1. Vi furono sempre persecuzioni.
2. Accecamento e perversità dei persecutori.
3. Coraggio nelle persecuzioni.
4. Vantaggi delle persecuzioni.
5. Mezzi per trionfare delle persecuzioni.
1. VI FURONO SEMPRE PERSECUZIONI. – «Guardatevi, diceva Gesù agli apostoli; perché sarete tradotti innanzi ai loro magistrati e ai loro re, nei tribunali e nelle sinagoghe, e vi sarete flagellati per causa mia, affinché serviate loro in testimonio. E tutti gli uomini vi odieranno» (MARC. XIII, 9-13). Avvicinandosi poi l\’ora della sua passione, ritorna e si ferma a lungo su questo punto delle persecuzioni che avrebbe loro mosso il mondo, come si vede ai capi XV e XVI di S. Giovanni, dove fra le altre parole leggiamo queste: «Ricordatevi di quel mio detto: Non vi è servo superiore al padrone: se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Ma così vi tratteranno per causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Io vi accerto che voi piangerete e gemerete mentre il mondo tripudierà; voi camminerete tristi, dimessi ed accorati, ma la tristezza vostra si cambierà in letizia. Se il mondo vi ripudia e odia, sappiate che a me prima che a voi volle male. Se voi foste del mondo, il mondo vedrebbe bene quello che è suo; ma perché voi al mondo ormai più non appartenete, avendovi tolti dal mondo, perciò il mondo vi detesta» (IOANN. XV, 20-21; XVI, 20).
Quindi l\’Apostolo S. Paolo poteva dire ai Corinzi: «Noi (cioè egli ed i suoi colleghi apostoli, e in generale tutti i veri cristiani) siamo stimati come stolti a cagione del Cristo, e guardati come spazzatura. Fino al presente noi soffriamo la fame e la sete; andiamo, come gente rigettata, laceri, ingiuriati, malmenati da ogni mascalzone; figuriamo insomma la spazzatura del mondo, e Siamo lo zimbello di tutti» (1 Cor IV, 10-13). E ai Galati ricordava che i cristiani essendo i figli della promessa secondo Isacco, devono aspettarsi le ire e le persecuzioni degli uomini discendenti di Esaù, per quella ragione medesima per cui allora quegli che era nato secondo la carne, perseguitava colui che era nato secondo lo spirito (Gal. IV, 28-29).
È sempre stato, e sarà sempre vero che «tutti quelli i quali intendono vivere santamente in Gesù Cristo, patiranno persecuzione» (II Tim. III, 21). Saranno perseguitati per invidia e malignità. Perseguitati dal demonio… perseguitati dal mondo corrotto, che per cieco odio e con crudele ingiustizia li caricherà d\’ingiurie, di vituperi, di oltraggi, di affronti…; perseguitati in odio alla verità, al buon esempio, al Vangelo, alla religione, all\’ordine, alla sana dottrina, alla morale celeste, al culto divino…; perseguitati nel loro interno, dalla concupiscenza, dall\’uomo vecchio che in loro recalcitra, che vuole essere libero e sbrigliato, e si sente frenato e condotto da un braccio forte.
Non è cosa nuova né inaudita, che le anime buone e pie siano fatte, segno ai maltrattamenti del mondo; è sempre stato così. Caino geloso uccide il pio Abele. I figli degli uomini canzonano i figli di Dio. Abramo ebbe a soffrire dai Cananei; Lot, dai Sodomiti; Isacco, da Ismaele; Giacobbe, da Esaù; Giuseppe, dai suoi fratelli; Mosè, da Faraone; gli Ebrei, dagli Egiziani, poi dai Filistei e dagli altri popoli vicini. Saulle insidiò Davide; Assalonne si ribellò al padre suo; Manasse tribolò Isaia; i Giudei perseguitano Geremia, Amos, Ezechiele e gli altri profeti; Erode ordina la strage degli innocenti; fa decapitare Giovanni Battista; Gesù Cristo è perseguitato fino alla morte… Gli Apostoli incontrano mille tormenti e finalmente la morte per Gesù Cristo… Quanti milioni di martiri! Tutti i Santi in generale ebbero a soffrire angherie, soprusi, persecuzioni… La Chiesa insomma è sempre stata, or qua, or, là, e in ogni secolo, perseguitata, malmenata, calpestata. «Il Signore, come scrive S. Gregorio, non manda i suoi eletti ai gaudi e ai divertimenti del mondo, ma alle persecuzioni e ai patimenti, come fu inviato egli medesimo. Il Figlio è infinitamente amato dal Padre; eppure il Padre lo manda al patire: così è dei discepoli del Figliuolo di Dio; egli li ama del più tenero amore, eppure li manda al mondo perché vi patiscano persecuzione. Come il Padre mio, ha inviato me, loro dice, così io mando voi; cioè se io vi mando fra gli scandali dei persecutori, è perché vi amo di quel perfetto amore di cui mi amò il Padre mio, quando mi mandò a soffrire la passione e la morte su la croce (Homil. in Evang.)».
Vi furono in ogni tempo delle persecuzioni, perché 1° non manca mai nel mondo la razza dei malvagi, dei corrotti, dei perversi, degli anticristi. 2° I persecutori detestano Gesù Cristo, perciò odiano e cercano di sopprimere tutto ciò che lo rappresenta e lo ricorda. 3° È giusto che il servo corra la sorte del padrone. 4° Si trovano dei cattivi che perseguitano per ignoranza e, come si esprime il Salvatore, credendo di fare cosa grata a Dio. 5° I buoni sono i figli della promessa; ma per arrivarvi devono tollerare grandi fatiche, dice S. Gregorio. 6° Le persecuzioni provano, santificano. 7° Fanno conoscere i buoni e i cattivi, li separano gli uni dagli altri, come il vento separa la pula dal grano, come il fuoco, separa la scoria dall\’oro. 8° Rianimano e rinsaldano la fede. 9° Formano degli eroi. Le tempeste purgano il mare, gettando fuori dal suo seno le immondizie. Non altrimenti è delle persecuzioni nella Chiesa; rigettano dal suo seno i membri morti, imputriditi, ipocriti, che la deturpano in tempo di calma. Le persecuzioni spingono i figli fedeli della Chiesa al porto dei cieli.
«In qual modo, chiede S. Agostino, i cattivi sono utili ai buoni? e risponde: sono utili, non perché loro vogliono bene, ma perché loro vogliono male e li perseguitano. Le persecuzioni sono per i buoni cristiani quello che sono la lima ed il martello per il ferro, quello che è il forno per il pane, il fuoco per l\’oro (De Civ. Dei). I patimenti del martiri illustrano la Chiesa e ne sono la più bella vittoria.
Il Savio ci svela i fini che muovono i tristi il tormentare i buoni. Tendiamo agguati al giusto, vanno dicendo i malvagi, perché egli non ci giova, anzi attraversa le opere nostre: ci rinfaccia le nostre mancanze alla legge, e volge a nostro scorno le conseguenze delle nostre dottrine. Egli si vanta di avere la scienza di Dio; ci si rende intollerabile perfino alla vista, perché il suo vivere è del tutto diverso da quello degli altri e i suoi costumi sono il rovescio dei nostri. Ci crede mentitori, e si guarda dai fatti nostri come da immondizia. Proviamolo col vituperio e col supplizio; condanniamolo a morte infame (Sap. II, 12-20). Non si poteva né più concisamente né più. chiaramente mostrare l\’origine del maltalento che il mondo professa alla Chiesa, alla religione e ai veri seguaci di lei.
2. ACCECAMENTO E PERVERSITÀ DEI PERSECUTORI. – Giuseppe racconta un sogno innocente ai suoi fratelli, ed essi tra di loro ne giurano la rovina. Il Redentore risuscita Lazzaro, e i suoi nemici dichiarano che bisogna mettere a morte lui medesimo e Lazzaro, solo perché Gesù lo aveva richiamato a vita. Chi non esclamerà con Agostino: «O cieca ferocia!» (In Evang. de Laz.). In tutti i tempi i malvagi hanno sempre battuto questa via. Nel loro odio cieco e frenetico, essi perseguitano la Chiesa, ne atterrano le croci, ne abbattono gli altari, ne maltrattarono i ministri. La Chiesa, i sacerdoti, la religione, li colmano di benefizi, di favori, di gentilezze; bisogna annientarli! E un giogo, gridano da energumeni, è una schiavitù, bisogna romperne i ceppi; è un peso, bisogna sbrigarsene. Ecco la libertà dei mascalzoni, la libertà del malfare.
Gesù dà la vista ai ciechi, l\’udito ai sordi, la loquela ai muti, la sanità agli infermi, la vita ai morti; moltiplica i pani, calma le tempeste, scaccia i demoni; semina ad ogni suo passo un nuovo benefizio od un nuovo prodigio, e i Giudei cospirano alla sua morte; lo consegnano a Pilato: e se questi domanda loro di quale colpa lo accusano, perché in quanto a sé dichiara non trovare in lui nessun motivo di condanna, per tutta ragione, gli sciagurati urlano: Crocifiggilo, crocifiggilo! S. Paolo a Gerusalemme, parlando altamente nel nome del Signore, istruiva i gentili e disputava coi Greci; e questi, dicono gli Atti apostolici, cercavano di ucciderlo (IX, 29).
Ma Dio ci assicura che mentre gli iniqui si credono di soggiogare la nazione santa, re stanò incatenati fra i ceppi di una lunga tenebrosa notte; e questi schiavi della Provvidenza, che cercano sottrarvisi, languiscono chiusi nelle loro catapecchie (Sap. XVII, 2).
3. CORAGGIO NELLE PERSECUZIONI. – «Il soldato di Gesù Cristo, così lo dipinge S. Cipriano, istruito dai precetti e dai consigli del suo duce, non si spaventa del combattimento, ma lo affronta preparato alla corona. Il soldato di Cristo sa morire, ma non essere vinto; e per ciò appunto è invincibile, perché non teme la morte (Lib. IV, Epist. VI, ad Tibarit.)». Udite infatti come narra S. Luca le prime gesta degli Apostoli: «Avendo il consiglio dei Giudei fatto vergheggiare gli Apostoli, e proibito loro di mai più parlare nel nome di Gesù; essi partirono tutti lieti e giubilanti dall\’assemblea, perché erano stati giudicati degni di soffrire per il nome di Gesù Cristo» (Act. V, 40-41). «Nella mia prima difesa, diceva S. Paolo a Timoteo, non ebbi persona che mi assistesse, ma tutti mi abbandonarono; non sia imputato loro a colpa. Ma il Signore mi stette vicino, mi sostenne e liberò dalle fauci del leone» (II Tim. IV, 16-17). A suo elogio diceva il Crisostomo: «Paolo, infiammato di carità, giudicava moscerini i tiranni e Nerone medesimo; la morte poi, i tormenti ed ogni genere di supplizi, stimava balocchi da ragazzi (De Laud. S. Paul.)».
Ma lasciamo che parli di sé il medesimo San Giovanni Crisostomo, per intendere e imparare da lui quale sia il sentimento del soldato di Gesù Cristo, alle prese con le persecuzioni. «Accerchiato da persecutori, minacciato e condannato all\’esilio, io mi trovo come navigante in mezzo al mare tempestoso; ma non temo di essere sommerso, perché mi tengo fermo su la solida pietra, contro la quale niente può, per quanto imperversi il mare. Non temo l\’esilio, perché il mondo è casa a tutti gli uomini. Cacciato di città, non m\’inquietava punto nulla, e andava meco stesso dicendo: se la regina Eudossia vuole esiliarmi, faccia pure, perché di Dio è tutta quanta la terra e tutto ciò che essa contiene; se vuole segarmi, faccia il piacer suo, simile tormento soffrì Isaia; se le piace annegarmi, sia pure, io mi ricorderò di Giona. Ordina di lapidarmi? non posso desiderare miglior morte, perché avrò per compagno S. Stefano protomartire. Vuole il mio capo? mandi pure a spiccarmelo, mi conforterà l\’avere per socio un Giovanni Battista. Preferisce togliermi quel po\’ di sostanza che posseggo? se la prenda, ché nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo andrò nel seno della terra» (Homil. XI).
Il martire S. Tiburzio così parlava al giudice Torquato: «Su via, impicca, squarta, metti in opera i cavalletti, i ferri aguzzi, le graticole ardenti, riunisci insieme quanti supplizi può inventar la più raffinata barbarie, e tutto impiega a martoriare i cristiani. Se ci minacci l\’esilio, non c\’importa nulla, perché il mondo intero. non è agli occhi nostri altro che un orrido esilio; se ci mandi alla morte, vi andiamo festosi, perché usciamo dal carcere della terra; se ci condanni alle fiamme, ne godiamo, perché scampiamo dal fuoco. delle cupidigie, ben più terribili che non le fiamme terrene. Ordina tutto quello che ti piace; ogni pena è per noi cristiani un bel nulla, quando portiamo con noi una coscienza pura» (In Vita).
«Nulla affatto io desidero, neppure la sanità del corpo e la vita, fuori di Gesù Cristo, diceva S. Agata. Non ti lusingare, o Quinziano, di potermi intimidire con le tue minacce, o abbattermi con le tue crudeltà e con i tuoi tormenti. Sappi che il cervo arso di sete non corre di più gran lena al fonte, di quello che io aneli ai tuoi supplizi, affinché per essi io abbracci il mio Gesù, e mi unisca a lui per sempre. Se tu vuoi finirmi di spada, eccoti il collo nudo; se flagellarmi, battimi tutta la persona; se gettarmi tra le fiamme, eccoti il mio corpo; capo, mani, piedi, tutte insomma le membra volentieri io ti offro. Taglia, sbrana, strazia, brucia, lega, trafiggi, crocifiggi, ammazza a tuo talento; più sarai .crudele con me e più mi sarai benefico, più riceverò di consolazione e di gloria dal mio dolce sposo. Che cosa aspetti? ogni indugio è troppo lungo per un\’anima che anela al cielo» (In Vita).
In una parola, conchiudiamo col Crisostomo: «Sempre i confessori combattono, sempre i martiri trionfano, sempre gli eserciti cristiani combattono armati di Dio, e sempre escono vittoriosi dei demoni (Homil. II)». Generose lotte, mirabili combattimenti, nei quali le virtù trionfano e sono coronate! Tertulliano per ritrarre i cristiani dagli spettacoli dei pagani, gridava loro: «Vi dilettano le lotte? eccovene in abbondanza. Guardate l\’impudicizia vinta dalla castità, la perfidia superata dalla fede, la crudeltà soggiogata dalla misericordia, la petulanza cedere alla modestia; e questi sono i nostri combattimenti, dai quali usciamo coronati di eterni allori (De Spectac.)».
4. VANTAGGI DELLE PERSECUZIONI. – «Beati coloro che soffrono persecuzione per la giustizia! disse la Sapienza incarnata; perché di loro è il regno dei cieli. Voi sarete felici quando gli uomini vi malediranno e perseguiteranno, e vi diranno a torto ogni vituperio per causa mia. Rallegratevene e gioite, perché larga mercede ne avrete in cielo» (MATTH. V, 10-12). La persecuzione è dunque, come dice Gesù Cristo medesimo, una delle otto beatitudini da lui proclamate. Ma avvertite che per essere beati bisogna soffrire persecuzione per la giustizia, poiché quelli che patiscono vessazione come ladri, adulteri, assassini, incendiari, cospiratori, sono tutt\’altro che beati; la persecuzione è per loro giusta pena delle colpe, non argomento di merito presso Gesù Cristo. Beati quelli che sono perseguitati. Infatti la persecuzione sofferta per la virtù, per la religione, per la Chiesa, 1° ci allontana dal mondo e ci unisce a Dio; 2° ci rende simili al Redentore perseguitato; 3° ci purga dei peccati; 4° ci onora; 5° ci chiude l\’inferno, ci apre il paradiso: «Segnalata grazia, dice S. Pietro Apostolo, riceve colui che soffre una pena per cagione di Dio, quando pazientemente la sopporti» (I, II, 19). «Se qualche cosa soffrite per la giustizia, voi siete felici» (Id. III, 14). «Rallegratevi di partecipare ai patimenti di Gesù. Cristo, affinché vi rallegriate ancora, colmi di gioia, nella manifestazione della sua gloria. Voi beati se vi oltraggiano per il nome di Cristo; perché quello che è dell\’onore, della gloria, della virtù di Dio e del suo spirito, su di voi riposa» (Id. IV, 13-14). S. Ambrogio osserva che la Chiesa, a somiglianza dell\’oro di carato, allorché passa per il fuoco, invece di perderne, acquista fulgore (Serm. VII).
Si legge nella Sapienza: « Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, e la morte non può intaccarle. Allo sguardo degli stolti pare che muoiano, e il loro fine è stimato afflizione, e \’la dipartita loro da questo mondo un annientamento; ma essi riposano in pace. E se innanzi agli uomini soffersero tormenti, la speranza loro si appoggia all\’immortalità. La loro pena è stata leggera, ma grande sarà la ricompensa, perché Dio li ha provati e trovati degni di sé. Sì, li ha provati come oro nel crogiuolo, e li ricevette come olocausto; e a suo tempo saranno consolati. Fiammeggeranno come fuoco appresosi ad arido canneto; giudicheranno le nazioni, domineranno i popoli, ed il loro Signore regnerà in eterno» (Sap. III, 1-8).
La parola persecuzione, persecutio, viene dal verbo perseguire, che vuol dire tener dietro, perché la persecuzione segue, non precede l\’uomo pio; essa lo segue da vicino, ma non lo avanza per attraversargli la strada; lo incalza anzi a raggiungere la mèta. La tribolazione al contrario, che non si deve confondere con la persecuzione, cammina dinanzi ai malvagi e li arresta nella via che conduce alla felicità. «Il valoroso atleta di Gesù Cristo, scrive S. Ambrogio, è provato con gli oltraggi, con i travagli, con i pericoli, affinché riesca degno di cingere la corona di giustizia. Chi è dagli uomini perseguitato e ferito è da Dio copiosamente rimunerato (Offic. I. III, c. III)». Meditiamo quelle parole del Crisostomo: «Nel vostro combattimento, il Signore esce con voi in campo, con voi e per voi combatte, e intanto lascia a voi l\’onore della vittoria. La vostra battaglia è la battaglia di Dio, il vostro combattimento è il combattimento di Cristo. Ora perché avrete voi timore? Perché vi prenderà lo spavento? Forse per vostra virtù uscirete vincitori? Ah! brandite le armi, uscite al combattimento; battetevi da forti, affinché il braccio dell’invincibile sia con voi nella tenzone (Homil. ad pop.)».
«Bisogna essere pronti, dice S. Agostino, a soffrire tutto quello che a un mondo cieco e pazzo piace di farci soffrire; la perdita dei beni, l\’esilio, le catene, la tortura, i tormenti, gli aculei, le belve, le fiamme, le croci, ogni genere di morte. Dio toglie sopra di sé l\’incarico di ricompensarci» (Sentent. CCLXXII). «E sapete perché, dice S. Cipriano, il Signore ha voluto che noi stiamo lieti e contenti nelle persecuzioni? Perché allora i soldati di Cristo sono provati, le corone della fede sono distribuite, i cieli si aprono ai martiri. Mentre combattiamo, Dio, gli Angeli, Cristo Gesù ci guardano. Che gloria, che dignità, che onore combattere sotto gli occhi di Dio, ed essere coronati da Gesù giudice del combattimento! (Lib. IV, Epist. VI)».
5. MEZZI PER TRIONFARE DELLE PERSECUZIONI. – l° Si trionfa di ogni persecuzione e di luoghi tormento con la pazienza e con la morte. I persecutori si possono paragonare alle cantaridi; al pari di esse recano disagio e patimento, ma purificano… 2° Non bisogna temere i persecutori. Essi procurano la salute e la gloria degli innocenti perseguitati; mentre coprono se stessi d\’ignominia e lavorano alla propria rovina. Il loro potere non si estende che sul corpo e su la vita presente; l\’anima e l\’eternità stanno infinitamente al di sopra di loro. Perciò Gesù ci avverte di non temere punto quelli che uccidono il corpo, ma contro l\’anima non possono fare nulla;. ma piuttosto di avere gran paura di colui il quale può perdere il corpo e l\’anima nel fuoco eterno (MATTH. X, 28). 3° Bisogna vincere; ora non si può vincere senza combattimento, non si può menare trionfo se non si ha guerreggiato, dice il Crisostomo, il quale perciò ci esorta a considerare il patto che abbiamo giurato; le condizioni alle quali abbiamo consentito; la milizia a cui ci siamo arruolati (Homil. XI). 4° Conviene pesare su la bilancia la brevità delle persecuzioni, e la durata della corona e della gloria.