1. Che cosa è la perfezione.
2. Gradi della perfezione.
3. Felicità e ricchezze della perfezione.
4. Mezzi per arrivare alla perfezione.
1. CHE COSA È LA PERFEZIONE. – «Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste», dice Gesù Cristo (MATTH. V, 48). «Siate perfetti» – ripete il grande Apostolo (II Cor XIII, 11). Ma che cosa è questa perfezione, e in che consiste? Consiste primieramente nell\’imitare Gesù Cristo: «Chi dice di essere in Gesù Cristo, deve camminare per la via per cui ha camminato Gesù Cristo» (I IOANN. II, 6). In secondo luogo, consiste nel far vivere Gesù Cristo in noi, e nel vivere noi solamente di Gesù e per Gesù. Lo dice S. Paolo il quale certamente viveva secondo là perfezione: «Io vivo, ma non già io, ma è Gesù che vive in me; perché tutto il mio vivere sta in Gesù Cristo» (Gal II, 20), (Philipp. I, 21).
Un dotto, avendo incontrato un mendicante, gli domandò: Donde ne vieni tu? – da Dio, rispose l\’accattone. – Dove hai imparata così grande sapienza? – L\’ho trovata là dove ho abbandonato tutte le creature. – Chi sei tu? – Io sono re. – Dov\’è il tuo regno? – Nell\’anima mia: perché ho imparato a governare i miei sensi esteriori ed interiori, affinché tutti gli affetti e le potenze tutte dell\’anima mia mi stiano soggette. – Chi ti ha guidato a questa perfezione? – Il mio silenzio, le mie preghiere, le mie meditazioni, la mia unione con Dio. Io ho lasciato tutto ciò che non è Dio, ed ho trovato il mio Dio, e godo in lui pace e riposo continuo (TAULERO, p. 685). Ecco la perfezione.. .
La perfezione dell\’uomo, secondo Sant\’Agostino, sta nel riguardarsi come imperfettissimo. «Non essere mai contento, dice questo santo Padre, di quello che sei, se vuoi arrivare a quello che non sei; poiché dal punto in cui ti compiaci di te stesso, ti arresti; se poi tu dici: basta, allora sei perso (Serm. L, de Tempo)». La perfezione consiste nel progredire di virtù in virtù, fino a che si arrivi alla casa di Dio (Psalm. LXXXIII, 7); cosicché, come spiega S. Giovanni, chi già è giusto, si studi di divenirlo di più; chi già è santo, diventi più santo (Apoc. XXII, 11). Di questo abbiamo un bell\’esempio nel giovinetto Gesù a cui lode nota l\’Evangelista, che cresceva del continuo in saggezza, come in età, e in grazia presso Dio e presso gli uomini» (Luc. II, 52).
La vera perfezione dei giusti è di non mai presumere di essere tali, perché loro non succeda che non continuando la loro via, non corrano il pericolo di cadere là dove cesserebbero di avanzare… La perfezione è un\’eroica generosità, una grande e costante applicazione a progredire in tutte le virtù, a praticare le opere meravigliose ch\’esse inspirano. Perciò dobbiamo imitare, in certo senso, l\’avaro; come questi non è mai sazio di oro, così noi non siamo mai sazi di grazia, di virtù, di buone opere. Voi conservate benissimo ciò che avete acquistato, se lavorate sempre ad accumulare. Quello che possedete andrà via scemando a misura che cessate di acquistare. S. Marciano, incontratosi con un cacciatore, gli domandò: Che cosa fate voi? – E questi: Caccio lepri e cervi, come vedete, e li perseguito finché li ho presi. Anch\’io, riprese il Santo, corro dietro a Dio, e non cesserò da questa caccia divina, finché non l\’abbia preso e me ne sia impadronito per sempre (Ha THEODORETUS in Philotet.).
Il cuore dell\’uomo perfetto cerca sempre di ascendere, dice il Profeta (Psalm. LXXXIII, 6); il Savio paragona la vita dei giusti al sole levante che si avanza e cresce finché sia giunto al meriggio (Prov. IV, 18). «Felice colui, esclama S. Gerolamo, che ogni giorno avanza; che non considera quello che ha fatto di bene ieri, ma pensa quello che deve fare quest\’oggi per avanzare. Il santo è sempre disposto ad ascendere, il peccatore a discendere; e quindi siccome l\’uomo perfetto si perfeziona ogni giorno più, così l\’uomo peccatore discende e decresce ogni giorno (In Psalm. LXXXIII)». S. Agostino chiama perfetto l\’uomo, quando lavora tutta la sua vita a tendere verso l\’immutabile, eterna vita, e che vi si adopera con tutto l\’animo (De doctrina christ., C. XXII).
«Ogni allievo che alla scuola di Gesù Cristo non avanza è indegno, dice S. Bernardo, del suo insegnamento. La vera virtù non conosce confine; non è limitata da tempo; non dice mai basta, ma ha sempre fame e sete della giustizia, di modo che se sempre vivesse, sempre per quanto sta da lei, si sforzerebbe di divenire più giusta; s\’ingegnerebbe a tutto potere di andare dal perfetto al sublime della perfezione. Infatti essa non si è già dedicata al servizio di Dio per un dato tempo, come un servo ordinario, ma gli si è consecrata per sempre. Ecco come parla il giusto: Signore, io non dimenticherò mai la vostra legge salutare, perché voi mi santificate per mezzo suo. La perfezione non è per il tempo, ma per l\’eternità. La continua fame del perfetto merita di saziarsi eternamente. E sebbene il tempo le ponga ben tosto fine, essa ha tuttavia compiuto un lungo spazio di tempo, mediante la continua pratica della virtù» (Epl. CXLII).
«Per quanto lunga sia la nostra carriera, scrive S. Agostino, per quanti passi si siano fatti nella via della perfezione, nessuno non dica mai: questo mi basta, io sono giusto. Chi così parlasse o pensasse, rimarrebbe per via e non toccherebbe la mèta. Ecco che cosa dice l\’Apostolo: Fratelli miei, io non mi credo di aver già terminato la corsa. Egli corre del continuo, e voi vi arrestate! egli si stima ancora imperfetto, e voi vi vantate della vostra giustizia!» (Serm. XV de Verbo Apost.). «Deh per carità! aggiungete sempre, camminate sempre, avanzate sempre. Meglio e più presto cammina lo zoppo che tiene la via, che non colui il quale corre fuori di strada (Serm. XV, de Verbo Apost.)». «No, non è perfetto colui il quale non desidera di essere sempre più perfetto; e si mostra più perfetto colui che tende sempre a maggiore perfezione (Epistola XXXIV, ad Dragon.)». «Il non andare innanzi, dice S. Bernardo, è senza dubbio un indietreggiare. Correte pure quanto volete, ma se non correte fino alla morte, non ottenete il premio del vincitore (Epistola CCLIV, ad Garrinum)».
Ecco un abbozzo della perfezione cristiana, tracciato da S. Cipriano: «L\’umiltà nel tratto, la stabilità nella fede, la riservatezza nelle parole, la giustizia nelle azioni, la castigatezza nei costumi; non mai fare ingiuria, sopportare quelle che ci si fanno, mantenere la pace e l\’unione con tutti, amare Dio come un padre, temerlo come un giudice, preferire Gesù Cristo a ogni altra cosa, come egli ha preferito noi a tutto; unirci inseparabilmente alla sua carità, stringerci con coraggio, confidenza e perseveranza alla sua croce; quando si tratta del suo nome e del suo onore, mostrare costanza nei discorsi per confessarlo, fiducia nelle prove, pazienza nei patimenti e nella morte per arrivare alla corona; fare tutto questo è voler essere coeredi di Gesù Cristo, è un adempire il precetto di Dio, è un fare la volontà del Padre celeste» (De Orat. domin.).
In verità, diceva S. Macario, chi tiene il disprezzo in conto di lode, la povertà stima tesoro, la fame ha in luogo di eccellente alimento, non muore giammai (Vit. Patr.).
2. GRADI DELL4. PERFEZIONE. – A coloro che tendono alla perfezione, S. Giovanni Climaco assegna per lezione queste pratiche: «L\’obbedienza, il digiuno, il cilizio, la cenere, le lacrime, la confessione, il silenzio, l\’umiltà, le vigilie, il coraggio, il freddo, il lavoro, le prove, il disprezzo, la contrizione, l\’oblio delle ingiurie, la carità fraterna, la dolcezza, la fede semplice senza curiosità, il disprezzo del mondo, la rinunzia ai parenti, il distacco da ogni cosa, la semplicità congiunta all\’innocenza, la brama di essere dimenticato». Più alte opere prescrive a quelli che già sono avanti nella perfezione. La vita di costoro, egli dice, sta nel trionfare della vanagloria e dei moti inconsulti dell\’animo, nello sperare fermamente la salute; nel riposo dell\’anima, nella discrezione, nel ricordo ben radicato e continuo del giudizio finale, nella misericordia, nell\’ospitalità, nella modesta correzione, nella preghiera. Quelli finalmente che sono giunti alla perfezione, vuole che abbiano il cuore libero di ogni impedimento, posseggano carità perfetta, umiltà profondissima, siano interamente morti al mondo e tutti assorti in Gesù Cristo, attendano con fervore alla contemplazione, ricevano tutti i lumi celesti, desiderino la morte, odiino la vita, fuggano del continuo il proprio corpo (Grad. XXVI).
Bisogna tendere alla perfezione di Dio medesimo. Consumata perfezione, altissima elevazione è l\’imitazione di Dio. «E giacché imitarlo non ci è dato, come avverte S. Gerolamo, nella potenza, nella magnificenza, nell\’eternità e in altri simili attributi; possiamo almeno imitarlo da lontano nella dolcezza, nell\’umiltà, nella carità, nella purezza, nella santità» (Epist.). «Bisogna imitare, dice S. Tommaso, l\’immutabilità di Dio con la costante uguaglianza d\’animo così nelle prosperità, come nelle avversità; la sua prescienza, con la previdenza dei fini ultimi; la sua veracità, la sincerità, la pazienza, la clemenza, l\’obbedienza, la carità sua» (4 q. II, art. 7).
«Chi è colei che si avanza come l\’aurora nascente, bella come la luna, splendida come il sole?» (Cantic. VI, 9). Chi è colei che si leva come aurora nascente? ecco l\’anima che comincia la sua perfezione… Bella come la luna; ecco l\’anima che avanza in perfezione… Splendida come il sole; ecco l\’anima arrivata. all\’apice della perfezione. Quello che qui è indicato sotto figura, viene chiaramente spiegato dallo Spirito Santo nel libro della Sapienza, dove si legge: «Il principio della sapienza è il vero, il sincero desiderio della regola; la cura della regola diviene il suo amore; l\’amore della sapienza porta all\’osservanza delle sue leggi; l\’osservanza delle leggi mette alla consumazione della santità; e la santità avvicina, anzi unisce l\’uomo a Dio» (Sap. VI, 13-20).
«La scala della perfezione consta di due bracci e di dodici scalini, scrive S. Bernardo. Il braccio a destra è il disprezzo di se stesso fino all\’amore di Dio; quello a sinistra significa il disprezzo del mondo fino all\’amore del regno celeste. I dodici scalini, sono: 1° l\’odio del peccato…; 2° la fuga del peccato…; 3° il timore dell\’odio di Dio…; 4° la soggezione al Creatore in ogni cosa…; 5° l\’obbedienza al proprio superiore…; 6° la sommissione al proprio uguale…; 7° la condiscendenza verso l\’inferiore…; 8° mettersi nell\’ultimo luogo…; 9° meditare incessantemente il proprio fine…; 10° sempre temere delle proprie opere…; 11° confessare umilmente i propri pensieri…; 12° lasciarsi condurre in tutto dalla mano di Dio, secondo il suo volere… Per questa scala discendono e ascendono gli angeli, e gli uomini montano al cielo» (Serm. in Cant.).
La perfezione, dice S. Basilio, è una scala al cui sommo è la carità e i cui scalini sono formati da altrettante rinunzie. 1° Rinunziare alle cose terrene…; 2° obliarle interamente…; 3° detestarle, disprezzarle come fango…; 4° spogliarsi dell\’attaccamento al prossimo, agli amici…; 5° odiare l\’anima propria per Gesù Cristo…; 6° rinunziare alla propria volontà, al proprio giudizio…; 7° mortificare incessantemente le proprie voglie per adempire quello che ha detto Gesù Cristo: «Chi vuole venire dopo me, rinunzi a se medesimo, prenda la sua croce, e batta le mie orme» (MATTH. XVI, 24)…; 8° seguire Gesù e da lui imparare l\’umiltà e la mitezza…; 9° amare in ogni caso ed efficacemente il prossimo, compresi i propri nemici…; 10° abbracciarsi a Dio, e formare con lui un solo spirito (In Psalm.). Questa scala poggia alla casa di Dio, alla porta del cielo.
Cassiano scrive: «L\’ordine, secondo il quale voi potrete con tutta facilità ascendere alla cima della perfezione, è il seguente: Il cominciamento della salute e della sapienza è il timore di Dio; dal timore del Signore nasce la compunzione salutare; dalla compunzione del cuore deriva la rinunzia, il distacco, il disprezzo di ogni umano desiderio; da questa negazione nasce l\’umiltà; l\’umiltà genera la mortificazione della volontà; con la mortificazione della volontà si schiantano o si recidono le radici di tutti i vizi; estirpati i vizi, le virtù attecchiscono, crescono, fioriscono, fruttificano; mediante la nascita, l\’accrescimento e l\’impero delle virtù, si acquista la purezza del cuore; per mezzo della purità del cuore si arriva al possesso della perfetta carità» (Institut.).
3. FELICITÀ E RICCHEZZE DELLA PERFEZIONE. – S. Paolo, che era perfetto, così descrive ai Corinzi le meraviglie, le ricchezze, gli stupendi, frutti della sua perfezione: «Ci diportiamo in tutto come ministri di Dio, con molta pazienza, nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angustie, nelle battiture, nelle prigioni, tra le sedizioni, nelle fatiche, nelle vigilie, nei digiuni; con la castità, con la scienza, con la longanimità, con la mansuetudine, con lo Spirito Santo, con la carità non simulata; con la parola di verità, con la virtù di Dio, con le armi della giustizia a destra e a manca; per mezzo della gloria e dell\’ignominia, dell\’infamia e del buon nome; come seduttori, eppur veraci; come ignoti, ma pure conosciuti; come moribondi, ed ecco che siamo vivi; quasi melanconici, e pure sempre allegri; quasi mendichi, ma che molti facciamo ricchi; quasi privi di tutto, e possessori di ogni cosa» (II Cor. VI, 4-10).
S. Gregorio Nazianzeno dice dei perfetti: «La loro vita è la ricchezza nell\’indigenza, l\’abbondanza nella penuria, la gloria nel disprezzo, la pazienza nell\’infermità, un\’ammirabile famiglia nel celibato (la famiglia delle virtù); il disprezzo delle delizie fa la loro
delizia; abbracciano l\’umiltà, per guadagnare il regno celeste; niente posseggono nel mondo, e ne sono i padroni; vestiti di carne, vivono come se non l\’avessero; hanno Iddio per loro porzione e vivono in assoluta inopia per la speranza del regno, e questa povertà completa li fa regnare su tutte le cose» (Orat. I, de Pace).
Le opere delle persone perfette toccano all\’eroismo: eroica è la vittoria sopra di se medesimi; eroica la loro vittoria su l\’inferno, su le passioni; eroico è il modo col quale superano le difficoltà, vincono gli ostacoli che per l\’ordinario si oppongono all\’acquisto delle virtù; eroici gli sforzi che fanno per compiere imprese nobili ed ardue. In virtù degli sforzi che facciamo per arrivare alla perfezione, noi diventiamo, dice il Nazianzeno, tanto più terribili ai demoni, quanto più ci avviciniamo a Dio (Orat. I, de Pace).
«I raggi del sole; scrive Seneca, toccano sì la terra, ma stanno là donde vengono (Epist. XLI)». Così è dei perfetti: splendono su la terra, l\’illuminano con la loro castità; ma essi dimorano nel cielo, e i raggi di luce che spargono su l\’universo partono da Dio medesimo. E poi i perfetti sono i soli veramente felici, e nel tempo e nell\’eternità, perché praticano tutte le virtù le quali soltanto recano. la vera felicità; praticano tutto ciò che dà le otto beatitudini predicate da Gesù Cristo. Stanno bassi ed umili, e Gesù ha detto: beati i poveri di spirito, perché il regno dei cieli è per loro. Sono tutto bontà e dolcezza, e Gesù ha detto: beati i miti, perché possederanno la terra; la terra del loro corpo, la terra dei viventi. Essi piangono; e nel Vangelo sta scritto: beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Non hanno altra brama che di santificarsi, e Gesù ha detto: beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Chi più di loro ha viscere di carità, di umanità, di compassione verso il prossimo? e Gesù ha detto: beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. Sono angeli di purità: beati quelli che hanno il cuore puro, perché vedranno Dio. Sono pacifici: beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Soffrono con pazienza le afflizioni, gli insulti, i disprezzi, le croci, le persecuzioni; beati quelli che patiscono persecuzione per la giustizia, perché di loro è il regno dei cieli (MATTH. V, 5-10).
4. MEZZI PER ARRIVARE ALLA PERFEZIONE. – Il l° mezzo per arrivare alla perfezione è di fare quello in cui consiste la perfezione; cioè l\’imitazione di Dio e di Gesù Cristo, secondo l\’esortazione di S. Paolo: «Siate imitatori di Dio come figli carissimi, e camminate nell\’amore, come Cristo ci ha amati» (Eph. V, 1-2).
2° S. Egidio, discepolo di S. Francesco, diceva: «Volete voi vederci bene? siate cieco. Volete udire bene? siate sordo. Volete parlare bene? siate muto. Volete camminare bene? tagliatevi i piedi. Volete lavorare bene? recidetevi le mani. Volete amarvi sinceramente? odiatevi. Volete vivere lietamente? mortificatevi. Volete molto guadagnare? perdete tutto. Il modo di divenire ricco sta nell\’essere povero. Il segreto per vivere felice e tra le delizie consiste nell\’affliggervi e nel punirvi. Desiderate di essere tranquillo e sicuro? state sempre nel timore. Vi piace essere innalzato? abbassatevi. Volete gli onori? disprezzatevi e onorate quelli che vi spregiano. Se amate avere il bene, sopportate il male. Se amate stare in riposo, occupatevi. Se amate essere benedetto, desiderate di essere maledetto. Grande sapienza e sublime perfezione è saper praticare queste cose! E appunto perché queste cose sono grandi, gli insensati non vi arrivano» (Lib. I, pag. 65).
3° Importa sapere ed essere persuasi, l° che siamo molto lontani dalla perfezione; 2° attendere ogni giorno ad avanzare in perfezione; 3° avere insaziabile brama di divenire perfetti; 4° tenere del continuo fisso lo sguardo sul valore della celeste vocazione di Dio, su la palma promessa al vincitore. Per toccare alla perfezione, per meritare la corona, mezzo sovra ogni altro efficace è di esaminarci seriamente, soprattutto sul peccato in noi dominante, e perciò non mai dimenticare l\’esame quotidiano della propria coscienza; conosciuto il peccato radicale o dominante, sforzarsi a distruggerlo. «Avanzate, dice San Agostino, entrate schiettamente con voi stessi in giudizio senza adularvi e lusingarvi. Poiché non vi è dentro di voi una persona in faccia a cui dobbiate arrossire o possiate vantarvi; ma vi è uno a cui piace l\’umiltà. Questi vi provi, e provatevi voi medesimi (Sentent.)».
4° Fate tutto a maggior gloria di Dio: «Una piccola cosa ben fatta, diceva già Platone, vale molto meglio, che non molte grandi e illustri, fatte alla meglio (Lib. de Repub.)». Tutto ciò che è ben fatto è grande; ma non tutto quel che è grande è ben fatto: e quando non è ben fatto, quello che è grande diventa piccolo. Le piccole cose ben fatte, guidano alla perfezione; le grandi, spacciate trascuratamente, conducono all\’imperfezione. «L\’esercizio di funzioni sante non prova la santità, nota S. Cipriano; per ciò bisogna che si compia santamente quello che è santo (Serm. in Evang.)». Lodate Iddio ogni giorno, dice S. Agostino; e voi lo loderete ogni giorno, se fate bene tutto quello che fate (Sentent.)».
Portatevi adunque, o atleta di Gesù Cristo, in modo che possiate dire con S. Paolo, il più mirabile degli atleti: «Io ho combattuto nel buon arringo, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Del resto aspetto la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi darà in quel giorno; né solo a me, ma anche a tutti quelli cui sta a cuore la sua venuta» (II Tim. IV, 7-8). La vita è breve, poco lunga è la corsa, eterna ed immarcescibile la corona… Nel levarvi il mattino, pensate e dite con S. Antonio: «Ho cominciato quest\’oggi a
correre; solo oggi ho cominciato a servire Dio; può essere che finisca in questo giorno la mia corsa e il mio servizio. Or bene, io, vivrò come se avessi da morire quest\’oggi; correrò come se oggi dovessi terminare la mia corsa. Poiché il tempo della corsa non è lungo, e lungo cammino mi resta a fare per giungere al cielo, correrò di carriera e con tutte le forze (Vit. Pat. 1. I).
Altri mezzi eccellenti per arrivare alla perfezione sono: il pensiero della presenza di Dio; la conformità al suo volere; un\’umiltà profonda; un assoluto distacco da ogni cosa: ritirarsi in fondo all\’anima, studiarvi gli ostacoli alla virtù e rimuoverli decisamente; fermare la mente in Dio; professare una rassegnazione assoluta; disprezzare tutto e desiderare di essere disprezzati da tutti… «Sopportate e astenetevi, dice Tertulliano; chi osserverà questi due punti, vivrà senza peccato, e sarà felice (Ad Martyr.)».