da: card. Giuseppe Calass Vives O.F.M. Cap., Summa Iosephina, Roma 1907: P. Huguet, L’ interiore di S. Giuseppe, Torino 1892
Il silenzio interiore di S. Giuseppe
Quanto sia importante osservare il silenzio ad imitazione di S. Giuseppe
“Il silenzio ben inteso, unito al timor di Dio, è come un carro di fuoco che porta l’anima al cielo come fu portato il profeta Elia. O silenzio! felicità delle anime interiori, scala dei cielo, strada dei regno di Dio; o silenzio! Sorgente della compunzione, specchio in cui il peccatore vede i suoi peccati, principio di luce, di mitezza, di umiltà, freno all’udito, salvaguardia degli occhi, legame della lingua; o silenzio! Porto sicuro ove si trova la tranquillità dell’anima, scuola della lettura, dell’orazione, della contemplazione, aiuto per acquistare tutte le virtù e sorgente di ogni bene” (S. Giovanni Crisostomo).
L’ elogio sul silenzio fatto da questo Padre della Chiesa, ha come scopo farcelo stimare, amare e praticare. Fermiamoci a farne alcune considerazioni.
Il silenzio è sempre stato considerato come uno dei pilastri portanti e dei sostegni
più solidi e necessari della vita spirituale.
S. Bernardo dice: “Il silenzio è nostro custode e la nostra forza risiede in lui; il silenzio è il fondamento della vita spirituale, per mezzo di esso si acquisisce la giustizia e la virtù: parlate poco con gli uomini e sperate molto in Dio “.
Il profeta Isaia afferma che “Nel silenzio e nella speranza risiederà la vostra forza” (30,15).
S. Giacomo ci ammonisce dicendoci che chi aspira alla sapienza e alla virtù, non ne avrà che l’ombra se non sa frenare la lingua (cf 1,26).
S. Giovanni Climaco dice: “Il silenzio è un declivio insensibile verso la strada della virtù ed una segreta elevazione verso Dio; il silenzio ci rende attenti a noi stessi, apre il nostro cuore alle ispirazioni divine, ci dispone ad accogliere le sue grazie” come ben dice il profeta Geremia: “È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore” (Lam 3,26)”.
Un monaco diceva all’abate Sisoes: “Padre desidero grandemente conservare la mia anima pura, che debbo fare? – Fratello, rispose l’abate, lo potete fare col silenzio”. Inoltre il silenzio è la migliore disposizione all’orazione
Senza di esso la nostra preghiera sarà un pullulare di distrazioni.
Il profeta Osea ci dice: “Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (2,9).
È per questo che S. Giovanni Climaco chiama il silenzio “padre dell’orazione” e dice che colui che accuratamente lo osserva si avvicina a Dio ed è illuminato dalla sua luce.
Ecco quali sono i frutti dei silenzio, ecco il vero mezzo che ci mette sulla via della santità ad esempio dei grande S. Giuseppe: il silenzio produce il raccoglimento, il raccoglimento la devozione, la devozione l’orazione, l’orazione l’unione con Dio, l’unione con Dio la santità.
Senza il silenzio non può esserci il raccoglimento: più un’anima chiacchiera e si distrae in cose dei mondo più si svuota perdendo la devozione, e lo spirito di orazione. Quindi tornerà con molta fatica alla preghiera e all’orazione mentale e all’unione con Dio.
Il silenzio interiore di S. Giuseppe
Il silenzio interiore (apatheia – impassibilità) consiste nella grande pace di tutte le facoltà dell’anima, nel perfetto riposo di tutte le sue potenze e nella tranquillità della coscienza Esso nasce dalle parole che Dio sussurra all’orecchio del cuore dei profeta S. Davide “Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore” (Sal 85,9).
Questo silenzio differisce dal sonno in quanto che le anime interiori lo gustano vegliando. Si vedono talvolta anime inquiete e turbate ritrovare la calma e la pace dopo aver ascoltato alcune parole proferite da un uomo di Dio.
Si raccolgono in se stesse e sentono il cuore liberato dalle inquietudini che l’agitavano. Ora quale non doveva essere la virtù delle parole di Gesù e di Maria per mettere la pace nei cuori?
Ora il fortunato S. Giuseppe ebbe la grazia di vivere accanto al Salvatore e alla Tutta Santa ed ascoltare dalla loro bocca quelle soavi parole che bastarono a fargli godere il silenzio interiore quale riflesso della celeste beatitudine.
La vita di S. Giuseppe fu una continua preghiera. In compagnia dei Re dei cielo non poteva che meditare e gustare le cose dei cielo. Mentre Gesù cresceva in età, sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini, S. Giuseppe cresceva in raccoglimento ed unione con il Dio Salvatore; non occupandosi delle cose esteriori se non nella misura strettamente necessaria ai bisogni della Sacra Famiglia.
S. Bernardino da Siena afferma che il santo padre putativo di Gesù fu innalzato al più alto grado di contemplazione. Egli ebbe l’altissimo favore di godere delle più intime comunicazioni dello S. Santo e delle più rare grazie del Cuore divino di Gesù.
E sebbene sia così necessario e proficuo per il progresso nella vita spirituale il silenzio esteriore, tuttavia lo è maggiormente quello interiore, poiché senza questo il primo perde gran parte della sua forza e non produce gli effetti desiderati: “A che serve la solitudine dei corpo se manca quella dei cuore?” esclama S. Gregorio.
E l’ imitazione di Cristo: “Colui che desidera servire Dio deve cercare ed amare la solitudine interiore, senza la quale la solitudine esteriore diventa moltitudine. Si deve, pertanto stimare maggiormente la solitudine dell’anima o interiore che il silenzio esteriore. Il silenzio interiore è uno dei più nobili esercizi che conduce alla santità; per esso l’anima compie grandi cose quando sembra che non faccia nulla; dice molto quando tace, s’avvicina a Dio e si unisce profondamente a Lui allontanandosi dalle creature. L’anima parla conversa con qualche creatura e tace quando non comunica con nessuno. Più il suo cuore si libera da esse sull’esempio di S. Giuseppe, più pensa e si occupa unicamente di Dio. Alle volte il silenzio dell’anima differisce da quello dei corpo. Il corpo non può parlare che per mezzo della lingua; mentre l’anima parla con l’intelletto, con la volontà, con l’immaginazione e con la passione. Parla con l’intelletto ad una creatura quando si ricorda di essa e nutre per essa dell’affetto; le parla quando se la rappresenta davanti e se la immagina; le parla ancora quando è dominata da una passione per la medesima.
È in questo modo che l’anima parla alle creature. L’ anima tace quando non fa nulla di tutto questo, e allora si può dire libera quando si occupa di Dio solo, lo loda, lo adora, lo benedice, lo ringrazia, gli dà gloria, e si lancia in Lui con atti di fede, speranza e carità. Ma alla perfezione di questo silenzio interiore l’anima vi giunge quando, non parlando più ad alcuna creatura, non parla nemmeno a Dio, ma ascolta attentamente con grande rispetto le mozioni della sua grazia.
Essa Lo vede in se stessa come nel suo tempio; sente interiormente la Sua voce soave, sapiente, e misericordiosa che le sussurra: “Ascolta figlia, guarda, porgi l’orecchio…” Ed ella risponde; poiché Dio mi onora della sua parola: “Ascolterò ciò che mi dirà il Signore… e mi dirà parole di pace che arrecano felicità e gioia” (cf Sal 45,11. 85,9)
È in questo modo che l’anima pratica l’orazione di silenzio, come fece Maria ai piedi dei Signore, attenta a guardarlo e ad ascoltarlo; ad effondersi e trasformarsi interamente in lui con tutto l’affetto dei suo cuore.
Eccellenza del silenzio interiore
Disposizioni necessarie per conseguirlo
Il silenzio interiore supera in eccellenza tutto quello che noi potremmo dirne; esso è uno dei più grandi omaggi che possiamo rendere a Dio.
“Tibi silentium laus”. Il silenzio è la tua lode.
Che può mai fare l’uomo davanti all’infinita maestà di Dio, contemplandone le di Lui perfezioni ? Può soltanto tacere stupito. L’ Areopagita dice che quando una cosa oltrepassa il nostro concetto, e non si può esprimerla in parole, si tace.
S. Ambrogio afferma che la cosa più conveniente ai misteri della nostra fede è quella di meditarli in silenzio. Questo silenzio interiore procura all’anima beni immensi; la distacca dalle creature per unirla a Dio che è l’unico principio della sua purezza, santità, forza e perfezione di tutti i beni.
Geremia dice che il solitario siederà in silenzio e con questo s’innalzerà sopra di sé, delle sue inclinazioni e della sua natura corrotta (cf 15, 17 ssgg.). Questa nuova virtù che divinizza le anime, ha vari gradi di perfezione, più è perfetta e più fa sentire all’anima ineffabili dolcezze. Dio che ne è il principio agisce nell’anima con ispirazioni così suadenti e soavi, tanto che ella si lascia condurre fiduciosamente da Lui. E così fissa in Dio, perde l’attenzione a se stessa; è come il ferro nel fuoco che si confonde con esso, è come la stilla di rugiada che si perde nelle onde dell’oceano, o come il sottile vapore attirato e investito dal sole, il quale pare cessi di essere ciò che era per essere trasformato in luce.
Questo silenzio, nel Cantico dei cantici, è paragonato al sonno della sposa; lo sposo proibisce espressamente alle amiche di svegliarla prima che ella lo voglia.
S. Gregorio Magno, S. Bernardo e molti altri Padri applicano queste parole alla contemplazione e all’orazione di silenzio, perché colui che dorme non parla a nessuno, non vede e non sente nessuno.
Così è dei silenzio interiore, nel quale si è molto sobri di relazioni con le creature.
Dio ha dato il sonno all’uomo per la conservazione della sua salute, dopo aver lavorato tutto il giorno, ha bisogno di non vedere, non ascoltare e tacere. Mentre riposano le facoltà intellettuali, il corpo si rinvigorisce. Lo stesso avviene dei sonno dell’orazione e dei silenzio interiore necessario all’anima, la quale occupata esteriormente da mille impegni, cessa di parlare, di vedere e di udire e di darsi anche a molte opere buone; ella ha bisogno di riposarsi e di ritemprarsi ed acquistare nuove forze per agire sempre in modo soprannaturale. Ce lo conferma il Vangelo di S. Marco al cap. 6,31: Gesù dice agli Apostoli tornati dalla predicazione: “Venite in disparte, in luogo solitario, a riposarvi un poco”.
Come all’uomo che pur si nutre di buone e sostanziose vivande, se però non dorme si debilita, così chi si occupa di fare molte opere buone e sante si debilita si svuota se gli manca il sonno dell’orazione, se non dorme e si ritempra in essa.
Il P. Baldassare Alvarez ( maestro di S. Teresa d’Avila e dei ven. Ludovico da Puente gesuita, essendo stato interrogato dal suo Superiore P. Claudio Acquaviva su come faceva orazione, rispose: “Medito talvolta ruminando nella mia mente qualche parola della Sacra Scrittura; altre volte ragiono e non medito, ma mi tengo in silenzio e in riposo davanti a Dio”. Che ricco tesoro è questo silenzio e questo riposo !……
Quale stima dobbiamo avere dei silenzio interiore!…… Con quale cura lo dobbiamo praticare! Impegniamoci a non lasciarci dominare dall’urgenza di apostolato ma dominiamo sempre noi la situazione.
Quanto è necessario l’ordine nella carità! Regola aurea, ma relegata nel dimenticatoio da molti confessori (e direttori di anime ).
Il primo posto a Dio, poi a noi stessi e poi ai fratelli. Stiamo in guardia che col pretesto di salvare gli altri non danniamo noi stessi.
L’esagerato diffonderci di noi verso il prossimo, ci inaridisce; la nostra preghiera diventa superficiale, diventa solo un muovere le labbra di poco o nullo valore.
Raccogliamoci, facciamo tacere “quelle maledette occupazioni” e ascoltiamo Dio ed una sola sua parola ci gioverà più di mille parole che vorremmo dire a Lui. Se il Signore ci dice: “Ascolta Israele e non parlare” (cf Dt 6,4 e altrove) rispondiamo con Samuele: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Sam 3,9).
Il demonio, nemico acerrimo di colui che prega, fa di tutto per immergerci in mille cose buone in mille occasioni di apostolato, pur di appannarci con le eccessive occupazioni le soavi mozioni dello S. Spirito che sussurra all’anima silenziosa e orante e disturbarci anche quando partecipiamo alla Sacra Liturgia.
Stiamo in guardia e ritorniamo con volontà ferma e con l’aiuto di Dio all’interno di noi stessi per adorare Dio Uno e Trino vivente nel Tempio della nostra anima.
Vigiliamo sulla fantasia (la “matta di casa”) che ci può agitare ed inquietare con le sue chimere Con fiducia ferma offriamola e deponiamola ai piedi dei Signore perché la controlli e la imbrigli, e non ci ostacoli nel servizio soave e pacifico di Sua Divina Maestà
Il grande silenzioso e contemplativo S. Giuseppe interceda presso la sua santissima sposa ed Ella presso Dio, perché ci ottengano il silenzio interiore mezzo indispensabile per il nostro progresso spirituale e che Lui praticò fedelissimamente a Nazareth nella Sacra Famiglia.