I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Lacrime

1. Motivi che ha il cristiano di
piangere

2. Esempi di Gesù Cristo e dei
santi.
3. Lacrime utili e preziose.

4. Gioia delle lacrime.

1. MOTIVI CHE HA IL
CRISTIANO DI PIANGERE. – «Sentite le vostre miserie, dice
l’apostolo S. Giacomo e gemete e piangete; il vostro riso si cambi in
pianto, e la gioia vostra in tristezza» (IACOB. IV, 9). In
quanto poi ai ricchi, essi hanno doppia ragione di piangere e di
urlare, continua l’apostolo, per le miserie che li stringeranno. Le
loro ricchezze marcirono e le tignole rosero le loro vesti; l’oro
e l’argento loro si copersero di ruggine ed essa testimonierà
contro di loro e ne divorerà come fuoco le carni. Essi si
fecero un tesoro di collera per i loro ultimi giorni (Ib. V,
1-2).
«Sì,
gemiamo, dice S. Agostino, ché ne abbiamo ragione, poiché
questa terra in cui viviamo, è la regione degli scandali,
delle tentazioni, e di ogni sorta di mali. Gemiamo quaggiù
perché ci meritiamo di esultare lassù; qui le
afflizioni, là le consolazioni. Nella terra dei morti si può
trovare altro che travaglio, angoscia, timore, tribolazione, lamenti
e sospiri? (In Epist. S.
Jacobi
)». No certo, perché dice il Salmista: «Tu
ci nutrirai col pane delle lagrime e ci abbevererai al calice del
pianto» (Psalm. LXXIX, 6). Con ragione osserva S.
Gregorio, che l’uomo conosce quale dev’essere l’amarezza della
sua anima, quando infiammato dal desiderio dell’eterna patria, sente,
versando lagrime, la pena del suo viaggio (Pastor.).
Ecco l’eredità che lasciò Gesù
Cristo ai suoi apostoli e discepoli: «Io vi dò parola
che voi singhiozzerete e piangerete, mentre il mondo godrà;
voi camminerete dimessi e tristi, ma la vostra mestizia si cambierà
in gioia» (IOANN. XVI, 20).
«Piangete il
morto perché ha perduto la luce, dice l’Ecclesiastico;
piangete l’insensato perché ha perduto la ragione. Ma intanto
piangete poco il morto perché è andato al riposo,
piuttosto piangete molto il malvagio, perché la sua rea vita è
peggiore della morte. Il lutto della morte dura alcuni giorni, il
pianto sopra il malvagio deve durare finché egli vive»
(Eccle. XXII, 10-13). «Chi darà acqua al mio
capo, ed a miei occhi una sorgente di lagrime? esclamava Geremia, ed
io piangerò notte e giorno gli uccisi della figlia del popolo
mio » (IX, 1); piangerò la morte spirituale di tanti
peccatori.
S. Bernardo, facendo
sue le parole del profeta, dice: «Chi darà al mio capo
una sorgente di acqua, chi farà scaturire dai miei occhi una
fonte di pianto, per prevenire con le mie lagrime il pianto e il
digrignare di denti, e i duri ceppi delle mani e dei piedi e il peso
delle catene che costringeranno, premeranno e bruceranno, senza mai
consumarli, i riprovati?… Ah! io non voglio mai più ridere
fino a tanto che non oda dalla bocca di Dio quelle parole: Venite, o
benedetti; né cesserò dal pianto finché sia
libero dal timore di quella sentenza: Partitevi da me, o maledetti
(Serm. XVI, in Cantic.)».
E’ impossibile che si rifletta
seriamente alle illusioni, alle angosce, alle miserie, alle
afflizioni della vita, ai sudori, alle fatiche, ai pericoli, alle
malattie, ai patimenti che quaggiù c’incalzano e ci opprimono,
alla morte che ne è il termine, alla putredine ed ai vermi del
sepolcro, all’incertezza della salute; è impossibile,
ripeto, che a tutto ciò si pensi senza piangere amaramente..
Ma quando poi si pensa ai rischi che corre la nostra salvezza, ai
numerosi e crudeli nostri nemici, alle concupiscenze e debolezze
nostre, alle passioni e tentazioni a cui siamo esposti, ai molti
peccati che ciascuno di noi commette, alle poche virtù che
pratichiamo, al poco di pietà, di fede, di speranza, di amore,
di umiltà, di pazienza, di purità, di mortificazione,
di zelo che abbiamo, al giudizio che ci sovrasta, all’inferno che ci
è minacciato, è impossibile che non ci fondiamo in
lagrime…

2. ESEMPI DI GESÙ
CRISTO E DEI SANTI. – «A forza di gemere, dice di sé il
profeta, la carne mi si è attaccata alle ossa e la mia bevanda
ho mescolato con le lagrime» (Psalm. CI, 6, 10). «Il
pianto fu il mio vivere giorno e notte. Mi sono consumato nel gemere
e bagnerò il mio letto tutte le notti con lagrime sì
abbondanti, che ne sarà inumidito il pavimento» (Psalm.
XLI, 3), (Psalm. VI, 6).
Tobia geme e prega
sciogliendosi in pianto (III, 1). Giobbe non cessava mai dal
piangere… Samuele e Geremia piangevano del continuo… Del re
Ezechia si dice che pianse molto (IV Reg. XX, 3).
Gesù Cristo
piangeva sovente, ma non si sa che abbia riso mai… La madre sua
santissima piange non rare volte nel tempo di sua vita, ma
particolarmente presso la croce. – La Maddalena si fonde in tante
lagrime da bagnarne i piedi del Salvatore (Luc. VII, 38);
Pietro anch’egli prorompe in dirotto e amaro pianto (MATTH. XXVI,
75).
Tutti i santi piansero sempre le
loro debolezze ed i peccati degli altri.
Di essi tutti
possiamo dire quello che di sé affermava S. Agostino: «Le
lagrime mie scorrevano a rivi» (Confess.). «E
amavano piangere, dice S, Bernardo, e amaramente piangevano, perché
profondamente afflitti dei peccati che insozzano la terra (Serm.
in cantic.
)».

3. LACRIME UTILI E
PREZIOSE. – Quelli che seminano nel pianto hanno la promessa del
Signore, fatta per bocca di Davide, che mieteranno nell’allegrezza
(Psalm. CXXV, 6); perché Iddio pone le lagrime loro
sotto i suoi occhi (Psalm. LV, 8). Non è dunque a
stupire che i santi padri esaltino il pregio e la potenza delle
lagrime.
«O virtù
delle lagrime, esclama S. Efrem, rimedio ai peccati, lavanda
dell’anima, distruzione delle passioni, perfezionamento delle virtù!
Per te i peccatori diventano beati (Lib. de Compunct.)».
«Quanta potenza è nelle lagrime dei peccatori esclama S.
Pier Crisologo; bagnano il cielo, purificano la terra, smorzano il
fuoco dell’inferno, cancellano la sentenza divina, contro qualsiasi
delitto (Serm. XLIII)». «E quelle delle anime pie,
dice il Nazianzeno, sono l’espiazione del mondo, un diluvio in cui
scompare il peccato (Orat. I, cont. Julian.)»; secondo
S. Giovanni Climaco, sono un secondo battesimo che lava e purifica
come il primo (Grad. VII); Pietro Cellense afferma che «più
tollerabili sono al demonio le fiamme dell’inferno, che non le
nostre lagrime (Lib. de Punibus, c. XII)». Infatti, come
dice S. Anselmo, la potenza delle lagrime vince l’efficacia della
preghiera: «Questa calma Iddio, ma quelle lo disarmano; la
lagrima addolcisce come balsamo, le preghiere feriscono come spada
(In Tobia)». A ragione S. Lorenzo Giustiniani esclama:
«O umile lagrima! tu vinci l’Invincibile, leghi l’Onnipotente,
rendi mite e propizio il Figlio della Vergine, apri il cielo, metti
in fuga il demonio (De Ligno vitae, c. IX)». E già
prima di lui San Agostino: «O umile lagrima! tuo è il
regno, tua è la potenza; tu non temi l’aspetto del giudice e
fai tacere i tuoi accusatori; tu entri da sola al cospetto del re, ma
da sola non te ne parti (Confess.)».
Le laidezze che
impediscono la salute del peccatore sono scancellate dalle lagrime le
quali lo rendono terso come oro, scrive S. Gregorio; perché
piangendo le sue colpe, l’uomo è vestito dello splendore della
giustificazione. Anzi quanto più uno piange la colpa, tanto
più alto si solleva nella cognizione del vero; perché
la coscienza, da molto tempo macchiata, lavata nel battesimo del
pianto, ridiventa atta a vedere la luce interiore. La forza del
pentimento apre le vie del cuore e dà le ali alle virtù
(Moral. lib. XXI). «E quali sono i peccati che il pianto
non scancelli? domanda S. Gerolamo; quali le macchie per quanto
sudice e inveterate, che i gemiti e le lagrime non lavino? (Epist.)».
Il pianto che si versa in vita, conforta e purifica, ma quello che ci
è strappato per forza dopo morte, riesce doloroso ed inutile.
«Bisogna
muovere alle lagrime, non agli applausi, avverte San Bernardo; le
lagrime sono il pane degli angeli. Oh! come quest’odore di una
nuova vita, questo sapore della grazia, questo gusto del perdono,
quest’allegrezza di riconciliatone, questa soavità di una
coscienza che ha ritrovato la pace, oh come tutte queste meraviglie
sono per gli angeli vino delizioso! (Serm.,
XXXIX, in Cantic.
)». Graziosa poi è
l’immagine che ci presenta il Crisostomo: « Come dopo un
temporale l’aria è più pura, il cielo si mostra più
sereno, così dopo la pioggia delle lagrime, la nera caligine
dei peccati si dissipa, la purità e la tranquillità
dell’anima rimane. E come siamo purificati per mezzo dell’acqua e
dello Spirito Santo, così lo siamo pure per mezzo delle
lacrime e della confessione (Hom. VI, In Matth.)».
Le lagrime sono la
voce della penitenza e della preghiera; voce che Dio infallantemente
esaudisce. Piangere è un comprarsi il perdono dei peccati;
piangere è un irrigare l’arida terra del proprio cuore e
renderla fertile… Piange a calde lagrime il re Ezechia e tosto il
Signore gli fa sentire: «Ho veduto le tue lacrime ed ecco che
ti restituisco la salute» (IV Reg. XX, 3-5). «Anna,
madre di Samuele, osserva S. Bernardo, merita con le sue lagrime di
avere un figlio ed ottiene per di più il dono della profezia.
In virtù delle sue lagrime, Davide ottiene il perdono
dell’adulterio e dell’omicidio di cui si è reso
colpevole. Per le sue lagrime Tobia ricupera la vista, la Maddalena
merita di udirsi quelle consolanti parole del Salvatore: Tutti i suoi
peccati le sono rimessi. Pietro vede cancellata la sua triplice
caduta» (Serm. XXXIX, in Cantic.). Maria
Egiziaca, Taide, Agostino, e mille altri, versano lagrime e non
solamente ottengono perdono dei loro molti ed enormi peccati, ma
diventano inoltre grandi santi. Perché, come nota S. Agostino:
« La pioggia delle lagrime fa molto rumore negli orecchi di
Dio, di modo che ascolta il pianto più che la voce
(Confess.)».
«Voi, O
Signore, diceva Sara, dopo la tempesta riconducete la calma e dopo i
gemiti e le lagrime infondete la gioia. Il vostro nome, o Dio
d’Israele, sia benedetto per tutti i secoli» (Tob. III,
25-23). Raguele non dubitava menomamente che Dio avesse accolto le
suppliche e le lagrime sue (Tob. VII, 13).
«O potenza
delle lagrime, esclama S. Efrem, dove mai non arrivi, tu che piena di
confidenza, superando ogni ostacolo, penetri nei cieli! O potenza
delle lagrime, che puoi, quando ti aggrada, stare giubilante al
cospetto dell’immacolato Signore! O potenza delle lagrime alla
cui vista o anche alla sola speranza, la gerarchia degli angeli e
delle celesti virtù si sente inondare di gioia! O potenza
delle lagrime, in un batter d’occhio tu monti e arrivi al cielo come
se vi fossi portata da agilissime penne e ottieni da Dio tutto quello
che domandi; egli ti viene lietamente incontro portandoti il perdono
e la remissione dei peccati! Concedete dunque, o Signore, all’indegno
vostro servo le lagrime, la luce e la forza del cuore, affinché,
versando continuamente e con diletto, torrenti di pianto, il mio
cuore sia illuminato in mezzo ad una preghiera pura; la carta dei
miei peccati sia cancellata dalle lagrime e l’ardente fiamma
accesa dai peccati, sia spenta dalle lacrime. O virtù delle
lagrime, tu cavi dall’inferno quelli che ti desiderano e li sollevi
al cielo (Serm. III, de Compunct.)».
Prostrata ai piedi
di Gesù Cristo, la Maddalena gli offriva un convito assai più
gustoso e gradevole che quello di Simone… Le lagrime sono perle
preziose che Dio stima a così alto prezzo, che le raccoglie
egli medesimo come dice il profeta: «Le mie lagrime hai posto
dinanzi a te, o Signore » (Psalm. L V, 8). Penetrato di
questa verità, S. Arsenio pianse per tutta la sua vita (In
Vita
). «Il nostro Dio, diceva S. Sinclettica, è un
fuoco che consuma e il mezzo d’infiammare i nostri cuori di questo
fuoco sacro, è di versare abbondanti lagrime » (SURIUS.
In Vita). E l’abate Ipericchio soleva dire che il cuore il
quale versa lagrime, attira prontamente sopra di sé la
misericordia di Dio (SURIUS. In Vita).
Come l’ombra non
abbandona mai il corpo, così le lagrime non devono mai
scomparire dal nostro ciglio. Il pianto ci apre la terra delle
promesse; quella terra dove più non si temono né
assalti, né pericoli, né nemici. Leggiamo che Axa,
figlia di Caleb, gli dimandò con lagrime una terra fertile, e
l’ebbe (Iosuè. XV, 19); dimandiamo anche noi a Dio con
ardente brama e molte lagrime, le ricchezze della virtù, la
fertilità della grazia, la terra dei viventi e l’anima è
sicura di ottenere tutti questi inestimabili doni. «Pianga e
gema, dice S. Antonio, chi vuol essere liberato dai suoi peccati; chi
vuole innalzare l’edificio delle virtù, lo innalzi col
piangere (Theod. in Philot. c. XXX)». Perché,
dice S. Basilio, « là dove sgorgano le lagrime, si
accende il fuoco spirituale che illumina le profondità
dell’anima e riduce in cenere tutti i peccati (Homil. IV,
de grat. actione
)».
Prima di risuscitare
Lazzaro, Gesù Cristo si sciolse in pianto: affinché ne
avessimo insegnamento che bisogna piangere il povero peccatore di cui
Lazzaro, giacente nel sepolcro, è figura; e quante preghiere e
lagrime non costò il richiamarlo a vita e il toglierlo
dall’orribile tomba delle passioni e dell’inferno! S. Monica pianse
per venti anni continui i traviamenti del figlio suo Agostino, tanto
che un vescovo le disse: «E’ impossibile che il figlio di
tante lagrime vada perduto (Confess. c. XII)». Infatti
la pia madre non solamente ebbe a rallegrarsi della conversione del
figlio, ma vide quello scandaloso peccatore, ch’era Agostino,
divenire vescovo, uno dei più sapienti dottori e dei più
validi difensori della Chiesa e finalmente un gran santo.
Seneca medesimo
riconobbe la convenienza e l’utilità delle lagrime, avendo
lasciato scritto nei suoi proverbi: «Fu tratto infinitamente
provvidenziale di Dio, l’avere posto negli occhi la facoltà di
vedere e di piangere; affinché coloro che commettono qualche
colpa con gli sguardi, l’espiino con le lagrime (In Prov)»,
Diciamo dunque di
tutto cuore con S. Agostino: «Fatemi la grazia, o Signore, che
quando parlo o scrivo o ragiono di voi, sgorghino dagli occhi miei
dolci ed abbondanti lagrime, così che sia il pianto il cibo
mio giorno e notte. Vi scongiuro, o buon Gesù, che, per
quell’immensa misericordia con cui vi degnaste meravigliosamente di
soccorrere noi, poveri naufraghi, mi concediate la grazia delle
lagrime, sospiro cocentissimo dell’anima mia (In Soliloq.)».

4. GIOIA DELLE
LACRIME. – «Beati quelli che piangono, disse Gesù
Cristo, perché saranno consolati» (MATTH. V, 5); ma
beati principalmente quelli che piangono nell’intimo del loro
cuore. Beati quelli che piangono i loro peccati e quelli degli altri;
quelli che piangono come S. Paolo, il loro esilio e la loro prigionia
nel corpo e nel mondo, contro i quali bisogna sostenere continua ed
accanita lotta (Rom. VII, 24. Beati quelli che piangono
sospirando al cielo ed all’amore di Gesù Cristo, al cui
possesso sospirano come al loro sommo bene (Philipp. I, 23).
Beati…, perché saranno consolati…- Saranno consolati in
questa vita, perché infinitamente più dolci di tutte le
gioie mondane sono le lagrime del pentimento. Testimonio S. Agostino
il quale dice che non si trovò mai più lieto e contento
che quando gli sgorgavano dagli occhi le lacrime (Confess.).
La vera gioia quaggiù si trova soltanto nel cuore contrito,
nelle lagrime dell’uomo che ama Dio… Saranno consolati in morte,
perché godranno ed esulteranno eternamente in cielo. «Gioia
eterna splenderà su le loro fronti, dice Isaia di quelli che
piangono, il dolore e il gemito fuggiranno da essi i quali vivranno
ormai in continua festa ed allegrezza» (ISAI. XXXV, 10); scrive
perciò S. Gerolamo di S. Paola che «pianse per ridere
eternamente (Obit. S. Paulae)».
Gesù Cristo chiama beati
coloro che piangono, perché si rallegreranno nell’avvenire.
Non dice già beati quelli che piangono la morte di un
congiunto, o altra qualsiasi amarissma perdita; non dice beati quelli
che un’illusione carnale fa piangere; ma quelli che piangono i loro
peccati, il loro allontanamento da Dio. Questi piangono al presente
per un po’ di tempo, ma nella vita futura saranno consolati per
sempre. A loro sono dette quelle confortanti parole da Gesù
Cristo: «Ora voi gemete nella mestizia e nell’affanno, ma io
tornerò a vedervi, e allora il vostro cuore godrà e
nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (IOANN. XVI,
22).
«Si può
dire, scrive S. Basilio, che le lagrime delle anime fedeli provengono
dal fervore della carità; esse infatti piangono di amore
fissando l’occhio su colui che le ama e che esse amano e queste
lagrime formano le loro delizie» (Homil. IV,
de Grat. act
.). S. Paolo
c’invita a piangere con chi piange; queste lagrime sono una specie di
semenza che fruttifica gioia per il cielo. Perciò il pianto
non solo non è un ostacolo alla gioia spirituale, ma ne è
un potentissimo aiuto. Il cuore penitente desidera le lagrime e se ne
rallegra, si pasce del pentimento e del pianto come di squisitissima
vivanda. Perciò quel detto di S. Antioco: «L’abbondanza
delle lagrime è al cuore ciò che è il miele alla
bocca» (Homil. CVII, de Compunct.), e quell’altra
sentenza di S. Efrem: «Sappiate che nessuna cosa al mondo vince
in dolcezza il dono delle lagrime; se uno di voi prova quanto sono
dolci le lagrime, egli si sentirà tratto verso il cielo e
disprezzerà tutto quello che si gusta nel mondo» (Orat.
de extrem. iudic. et compunct.
).
Dice Pietro Cellense:
«Il pane di quelli che sono contriti, sta nell’abbondanza
medesima delle lagrime; perché come il pane ristora chi ha
fame, così le lagrime nutriscono e rinforzano l’anima
penitente. L’affamato sviene, se gli manca il pane; l’anima straziata
dal rimorso dei suoi peccati, languisce se non versa pianto; il pane
sazia la fame, le lagrime addolciscono il dolore e lo cangiano in
gioia» (Lib. de panib. CXII). Le lagrime della
compunzione dànno a sperare la beatitudine e la gioia celeste;
e ne sono il pegno. Perciò S. Macario diceva che i cristiani
hanno per conforto le lagrime; esse formano le loro delizie e scusano
ogni altra cosa (Homil. XV).
Anzi, S. Giovanni
Crisostomo dice: «Non vi è nulla di così giocondo
e soave, quanto il pianto che si versa per Iddio (Hom. XXIV, in
Epist. ad Eph.
)». Perciò se volete essere felici e
consolati, piangete. «Perché se Iddio vi conforta e
consola, ancorché tutte le tristezze si rovesciassero su di
voi, non ne sareste mai vinto (Hom. XV)». «Ma se
così dolce è il pianto, conchiude S. Agostino, che cosa
sarà il cielo? Più saporite e deliziose sono le lagrime
di coloro che pregano, che non tutti i divertimenti e le vane gioie
dei teatri» (Confess.).