1. Rispetto alla vecchiaia.
2. I vecchi devono rispettare se stessi.
3. La vecchiaia veramente rispettabile.
4. È spregevole la vecchiaia senza buoni costumi.
5. Vantaggi della vecchiezza cristiana.
1. RISPETTO ALLA VECCHIAIA. – Iddio ci ordina nel Levitico di alzarci in presenza di chi ha i capelli bianchi e di onorare la persona del vecchio (XIX, 32); e nell\’Ecclesiastico ci ammonisce di non trascurare i racconti dei vecchi; perché essi li appresero dai loro padri; e noi impareremo da loro l\’intelligenza, e sapremo dare risposta a tempo conveniente (Eccle. VIII, 11-12). Sinesio chiama una testa calva per gli anni «il seggio della prudenza, il tempio della divinità» (Lib. de Prudent.).
Noi dobbiamo dunque rispettare la vecchiaia, 1° perché avuto riguardo all\’età, alla prudenza, all\’esperienza, essa è una specie di dignità divina, ed il vecchio è tra i giovani come un Dio terrestre. La vecchiezza è l\’immagine dell\’antichità e dell’eternità di Dio… Perciò Dio si mostrò a Daniele sotto figura di un vecchio: «Io stava guardando, egli dice, finché i troni furono collocati, e l\’Antico dei giorni si assise; bianco come neve era il suo vesti mento e i capelli della sua testa erano come la lana monda» (DAN. VII, 9). Nella stessa foggia apparve a S. Giovanni nell\’Apocalisse; bianca era la sua testa come candida lana e i suoi capelli erano come neve (Apoc. I, 14). 2° Perché come Dio va esente da voglie, da turbamenti, da passioni, ecc., così è, e deve essere della vecchiaia. 3° Come Dio possiede la saggezza, così questa virtù è l\’attributo particolare della vecchiaia. 4° Come Dio vede le generazioni degli uomini e la successione delle cose create, così i vecchi videro sorgere e scomparire attorno a loro le generazioni e gli avvenimenti. 5° Come Dio prevede e predice l\’avvenire, così i vecchi, da lunga esperienza edotti, penetrano il futuro e così forniscono alla gioventù saggi consigli su ciò che devono fare o evitare, secondo quelle parole della Scrittura: «Interroga il tuo padre e t\’instruirà, i tuoi maggiori e ti diranno cose occulte ed utili» (Deuter. XXXII, 7).
Il Savio chiama la vecchiaia una corona di onore (Prov. XVI, 31)». Più corone ha la vecchiezza. La prima è la corona dei capelli bianchi… La seconda è la corona dei molti anni… La terza è la corona dei figli e dei nepoti, secondo quella frase del re Profeta: «I tuoi figli come giovani ulivi circonderanno la tua mensa» (Psalm. CXXVII, 3). I figli e i nepoti si chiamano ancora corona dei vecchi, nel senso che li attorniano, li ascoltano, li onorano, li venerano, secondo quel detto dei Proverbi: «I figli dei figli fanno corona ai vecchi, e i padri sono la gloria dei figli» (Prov. XVII, 6). Così i fedeli sono la corona di Gesù Cristo, e a vicenda Gesù Cristo è la corona e la gloria della Chiesa… La quarta corona è quella della sapienza, dell\’esperienza, della prudenza. La vecchiezza è, dice S. Ambrogio, più mite di costumi, più utile nei consigli, più atta nella sua costanza a sopportare le prove, le afflizioni, la morte, più forte nel reprimere le passioni, più adatta alla sobrietà del corpo e dello spirito. Perciò dice il grande Apostolo: «Quando sono debole, allora sono forte» (Lib. IV, de Offic.). La quinta corona è quella del grado sociale e della preminenza; infatti la direzione e il governo degli affari sono per l\’ordinario affidati ai vecchi. E il senato deriva appunto dal latino senium, vecchiezza, per indicare un consiglio o assemblea di savio «La gioventù, dice Plutarco, è atta per obbedire, e la vecchiezza è chiamata a comandare; la patria poi allora principalmente sta in sicurezza, quando è retta dal consiglio dei vecchi e difesa dalle armi dei giovani (Tract. An seni gerend. respect.)». In generale, i primogeniti succedono dappertutto ai loro padri, principi o re, nel principato o nel reame, o nel governo della famiglia. Il vocabolo senior, vecchio, equivale a dominus, signore, capo, padrone, vocabolo che gli Spagnuoli ritennero nel loro senor; gli Italiani nel loro signore; i Francesi nel seigneur… La sesta corona è quella che tocca al soldato il quale ha compiuto il suo servizio; perché il vecchio ha superato tutti gli accidenti e le traversie di questa vita, ne è giunto da. vincitore al termine… La settima e la più bella, quella di cui la Scrittura cinge la fronte ai vegliardi, è la corona di giustizia e
di virtù.
Se, come narra la favola, Ercole meritò di essere incoronato dal popolo perché vinse e soggiogò i mostri, il leone, l\’idra, il cerbero a tre teste; a più forte ragione e verità merita il vecchio la corona, per aver combattuto e vinto, come atleta della giustizia, i mostri delle sue passioni, cioè il leone della collera, l\’idra dell\’avarizia e della voluttà, il cerbero della gola e dell\’orgoglio. S. Giovanni nell\’Apocalisse vide i ventiquattro seniori coronati offrire le loro corone all\’Agnello (Apoc. IV, 10). Roboamo il quale, per non aver voluto ascoltare i vecchi, fu causa della separazione delle dieci tribù, quindi dello scisma e di una moltitudine di delitti e di sciagure, ci mostra la necessità di rispettare i vecchi e i savi loro consigli… È un dovere sacro per tutti l\’onorare, riverire e consultare i vecchi. Più avanzata è l\’età, e più grande dev\’essere il rispetto… La tarda età deve scusare le debolezze e le infermità di chi vi è giunto… Guai a coloro che disprezzano o burlano la vecchiaia!…
2. I VECCHI DEVONO RISPETIARE SE STESSI. – «La vecchiezza è corona d\’onore, dicono i Proverbi, ma per coloro che camminano nella via della giustizia e della virtù» (XVI, 31), di modo che per loro la vecchiezza sia quello che deve essere, secondo S. Ambrogio, cioè porto non naufragio della vita soprannaturale (Epl. XII, ad Valent. Imper.). Beata la vecchiezza che può dire con S. Paolo: «Quando io ero ragazzo, parlava da ragazzo, pensava e ragionava da ragazzo; ma divenuto uomo, ho sbandito da me tutto ciò che era da ragazzo» (I Cor XIII, 11). Più felice ancora se si può applicare quelle consolanti parole del medesimo Apostolo: «Ho combattuto il buon combattimento, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Del resto aspetto la corona di giustizia, che il Signore giusto giudice mi renderà in quel giorno» (II Tim. IV, 7-8). Essendo il Papa Gregorio XV andato a visitare l\’ottuagenario Cardinale Bellarmino che era in fine di vita, questi gli augurò lunghi anni, e più oltre ancora della sua età medesima; al che il Papa saviamente rispose: lo desidero essere ricolmo e coronato non dei vostri molti anni, ma dei molti meriti degli anni vostri.
3. LA VECCHIAIA VERAMENTE RISPETIABILE. – Leggiamo nella Sapienza che è venerabile la vecchiaia, non quella che conta lunghi anni, ma quella che si è resa commendevole per virtù e per innocenza di vita (Sap. IV, 8-9). E in altro luogo lo Spirito Santo chiama degna di onore e di gloria quella vecchiaia che si raccomanda per molta esperienza, congiunta al timor di Dio (Eccli. XXV, 8). Non la canizie dei capelli, scrive S. Ambrogio, ma il candore dei costumi fa veneranda la vecchia età. Veramente onorevole canizie è quella che si mostra bianca in meriti, non nel crine; perché è venerabile quella bianchezza dell\’anima che esiste nel candore, dei pensieri e splende nelle opere buone. Infatti qual è la vera vita della vecchiaia, se non la vita intemerata che si prolunga non per giorni od anni, ma per secoli; la cui durata non tocca fine, e la cui longevità non conosce defezione? La vecchiezza è venerabile in colui che visse senza macchia nelle diverse età che ha superato. Le età si misurano dai meriti e dalle buone opere, non dalla canizie dei capelli (De Cain et Abel, c. III). E poi ancora: Il porto dei vecchi sia una fede viva e l\’adempimento della legge divina. L\’infanzia ne sia imbevuta, l\’adolescenza vi sia allevata, la gioventù v\’invecchi, e la vecchiaia vi si ringiovanisca. Vera vecchiezza è quella che va immune da peccato (De Abel, lib. II, c. I).
Oh! se potessimo dire con S, Bernardo: «Noi vediamo molti giovani che superano in assennatezza i vecchi, e si mostrano attempatissimi per i loro puri e severi costumi; che prevengono il tempo coi loro meriti e compensano con le virtù gli anni che loro mancano (Epl. XLII, ad Henric Senonens.)». Felice è il giovane, esclama Sant\’Ambrogio, che vive bene, ma più fortunato è il vecchio che visse bene; poiché questi già conseguì quello che il giovane spera; quegli desidera di essere quello che il vecchio fu (De Iacob., lib. II, c. VIII)». Perciò i Patriarchi, i Profeti, gli Apostoli vivono tuttora e vivranno nell\’avvenire. Su le tombe di tutti i Santi si può scolpire quell\’epitaffio del Cardinale Alciati: «Vissero nella virtù, vivono nella memoria, vivranno eternamente nella gloria – Virtute vixit, memoria vivit, gloria vivet».
«La vecchiezza è il fiore della temperanza e della prudenza», dice Democrito (PLUTARCH.). Essa consiste meno nell\’età che, nella virtù, dicono Pitagora e Platone (ANTON. In Meliss.).
4. È SPREGEVOLE LA VECCHIAIA SENZA BUONI COSTUMI. – Alludendo a quel detto d\’Isaia: «Morrà ragazzo di cent\’anni» (LXV, 20), S. Gregorio Papa scrive: Può, in verità, il ragazzo vivere lungo tempo, ma se egli macchia col peccato le sue diverse età e non si ravvede, questi lunghi anni che la misericordia di, Dio gli concede, crescono in maledizione. Quanto più a lungo Dio ci aspetta, tanto più abbiamo necessariamente da temere la dannazione, per avere convertito in iniquità gli anni che ci erano stati dati per la pietà e la virtù; quanto più tempo abbiamo avuto per schivare la morte eterna, tanto più terribile e funesta sarà questa morte, avendo abusato e profanato il tempo (Moral. lib. XXVII, c. VI). – A quanti vecchi può dirsi: voi siete ragazzi di cent\’anni: siete ragazzi in tutto, meno che nell\’innocenza; siete fanciulli, ma fanciulli colpevoli, malvagi, degradati, insensati, spregevoli. Non è raro che al vedere certi vecchi ci corrano alle labbra quelle parole di Giobbe: «Sperava che l\’età avanzata avrebbe parlato, e che la lunga vita avrebbe insegnato la sapienza. Ma i più attempati non sono sempre i più saggi, né tutti i vecchi hanno giudizio» (IOB. XXXII, 7-9). A quanti vecchi starebbero bene quelle parole di Filone: «Fino a quando noi vecchi saremo ancora ragazzi? vecchi d\’età, fanciulli di spirito per l\’ignoranza e la stoltezza (Lib. II, Meliss, c. XVII)».
È spettacolo ributtante il vedere un vecchio seduto in una bettola, dice il Crisostomo: che confusione, che derisione è per lui mostrare all\’esterno una bianca capigliatura, e chiudersi dentro il cuore un\’anima puerile! Se a quest\’età voi non ispirate il rispetto, come volete voi che il giovane onori la vostra canizie? Dio vi ha onorati, Dio vi ha dato dei capelli bianchi, vi ha comunicato una vera prerogativa; perché tradite voi quest\’onore? Come lo rispetterà la gioventù, vedendo voi immersi nelle sconcezze? È veneranda la canizie, quando va congiunta ad una condotta assennata; ma quando il vecchio si regola da giovane scervellato e leggero, diventa un essere sommamente ridicolo e vile. Come potrete voi, o vecchi, fare da consiglieri ai giovani, se vi date all\’ubriachezza e all\’incontinenza? E mentre accuso e condanno voi, non accuso e condanno dei vecchi, ma dei giovani, perché se vi diportate male, ancorché aveste cent\’anni, non siete agli occhi miei che giovinastri e ragazzacci (Homil. IV, in Epl. ad Hebr.).
Da Ugo di S. Vittore il vecchio vizioso viene paragonato ai porci tuffati nel brago; e come il porco si ciba di lordure, così il vecchio corrotto si diletta di quello che lo copre d\’ignominia e di peccati (De Impudicit.). Eppure, quanti vecchi non portano fino alla morte i misfatti della loro gioventù e dei loro lunghi anni! Quanti alle iniquità ed agli scandali delle altre età aggiungono i peccati e i cattivi esempi della decrepitezza! In questi vecchi tremanti, cadaveri dal cuore inaridito, avanzi dell\’età, pascolo della morte e dei vermi, non si trova né sapienza nelle parole, né pudore negli sguardi, né contegno nella persona, né riservatezza nel portamento. Il soffio di vita che loro rimane consacrano agli eccessi della gola, della lussuria, dell\’infingardaggine. E se non possono più soddisfare gli sregolati appetiti e le inveterate concupiscenze non è per difetto di volontà, ma di forze fisiche; lasciano il mondo, perché il mondo, disgustato e nauseato di loro, li fugge, e li disprezza; ma in fondo al cuore loro perverso bollono non meno ardenti che prima le inclinazioni e le voglie del male… Che vita ignominiosa! ma che morte spaventosa!
I vecchi ignoranti dei loro doveri sono due volte fanciulli, diceva Platone, quando vengono al mondo e quando ne partono (De Legib.). Non perché un uomo sia carico di anni e porti la fronte solcata di rughe, si deve dire che sia vecchio, osserva Seneca; è vecchio ed è vissuto molto tempo colui che visse virtuosamente, altrimenti si deve dire che è esistito per lungo tempo (De brevit. vitae, c. VIII).
5. VANTAGGI DELLA VECCHIEZZA CRISTIANA. – S. Ambrogio osserva che la gioventù, la quale deve attraversare un mare sconvolto e tempestoso prima di arrivare al porto, non si può chiamare felice e tranquilla; mentre tale è in verità la vecchiaia, perché già arrivata, o vicina ad arrivare al porto. Quanti più anni conta l\’uomo virtuoso, tanto più è robusto; e quanto più pia è stata la sua vita, tanto più si è avvicinato alla perfezione consumata (Lib. De Caino et Abel). «Molti vantaggi porta con sé la vecchiezza, nota S. Isidoro, perché si libera da tiranni potenti e crudeli; mette freno alle voluttà, rompe l\’impeto delle concupiscenze; aumenta la sapienza, suggerisce prudenti consigli (Hexamer. c. 7)». Il sale della sapienza conserva la vecchiaia virtuosa, e questa ne fa suo cibo e suo ornamento. La saggezza orna il vecchio, e il vecchio onora la saggezza, e ne mette in rilievo la ricchezza e la gloria.
Il vecchio i cui giorni sono ricchi di buone opere è vicino alla morte; egli è sul punto di passare dalla miseria del tempo, alla felicità dell\’eterno riposo; sta per toccare il fortunato istante che lo unirà a Dio, e gliene, farà godere per sempre la vista e la gloria. Ben presto egli si spoglierà di questa logora ed opprimente spoglia del corpo, per vestire una gioventù eterna e libera di ogni turbamento e dolore. Il Signore disse ad Abramo: «In quanto a te, te n\’andrai in pace ai padri tuoi, sepolto in felice vecchiaia» (Gen. XV, 15). A questo proposito S. Giovanni Crisostomo ci fa rilevare che Dio non disse: Tu morrai, ma tu andrai, come viaggiatore che esce dalla sua stanza temporanea e provvisoria, per restituirsi alla sua vera patria. Chi ha passato nella virtù la lunga sua carriera, arriva ad una vecchiezza carica di meriti; parte tutto lieto da questa misera vita, e va a ricevere le ricompense eterne (In haec. verba Gen.).