IMPENITENZA

Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica. IMPENITENZA: è l'opposto della penitenza, la quale è una virtù che inclina la libera volontà a dolersi del peccato commesso e a proporre di non offendere più Dio.

Essenzialmente la virtù della penitenza tende, come dice S. Tommaso (S. Th. III, q. 85, a. 2), alla distruzione del peccato in quanto è offesa di Dio. Si tratta non di distruzione fisica (il fatto non si distrugge), ma di una distruzione morale, che è capovolgimento dello spirito nel senso che rinnega praticamente il male distogliendosene e orientandosi verso il bene. Nell'Evangelo questo capovolgimento salutare è espresso efficacemente con la parola * (= mutamento di pensiero): cfr. Mt. 4, 17. L'impenitenza, per ragione di opposizione, è la persistenza nello stato di peccato e quindi di separazione da Dio. Tale persistenza può essere uno stato di fatto, per es. in chi pecca e non si pente del peccato commesso per incuria; oppure una cattiva disposizione della volontà, che ricusa di pentirsi e di riparare all'offesa di Dio.
 L'impenitenza si distingue in temporanea e finale, proprio come suol distinguersi la perseveranza (v. questa voce): la temporanea è la persistenza nel peccato per un certo periodo della vita. Se essa è volontaria e maliziosa costituisce una colpa per se stessa, anzi è un peccato contro lo Spirito Santo (così S. Tommaso nella S. Theologica II, II. q. 14. a. 2). E' dunque interesse e dovere del peccatore di rialzarsi dopo la caduta, ritornando contrito e umiliato al cuore di Dio. Il non farlo per malizioso proposito, come si è detto, è colpa; il non farlo per trascuratezza non costituisce un nuovo peccato se non quando lo esigono particolari circostanze. La perfezione cristiana esigerebbe la penitenza subito dopo la colpa, ma la perfezione non è oggetto di uno stretto precetto. La Chiesa impone a tutti i cristiani l'obbligo di confessarsi una volta all'anno (precetto pasquale): ma l'obbligo morale della penitenza urge almeno in caso di pericolo o quando si deve ricevere un Sacramento dei vivi (S. Comunione, Cresima, Matrimonio).
 L'impenitenza finale riguarda l'ultimo momento dell'esistenza terrena e può essere una condizione di fatto come per es. è il caso d'un uomo che muore in stato di peccato grave senz'aver modo e tempo di pentirsi. Ma può darsi che un uomo ricusi ostinatamente di pentirsi mentre è in vita e faccia un proposito analoga anche per l'ultima ora della vita, rifiutando anticipatamente ogni conforto religioso. Allora avrebbe luogo l'impenitenza finale colpevole, che aggrava davanti al tribunale di Dio la condizione del peccatore indurito nella colpa.
 All'impenitenza finale, dispone l'indurimento e l'accecamento, che sono ostinazione nel male, sempre però vincibile con la grazia di Dio e la buona volontà.