1. La vera vita religiosa e i suoi doveri.
2. Il buon religioso deve rinunziare al mondo.
3. Necessità della disciplina.
4. Le prove sono necessarie.
5. Cibo, conversazione, clausura.
6. Vita nascosta.
7. Non fare poco conto delle cose piccole.
1. LA VERA VITA RELIGIOSA E I SUOI DOVERI. – S. Gerolamo fa questo abbozzo dei doveri di un religioso: nel convento bisogna mantenere il silenzio e praticare la mansuetudine; non fare a nostro capriccio; mangiare quello che ci viene servito; portare gli abiti che ci sono destinati; adempire il nostro uffizio. Bisogna che vi assoggettiate, ancorché vi paia duro; che andiate dove siete chiamati, quantunque vi sentiate stanchi; che vi leviate, nonostante che il sonno vi aggravi, per non aver dormito abbastanza. Dovete recitare il vostro uffizio, secondo l'ordine stabilito, cercandovi non la dolcezza della voce, ma l'affetto del cuore; servire i vostri fratelli, ricevere gli affronti senza rispondervi; temere i superiori come padroni, amarli come padri, essere convinti che tutto ciò che comandano è salutare, non giudicarli; tener bene a mente che l'obbedienza è di dovere in tutto ciò che è ordinato. Badate che le persone di altro sesso conoscano il vostro nome, ma non il vostro volto (Epist. ad Rustic.).
Non diversamente parla S. Basilio: Conviene che un religioso sia istruito, puro nel parlare, modesto nello sguardo, paziente nelle tribolazioni; che abbia l'anima elevata a Dio, si rallegri nella speranza, preghi continuamente, renda grazie in tutto; non deve prestare facile orecchio a ciò che si dice di male d'un altro; non essere schiavo di nessuna cattiva affezione; non vendicarsi, dimenticare le ingiurie, ricevere le umiliazioni, non mai infliggerle; non abbandonarsi alla noia, non curarsi d'altro eccetto che di piacere a Dio che lo vede; dev'essere fervente, amare Dio con tutto il cuore, eseguirne gli ordini e intanto credersi un servo inutile; non fare nulla per vana gloria, ma tutto per Iddio (Serm. de Ascens.).
Per i religiosi soprattutto furono dette quelle parole: «Preparate i vostri cuori al Signore, e non servite che lui solo» (I Reg. VII, 3). E cosa propria delle persone perfette, dice Teodoreto, dare il proprio cuore tutto quanto a Dio, e a lui tutta l'anima consecrare. Perché colui il quale divide i suoi pensieri tra Dio e le cose di quaggiù, tra la vita presente e la futura, non può dire con verità col Salmista: Io vi loderò, o Signore, con tutto l'affetto del mio cuore (In Psalm.). Chi rinunzia al secolo è, secondo S. Cipriano, più grande di tutti gli onori e di tutti i reami del secolo. Perciò chi si consacra a Dio e a Gesù Cristo, non desidera nulla di terreno, ma unicamente le cose celesti, Dio solo (Serm. in Orat. Domin.).
Nella sua cella, il religioso dev'essere una tortorella che gema e sospiri continuamente a Dio; nel coro, un usignuolo che canti con zelo ed edificazione; nel capitolo, un pellicano che si laceri, condannando sempre se medesimo; una pica nell'accusa, per dire tutto ciò che bisogna; un pavone nel dormitorio, per camminare leggero; un'aquila nella sala dello studio e delle esercitazioni, per avere gli occhi dello spirito elevati; una colomba nella ricreazione, per mantenere l'unione coi fratelli; un uccello da preda nelle istruzioni, per prendere anime e portarle a Gesù Cristo; un passero nel refettorio, per mangiare senza brontolìo i cibi che gli sono dati, ancorché siano comunissimi… S. Gerolamo dice di S. Antonio e di S.Ilarione, che essi non amavano altro che il silenzio e la vita sconosciuta (Epist.).
Dice S. Eucherio: Considerate, fratelli miei, la vostra vocazione; venire nella solitudine è somma perfezione; non vivere da perfetti nella solitudine è somma dannazione. A che giova che il luogo spiri silenzio e quiete, se il tumulto e il combattimento delle passioni sono dentro di quelli che vi abitano? se la serenità domina all'esterno, e la tempesta sconquassa e scombuia l'interiore? Noi siamo soliti a contare i nostri anni dal tempo che abbiamo vissuto, ma chiunque voi siate, non illudetevi sul numero dei giorni e degli anni che avete passati nel ritiro, dopo che avete abbandonato il mondo, poiché di questi potete contare soltanto quelli in cui avete immolato e ucciso la vostra volontà, resistito ai cattivi desideri e che avete passato senza nessuna violazione della regola. Credetemi, che non avete vissuto se non quel giorno, che non fu macchiato né di malizia, nè di odio né di orgoglio; quel giorno nel quale non avete consentito al peccato, o avete scornato il demonio; non avete vissuto se non il giorno che fu illuminato dalla pietà e dalla santa meditazione. Non contate nella vostra vita altro giorno che quello in cui vi siete affaticati per l'anima vostra. Deh! siate pieni di zelo per combattere con santo ardore; sia ciascuno di voi sempre pronto all'opera di Dio, fervente nella preghiera, attento alla lettura, puro in tutto, sobrio, modesto in ogni luogo, abbondante di lagrime, di cuore sincero, dolce, moderato, poco inchinevole al riso portato alla compunzione, grave, infiammato di carità (Homil. IX, ad Monach.).
«Che cosa è un religioso? domanda S. Gregorio, e risponde: E’ un uomo che vive secondo la regola e secondo Iddio» (Orat. de Fuc.). Quindi S. Bernardo esclama: «Che storditezza, anzi, che pazzia non è mai la nostra, aver abbandonato cose d'importanza, ed ora appigliarci con tanta passione e con tanto rischio alle bazzecole! (Epist. ad Monach.)». Il ritratto poi del vero religioso così ci dipinge il medesimo Santo in altro luogo: Quando voi vedrete un religioso umile nella sua perseveranza, paziente tra gli obbrobri, profondamente rispettoso ai superiori, dolce nel tratto, lento al parlare, amante del silenzio, che attende alla lettura nella sua cella, che loda Dio in chiesa col suo canto, che benedice Gesù Cristo con tenera divozione, che piange, se non continuamente, almeno tutti i giorni; sobrio nel mangiare, pronto all'obbedienza, cortese con tutti, umile in ogni cosa, modesto dappertutto, che bussa alla porta del cielo con la sua preghiera, che innalza dal cuore continue grida a Dio, che ama e rispetta gli altri, non curando se medesimo, che mortifica la propria carne, allora potrete dire: Questo religioso osserva il precetto del suo Creatore. O come è felice e contento un tale religioso! (Serm. IX, in Coena Dom.).
Oh! come convengono bene al religioso quelle parole di Baruch: «Gerusalemme (anima consecrata a Dio), lèvati su e tienti al disopra di tutte le cose terrene» (V, 5); e quelle altre di Abacuc: «La pietra griderà contro di te dal mezzo del muro, e il legno che unisce le pareti parlerà di te» (HABAC. II, 11). Le pietre, i legni, i muri, i mobili, la casa, la cella sorgeranno nel giorno del giudizio contro il religioso che sarà vissuto indegnamente in luoghi sì santi e dedicati a Dio; che avrà dato scandalo con la sua tepidezza, col suo orgoglio, con la sua disobbedienza, con la Sua sregolatezza e grideranno contro di lui con Isaia: «Egli ha fatto il male nella terra dei Santi, non vedrà la gloria del Signore» (ISAI. XXVI, 10). Così gridò la pietra contro il sacrilego Baldassarre, nel punto che profanava i vasi sacri, poiché fu veduta sul muro una mano che scriveva: – Mane, Thecel, Phares (DANIEL. V, 25-28). Ora se questo religioso vuole dannarsi nel chiostro, nella terra dei Santi, perché non rimanersene piuttosto nella terra dei morti?
2. IL BUON RELIGIOSO DEVE RINUNZIARE AL MONDO. – «Chi desidera possedere Iddio rinunzi al mondo, dice S. Prospero, affinché Dio formi il suo felice possesso (De Vita Contem. I. II)». E infatti, come osserva Origene, chi si consacra a Dio è riguardato come straniero alla terra, come fuori del mondo (In Cant.). Che cosa potrà invidiare al mondo, domanda S. Cipriano colui che è più grande del mondo? Ah! disprezziamo come leggero, vano, ingannatore e indegno del nostro cuore, tutto ciò che è sotto il cielo (Serm. in Orat. Domin.). «Tutto ciò che è nato da Dio, scrive S. Giovanni, si rende vittorioso del mondo» (I IOANN. V, 4).
Un buon religioso non deve mai dimenticare quelle parole di Gesù Cristo: «Chiunque mette la mano all'aratro e si rivolge indietro, non è atto al regno dei cieli» (Luc. IX, 62). Ricordi che la moglie di Lot fu cambiata in statua di sale, solo per essersi voltata indietro e quasi rammaricata di aver lasciato Sodoma (Gen. XIX, 26). Rammenti che il popolo di Dio fu sterminato nel deserto, per aver mormorato e mostrato dispiacere di aver abbandonato l'Egitto (Num. XXI, 4-6). Dopo il diluvio, Noè mandò fuori dell'arca la colomba per conoscere da questo segnale se le acque erano già scomparse dalla terra, ma quella non avendo trovato dove posar piede all'asciutto, se ne ritornò nell'arca e Noè, stesa fuori la mano, la riprese e la rimise dentro (Gen. VIII, 8-9). Il religioso deve imitare la colomba; e poiché il mondo è coperto da un diluvio d'iniquità e di scandali, sicché non si trova luogo dove riposare senza pericolo di perdere l'anima, deve stimarsi fortunato di esserne uscito… O Dio! e che gran cosa si lascia poi lasciando il mondo?
Vedi MONDO, e NIENTE DEL MONDO,
Il religioso non deve solamente abbandonare il mondo, ma spogliarsi di tutto ciò che sa di mondo; per lui particolarmente dettò lo Spirito Santo quella sentenza: «Ora spogliatevi di ogni cosa, perfino di voi medesimi e dell'uomo vecchio con i suoi fatti; e vestitevi dell'uomo nuovo, di quell'uomo interiore che si rinnova nella conoscenza, all'immagine di colui che l'ha creato» (Coloss. III, 8-10). Questo vuol dire che il religioso deve spogliarsi di tutto ciò che è in lui, non meno che di quello che è fuori di lui; del mondo che lo circonda e del mondo che porta in cuore. A questo proposito dice egregiamente S. Bernardo: Vi sono in ciascuna persona due uomIni: il vecchio e il nuovo; il vecchio Adamo, e il Cristo nuovo; quello, terreno; questo celeste; l'immagine di quello è la vecchiezza o vetustà, l'immagine di questo, la giovinezza o novità; e quella e questa poi sono triplici. Vi è infatti la vetustà nel cuore, nella bocca, nel corpo; perciò in tre modi noi pecchiamo: col pensiero, con le parole, coi fatti. Nel cuore si trova la vetustà dei desideri terreni e animaleschi, cioè l'amore della carne e del secolo. Nella bocca vi è la vetustà dell'arroganza e della maldicenza. Nel corpo, le iniquità e le ingiustizie. Tutte queste cose rappresentano l'immagine dell'uomo vecchio e quindi devono essere tutte rinnovellate in noi. Sia rinnovato il cuore e liberato dalle voglie terrene e carnali, affinché vi s'introduca l'amor di Dio e della patria celeste. La lingua si purghi dall'arroganza e dalla maldicenza e vi si sostituisca la lode di Dio e il parlare bene del prossimo. In luogo delle ingiustizie e dei misfatti del corpo, si metta la continenza e l'equità, affinché da virtù contrarie gli opposti vizi siano distrutti (Serm. XXX, inter Parvos).
3. NECESSITÀ DELLA DISCIPLINA. – Ecco come parla S. Cipriano della disciplina: «La disciplina è la custode della speranza, il legame della fede, la guida nel cammino della salute, il fornite ed il nutrimento di una buona indole, la maestra della virtù. Essa ci fa dimorare costantemente in Gesù Cristo e sempre vivere di Dio; ottenere le promesse celesti e conseguire il premio eterno. Osservarla è salute; trasandarla e odiarla è morte (De Habitu virg.)». La disciplina è l'istruzione e la formazione dei costumi per la regolarità in tutto, e per la virtù… Il peso della disciplina è dolce, dice S. Agostino; il giogo del Signore è leggero; non opprime se non quelli che sono perduti, o che si perderanno (Enchirid.).
Vedi ORDINE o REGOLA,
4. LE PROVE SONO NECESSARIE. – «Dio li ha condotti per una via miracolosa, e servì loro di riparo il giorno, e di fiaccola lungo la notte» (Sap. X, 17). Queste parole, dette del modo con cui Dio condusse Israele nel deserto, sono adatte a indicare la via miracolosa, cioè il modo ammirabile, con cui Iddio guida i suoi eletti per il deserto di questa vita. A traverso dei pericoli, degli agguati, dei nemici, dei travagli, delle tentazioni, delle croci, dei supplizi, egli li fa arrivare alla terra dei viventi, loro promessa. La guida per questa via è la colonna di fuoco e di nube, cioè lo Spirito Santo il quale illumina i Santi nei loro dubbi, li ripara e li protegge nelle avversità e tra l'ardente calore delle passioni; li riscalda e li infiamma nella tepidezza e tra il ghiaccio della pusillanimità. Consideri il religioso, il giusto, le vie per le quali la sapienza divina lo guida, lo conserva, lo fa progredire nel tempo della sua vita, e ne resterà sorpreso, meravigliato, rapito, e ne renderà sincere e continue grazie a Dio…
l° Prove attendono il religioso per parte di Pio, e di due sorta: la prova delle consolazioni spirituali…, la prova delle aridità… 2° Prove per parte dei superiori… 3° Prove per parte dei parenti, del mondo, ecc… 4° Prove per parte della regola… 5° Prove per parte del demonio…
Vedi PROVE.
5. CIBO, CONVERSAZIONE, CLAUSURA. – Sobrietà…; astinenza…; digiuno…; tale dev'essere tutta la vita di un religioso… S. Gerolamo dice: Sia il vostro cibo povero, comune, poco frequente; consista in erbe e legumi. Chi desidera Gesù Cristo e si nutre di questo pane, poco bada ad ogni altro alimento (Epist. ad Paul.).
Vedi SOBRIETA, DIGIUNO.
«Siate santi in tutte le vostre conversazioni», dice l'Apostolo San Pietro (I PETR. I, 15).
Vedi LINGUA, SILENZIO.
Al religioso Gesù Cristo dice, nel giorno del suo ingresso nel chiostro: «Non uscirà più fuori» (Apoc. III, 12); perché «orto chiuso e fonte sigillato sei tu, o sorella, o sposa mia» (Cant. IV, 12). La profetessa Anna non si allontanava mai dal tempio, servendovi a Dio notte e giorno tra digiuni e preghiere (LUC. II, 37). Così fanno i buoni religiosi che amano il chiostro… Io sono la porta che mette alla perfezione, dice Gesù Cristo, chiunque entra per me (nel chiostro) sarà salvo, e troverà abbondanti pascoli (IOANN. X, 9).
6. VITA NASCOSTA. – A tutti i cristiani, ma in modo speciale ai religiosi, sono rivolte quelle parole di S. Paolo: «Voi siete morti, e la vostra vita è nascosta in Dio con Gesù Cristo. Quando il Cristo, vostra vita, apparirà, allora apparirete. anche voi con esso nella gloria» (Coloss. III, 3-4). La vostra vita è nascosta… Il mondo non vede la vostra vita, la vita divina della grazia che voi meritate, che voi avete; non vede la gloria che vi aspetta, ma la vedrà quando apparirà il Cristo. Come il suolo chiude nelle sue viscere le miniere, le radici ed il succo degli alberi, così la virtù degli umili, dei buoni religiosi è tenuta quaggiù nascosta sia da loro, sia da Dio… «Tutta la gloria della figlia del re è interiore, e nascosta» (Psalm. XLIV, 14). Gesù Cristo opera tacitamente per mezzo della sua grazia in quell'anima, e la bellezza, le ricchezze, lo splendore di cui l'adorna, sono nell'interno della medesima.
La vita di un religioso è chiamata vita nascosta, perché 1° il mondo o ignora, o aborre, e considera come una morte la pratica straordinaria di una vita pia, santa, interiore… 2° Il religioso secondo. il cuore di Dio nasconde la sua vita celeste sotto il velo dell'umiltà… 3° La grazia e la virtù, anima di questa vita spirituale, stanno nascoste in fondo al cuore… 4° I buoni religiosi si guardano da tutto ciò che sappia di cupidigia secolare o di conversazione mondana… 5° I veri religiosi si nascondono nell'amore di Dio e nella contemplazione interiore… 6° La vita della gloria, che sperano e attendono i buoni religiosi, è totalmente fuori dello sguardo umano: «I buoni si nascondono, dice S. Agostino, perché il bene loro si tiene in occulto; non è visibile e corporale ciò che amano, ma così i loro meriti come i loro premi stanno in luogo recondito (Serm. CXII de Temp.)». Essi hanno l'aspetto di alberi secchi, nudi di foglie, cioè si mostrano senza fasto, senza vanità, senza ornamento; ma interiormente hanno una radice, un succo vivificante, la carità di Dio, radicata e vivente nel suolo vivificante del cielo…
Al presente la vita delle persone spirituali somiglia all'inverno…; ma verrà la primavera, l'estate, l'autunno, cioè la rivelazione di Gesù Cristo, ed esse compariranno piene di vita e di splendore, risuscitando nella gloria e per la gloria. Quando il Cristo, loro vita, apparirà, allora appariranno anch'esse con lui nella gloria; cioè come spiega S. Anselmo, avranno e nell'anima e nel corpo le qualità della beatitudine di Gesù Cristo. Non altrimenti commenta questo passo S. Agostino: In tempo d'inverno, dice, anche l'albero vivo pare morto; non foglie, non fiori, non frutti; arriva la primavera, ed ecco la radice, che nascondeva in sé il succo e la vita della pianta, mette foglie e fiori e frutti, per mezzo dei rami, e tutto il tronco rinverdisce. Così il nostro inverno è il tempo in cui Gesù Cristo si tiene a noi nascosto; il nostro estate è il tempo della manifestazione sua. Voi siete morti, scrive l'Apostolo, e la vostra vita è nascosta in Dio con Cristo. Voi siete certamente morti, ma morti esteriormente, viventi per la radice. Ma aspettate che giunga l'estate, e allora, come dice S. Paolo: Quando apparirà il Cristo, vostra vita, allora anche voi apparirete nella gloria. O amabilissimo Gesù, ecco dunque il patto che voglio fare con voi: io morrò pienamente a me stesso, conserverò la vita nascosta, osserverò il silenzio, affinché voi parliate in me; io mi riposerò affatto, affinché voi solo operiate in me (Serm. CXII, de Temp.).
Vita nascosta è stata quella degli anacoreti, dei romiti, dei monaci… Vita nascosta è stata quella dei primi cristiani, dei martiri, dei confessori; le catacombe, gli antri, le caverne furono per oltre trecento anni i soli templi in cui si congregavano. In loro e in quanti amavano la vita solitaria e nascosta si avverano quei detti dello Spirito Santo: «Camminarono per inospiti deserti, drizzarono le loro tende in solitarie lande. Tennero fronte ai loro nemici, e respinsero quelli che li assalirono. Ebbero sete, invocarono il Signore, ed un fonte zampillò per loro dall'alto di un macigno» (Sap. XI, 2-4). Nel deserto cadde la manna, Dio manifestò la sua volontà lasciandosi vedere e dando la sua legge… Quanti prodigi non opera Dio nella vita nascosta! quanti favori non ne riceve chi vi si consacra!
Chi possiede un tesoro lo tiene nascosto; le gemme si chiudono a doppia chiave nel forziere; solo la pietra comune e di nessun valore si getta per la strada e nelle pubbliche vie ad esservi calpestata… Chi è morto alle creature e a se stesso, ama la vita nascosta e sconosciuta. E necessaria è questa morte, perché, dice S. Gregorio «se non moriamo al secolo, non potremo mai vivere a Dio. per mezzo dell'amore (In lib. II, Reg.)». Perciò S. Paolo usciva in quelle proteste ed esclamazioni: «Per amore di Gesù, il mondo è crocefisso e morto a me, ed io sono crocefisso e morto al mondo» (Gal. VI, 14): «Io sono inchiodato alla croce di Cristo, e vivo della vita di lui» (Id. II, 19-20). «La mia vita è Gesù Cristo» (Philipp. I, 21).
I veri religiosi conosciuti solo da Dio, ignoti al mondo, servono Dio per tutto il mondo, versano lagrime e le offrono a Dio, per tergere il mondo dei suoi misfatti. Alle loro continue e fervide preghiere va debitore il mondo. della sua esistenza. Sa vivere bene colui che sa vivere nascosto; vivete nascosti, morite sconosciuti, e in quel gran giorno che chiuderà i secoli, che sarà il crepuscolo del tempo e l'aurora dell'eternità, voi meriterete, per aver fuggito il mondo, di essere incoronati insieme ai cori degli Angeli, di ricevere la gloria eterna dei Santi…
Vedi UNIONE CON GESÙ CRISTO.
7. NON FARE POCO CONTO DELLE COSE PICCOLE. – Ogni spirito religioso ben presto si dilegua da quel monastero dove, per la noncuranza delle cose piccole, i superiori lasciano introdurre la rilassatezza; imperciocchè se vi è caso in cui si possa applicare quel detto dello Spirito Santo (Eccli. XIX, 1), «chi non bada alle colpe leggere cadrà nelle gravi», è appunto quello di un religioso. E certo, dice S. Anselmo, e noi l'abbiamo imparato per esperienza, che nei monasteri nei quali sono praticate le più piccole prescrizioni e si mantiene in vigore la più esatta osservanza della regola, regna la pace tra i fratelli. Al contrario, nei conventi dove si trascurano le piccole cose, a poco a poco ogni ordine si scompiglia e dispare. Se dunque vi preme di salire di virtù in virtù, temete sempre di offendere Dio nelle minime cose (Epl. VI, ad Monac.).
Noi tocchiamo alla perfezione, dice S. Gregorio Papa, quando abbiamo un tale orrore, non solamente delle colpe gravi ma anche delle leggere e perfino dei pensieri inutili, che tosto li scacciamo, e li bruciamo col fuoco del sacrifizio, con la fiamma del divino amore, perché il cuore non ami che Dio solo (Moral. lib. II, c. XXXIX). Ora, chi vi è tra i cristiani che più dei religiosi sia obbligato di fare tutto ciò che porta alla perfezione? Ecco perché S. Gregorio Nazianzeno diceva loro: Io non voglio che ignoriate come anche una sola e piccola macchia riesce a voi di maggior disdoro che non le più enormi colpe a quelli che vivono nel mondo; perché una macchia su vestimenta sudice si vede di meno e inspira minor ribrezzo, che non su vesti candide, preziose e di un solo colore (Orat. de Fuco). E degna di un cristiano quella sentenza di Platone: «Non diamo una mediocre prova del nostro avanzamento nella virtù se nessuna colpa riputiamo piccola e leggera, ma tutte accuratamente le schiviamo (De Virtute)».