1. La libertà e l’uomo libero.
2. In che consiste la vera libertà.
3. Da chi ci viene la libertà.
4. Tutti siamo chiamati alla libertà,
e uguali dinanzi a Dio.
5. La libertà vera e durevole
è nel cielo.
6. Falsa libertà.
7. I santi si adoprarono per la
libertà degli uomini.
1. LA LIBERTÀ
E L’UOMO LIBERO. – Un uomo celebre, interrogato che cosa fosse la
libertà, rispose: E’ la retta coscienza
(PERIAND.). Un figliuolo di Carlomagno, avendo fatta la medesima
interrogazione ad Alcuino, n’ebbe per risposta: L’innocenza,
Difficilmente si sarebbe potuto dare più bella, più
esatta, più vera definizione. Cicerone poi chiama la libertà:
La potestà di vivere come l’uomo vuole; le quali parole
se a prima aspetta suonano un po’ equivoche e paradossastiche,
considerate bene e confrontate con le seguenti, appariranno profonde
e chiarissime. Infatti soggiunge subito dopo: «Ora chi è
che vive come vuole, se non chi segue la retta ragione? Solo il
saggio non fa nulla suo malgrado o a malincuore o sforzato. Chi porrà
in dubbio che le persone leggere o cupide o cattive non siano
schiave? (In Paradox.)».
Solo l’uomo virtuoso è
libero… Solo i veri figli di Dio sono liberi. Che cosa è
infatti la libertà dei figli di Dio? non altra cosa se non la
dilatazione e l’ingrandimento del loro cuore che si libera da tutta
ciò che è finito. Finita è la volontà
nostra, e finché essa rimane in se stessa, si confina;
desiderate essere liberi? spogliatevi della vostra volontà e
non ne abbiate più altra che quella di Dio. E siccome Dio è
la libertà e la potenza per natura, che fa tutto quello che
gli aggrada, così anche voi parteciperete alla sua libertà,
alla sua potenza, alla sua volontà.
Non è conveniente all’uomo
il non vedere nulla al di sopra di sé; una pronta schiavitù
tiene dietro a questo pensiero di orgoglio. La condizione della
creatura non comporta una tale indipendenza; bisogna che sia soggetta
a Dio… «Il Signore poi farà la volontà di
coloro che lo temono», dice il Salmista (CXLIV, 19). Al
contrario, permette che quelli i quali non si curano del volere di
lui e fanno soltanto il loro proprio, non possano giammai fare quella
che vogliono e diventano i più schiavi degli uomini.
2. IN CHE CONSISTE LA VERA
LIBERTÀ. – L’uomo veramente libero è quello che sta
sottomesso a Dio, che soggioga le passioni, che evita il peccato e
pratica la virtù… La libertà cristiana che fu
predicata dagli Apostoli e che è la sola vera, sta in una
esenzione dataci da
Gesù Cristo; ma non è
l’esenzione del servo dal fare quello che gli impone il padrone; non
l’esenzione dall’obbedienza al decalogo, alle leggi, ai principi, ai
prelati, ai superiori; non l’esenzione dalle opere di penitenza e di
soddisfazione; non l’esenzione dall’adempimento dei voti e
delle promesse che si siano fatte, perché la libertà di
sottrarsi a tutte queste obbligazioni è una libertà
sragionevole, animalesca, carnale, vergognosa, ingiusta, contraria
alla natura ed alla sana ragione. Non è dunque una libertà
di tal fatta, la quale non sarebbe in realtà che una formale
ribellione, quella che Gesù Cristo ci ha procurato; ma la
libertà cristiana consiste nell’esenzione dalle molteplici
cerimonie dell’antica legge, dal giogo del peccato, del demonio,
della morte, come anche della dannazione eterna.
«L’uomo, dice
S. Leone, gode vera pace e libertà, quando la carne è
governata dallo spirito e lo spirito da Dio (Serm. de Nativ.)».
Perché, come osserva S. Agostino, «l’uomo dabbene,
ancorché servo, è libero e l’uomo malvagio, benché
comandi, è schiavi (De Civit., 1. IV, c. III)».
L’uomo fa buon uso della sua libertà, quando sceglie di fare
quello che è conforme alle leggi ed al volere di Dio; cosi
diportandasi, egli si sottomette al suo vero e legittimo padrone. Ma
servire a Dio è un regnare: la qual casa è sodamente
provata da ciò, che il servire Dio è fare della ragione
un santo uso; servire Dio è un procurarci una libertà
veramente reale, giacché in Dio si trova la libertà
suprema; servir Dio è unirci al Re dei re e per conseguenza un
regnare con lui. Al contrario se ci uniamo con gli schiavi,
diventiamo schiavi con loro. Non è forse vergognosa schiavitù
sottostare ai propri inferiori? Ora, siccome non vi è cosa più
vergognosa che le passioni, ne segue che chi serve alle passioni è
il più vile degli schiavi. Il servizio più nobile sta
nel sottomettersi a Dio, perché Dio solleva, come dice
l’Apocalisse, coloro che lo servono; li glorifica e
beatifica, li corona re e sacerdoti (Apoc. V, 10).
In quattro cose consiste il servizio di Dio: 1°
nel conoscere Dio e quello che conduce a lui: e qui sta veramente il
fondamento del servizio divino… 2° Nel fare opere di carità
e di beneficenza: mentre godiamo dei benefizi fattici da Dio, è
nostro debito ringraziarlo e adoperarci a celebrare in tutta la sua
bontà e la sua gloria; offrirgli e consecrargli il nostro
cuore, la nostra anima, i nostri pensieri, le nostre sollecitudini.
Questa è ciò che fanno verso il loro principe i
cortigiani fedeli e devoti; essi ne encomiano dappertutto e in ogni
tempo le qualità e la potenza, per attirare gli uomini ad
amarlo e servirlo; e guai se odono chi ne parla male… 3°
Nell’attendere al culto, porgendogli i doverosi nostri omaggi can
l’offerta del santo Sacrificio, con le cerimonie, coi riti, con gli
inni, con le preghiere, coi voti. E questa l’uffizio degli angeli e
dei santi che nel cielo vivono in Dio, l’onorano, lo lodano, lo
benedicono, lo amano e lo adorano. Perciò il perfetto servizio
di Dio formerà la nostra beatitudine e la vita eterna… 4°
Nell’osservare i comandamenti di Dio e nel praticare la virtù…
Sottomettersi a Dio e servirlo
vuol dire imporsi la fortunata necessità di obbedire alle sue
leggi; togliersi, per quanto si può, la triste e crudele
libertà di mal fare e di perdersi. La libertà dei figli
di Dio sta nel liberarsi dal peccato; ora il servizio di Dio produce
questo grande e fortunato effetto e perciò ci dà la
vera libertà.
Notate, dice Bossuet, tre sorta di
libertà che noi possiamo immaginare nelle creature. La prima è
quella degli animali, la seconda è la libertà dei
ribelli, la terza è la libertà dei figli di Dio. Gli
animali sembrano liberi, perché non è loro prescritta
nessuna legge; i ribelli si figurano di esserlo, perché
scuotono da sé e disprezzano l’autorità delle leggi; i
figli di Dio lo sono in fatti, sottoponendosi umilmente alle leggi;
tale è la libertà vera; le altre due non sono che
immaginarie… Intatti, in quanto alla libertà di cui godono
le bestie, io arrossisco di chiamarla con tal nome; è vero che
esse non hanno leggi le quali frenino i loro appetiti o dirigano i
loro movimenti, ma questo avviene perché sono prive d
intelligenza che li renda capaci di essere governati dalla savia
direzione delle leggi; esse vanno senza norma e senza giudizio là
ove le trascina un cieco istinto. E chiameremo noi libertà
questo istinto bruto e indocile, incapace di ragione e di disciplina?
Dio non permetta, o figli degli uomini, che mai vi piaccia tale
libertà e che mai vogliate essere liberi in modo così
vile ed indegno!…
Che cosa diremo poi a
quegli uomini animaleschi per i quali ogni legge è una spina e
che vorrebbero vederle abolite tutte quante, per non ricevere se non
quelle che dettano loro gli sregolati appetiti? Dirò loro che
ricordino almeno che sono uomini e non si vantino di una libertà
che li mette tra le bestie. Ponderino quella stupenda osservazione di
Tertulliano. Convenne che Dio assegnasse una legge all’uomo: forse
per incatenarne la libertà? No, ma perché non paresse
posto nell’abbietta condizione delle bestie. Questa libertà di
vivere senza leggi, sarebbe stata un’ingiuria alla natura umana. Dio
avrebbe mostrato di disprezzare l’uomo se non si fosse degnato di
dirigerlo e di prescrivergli l’ordine di vita: ne avrebbe fatto il
conto che fa degli animali irragionevoli ai quali permette vivere
senza leggi perché non ne fa stima e li lascia liberi per
disprezzo. Se egli ha dunque tracciato delle leggi, se ha imposto dei
doveri all’uomo, non fu per togliergli la libertà, ma per
dirigerla e per mostrarci la stima in cui lo tiene. «Stabilisci,
o Signore, diceva Davide a Dio, un legislatore su le genti, affinché
sappiano che sono uomini»; cioè, esseri dotati di
ragione e d’intelligenza e degni di essere governati da una condotta
savia e regolata (Psalm. IX, 20).
Da ciò risulta chiaramente
che riesce a disonore, e non a vanto dell’uomo, la sua pretesa
di vivere senza leggi. È cosa giusta che Dio ce ne imponga e
non meno giusta che la nostra volontà loro si sottometta;
perché negare obbedienza all’autorità legittima non è
libertà, ma rivolta; non è franchezza, ma insolenza.
Chi abusa della propria volontà fino al punto di mancare di
rispetto, merita di perderla e
così infatti avvenne. Perché l’uomo,
scrive S. Agostino, avendo usato male della sua libertà,
perdette insieme se stesso e la sua libertà (Enchir.,
c. XXX). E ciò, perché ebbe l’ardire di misurare la sua
libertà contro Dio; egli pensò che sarebbe stato più
libero, se avesse scosso il giogo della legge divina e non conobbe,
lo sventurato, qual era la natura della sua libertà; non badò
che era libertà, non indipendenza; era libertà, non
sbrigliamento; era libertà, non immunità della
soggezione che è essenziale alla creatura. Il papa Innocenzo I
dice che Adamo fu ingannato dalla sua libertà, cioè non
seppe distinguere tra libertà e indipendenza; pretese di
essere libero più di quanto potesse un uomo nato sotto
l’impero sovrano di Dio. Egli era libero come un buon figlio
sotto l’autorità paterna; volle essere libero fino al punto di
valicare i termini della soggezione figliale, di mancare di rispetto.
Questa non è libertà, ma ribellione.
La vera libertà
è dipendere da Dio e occuparsi della propria salute… È
un segreto di Dio il saper congiungere insieme l’affrancamento e la
servitù e S. Paolo ce ne dà la chiave in quelle parole:
«Chi, essendo servo, è stato chiamato al Signore, è
liberto del Signore; parimente, chi è stato chiamato essendo
libero, è servo di Cristo» (I Cor. VII, 22). Non
ci sia cara la libertà se non per sottometterla a Dio e non
abbiamo paura che la sua legge ce la involi. Chi dirà che sia
un opporsi a un fiume, o chiamerà inceppamento alla libertà
del suo corso, il sollevamento delle rive e lo sgombramento
dell’alveo, perché le acque non straripino e inondino la
circostante campagna? anzi è questo un aiutarne e renderne più
regolare, più sicuro, più maestoso il suo corso
naturale. Similmente non è un perdere la libertà
l’imporle delle leggi, assegnarle dei limiti, affinché
non devii; è al contrario un’indirizzarla più
sicuramente per la via che deve tenere; con tale provvedimento non si
costringe, ma si conduce; non si inceppa, ma si dirige. Sapete chi la
perde, chi la distrugge? quelli che la deviano dal suo corso
naturale, cioè dalla sua tendenza al sommo bene… Se vi è
un mezzo di rendere libero un cuore, è il perfetto, assoluto
abbandono nelle mani di Dio e della sua santissima volontà.
3. DA CHI CI VIENE LA LIBERTÀ.
– Disse Gesù Cristo ai Giudei: «Se voi vi manterrete
saldi alla mia parola, sarete veramente miei discepoli e conoscerete
la verità e la verità vi farà liberi»
(IOANN. VIII, 31-32). Ora chi è la verità? Gesù
Cristo (IOANN. XIV, 6). Gesù Cristo è dunque colui che
ci procura la vera libertà come egli stesso affermò:
«Se il Figlio vi libererà, sarete veramente liberi»
(IOANN. VIII, 36).
Gesù Cristo
distrusse quattro sorta di servitù e ci portò quattro
sorta di libertà: 1° ruppe il giogo dell’antica legge e ci
diede la libertà del Vangelo… 2° Infranse le catene
della schiavitù in cui ci teneva il peccato e ci chiamò
alla libertà della giustificazione… 3° Abbatté
l’impero della concupiscenza e stabili la sovranità della
carità e della grazia… 4° Distrusse la morte e diede la
vita… Ce ne assicura San Paolo che scriveva ai Galati: «Cristo
ci ha liberati» (Gal. IV, 31), ed ai Corinzi diceva che,
«dove è lo spirito di Dio, ivi è la libertà»
(II Cor. III, 17).
«Chi mirerà addentro nella
perfetta legge della libertà ed in essa persevererà,
costui sarà fortunato nelle opere sue», dice S. Giacomo
(IACOB. I, 25). Questa legge perfetta di libertà è la
legge evangelica. 1° E’ legge di libertà, perché
ci ha sciolti dai precetti giudiziali e cerimoniali dell’antica
legge; non però dal Decalogo, poiché il Decalogo
obbliga non già perché fu promulgato da Mosè, ma
perché è la legge medesima naturale sanzionata da Dio e
rinnovata da Gesù Cristo il quale diceva: «Non sono
venuto per abolire la legge, ma per adempirla», cioè
perfezionarla (MATTH. V, 17). 2° E’ legge di libertà,
perché ci ha fatti liberi dal peccato, riscattati dalla
potestà del demonio e dell’inferno… Ora non v’è altra
libertà vera presso Dio, scrive San Gerolamo, fuorché
l’esenzione dal peccato (Epist.). 3° E’ legge
di libertà, perché ci libera dalla costrizione e dal
timore; dovendo noi osservare i precetti di Dio non per paura della
vendetta, ma per amore della giustizia. I cristiani non sono servi
come i giudei, ma sono figli. «Noi non sottostiamo, osserva S.
Agostino, a una legge che ordini il bene ma che non ci dia potere di
farlo; bensì viviamo sotto la legge di grazia, la quale
portandoci ad adempire per amore quello che la legge comanda, può
esercitare il suo impero senza ledere la libertà di chi
obbedisce… Non abusiamo della nostra libertà per peccare
liberamente, ma serviamocene per non peccare. Poiché la nostra
volontà è libera, se è pia; saremo liberi, se
saremo servi: liberi dal peccato, soggetti alla giustizia (De
Continent. c. III)». Qui si adatta quel detto di Seneca:
«Noi siamo nati per regnare; obbedire a Dio è libertà
(De vita beata, c. V)». 4° Finalmente, la legge
evangelica è libertà, perché nel giorno della
risurrezione saremo liberati dalla morte e da ogni miseria… Dice
ancora S. Agostino: «Ci libera da ogni servitù Colui la
cui servitù è utilissima a tutti e al cui servizio chi
attende con amore trova la sola vera libertà, la libertà
regale, poiché essere servo di Dio è essere re (De
quantit. animae. c. XXXI)».
«O Signore,
esclamava il profeta, voi avete rotto le mie catene, perché io
sono vostro servo, vostro servitore devoto e figlio della vostra
serva» (Psalm. CXV, 6) «L’anima nostra,
invischiata come passero nella pania, ne fu strappata; il laccio fu
tagliato e noi fummo rimessi in libertà (Psalm. CXXIII,
6-7). «Quando il Signore che scioglie gli incatenati liberò
Sion dalla sua schiavitù, ci siamo rallegrati» (Psalm.
CXLV, 6; Psalm. CXXV, 1).
«Noi speriamo,
scrive S. Agostino, di essere fatti liberi dal principe della
libertà, il quale liberandoci ci salverà. Noi eravamo
schiavi delle passioni; resi alla libertà, diventiamo servi
della carità (Tract. XLI, in
Ioann)». Sì, Gesù Cristo ci ha
liberati dalla servitù del peccato, del demonio e
dell’inferno. Questa libertà, da lui procurataci, è la
libertà dell’anima; libertà somma, preziosissima,
eterna, per ottenere la quale dovremmo contare per nulla tutte le
cose anche se ci dovesse costare la schiavitù per tutta la
vita presente… Ma per fortuna anche da quest’ultima servitù
Gesù Cristo ci ha liberati: 1° perché venendo al
mondo, principe della pace, ha portato con sé la pace al
mondo; 2° perché ha cambiato la servitù, da castigo
della colpa, in semplice condizione di nostra natura, o meglio ne ha
fatto un esercizio di pazienza e di virtù, il principio e la
causa della libertà e della gloria celeste; 3° perché
mediante la sua grazia ha reso la servitù dei cristiani
volontaria, dolce, cara, non più dura e forzata come quella
dei Giudei; 4° perché alla risurrezione, annienterà
per i santi ogni virtù, darà loro non solamente la
libertà, ma il regno dei cieli, affinché siano re e re
in eterno.
Aveva dunque ben
ragione S. Paolo di dire ai cristiani: «Voi tutti siete
chiamati da Gesù Cristo alla vera libertà» (Gal.
V, 13). Ma se questo c’importa e ci rallegra, ricordiamoci che il
nostro riscatto costò il sangue di un Dio, e redenti a prezzo
così grande, non avviliamoci più a farei schiavi (1
Cor. VII, 23).
4. TUTTI SIAMO
CHIAMATI ALLA LIBERTÀ, E UGUALI DINANZI A DIO. «Voi
tutti, proclama il grande Apostolo, siete figli di Dio per la fede in
Gesù Cristo. Non vi è più né giudeo, né
greco, né servo, né libero, né maschio, né
femmina, perché tutti siete una cosa sola in Gesù
Cristo» (Gal. III, 26, 28). «Non siete più
servi, ma figli; e se figli, certamente anche eredi di Dio per Gesù
Cristo» (Gal. IV, 7). Ed agli Efesini scriveva: «Voi
non siete più pellegrini e stranieri, ma concittadini dei
santi e familiari della casa di Dio» (Eph. II, 19). Noi,
cristiani, apparteniamo tutti alla città degli angeli, dei
patriarchi, dei profeti, alla casa, alla gente di Dio; siamo della
famiglia del re Messia, abbiamo diritto ai Sacramenti ed a tutti i
beni di Gesù Cristo e dei cristiani; noi siamo registrati tra
gli eredi del regno celeste… Noi abbiamo tutti un solo e il
medesimo maestro e padrone nel cielo; e questo padrone non guarda in
faccia a persona.
5. LA LIBERTÀ
VERA E DUREVOLE È NEL CIELO. – Noi che abbiamo creduto
entreremo nel riposo, dice S. Paolo (Hebr. IV, 3), Quanta
pace, gioia, riposo, libertà voi godreste, o uomini del mondo,
se poteste essere assicurati che le vostre ricchezze non subiranno
mai nessuna perdita, che la vostra fortuna non sarà mai in
pericolo, che le vostre forze e la vostra sanità non
soffriranno mai acciacco né malattia! Il vostro stato vi
sembrerebbe il più lieto, il più invidiabile! Quanto
adunque non sarete voi liberi e felici, quanta non sarà la
dignità e la gloria della vostra libertà quando non
potrete più essere ingiusti, non più impuri, non p:ù
peccatori; quando non potrete più perdere Iddio, non più
decadere dalla vostra giustizia e per conseguenza dalla vostra
felicità! Ma tale pace e tale libertà non si trovano
che in cielo.
Facciamo dunque quaggiù
buon uso della libertà e la libertà ci sarà data
pienissima, intera, potentissima; noi non potremo più
soggiacere a nessuna servitù, né interiore, né
esteriore, né fisica, né morale; noi saremo eternamente
liberi ed eternamente consacreremo la nostra libertà ad amare,
lodare, benedire la libertà, che è Dio…
6. FALSA LIBERTÀ. – Quando
Gesù disse ai Giudei che la verità li avrebbe liberati,
essi quasi offesi risposero bruscamente: Forse che noi, stirpe di
Abramo, fummo giammai schiavi? E Gesù riprese: «Vi
assicuro, in fede mia, che chiunque pecca, è schiavo del
peccato» (IOANN. VIII, 34).
Ecco dove si trova, per testimonianza di Gesù
Cristo, la schiavitù veramente spaventosa: nel peccato e non
altrove che nel peccato. «L’uomo virtuoso, dice S. Agostino (De
Civ. l. IV, c. III), anche schiavo, è libero; il malvagio,
invece, fosse anche re, è schiavo; né schiavo di un
solo uomo, ma, quel che è peggio, di tanti padroni quanti sono
i suoi vizi». Gli increduli, gli empi, i peccatori, i ribelli,
gli uomini perversi e corrotti, vivendo senza freno, senza legge,
senza principi, senza religione, senza coscienza, senza Dio, non sono
liberi, ma interamente schiavi, perché venduti al peccato
secondo la frase di S. Paolo (Rom. VII, 14). Essi vogliono una
perfetta libertà e cadono in una completa schiavitù;
quindi la loro libertà perisce appunto perché la
vogliono troppo estesa. Cercandola assoluta, la distruggono, perché
lasciati in loro balia, si gettano ciecamente in ogni eccesso, e
tanti tiranni incontrano quante passioni accarezzano.
L’esempio del prodigo attesta
questa triste e terribile verità. Quel giovane abbindolato non
si crede abbastanza libero nella casa paterna, dove gode l’abbondanza
di tutto; gli viene il capriccio di uscirne e cerca modo di
soddisfarlo; vuole schermirsi dagli sguardi e dai caritatevoli
ammonimenti del padre che gli rimprovera con dolcezza le prime
sregolatezze. Egli parte, si allontana e penetra in un paese
lontano… Troverà egli la libertà? Ahimè!
quanto più affannosamente le corre dietro, tanto più
essa gli sfugge. In breve tempo egli dà fondo ad ogni suo
avere, abbandonandosi con falsi amici all’impeto delle malnate sue
inclinazioni. Fortuna, onore, sanità, pace e gioia, tutto
perde a un tratto e cade nell’indigenza torturato dalla fame, dalla
sete, dal freddo. Disprezzato, abbandonato da tutti, si vede
costretto a mettersi al servizio di un padrone spietato che lo manda
alla campagna a guardare una mandria di maiali. Là divorato
dalla fame, vorrebbe cibarsi delle ghiande e non ha chi gliene da. O
prodigo, hai tu trovato la libertà, la felice libertà?
La libertà del prodigo è l’immagine della libertà
che godono gli impudichi, gli avari, i golosi, tutti quelli insomma
che si sono venduti al peccato e portano il ferreo giogo del demonio
e delle passioni.
Di costoro (cioè
degli empi, degli eretici, dei dissoluti) parla San Pietro, quando
dice che vi sono certuni i quali «promettono la libertà,
mentre sono essi medesimi schiavi della corruzione; poiché il
vinto è schiavo di colui che lo ha vinto» (II PETR. II,
19). «Infatti, dice S. Cirillo, la troppa libertà porta
la perdita della libertà; perciò i governi che non
frenano la troppa libertà dei malvagi, rovinano per questa
libertà, che si cambia in licenza, in ribellione, in
ingiustizia, in misfatti» (Catech.).
Finché il corpo sta
soggetto all’anima, vive; se vuole liberarsene, muore. Una nave che
obbedisce al pilota. scampa al naufragio; lasciata a se stessa,
diventa zimbello delle tempeste, rompe negli scogli, si sprofonda
nell’abisso per non più comparire. La formica che mette
le ali è più libera, perché può volare,
ma allora appunto va alla prigione e alla morte. Similmente la
libertà dei malviventi diventa per loro principio di schiavitù
e di morte…
I cattivi, non volendo dipendere
da Dio, si rifiutano di essere quello che dovrebbero essere, cioè
creature ragionevoli, intelligenti, create da Dio e per conseguenza
dipendenti da lui. Combattono dentro se medesimi i primi principi e
il fondamento del loro essere; corrompono la naturale loro equità,
si inimicano Dio e si attirano perciò la sua collera. Il
peccatore adopera la sua libertà per muovere guerra a Dio e se
ne serve per trasgredire tutte le sue leggi… In pena di non aver
riconosciuto il possesso dei veraci beni dati gli dal Creatore,
l’uomo viene abbandonato all’illusione dei beni apparenti. Ebbe
a nausea i piaceri del cielo e diventa ludibrio dei piaceri terreni
che menano le anime alla perdizione. Non volle la libertà
ricevuta dal Signore e gode la libertà immaginaria che gli
presenta la sua ragione bisbetica e viziata.
Noi siamo liberi, dicono i
peccatori, noi possiamo fare quello che ci pace. Come, voi potete
fare ciò che vi piace? risponde loro Bossuet; ed io invece vi
assicuro che voi non potete fare quel che vi piace e se anche lo
poteste, non perciò sareste liberi. Voi non potete fare quello
che volete, poiché non sta in voi l’impedire che la vostra
fortuna non sia incostante, che la vostra felicità non sia
fragile, che l’oggetto dei vostri amori non vi sfugga, che la vita
non vi manchi nel bel mezzo delle vostre imprese, che la morte non
tronchi il filo di tutti i vostri disegni. Voi non potete quel che
volete, poiché non potete impedire di vedervi delusi nelle
vane vostre pretese: o voi mancate a loro, o esse mancano a voi; voi
mancate a loro quando non raggiungete la vostra mèta, esse
mancano a voi, quando dopo di averla raggiunta, non vi trovate quello
che vi cercavate. Voi non potete fare ciò che più vi
sta sul cuore, voi desiderate i piaceri, la felicità e invece
dovete subire ciò che più vi dispiace e vi ripugna,
cioè la giustizia divina e i suoi castighi… Facendo quello
che volevo, confessa di sé S. Agostino, io arrivavo dove non
volevo.
La falsa libertà consiste
nel voler fare il proprio volere. Questa vana mostra d’indipendenza è
la libertà di Satana e dei ribelli suoi complici… Quali sono
i vostri sentimenti, o peccatori accecati, quando pretendendo di
essere liberi, prendete per norma di condotta il vostro umore, la
vostra passione, la collera, il vostro capriccio? quando rigettate
ogni freno, ricalcitrate contro ogni legge, non soffrendo né
ritegno, né rimprovero, né ammaestramento, né
guida? Voi volete la libertà dei cavalli sfrenati, dei leoni,
delle tigri…
Il nome di libertà è
il più dolce, il più lusinghiero, ma è anche il
più fallace, il più ingannatore dei nomi. I tumulti, le
sedizioni, il disprezzo delle leggi, hanno sempre la loro causa, o il
pretesto nell’amore di una libertà male intesa. Non vi è
bene naturale di cui tanto abusino gli uomini, quanto della
libertà…
7. I SANTI SI
ADOPERARONO PER LA LIBERTÀ DEGLI UOMINI. – S. Epifanio,
vescovo di Pavia, fece nell’anno 493 un viaggio in Borgogna per
riscattare i prigionieri ritenuti dal re Gondebaldo (In Vita).
S. Poppone, abate di
Stavelo nella terra di Liegi, si adoperò a tutto potere presso
il re Enrico, per ottenere l’abolizione della barbara usanza di far
combattere gli uomini con gli orsi (In Vita).
S. Batilde, regina di
Francia, abolì la schiavitù. La regina Bianca ed il
santo re Luigi confinarono in ristrettissimi limiti il diritto di
vassallaggio (In Vita).
S, Pier Nolasco, S.
Giovanni di Matha consecrarono tutti i loro averi e le persone loro
alla redenzione degli schiavi (In Vita). La storia della
Chiesa e la vita dei Santi, segnano in ogni pagina gli sforzi e le
fatiche che fecero in ogni tempo i figli di Gesù Cristo, per
procurare agli uomini la vera libertà e distruggere la
schiavitù. In ciò risplendono particolarmente i Sommi
Pontefici i quali non cessarono mai, fino a questi ultimi giorni, di
fulminare ogni maniera di schiavitù, con qualunque nome
l’umana cupidigia la nasconda e di proteggere ogni vera, ogni sana
libertà e politica e civile.