1. Definizione delle ricchezze
2. Sterilità delle ricchezze.
3, Pericolo delle ricchezze.
4. Disgrazia delle ricchezze.
5. Le ricchezze sono sorgente di passioni e di delitti.
6. Le ricchezze sono ordinariamente la porzione dei nemici di Dio.
7. Mezzi per essere veramente ricco.
1. DEFINIZIONE DELLE RICCHEZZE. – Secondo Plinio, il vocabolo latino pecunia deriva da pecus, pecora, perché anticamente le monete portavano l\’impronta di un animale (Ita Maxim.). E non senza ragione avevano gli antichi scelto per segnare il denaro che rappresenta ogni sorta di ricchezze, la figura di una pecora o d\’un bue, perché il bestiame serve a tutti gli usi dell\’uomo, e per il lavoro, e per il cibo, e per il vestimento, e per il trasporto: quindi il giumento si chiama così, perché; iuvat, aiuta l\’uomo. Da ciò già si vede come il denaro dell\’avaro invano porterebbe l\’effigie di un animale da servizio, perché non è utile a nessuno. Un autore dà agli avari il nome di muli, perché sono sterili… Come bestie da soma, gli avari portano il loro denaro e se ne fanno un vero carico; ma non ne godono, non sapendo né spenderlo né darlo.
2. STERILITÀ DELLE RICCHEZZE. – La fortuna è di vetro, è rugiada, è lucente, è abbagliante, ma fragile, facilmente si spezza, va in frantumi e scompare… Le ricchezze sono un\’ombra fuggitiva e vana, non un bene sodo e reale. Che cosa di più vano e instabile dell\’ombra? Le ricchezze ingannano gli occhi e lo spirito per l\’opacità della loro ombra. Come sul mattino e su la sera le ombre sono molto più grandi e più estese che non i corpi che le proiettano, così le ricchezze sono molto più grandi in apparenza che in realtà; mostrano qualche cosa di gigantesco, di felice, quantunque in verità non contengano nulla né di grandezza né di felicità, come ben vedono i morenti, i santi su la terra, gli eletti nel cielo; come lo vide Gesù che di tutti i beni della terra, non altro scelse per se stesso che una mangiatoia e una croce. Le ricchezze sono chiamate dalla Scrittura, menzogna, inganno, falsità, fascino, ninnoli, bagattelle, bolle di sapone che a stringerle in pugno lasciano nel maggior bisogno le mani vuote (Psalm. LXXV, 6). Chi dormendo sogna di aver trovato un tesoro, ne prova grande piacere; ma che amaro disinganno non prova allo svegliarsi! Così è degli uomini che al mondo si chiamano ricchi, dice il Salmista: « Ah essi patiscono fame e sete, esclama il medesimo re Profeta, mentre quelli che cercano il Signore, abbondano di ogni ben di Dio» (Psalm. XXXIII, 11).
«Ora che farò io, diceva tra sé il ricco del Vangelo, poiché non ho luogo dove raccogliere i frutti dei miei poderi?» (LUC. XII, 17). Su queste parole S. Gregorio esce in quest\’esclamazione: «O penuria nata dall\’abbondanza! L\’animo dell\’avaro si raggrinza in ragione della fertilità dei suoi campi! (Moral. lib. IV)». Ah diciamo pure con S. Agostino: «Ogni ricchezza che non è il mio Dio, è povertà e miseria. Niente riempie l\’anima, se non voi, o Dio, a cui immagine ella è formata. Voi mostrate quanto grande l\’avete creata quest\’anima ragionevole, giacché niente a lei basta di quello che è a lei inferiore, niente la rende paga, in niente trova la quiete e la felicità, e quindi nemmeno in se stessa (Confess. L XIII, c. VII)».
«O figli di Adamo, genìa d\’avari, grida S. Bernardo, che cosa vi è mai di comune tra voi e le ricchezze terrene le quali non sono né vere né vostre? Se sono vostre, portatele con voi in morte (Serm. IV, de Advent.)». Che cosa è il denaro, dice il medesimo Santo, se non terra o bianca, o gialla, la quale non è per sé né buona né cattiva; ma l\’uso ne è buono, l\’abuso cattivo, la cupidigia peggiore, l\’usura che se ne ritrae, pessima (Serm. IV, de Advent.). «Certo, non la natura conosce i ricchi, dice S. Ambrogio, mentre genera nella povertà tutti gli uomini, li mette al mondo tutti nudi, e nudi li riceve nel sepolcro (Tract. de Nabuchodon.)». Inoltre il Signore ci dice che metterà a sacco e manderà in fumo le ricchezze e i tesori nostri (IER. XVII, 3). Piene di sapienza cristiana sono dunque quelle parole del Nazianzeno: «E’ meglio fidarsi al vento od alle lettere che formiamo nelle onde, che alle ricchezze. Esse vanno, vengono, passano dagli uni agli altri, sono gettate in aria come polvere dall\’uragano; si sperdono e scompaiono, come fumo; si burlano dell\’uomo, come sogno; non sono, in una parola, che ombre impalpabili (In Distich.)».
Per testimonianza di Seneca, Platone non stimava per veri beni le ricchezze le quali generano tanta cupidigia e incitano a tanta smania: sono beni immaginari che non hanno nulla di certo e di sodo, se non che di essere molte volte di tortura a chi le possiede (In Prov.). In altro luogo il medesimo autore così scrive: «Voi guardate come uomo di valore il ricco; egli è un forziere. Dite che ha le tasche ben fornite di tesori; sia: ma è egli avaro, o prodigo? Se è avaro, non ha nulla: se è prodigo, non avrà nulla (De Remed. fort.)».
3. PERICOLO DELLE RICCHEZZE. – S. Giovanni Crisostomo dice che le ricchezze sono gli uncini coi quali il diavolo ci trascina a sé (Anton. in Meliss. p. 1.a c. XXXI), per i molti pericoli ai quali ci espongono. E infatti, già dai suoi tempi l\’Apostolo S. Giacomo, dopo di aver esaltato il povero, perché è ricco di fede e destinato erede del regno che Dio promise a quelli che l\’amano, osserva che i ricchi li opprimevano con la loro potenza, li citavano innanzi ai tribunali, e bestemmiavano il santo nome che su di loro era stato invocato (IAC. II, 6-7). Le ricchezze gonfiano l\’animo del ricco il quale crede che tutto gli è lecito; che può impunemente dominare su gli altri; che tutto deve obbedire a lui; che i poveri sono obbligati a stargli docili e sottomessi. «Ah, felice colui, esclama Menandro, che avendo ricchezze sa conservare l\’anima sua! (Apud Maxim. serm. XII)».
Le ricchezze sono, 1° una tentazione ed una prova, come la bellezza in una donna è tentazione per un cuore corrotto. Chi dunque desidera arricchire, desidera avventurarsi al rischio di naufragare. Come potrà il ricco schivare il male, mentre si trova continuamente in un pericolo gravissimo. di cadervi?… 2° Le ricchezze sono una forza, una spinta, un mezzo terribile di peccare; non vogliamo negare che sono anche uno strumento per fare del bene, ma avviene molto spesso, data la miseria e la debolezza umana, che altri se ne serve per commettere, o far commettere il male, e rarissimamente il bene. E\’ cosa straordinaria e portentosa toccare il fuoco e non bruciarsi; raccogliere spine, e non pungersi; portare pietre taglienti e non lacerarsi o scalfirsi. Ora le ricchezze son fuoco, spine, pietre, dice Ugo da San Vittore (De Anima). L\’oro è per l\’uomo come il fuoco per l\’oro; il fuoco prova e saggia l\’oro; l\’oro prova e saggia l\’uomo; con questa differenza, che il fuoco raffina l\’oro e lo libera dalle mescolanze che ne scemano il pregio, mentre l\’oro macchia l\’uomo e lo rende la più vile, la più spregevole delle creature, quando esso vi attacchi il cuore. «E che sorta di ricchezze sono queste, dice S. Agostino, che ti fanno temere perfino del tuo servo, sospettando che ti uccida, ti derubi e fugga? Se fossero vere ricchezze, ti darebbero sicurezza (Serm. XIII, de Verbo Domini)».
La pittura e la scrittura .ci rappresentano la fortuna, 1° come cieca e sorda, e tale è infatti; 2° in sembianza di donna leggera; 3° in mezzo alle tempeste di mare; 4° esposta ai venti su aridi macigni, o in vetta ad un monte sul quale spesso cade la folgore; 5° in atto di far girare una ruota come un giumento cieco; 6° seduta su agile e impetuoso corsiero che vince la mano e rovescia chi lo cavalca. La fortuna, dice Plinio, è invocata in tutto il mondo, da tutti gli uomini, a tutte le ore, da tutte le bocche; non si pensa che a lei, non si nomina che lei, non si accusa che lei; non si condanna che lei; lei sola si loda, lei sola si chiama in causa di tutto, da lei flagellati, svillaneggiati, burlati, derisi, pure la seguitiamo, la carezziamo, la coltiviamo. Si giudica instabile, vagabonda, incostante, incerta, variabile, amica di gente disonesta, e tuttavia a lei si consacrano tutte le cure, a lei si dà tutto ciò che si ha, corpo, anima, tranquillità, riposo, felicità, salute, vita (Anton. in Meliss.). Non si poteva dire né meglio, né più giusto di così.
4. DISGRAZIA DELLE RICCHEZZE. – « Suvvia, o ricchi, dice S. Giacomo, piangete e lamentatevi nelle infelicità che vi piomberanno addosso. I vostri tesori andarono in putrefazione, e le tignuole rosero le vostre vestimenta. L\’oro e l’argento vostro si è coperto di ruggine, e questa ruggine testimonierà a vostro danno, e divorerà le vostre carni, come fuoco; voi vi siete ammassato un tesoro di collera per gli ultimi giorni. Udite come il soldo che voi avete frodato ai mietitori che falciarono i vostri campi, grida contro di voi, e quel grido penetrò nelle orecchie del Signore degli eserciti. Voi siete vissuti su la terra nella mollezza e nelle delicatezze, e avete nutrito i vostri cuori come in giorno di sacrifizio. Voi avete condannato e spento n giusto, ed egli non oppose resistenza» (IAC. V, 1-6). Osservate a che cosa, secondo l\’Apostolo, riescono le ricchezze: 1° cadono in putrefazione…; 2° i vermi le divorano…; 3° la ruggine se le mangia, e poi questa medesima ruggine servirà a condannarvi e vi divorerà le carni, come fuoco…; 4° procurano un tesoro di collera per il giorno del giudizio…; 5° rendono bene spesso ingiusti…; 6° alimentano la pigrizia, la voluttà, e fanno del ricco una vittima ingrassata per l\’inferno…; 7° rendono oppressore del povero… Di modo che a loro convengono le parole del Salmo LXXII: « Signore, dando delle ricchezze voi tendete dei tranelli ai ricchi; voi li schiacciate invece di sollevarli. Come mai sono caduti così presto nella desolazione? Svennero in un batter d\’occhio, perirono» (18-19).
Scrive S. Agostino: «I beni terreni non cessano di stimolarci ad acquistarli, di corromperci quando sono venuti, di tormentarci allorché se ne vanno; desiderati, appassiscono; ottenuti, inviliscono; perduti, svaniscono (Homil., XXII, de Verbo Apost.)». Ah! con ragione Gesù chiama le ricchezze, spine (MATTH. XIII, 22); e S. Giovanni Crisostomo ci avverte che se si tengono chiuse, ruggiscono come leoni e mettono tutto sossopra (Homil. de Avarit.). In altro luogo poi il medesimo Dottore ne fa questa altrettanto viva quanto vera pittura: Le ricchezze non sono un monumento di gloria, ma di avarizia; sono pesanti catene e crudeli tiranni per coloro che se ne servono male; sono belve feroci, tigri in gabbia, vipere e scorpioni nascosti; sono le mezzane della corruzione. I loro frutti, molteplici e tutti amarissimi, sono dispiaceri, agitazioni, noie, lagrime, affanni, sudori, insonnie, e simili. Esse sono sorgenti di obbrobrio; non si trovano mai con colui che le possiede, non gli lasciano che l\’amarezza del fiele che ne stilla. Sono pericolose per il loro padrone; sono la madre di tutte le pazzie; sono un tiranno che confisca ogni libertà; formano la schiatta e la famiglia di Satana: non procurano mai vera consolazione, se non allora che si versano in seno ai poveri (Anton. in Meliss. p. 1.a; c. XXXI).
Non diverso dai dottori cristiani è su questo punto il linguaggio dei filosofi pagani: «Che cosa è la ricchezza? dice Chilone; è, a mio avviso, il tesoro dei mali, il compagno delle calamità, una causa d\’iniquità (Anton. in Meliss. p. 1.a, C. XXXI)». Sono un velo per nascondere mille miserie; dice Eusebio (Anton. in Meliss. p. 1.a, C. XXXI). Quindi Senofonte ha con energica frase chiamato il ricco e l\’ignorante, immondizie argentate (Anton. in Meliss. p. 1.a, c. XXXI). Si può dire, scrive Seneca, che i ricchi hanno le ricchezze, come noi diciamo che uno ha la febbre, mentre a parlare correttamente dovremmo dire che la febbre lo tiene, perché la febbre domina il malato, non il malato la febbre. Così è dei ricchi; le ricchezze li tengono, li tormentano, li crucciano. Quel ricco che voi credete felice, sovente si lagna, sospira, geme, soffre, è disgraziato; molti gli vanno dietro, ma come le mosche al sapore del miele; i lupi, al fetore delle carogne; le formiche, all\’odore del grano; tutta questa turba segue e persegue la preda, non l\’uomo (Epist. CXIX). Plutarco osserva che siccome le lunghe toghe impacciano il camminare spedito così le ricchezze sono di grande impedimento all\’anima per sollevarsi. Un buon cavallo non è giudicato tale per i suoi bei finimenti, ma per la bontà sua naturale; né l\’uomo è giudicato onesto, perché ha sfondolate ricchezze, ma perché e in quanto si mostra fornito di buone qualità (In morib.). «Nudo giunsi alla luce, cantava Luciano, e nudo me ne partirò da essa; perché dunque sudare invano, vedendo che nulla mi lascerà la morte?».
5. LE RICCHEZZE SONO SORGENTE DI PASSIONI E DI DELITTI. – E’ verissima la sentenza di S. Basilio: «Le ricchezze sono le ministre del vizio» (In Psalm.), infatti in loro è il focolare e la sorgente dell\’orgoglio, della vanità, dell\’ambizione, dell\’avarizia, della gola, dell\’impudicizia. Le ricchezze conducono al lusso; il lusso alla lussuria; la lussuria all\’indifferenza; l\’indifferenza all\’incredulità, l\’incredulità all\’ateismo; porgono forte stimolo e frequente occasione a sdrucciolare nell\’ingiustizia, nella frode, nella rapina, ecc. Il ricco che tiene il suo cuore nei forzieri, è incapace di comprendere e di gustare le cose celesti. Lo conferma S. Giovanni Crisostomo: «Le ricchezze generano il lusso e ogni sorta d\’iniquità; fomentano la concupiscenza ed il libertinaggio; sono le mezzane di tutti i vizi, le spalleggiatrici di tutti i piaceri dannosi; le nemiche della continenza, le avversarie della pudicizia; sono ladre di tutte le virtù. E fino a quando pertanto servirà l\’oro di laccio all\’anima, di amo alla morte, d\’incentivo al peccato? (Homil. de Avarit.)».
«A nulla gioveranno i tesori di empietà», leggiamo nei Proverbi (X, 2). Il Savio chiama le ricchezze tesori di empi età nel medesimo senso in cui Gesù Cristo le ha chiamate moneta d\’iniquità (Luc. XVI, 9); cioè perché 1° le ricchezze sono spesso frutto d\’ingiustizie; 2° perché sono occasione, eccitamento, materia a molte iniquità; 3° perché sono fallaci, ingannatrici, vane, caduche, non vere, non sode, non reali; 4° perché solo i ciechi dello spirito e i peccatori possono considerarle come desiderabili; essendo a loro ignote le ricchezze spirituali, celesti, eterne, le quali nessuno può rubare, e sono le sole preziose, le sole desiderabili… Per grandi che siano i tesori terreni, a poco giovano; sovente nuocciono, portano sempre turbamento allo spirito, inquietudine e aridità al cuore… Clemente Alessandrino le paragona al serpente e dice che chi le maneggia senza mille cautele, sente ben presto l\’anima sua avvinghiata tra le loro spire e morsicata dal loro dente velenoso (Strom. lib. III).
Le ricchezze facilmente traggono i loro appassionati possessori a negare la religione, i suoi dogmi, la sua morale; o, quel che è più frequente, a trascurarla, a non darsene pensiero, a non praticarla. Esse distolgono, o quanti! dal pensare a Dio, al giudizio, all\’inferno, affinché non vi sia ritegno ad abbandonarsi senza timore e senza rimorso alle proprie passioni, agli sregolati istinti… «La povertà, nota S. Giovanni Crisostomo, trattiene dal gettarsi al mal fare quei medesimi che pure lo vorrebbero e li costringe a stare nei limiti della virtù. Al contrario, le ricchezze quasi quasi impediscono che vivano
nella pudicizia e nella temperanza, perfino quelli che vogliono mantenersi puri e temperanti; li pervertono e traviano e li soggiogano a innumerevoli miserie morali (Homil. de Avarit.)». La stessa cosa ci dice anche la risposta data da un filosofo all\’imperatore Adriano che l\’aveva richiesto del suo parere intorno alla ricchezza ed alla povertà. La ricchezza, disse quegli, è un peso d\’oro, un\’invidia insaziabile, una brama inesplicabile, una concupiscenza invincibile. La povertà, è un ricco dono che si guarda di malocchio, è la madre della sanità, la libertà dello spirito, il cammino della saviezza, la felicità senz\’inquietudine (Anton. in Meliss.). Che cosa giovano le ricchezze all\’insensato, dice Filone, se non può procacciarsi la sapienza? (Lib. de Joseph).
«Figlio mio, dice il Savio, se tu sei ricco, non vai immune da peccato» (Eccli. XI, 10). «Fortunato il ricco, esclama il medesimo in altro luogo, che fu trovato senza macchia, che non corse dietro l\’oro, e che non pose la sua speranza nel denaro e nei tesori! Dov\’è questo tale? Mostratecelo e noi lo applaudiremo; perché ha fatto cose meravigliose nel tempo della sua vita. E stato messo al cimento dell\’oro, e rimase intatto; ne avrà gloria eterna. Perciò i suoi beni furono consolidati presso il Signore, e tutta l\’assemblea dei santi narrerà le sue elemosine» (Ib. XXXI, 8-11). La Scrittura dichiara che non ha trovato altri ricchi non colpevoli, eccetto quelli che fecero larghe elemosine… Raramente i ricchi sono netti di peccati d\’ingiustizia, di orgoglio e simili; più raramente ancora se ne trovano che siano contenti di ciò che hanno; rarissimi poi s\’incontrano quelli che non pongano la loro speranza nel denaro, e non vi attacchino il cuore. Perciò lo Spirito Santo ne parla come di un prodigio, raro, stupendo, perfetto. Chi è costui e lo loderemo? perché ha operato meraviglie. – Prima meraviglia è questa, che contro la comune inclinazione degli uomini, non ama l\’oro… Seconda meraviglia è, che non va dietro, o in cerca del denaro; tutto al più lascia. che il denaro venga fino a lui… Terza meraviglia è, che non si quieta, come fa il mondo, nel suo oro, ma in Dio solo… Quarta meraviglia è, che il ricco, provato con l\’oro, resti e sia trovato perfetto. Grande prodigio è che un giovane, posto in mezzo alle seduzioni del secolo, non patisca tentazioni, o non vi soccomba; ma non minore miracolo è nuotare nelle ricchezze e non rimanerne allacciato e corrotto.
Concede il Crisostomo che le ricchezze non sono un peccato, ma avverte che è peccato non distribuirle ai poveri, e servirsene male. Le ricchezze sono, a suo avviso, le se crete dilapidatrici delle virtù e non hanno mai procurato buoni costumi. La brama delle ricchezze è l\’arsenale e la cittadella di tutti i vizi; non lascia che l\’uomo s\’impieghi in buone opere, è un tiranno che opprime tutto ciò che gli sta sottomesso. Chi ammassa tesori, fa lega col peccato e pone tutta la sua speranza nel fango della terra. Le ricchezze forniscono i mezzi al mal fare, preparano a chi le possiede i tormenti dell\’inferno; non le lasci ai figli, chi desidera di lasciare loro la virtù; deplorevole è la sorte di quelli che muoiono lasciando tesori, perché non seppero procurarsi nessuna consolazione coi loro denari, non avendone fatto buon uso (Homil. in Avarit.). Quanto è facile che questo avvenga! Già ne faceva Iddio frequenti lagnanze nell\’antica legge. Nel Deuteronomio, per esempio, diceva del popolo ebreo: «Ingrassato, ricalcitrò; impinguato, satollato, arricchito, abbandonò Dio suo creatore, si allontanò da Dio sua salute» (Deuter. XXXII, 15). Per bocca di Geremia si lagna che i primari del suo popolo, impinguato che hanno le loro casse e dilatato i loro poderi, trasgrediscono la sua legge con opere detestabili, non giudicano la causa della vedova, non patrocinano quella dell\’orfano, non pareggiano le ragioni coi poveri (IEREM. V, 28, 29). Ah! che le ricchezze sono proprio, nei più dei casi, quali le chiama Diogene: «Veli per coprire le magagne della malvagità» (In Maxim.).
6. LE RICCHEZZE SONO ORDINARIAMENTE LA PORZIONE DEI NEMICI DI DIO. – «Ecco, diceva il Salmista, che questi empi, questi uomini del secolo aumentano le loro ricchezze: Ma voi, o Signore, avete in esse teso un laccio alla loro perversità; avete fatto della loro elevazione il principio della loro rovina. Essi svanirono come sogno allo svegliarsi; e quando sveglierete i morti, voi disprezzerete la loro ombra… Come mai caddero così presto nella desolazione? svennero ad un tratto, perirono a cagione della loro malizia» (Psalm. LXXII, 12, 18, 20), (Ib. LXXXII, 19).
È certo che, fatte poche ed onorevoli eccezioni, in generale vi è da lamentare che i ricchi menano vita scioperata e inutile, volgono a cattivo uso le loro ricchezze. Siccome però in essi vi sono tuttavia alcune virtù naturali, Dio ricompensa queste con la pinguedine della terra. E qui sta tutta la loro mercede; essi non amano che la terra, e in essa ricevono tutta la loro ricompensa; ben povera e vana ricompensa, davvero! Tremate adunque della sorte vostra, o ricchi! «Guai a voi, grida Gesù Cristo; guai a voi, o ricchi, perché già avete la vostra consolazione! Guai a voi che siete sazi, perché patirete fame!» (Luc. VI, 24-25). Vivendo nell\’abbondanza, i ricchi credono di poter fare senza di ogni altra cosa, perfino di Dio. Io sono ricco, dice quel tale che ha terre, case, poderi, oro; che cosa mi bisogna? nulla. E non bada che il Signore gli ha già risposto nell\’Apocalisse: «O quanto sei da compiangere tu che ti vanti di essere ficco, mentre io ti dico che in realtà sei misero e povero, e nudo, e cieco» (Apoc. III, 17). Si deve credere di più alla parola di Dio, o a quella dell\’uomo?.. Ai ricchi senza viscere per i poverelli, a questi ricchi troppo attaccati ai beni della terra e troppo lontani dalle virtù e da Dio, sta riservata la sorte del ricco del Vangelo. Dall\’inferno, in cui andranno anch\’essi come quello, chiederanno, come lui, soccorso, ma come lui sentiranno rispondersi: «Ricordati, o figlio, che i beni che tu amavi, ricevesti mentre vivevi su la terra» (Luc. XVI, 25).
Le ricchezze poi rendono ancora infelici i loro possessori, perché non cattivano punto l\’amore degli altri… Tutti quei pretesi amici dei ricchi, che fanno per loro gli sviscerati, non sono che parassiti, amanti non del ricco ma della sua fortuna… «Oh! quanti, esclamava Isocrate, sono parenti del denaro e non dell\’uomo che lo possiede!» (In Aegynetico)… Quanti eredi non invidiano e odiano i ricchi, quanti non ne attendono impazienti, e ne affrettano coi voti la morte! e discesi che siano nel sepolcro, chi può dire le amare invettive, le maledizioni, i sarcasmi con cui se ne lacera la memoria? A ragione Plutarco chiama le ricchezze: «Pegni d\’ingiurie» (In Morib.).
7. MEZZI PER ESSERE VERAMENTE RICCO. – Per prima cosa bisogna non mettere il cuore nelle ricchezze, quando siamo in condizione di averne (Psalm. LXI, 11). Chi sa temperarsi nel molto e contentarsi del poco, costui è veramente ricco, in qualunque stato si trovi. Ecco perché il Savio pregava Dio che non gli desse né povertà né ricchezza, ma solamente il necessario al vivere; affinché non fosse o allettato dalla sazietà a negarlo e dire: Chi è il Signore? o costretto dall\’indigenza a rubare, e spergiurare il nome di Dio (Prov. XXX, 8-9). Il medesimo sentimento esprime San Paolo dove scrive: «Avendo di che mangiare e vestirci, siamone contenti» (I Tim. VI, 8). Ben mostrava di sapere dove si trovano le vere ricchezze, quando di sé affermava: «So aver poco ed avere molto; avendo provato tutto, sono temperato a tutto, mi adatto a mangiare ed a patire la fame, a usare dell\’abbondanza e a vivere nelle privazioni» (Philipp. IV, 12).
«Se desideri di avere dei tesori, dice S. Ambrogio, cerca quelli invisibili e nascosti, che troverai non nelle viscere del suolo, ma nel cielo. Sii povero di spirito, cioè umile, e sarai ricco; perché la vera vita ricca dell\’uomo non consiste nell\’abbondanza dei beni terreni, ma nella virtù e nella fede; queste sono ricchezze che ti fanno veramente ricco. Ad ogni modo sarai ricchissimo, se sarai ricco in Dio (De Abel et Cain, L I, c. V)»…. Il vero ricco è quegli che modella la vita sua su quell\’ammaestramento di S. Paolo a Timoteo: «Ai ricchi del secolo ordina, che non si gonfino nei loro pensieri, che non poggino la loro confidenza in tesori incerti, ma nel Dio vivo che ci fornisce largamente quello di cui bisogniamo; che si arricchiscano di buone opere, dando facilmente e dividendo le sostanze loro con quelli che ne sono privi, che raccolgano un buon fondo per l\’avvenire, per procurarsi la vita eterna» (I, VI, 17-19).
«Le ricchezze dei savi sono la loro corona», dicono i Proverbi (XIV, 24). Le ricchezze si volgono in materia di gloria per il saggio, gli cingono la fronte e gli ornano il capo a forma di diadema: 1° I saggi meritano una tale corona, essa risplende in loro. 2° Le ricchezze sono bene e felicemente collocate nelle mani dei saggi, perché raggiungono il fine per cui Dio le ha create, cioè di essere distribuite in elemosine e adoperate in altre buone opere. Infatti in questo caso le ricchezze sono strumenti del bene; come nelle mani dei malvagi, degli insensati servono a strumento di molto male… La gloria delle ricchezze non splende in magnifiche tavole, ma nei soccorsi distribuiti ai poveri… I tesori dispensati ai miserabili sono nostri e ci salvano; accumulati e tenuti in serbo, ci sfuggono e ci traggono a perdizione. È detto di Pitagora, che tanto riesce difficile governare le ricchezze senza una buona dose di saviezza e di prudenza, quanto reggere senza freno un cavallo indomito ed impetuoso (Anton. in Meliss.). Anche il Crisostomo dice: Le ricchezze finché stanno chiuse nei forzieri, sono leoni ruggenti, ma se le producete alla luce, e le mettete in seno ai poveri, si cambiano di belve in agnelli; cessano di essere per voi una causa di naufragio e vi si fanno porto di tranquillità e di pace (Anton. in Meliss., p. 1.a, c. XXXI). Se le ricchezze fossero dotate d\’intelligenza, di ragione, di parola, fuggirebbero gli insensati, gli empi, gli avari, i libertini, gli usurai; se ne volerebbero verso le persone sensate, pie, disinteressate, gridando: Noi non vogliamo abitare coi malvagi, con gli empi, con quelli che ci profanano, ci prostituiscono, ma coi santi; non vogliamo stare chiuse negli scrigni degli avari, ma vogliamo essere versate nel seno dei poveri. Ci si fa violenza e ingiuria allorché cadiamo in mani indegne ed inette; e ad un\’esecrabile schiavitù siamo condannate, quando siamo costrette a servire l\’avarizia, l\’orgoglio, la gola, l\’impudicizia. Venite, o santi, venite, o misericordiosi, vendicateci, toglieteci da questa crudele e vergognosa schiavitù; affinché siamo santificate con voi e tendiamo al nostro scopo, servendo alla misericordia. Sì, tale è il nostro fine, il nostro desiderio, la nostra felicità; per ciò fummo da Dio create… 3° Perché il savio usa delle ricchezze da padrone e da re; invece l\’insensato, l\’avaro se ne serve da schiavo. Il savio possiede l\’oro, lo stolto ne è posseduto. E così l\’oro è sul saggio una corona in. capo ad un principe; su l\’insensato è catena pesante e vergognosa… 4° I saggi, che sanno usare degnamente e giustamente delle ricchezze, ne sono onorati e ne divengono più santi, più savi e più misericordiosi; ma gli avari che ne sono infatuati, divengono più stolti e quasi folli, dice il Crisostomo (Homil. de Avarit.). 5° Finalmente le ricchezze sono la corona del sapiente; perché spese da lui in buone opere, gli preparano nel cielo quelle imperiture corone che Gesù Cristo, nel giorno del giudizio, aggiudicherà e darà ai soli misericordiosi (MATTH. XXV).