11. Castighi di chi non perdona.
12. Lasciamo a Dio la cura di vendicarci.
13. Bisogna perdonare sempre.
14. Bisogna fare i primi passi per la riconciliazione.
15. Motivi che obbligano a perdonare.
16. Bisogna perdonarsi a vicenda.
17. Pretesti per non perdonare.
18. Maniera di vendicarsi nobilmente.
19. Diversi gradi nell\’amore dei nemici.
11. CASTIGHI DI CHI NON PERDONA. – Chi insulta, e chi non sa tollerare l\’insulto sono ambedue tormentati e straziati dall\’ingiuria, dalla collera, dalla gelosia, dal rancore, dai disegni di vendetta, dal demonio: sono in abominio a Dio ed agli uomini… I pensieri dell\’uomo incollerito per offesa, vengono da S. Gerolamo rassomigliati al parto della vipera che rode le viscere della madre (Epist.). «Non volendo umiliarsi, dice S. Agostino, essi vogliono vendicarsi, come se il male altrui potesse giovare a qualcuno. Chi si sente offeso desidera la vendetta; ma mentre cerca un sollievo alla sua pena nell\’altrui male, attira sopra di sé un grave tormento. Voi pensate che sia un qualche gran fatto il vendicarsi di un nemico; ma se volete vendicarvene ad ogni modo, non vi scagliate sopra di lui, ma sopra la vostra collera, perché questa è vera vostra nemica, è essa che uccide l\’anima vostra. Perciò dovete pregare Iddio, affinché uccida non il nemico, ma l\’inimicizia vostra; questa è santa vendetta (Serm. XLI)».
Il vendicarsi assaporando un piacere crudele è un imitare i demoni, i quali ci fanno tutto il male che possono, per pura malvagità. Ma come il vano piacere che gustano nel perseguitarci e nel renderci infelici non mitiga per nulla i loro supplizi, così la gioia che il vendicativo prova nell’odio e nella vendetta, non allevia i suoi mali e i suoi tormenti, anzi li aumenta e rincrudisce:.. Non vi sono uomini più infelici di quelli che non vogliono perdonare. La vista del loro nemico li rattrista, il pensare a lui li dilania. Se odono alcuno che lo loda, o ne mostra stima, o gli porge aiuto, essi ne ammalano d\’invidia e di furore; se lo vedono fortunato, la prosperità del nemico è un coltello che li trafigge nel cuore. Non godono mai un istante di riposo; la loro coscienza li morde, i loro misfatti stanno sempre dinanzi ai loro occhi, la giustizia di Dio li perseguita, l\’immagine del loro nemico li accompagna, l\’odio e la pubblica indignazione li segue; i demoni li attorniano; essi medesimi non cessano dal tribolarsi; insomma, trovano l\’inferno quaggiù in terra: «Chi cerca di tormentare il suo prossimo, dice il Crisostomo, non gli fa nessun male, mentre prepara a sé un tesoro di tormenti che mai non finiranno. I fratelli di Giuseppe che cosa ottennero con la loro invidia e persecuzione? Colmarono lui di gloria, e sé d\’ignominia (In psalm.)».
12. LASCIAMO A DIO LA CURA DI VENDICARCI. – «Non vendicatevi da voi medesimi, o carissimi, scriveva il grande Apostolo ai Romani, ma lasciate fare alla collera di Dio; perché sta scritto: A me sta la vendetta, ed io saprò compirla, dice il Signore» (Rom. XII, 19). «Ma se il vostro nemico ha fame, voi cibatelo, continua l\’Apostolo, se ha sete, dategli da bere; perché ciò facendo accumulerete sul suo capo carboni ardenti» (Id. 20). Lasciate fare alla collera di Dio, cioè, tenetevi in silenzio, cedete all\’uomo infuriato, soffrite pazientemente le sue offese, perdonategli, dilatate il vostro cuore, sì che v\’entri la carità, e se il vostro nemico non profitta dell\’esempio che gli date, avrà da rendere conto a Dio della sua condotta.
«A me appartiene la vendetta e la ricompensa», aveva già detto Iddio nel Deuteronomio (XXXII, 35); non pare di un pagano, ma di un cristiano quel consiglio di Platone: «Qualunque cosa tu abbia sofferto, non devi mai vendicartene con ingiurie e con insulti» (De Legib.). Anche il Savio ci ammonisce di non mai dire: «io mi vendicherò, ma di aspettare il Signore, il quale ci libererà» (Prov. XX, 22). Non dite né col pensiero, né con la voce: Io mi vendicherò; perché rendere male per male non è atto di giustizia, ma di vendetta; atto proibito dal diritto e da tutte le leggi. Bisogna respingere l\’ingiuria con lo scudo della pazienza, non col dardo della vendetta… Aspettate il Signore, ed egli vi libererà. Questo significa che l\’offeso deve desiderare la sua liberazione, non il castigo del provocatore. Vuol anche dire che l\’uomo insultato, ferito, non deve ricorrere agli amici, né alle armi, né a se stesso, ma a Dio; non vedere altri che Dio, in lui solo confidare e da lui ottenere la sua liberazione. Deve abbracciare con tutto l\’animo la croce, e applicarla alle sue ferite, come rimedio salutare. Gesù è sempre pronto a correre in soccorso dell\’afflitto che lo invoca. Il Salmista diceva: «Come servo che tiene fisso lo sguardo sul padrone, come ancella che non leva mai l\’occhio dalla persona della sua signora, casi gli occhi nostri guardino il Signore nostro Iddio, finche abbia pietà di noi» (Psalm. CXXII, 2). Ah sì, guardiamo Gesù, quando ci sentiamo offesi, non leviamogli più gli occhi di dosso, ed egli ci darà la grazia della pazienza e prenderà le nostre difese. Facciamo tesoro di quel detto del Savio: «Quando un vostro nemico cade, non rallegratevi della sua caduta. Non dite: gli farò quello che si merita, lo ripagherò di sua moneta» (Prov. XXIV, 17, 29).
13. BISOGNA PERDONARE SEMPRE. – «Accordatevi prontamente col vostro avversario mentre siete per via con lui, dice Gesù Cristo; affinché non vi accada che egli vi consegni al giudice e voi finiate in prigione. Da questa, vi assicuro, più non uscirete se non dopo aver pagato fin l\’ultimo centesimo» (MATTH. V, 25-26).
Ammaestrato da Cristo, S. Paolo scriveva agli Efesini: «Guardate che il sole non tramonti su la vostra collera» (Eph. IV, 26). Queste parole indicano che bisogna prontamente reprimere i moti di collera e che il perdono delle ingiurie si deve dare subito. Non tramonti il sole, vuol anche dire, non scompaia Gesù Cristo che è il vero sole, prima che voi abbiate perdonato… Dice S. Agostino: «Non tramonti il sole su la vostra ira, affinché Gesù non si ritiri dalla vostra anima; perché il Cristo non vuole abitare sotto lo stesso tetto insieme con l\’ira. Scacciate il rancore dal cuore, prima che volga al tramonto questa luce visibile, per timore che non vi abbandoni Gesù, luce invisibile (In psalm. XXVI)».
Né dobbiamo perdonare una sola volta o due o dieci o cento, ma tutte le volte che siamo offesi, come insegnò Gesù Cristo a Pietro: In fatto di perdono da concedersi al fratello che ti ha offeso, non ti dico di perdonargli sette volte, ma settanta volte sette (MATTH. XVIII, 22).
«Non lasciatevi vincere dal male, ma vincete il male col bene», scriveva S. Paolo ai Romani (XII, 21). E S. Agostino commenta: «Non trionfa del male col bene chi è buono soltanto in apparenza, ma nell\’interno è malvagio; chi non trascorre a fatti odiosi, ma mastica fiele nel cuore; chi ha la mano mite, ma la volontà crudele (Sent. CCXL VII)». Tale è l\’uomo che cela per ipocrisia il suo rancore e il suo desiderio di vendetta. Il perdono che non parte dal cuore vale quanto il pentimento che si tiene a fior di labbra… Il perdono deve esistere nel cuore e manifestarsi nel medesimo tempo all\’esterno con la riconciliazione. Il perdono esteriore è richiesto per l\’edificazione del prossimo; il perdono interiore per soddisfare a Dio che scandaglia i cuori: Dio esige l\’uno e l\’altro. Perdonare interiormente, senza voler perdonare esteriormente, è uno scandalo; perdonare esteriormente, senza perdonare di cuore è un\’impostura. S. Agostino dice: «Vi sono molte specie di opere di misericordia, le quali, messe da noi in atto, ci aiutano a ottenere il perdono delle nostre colpe; ma non ve n\’è nessuna più efficace che quella di perdonare di vero cuore le ingiurie ricevute (Serm. CCIII, de Temp.)». Chi invece nasconde nel suo cuore il ricordo delle offese, somiglia, al dire di S. Efrem (De Tim. Dei), a chi si alleva in seno un serpente; più danneggia se stesso che gli altri.
14. BISOGNA FARE I PRIMI PASSI PER LA RICONCILIAZIONE. – «Se mentre stai per offrire il tuo dono all\’altare, ti ricordi che qualche motivo di mal animo ha contro di te tuo fratello, lascia, dice Gesù Cristo, il dono dinanzi all\’altare; va a riconciliarti con lui, e poi vieni e compi l\’offerta» (MATTH. V, 23-24). Notate come Gesù non dice: Se hai del rancore contro il prossimo, deponilo; ma se tuo fratello ha qualche amarezza con te, va tu il primo a scongiurarlo che la deponga. Va prima di fare l\’offerta del tuo cuore e della tua preghiera a Dio, prima di entrare nel luogo santo, prima di confessarti, o comunicarti… Cecità e disgrazia è non cercare di riconciliarsi, e non essere anche i primi a tentarne la prova.
Ai mondani, sepolti nelle tenebre dell\’errore, sembra una degradazione il fare i primi passi per riconciliarsi con un nemico; ma sbagliano, perché non vi è cosa tanto onorevole e gloriosa quanto il compire un atto di virtù eroica, qual è quello di cui si tratta. Ecco perché colui il quale, senza badare se egli sia il meno colpevole, od anche non essendolo punto, va il primo all\’incontro del suo nemico e lo invita alla pace, è senza dubbio uomo rispettabile, generoso, nobile, magnanimo. Vincitore della collera e dell\’odio, si merita elogi, gloria, ricompensa; perché scaccia i pensieri e rovescia i disegni ostili che esistevano in lui e nei suoi avversari. Egli imita la divinità; difatti Iddio infinitamente grande, e al quale sono dovuti tutti gli onori, le lodi e le glorie, non previene egli forse con la grazia i peccatori suoi nemici? Non li avverte, non li sollecita forse a riconciliarsi con lui e ad accettare il suo perdono? Non ha forse egli per questo fine mandato su la terra l\’Unigenito suo Figlio Gesù Cristo, secondo quella frase di S. Paolo: «Dio era nel Cristo per riconciliare a sé il mondo»? (II Cor, V, 19). Così Dio, col proprio esempio, rese onorato e glorioso l\’atto di riconciliarsi col nemico e di fare perciò i primi passi. Non fu Gesù Cristo il primo ad andare incontro a Giuda che veniva a lui per tradirlo e consegnarlo ai carnefici? Non lo chiamò col dolce nome di amico? Chi oserà stimare disonorante quello che un Dio credette per se medesimo onorevolissimo?
Le persone insensate, in cui non è né religione né carità, si figurano che la grandezza d\’animo, l\’onore, la nobiltà di carattere consistano nel mantenersi duri e inflessibili in faccia alle offese ricevute. Inganno gravissimo, condotta da demonio, imitazione di Satana. Per causa della superbia, caparbietà e stupida ostinazione la quale non vuole piegarsi a fare i primi passi, le inimicizie, gli odi, le vendette si perpetuano tra i peccatori nel mondo; nessuno dei due colpevoli consente a chiedere il primo la riconciliazione, molto meno poi il perdono. Anzi è per l\’ordinario il più reo colui che più si ostina a rigettare un procedimento così bello, così onorevole e degno di elogi. Faccia, dite voi, il mio nemico i primi passi ed io gli corro subito incontro; e se il vostro avversario dice lo stesso, voi morrete ambedue senza esservi riamicati, né veduti, né trattati; voi vi partirete dal mondo con l\’odio in cuore, lasciando per ricordo uno scandalo spaventoso; e voi comparirete in tale stato al tribunale di Dio! Ah, voi siete già giudicati, anzi condannati. È questo il caso in cui non uscirete dalle mani del Giudice supremo dei vivi e dei morti, senza avere prima pagato fin l\’ultimo centesimo. Ma non avendo più, né potendo più procurarvi i mezzi per pagare, voi sarete rinchiusi per sempre nel luogo dell\’odio eterno…
Chi è il primo a riconciliarsi mostra un animo liberale, padrone della collera e dell\’odio, dolce e generoso; dirò meglio, celeste e divino. S. Giovanni Crisostomo dice che è un atto di onore e di merito prevenire il proprio nemico, e invitarlo alla riconciliazione, perché è un atto di virtù eroica e bene grandissimo per ambedue. Ora l\’autore di questo gran bene non è già chi è prevenuto e pregato, ma colui che previene e prega il suo nemico di fare la pace e perdonare. Chi fa le prime mosse, dice il santo Dottore, ha tutto il merito e la ricompensa dell\’azione. Infatti qual merito rimane a colui il quale non rinunzia all\’odio ed alla vendetta se non allora che ne è supplicato, e vede l\’emulo o il contendente umiliarglisi innanzi? Esso appartiene tutto a colui che vi ha prevenuti e supplicati. Non per obbedienza a Dio voi avete adempito la legge del perdono, ma facendo alteramente grazia a chi ve l\’ha umilmente dimandata (Homil. ad pop.).
Gesù Cristo è disceso il primo verso di noi, per chiamarci a sé, darci il perdono e riammetterci nella sua amicizia; eppure egli era innocente, e noi siamo colpevolissimi. Dunque è cristiano e seguace di Gesù solamente colui che imita il Salvatore e va il primo incontro al suo nemico… È da animo piccolo e gretto fomentare inimicizie, è al contrario da cuore nobile e grande il cancellarle. Ecco perché Mosè, chiedendo a Dio che perdonasse ai Giudei ribelli, profferì queste notevoli parole: «Si riveli la forza del Signore in tutta la sua gloria, come lo avete giurato quando diceste: Il Signore è paziente e ricco in misericordia; egli cancella le iniquità e i delitti. Perdonate, ve ne scongiuro, il peccato di questo popolo, secondo la grandezza della vostra misericordia» (Num. XIV, 17-19).
15. MOTIVI CHE OBBLIGANO A PERDONARE. – 1° Noi abbiamo oltraggiato molto più sovente e molto più gravemente Iddio, che altri non abbia oltraggiato noi; abbiamo dunque bisogno immenso che Dio ci perdoni… Ma Dio non ci perdonerà, se non a patto che anche noi perdoniamo; dunque dobbiamo perdonare.
2° La nostra fiacchezza. «Non vi è delitto, per quanto enorme, dice S. Agostino, commesso da un uomo, che un altro uomo non possa commettere, se quel Dio che lo ha creato e lo dirige, lo abbandona (Soliloq. c. XV)». Siamo dunque indulgenti con chi manca.
3° La nostra parentela in Adamo e in Gesù Cristo. Ricordiamoci che noi siamo membri gli uni degli altri, dice S. Paolo (Eph.. IV, 25).
Oltre questi motivi, ve ne sono altri i quali devono determinarci a dare il bacio del perdono al nostro nemico. Noi siamo tutti creati a immagine di Dio…, figli di Dio…, riscattati col sangue di Gesù Cristo…, membra di Gesù Cristo…, figli della medesima Chiesa…, fratelli in Adamo, in Gesù, nella Chiesa…, destinati al cielo…, germogliati dal medesimo tronco e tutti mortali; sotto questi due aspetti noi siamo tutti perfettamente uguali…, abbiamo tutti bisogno d\’indulgenza, perché tutti deboli e peccatori…, il precetto di Dio è casi perentorio, chiaro, universale, che non eccettua persona…, la nostra salute e felicità eterna sono poste a questo prezzo.
«Noi facilmente ci adattiamo a sopportare le ingiurie che altri ci fanno, dice S. Gregorio, quando ricordiamo i mali da noi commessi e conosciamo di essercene meritate delle peggiori. Ogni insulto che ci si possa fare è un bel nulla a paragone di quello che meritiamo; perciò dovremmo rispondere agli oltraggi più con la riconoscenza che con l\’ira» (Moral. I. XXXI, c. XVII). Ciascuno deve dire a se stesso con un cuore contrito e umiliato: Io ho offeso Dio mortalmente: mi sono meritato di bruciare per tutta l\’eternità nell\’inferno e di essere beffato, insultato, malmenato dai demoni, e sarò restio a sopportare con rassegnazione questa parola pungente, questo piccolo torto di un mio simile?… Ah se il mondo sapesse quanto infatti io sia colpevole, ben altri oltraggi e insolenze mi direbbe e farebbe… Questo affronto non vale la millesima parte di quello che mi merito.
Vi sono ancora due altri potenti motivi che c\’impegnano al perdono: il primo è la sorte dell\’uomo che non perdona; tormentato nell\’inferno, detestato da Dio, abominato dagli uomini, maledetto dal cielo e dalla terra, fa una triste vita; il secondo è la felicità che gode colui il quale sa perdonare generosamente; egli ha la pace del cuore, la tranquillità della coscienza; è amato ed onorato, benedetto da Dio e dagli uomini; passa anni felici, muore della morte dei giusti, e si assicura il paradiso…
16. BISOGNA PERDONARSI A VICENDA. – «Sia bandita da voi, scriveva S. Paolo agli Efesini, ogni amarezza, e collera, e indignazione, e detrazione, insieme ad ogni malizia. Siate buoni e misericordiosi gli uni agli altri, e perdonatevi a vicenda, come Dio ha perdonato a voi in Gesù Cristo» (Eph. IV, 31-32). O sublime e veramente divina morale! quanto sarebbe felice l\’universo, se fosse osservata!
Lo stesso Apostolo dice ancora: «Siate dunque imitatori di Dio, come suoi figli carissimi; e camminate nell\’amore dietro le orme di Gesù Cristo che ci ha amati, e diede se stesso in oblazione per noi a Dio e in ostia di soave odore (Eph. V, 1 2). Accogliete tutti con carità…, mantenetevi in pace con tutto il mondo… Vi preghiamo di frenare i turbolenti, di confortare i pusillanimi, di sostenere i deboli, di usare pazienza con tutti. Guardate che nessuno renda male per male, ma procurate in tutto il bene gli uni degli altri e di tutti » (I Thess. V, 12-15). Perché offenderci? conchiude il Crisostomo; perché farci scambievolmente la guerra? Non ci è forse ordinato di amarci tutti a vicenda e di amare anche i più accaniti nostri nemici? (Moral.).
17. PRETESTI PER NON PERDONARE. – 1° Io non voglio perdonare… 2° Io non posso perdonare… 3° Sono io l\’offeso… 4° Non ho dato motivo… 5° Il mio onore ne starebbe sotto… 6° Diventerei la favola del paese… 7° L\’ingiuria è troppo enorme… 8° Il mio nemico è cattivo arnese… 9° Se gli perdono, sarà da capo con nuovi insulti… 10° Cerca di togliermi quello che posseggo… 11° Ha attentato alla mia vita… 12° Ha manomesso il mio credito… 13° Sia egli almeno il primo ad aprire trattative… 14° Io gli perdono, ma non voglio né vederlo né parlargli… 15° Gli parlerò, ma serberò in cuore l\’amarezza… Tutti questi pretesti, questi sotterfugi cedono il campo innanzi agli argomenti in contrario più sopra recati.
18. MANIERA DI VENDICARSI NOBILMENTE. – «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi vogliono male, pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano» (MATTH. V, 14). Ecco la vendetta che c\’insegna Gesù Cristo con le parole e con l\’esempio. O bella, o sublime, o divina vendetta! Non diversa da questa è la vendetta che c\’insegna S. Paolo quando dice: «Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; così facendo, radunerai carboni ardenti sul suo capo» (Rom. XII, 20). Il vostro nemico resterà confuso, arrossirà della sua condotta e cambierà modi. Radunerai carboni ardenti sul suo capo, cioè lo circonderai del fuoco della carità e dell\’amore.
Chi obbedisce all\’odio e si vendica, non è vincitore del suo nemico, ma resta vinto. Infatti, secondo l\’osservazione di Tertulliano, chi ci ferisce, lo fa perché ne soffriamo; il frutto che vuole raccogliere dalla sua ferita è il vostro dolore. Quando pertanto voi deludete la sua speranza col non dire una parola di lamento, egli necessariamente patisce di non aver raggiunto la sua mira. E in questa guisa, non solamente voi vi ritraete senza ferita, ma ancora: col piacere di avere ingannato l\’aspettazione del vostro nemico e di esservi preservato da ogni patimento (De Poenit. c. VIII).
Quando si riceve un affronto, bisogna armarsi di pazienza, di calma, di dolcezza, di rassegnazione, di speranza in Dio: con questi mezzi si trionfa dell\’ingiuria, dell\’offensore, di se stesso, del demonio, e in certo qual modo di Dio medesimo al quale si rapiscono le celesti ricompense… Le ingiurie e gli oltraggi si arrestano dinanzi alla dolcezza, dice il Nisseno (Serm. XLII). Come l\’acqua spegne il fuoco, così la pazienza e la bontà smorzano l\’odio e la sete di vendetta. La mansuetudine è per le ingiurie, come un sacco di lana per una palla da cannone. Non così l\’eco, per adoprare la similitudine di S. Basilio, rimanda la voce a chi l\’ha proferita, come l\’ingiuria ritorna a danno di chi l\’ha scagliata, quando trovi nell\’offeso lo schermo della pazienza (Serm. contr. Irascent.). Bisogna pregare Dio, che distrugga non colui che c\’insulta, ma il peccato che risulta dalle sue offese e dal suo odio. L\’amarezza si addolcisce nelle lagrime della carità. Felice e sicura vittoria!
Se volete vivere felici e vendicarvi nobilmente del vostro nemico, fatevi simili, diceva l\’abate Agatone, ad una statua la quale, ingiuriata, non se ne risente; lodata, non ne invanisce (Vit. Patr. 1. VII). S. Doroteo, interrogato del mezzo da adoperarsi per non commuoversi nelle ingiurie, rispose: «Disprezzate voi medesimi, e non patirete turbamento» (Id.). «Sei tu stato ingiuriato? dice il Crisostomo, ti hanno vilipeso? tieni chiusa la bocca; se l\’apri agiterai di più questo vento. Osserva quello che succede in una camera dove stiano aperti due usci opposti, e si levi impetuoso il vento; ben tosto ogni cosa vi è messa sossopra. Chiudine uno e il vento posa. Così anche qui vi sono due porte: l\’una è la tua bocca, l\’altra la bocca di tuo fratello, che t\’insulta (Homil. II, in l ad Thess.)».
19. DIVERSI GRADI NELL\’AMORE DEI NEMICI. – S. Giovanni Crisostomo indica nove gradi nell\’amore dei nemici: il 1°, sta nel non cercare di nuocere…; il 2°, nel non ribattere ingiuria con ingiuria…; il 3°, nel mantenersi calmo…; il 4°, nel non sottrarsi agli insulti…; il 5°, nell\’essere disposto a ricevere un affronto più grave di quello che si patisce…; il 6°, nel non odiare chi ci vuol male…; il 7°, nell\’amarlo…; l\’8°, nel fargli volentieri dei benefizi…; il 9°, nel pregare Iddio per lui (Homil. XVIII).