I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Schiavitù

 1. Il peccato rende schiavo.
 2. Quanto è deplorevole la schiavitù del peccato.
 3. Gesù Cristo solo ci libera dalla schiavitù. 

1. IL PECCATO RENDE SCHIAVO. – «Un laccio avvilupperà il peccatore», dice lo Spirito Santo (Prov. XXIX, 6). E più dichiaratamente ancora Gesù Cristo: «In verità, in verità vi assicura che chiunque commette peccato è schiavo del peccato» (IOANN. VIII, 34). E S. Pietro parlando di coloro che vanno spacciando mille premesse di libertà, fa osservare che questi, essendo schiavi della corruzione, non passano dare la libertà agli altri, perché il vinto è schiavo di chi lo ha soggiogato (II PETR. II, 19). Chi poi è schiavo del peccato, è anche schiavo del demonio…, delle passioni…, delle tentazioni…, della morte…, dell\’inferno…, ed è destinato all\’eterna dannazione… «Che miserabile schiavitù è questa! esclama S. Agostino. Lo schiavo dell\’uomo può ben talvolta sottrarsi ai duri trattamenti del padrone con la fuga e trovare il riposo; ma dove fuggirà la schiavo del peccato? Ahi, che il misero dovunque fugga, trascina se medesimo! La cattiva coscienza non può fuggire se stessa; non ha luogo in cui possa stare liberamente: ella segue sempre se medesima, ossia non si scosta mai di un punto da se stessa: perché il peccato le sta nell\’interno (Tract. XLI)».
S. Ambrogio commentando quel verso del Salmista: «Io sono vostro, o Signore, salvatemi» (Psalm. ex VIlI, 94), dice: «L\’uomo mandano non può dire a Dio: Io sono vostro, perché egli serve a molti padroni. Si fa innanzi la lussuria e dice: Tu sei mio, perché tieni l\’anima nelle cose carnali. Si presenta l\’avarizia e dice: Tu appartieni a me, perché io ti ho comprato a prezzo d\’oro e d\’argento. Viene la gola e dice: Olà, tu sei roba mia, perché prezzo della tua vita è il festino di un giorno. Viene l\’ambizione e dice: Tu sei tutto mio, perché non sai forse che ti ho preposto agli altri, a patto che tu sii mio schiavo? ignori tu che perciò ti ho dato il comando, perché tu fossi soggetto al mio impero? Si affollano insomma tutti i vizi e gridano: Tu sei nostro schiavo. Il peccatore ché non può dire a Dio: Io sono vostro, ode il demonio che a lui dice: Tu sei mio (Serm. XII, in Psalm. CXVIII)».
Nella creazione dell\’uomo, Dio disse: Facciamo l\’uomo a nostra immagine e somiglianza; e domini sui pesci del mare, su gli uccelli dell\’aria, su gli animali e sui rettili tutti (Gen. I, 26). L\’uomo è dunque un essere fatto per regnare. Ora il peccatore è schiavo perfino dei suoi vili appetiti, come può regnare sul resto? «Ciascuno è schiavo della passione che lo domina», scrive S. Gerolamo (Epist.); e il grande Apostolo ci assicura che il demonio tiene schiavi i peccatori a suo talento; e quindi esorta costoro che si divincolino da quelle catene (Tim. II, 26).
Volete voi conoscere le catene che legano e rendono schiavo il peccatore? Sono 1° la colpa, ossia la macchia del peccato, che rimane dopo l\’atto del peccare. 2° Il castigo che va inseparabilmente unito all\’azione malvagia; castigo cui il peccatore è condannato, essendo soggetto alla collera ed alla vendetta di Dio; perché l\’atto ed il piacere del peccato passano, ma la macchia ed il castigo non passano. 3° L\’essere schiavo di Satana. Il peccatore, seconda la frase di S. Dionigi, è la cavalcatura del diavolo; come il cavaliere guida a suo piacimento il cavallo, così il demonio è arbitro assoluto del peccatore. La macchia del peccato lo designa alle verghe dei littori; e ponendo l\’anima sotto là verga di Dio e del demonio. quale esecutore delle divine vendette, la sacrifica alla morte ed all\’inferno… La catena dei peccatori è l\’abito del peccato; quest\’abito li tiene così strettamente legati, che diventa necessità, di maniera che non possano più sbrigarsene senza un grande miracolo di forza e di grazia divina, simile a quello che fece dire al Salmista: «Voi avete rotto, a Signore, le mie catene; io vi offrirò un sacrifizio di lode e invocherò il vostro nome» (Psalm. CXV, 16-17)… I ceppi dei peccatori sono l\’agglomerazione e la connessione dei peccati; perché l\’uno tira l\’altro; la gola, per esempio, mena alla dissolutezza; la dissolutezza spinge al furto; il furto all\’omicidio, e via di seguito. E da queste cadute molteplici e frequenti, si tesse una corda così forte, così pesante, così vituperevole e degradante, che il ritorno alla libertà riesce quasi impossibile.
I peccatori sono avvinti, scrive il Venerabile Beda, dalle catene che si lavorano essi medesimi; e terminano col perdersi a cagione delle continue loro sregolatezze. Colui che forma una corda, ne aumenta la forza dei fili col torcerli ed unirli, e se così fa con molti fili, fa una fune fortissima. Tale è la forza delle cattive azioni: tali sono i libri degli eretici e degli scrittori corrotti e corrompitori; aggiungono corruzione a corruzione, errori ad errori; scrivono come vivono, vivono come scrivono (In Collect.).
Al contrario, siccome obbedire a Dio è regnare, nell\’obbedienza a Dio sta la vera libertà; e per ciò il giusto solo è libero, ancorché, come
dice Sant\’Agostino, fosse schiavo di corpo (De civ. Dei, lib. IV, c. III). Egli non soggiace al giogo del peccato, del demonio, della concupiscenza, del mondo, né del suo proprio corpo, ma di tutte queste cose è padrone… E come, e di che sarà schiavo colui il quale possiede la virtù, la grazia, Dio medesimo? S. Efrem non sa spiegarsi come si possa trovare un sol uomo il quale preferisca servire la creatura invece del Creatore.
 
2. QUANTO È DEPLOREVOLE LA SCHIAVITÙ DEL PECCATO. – Quale condizione più misera, quale stato più infelice, più vile, più disperato di quello del prodigo del Vangelo, ridotto alla miseria? Abbandonato da tutti, tapino, affamato, mezzo nudo, servo di un burbero padrone che lo destina alla custodia dei porci, egli desidera il cibo di cui si nutrono quegl\’immondi animali! Ecco una languida figura dello stato di servitù a cui riduce il peccato mortale… Un uccello legato ad un filo cerca fuggirsene, ma è trattenuto; così il peccatore schiavo delle sue malvagie inclinazioni, dà qualche passo per riguadagnare la libertà, ma trattenuto dai legami delle inveterate sue cattive abitudini, non vi arriva. L\’uomo terreno e carnale si pretende libero, ma in realtà è schiavo. Vuol esser libero, ma di tale libertà, che lo getta nella schiavitù. Quindi, la libertà perisce per la libertà, di modo che l\’estrema libertà si muta in somma servitù perché allora non si mette più nessun freno alle concupiscenze, e si diventa schiavo di tanti crudeli tiranni, quante sono le passioni differenti alle quali si soggiace. Allora si vede avverata quella previsione del Profeta: Il fuoco dell\’Eterno scoppiò contro il suo popolo, lo abbandonò a potere delle nazioni e i suoi nemici, divenuti suoi padroni, l\’oppressero e gli fecero provare l\’umiliazione della loro potenza (Psalm. XXV, 39-41). Dei peccatori può dirsi che « giacciono nelle tenebre e nelle ombre della morte, incatenati dal ferro e dalla più lurida miseria» (Psalm. CVI, 10).
Ascoltate, o peccatori, i gemiti degli Ebrei schiavi e prigionieri; mandate i medesimi lamenti, sfogatevi nelle medesime grida, perché simile al loro, anzi peggiore, è il vostro stato. Seduti sul margine dei fiumi di Babilonia, noi ci consumiamo in pianto, ricordando Sionne. Ai salici appese le cetre, ce ne stiamo taciturni e mesti, ed a quelli che ci condussero in schiavitù e che ci chiedono d\’intonare loro i cantici di Sionne, rispondiamo: con quale animo canteremo noi gli inni del Signore in terra straniera? (Psalm. CXXXVI, 1). Schiavi del demonio e delle passioni, dite addio alla felicità ed all\’antica vostra gioia, avete perduto ogni cosa, perdendo la libertà dei figli di Dio nel peccato mortale! Voi siete quaggiù, in questa terra di esilio e di maledizione, in condizione simile a quella di Giona chiuso nel ventre della balena. Se, al dire del Crisostomo, tutti gli uomini si trovano in questo mondo come bambini nel seno materno, tante sono le angustie che ci stringono (In Catena), che cosa dire della situazione dei peccatori?
«Ogni passione rende schiavo», dice S. Ambrogio (De Iacob et Vita beata, lib. II); e di tale schiavitù le vittime sue aggrava, dice S. Gerolamo, che non possono né giorno né notte scuoterne il giogo; nel cuore, essa tiene suo trono, nell\’interno dell\’uomo pertanto stabilisce l\’intollerabile sua servitù (Epist. ad Simpliciam.). Ora se in tanto deplorevole stato riduce un vizio, che sarà poi quando l\’uomo sia zimbello di molti peccati? Eppure è certo, secondo S. Agostino, che di tanti padroni il peccatore è servo, quanti sono i vizi a cui è soggetto (De Civit. l. IV, c. XI).
Si narra che il re Lisimaco, travagliato da orribile sete, vendette l\’esercito suo al nemico per avere di che spegnerla. Bevuto che ebbe e vedutosi schiavo, si diede a gridare, battendosi la fronte: O me infelice! e che cosa ho io mai fatto? per un momento di piacere, qual bene e qual regno ho perduto! Di re mi sono fatto schiavo (Anton. in Meliss.). Ben più ragione ha di così esclamare il peccatore. O cielo! per una goccia di acqua, per un vile transitorio diletto, che bene ho io mai perduto! Ho perduto l\’anima, ho perduto le delizie del paradiso! Ho piegato il collo al giogo del demonio, dell\’inferno, della morte eterna!
Udite i castighi che minaccio Iddio al popolo d\’Israele, quando si fosse reso indocile ai suoi comandi: Tu servirai il tuo nemico nella fame, nella sete, nella nudità, nella miseria; egli porrà sul tuo collo un ferreo giogo che finirà con lo stritolarti. – «Egli si mangerà i prodotti del tuo suolo, divorerà i frutti del tuo bestiame, non ti lascerà né grano, né vino, né olio, né armenti di bovi, né gregge di pecore, finché ti ridurrà all\’estrema inopia; atterrerà le tue fortezze e i tuoi bastioni; ti calpesterà dopo di essersi cibato sotto gli occhi tuoi, del frutto delle tue viscere e della carne dei figli e delle figlie tue; tanto sarà grande la desolazione a cui ti ridurranno i tuoi nemici!» (Deut. XXVIII, 48-53). Eppure questi orribili mali materiali sono appena una sbiadita immagine dei mali spirituali che colpiscono il peccatore schiavo di Satana! «L\’empio resta avviluppato nelle sue iniquità, dicono i Proverbi, e incatenato dai ceppi delle sue colpe» (V, 22). Oltre le catene dei suoi peccati, l\’empio trascina ancora quelle della sua pena e della sua penitenza, perché anche queste lo spossano e lo tormentano. Pene temporali, pene eterne…
E\’ giusto che noi siamo schiavi e che portiamo le pene e le conseguenze della nostra schiavitù, mentre la carne, che dovrebbe essere la schiava dello spirito, ne è la padrona: quando questa carne ribelle si vede carezzata ed onorata, monta in superbia e vuol comandare, invece di essere la serva della ragione. Qual enorme differenza di valore tra la ragione e la concupiscenza, il corpo e l\’anima! La concupiscenza e la carne sono terrene e l\’uomo le ha comuni con i bruti; la ragione e l\’anima sono spirituali, grandi, nobili, simili agli Angeli per l\’intelligenza e la spiritualità. La concupiscenza e la carne sono viltà e miseria; la ragione e l\’anima sono eccellenza e ricchezza; che assurdo, che vergogna, che degradazione, che abominazione non è dunque avere l\’anima serva del corpo, la ragione schiava della concupiscenza!
«Egli ha edificato intorno a me, dice Geremia, e mi ha circondato dì fiele e di travagli; ha aggravato le mie catene e stretto i miei ceppi; mi ha sbarrato la strada con pietre taglienti, ha distrutto i miei sentieri. E la pace fuggì dal mio cuore, ho dimenticato la gioia ed ho esclamato: La mia forza è svanita» (Lament. III, 5-7, 9, 17, 18).
 
3. GESÙ CRISTO SOLO CI LIBERA DALLA SCHIAVITÙ. – «La verità vi farà liberi» (IOANN. VIII, 32), disse il divin Maestro; ora, siccome la verità è Gesù Cristo, e nessun altro che Gesù Cristo (IOANN. XIV. 6), ognun vede che solo dà lui l\’uomo può aspettare la liberazione dalla schiavitù del peccato, del demonio, delle passioni. Quattro generi di servitù ha distrutto il Signor nostro Gesù Cristo e ci ha dato quadro libertà. 1° Ha spezzato il giogo dell\’antica legge e ci ha data la libertà del Vangelo; 2° ha rotto il giogo del peccato, e portato la libertà della giustificazione; 3° ha distrutto l\’impero della concupiscenza e recata la libertà dello spirito, il dominio della carità e della grazia; 4° ha vinto la morte e ci ha resi alla libertà della vita. Facciamoci dunque servi di Gesù Cristo e avremo la libertà dei figli di Dio; avremo con noi lo Spirito del Signore, e dov\’è lo Spirito di Dio, ivi si trova la vera libertà, dice S. Paolo (II Cor III, 17). Facciamo quello che ci suggerisce il Signore nei ProverbiFac quod dico, temetipsum libera (Prov. VI, 3).