I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Immortalità dell’anima

1.
Necessità di occuparsi dell’immortalità dell’anima.

2.
L’immortalità dell’anima provata dalla Scrittura.

3. I savi
pagani attestano l’immortalità dell’anima.
4. La
natura stessa dell’anima, che è spirituale, prova la sua
immortalità,

5. Il
desiderio della felicità prova l’immortalità
dell’anima.

6. Il
presentimento della vita futura prova l’immortalità
dell’anima.
7. Il
culto dei morti prova l’immortalità dell’anima.
8.
L’immortalità dell’anima provata dai disordini che
nascerebbero da una credenza contraria.

1.
NECESSITÀ DI OCCUPARSI DELL’IMMORTALITÀ DELL’ANIMA. –
Cosa di tanta gravità è per l’uomo l’immortalità
dell’anima, scrive Pascal (Pensée), che mostra di avere
perduto il senno chi non se ne cura. Il sapere se vi siano dei beni
eterni da sperare, ovvero no, ha necessariamente tale influenza
sull’andamento della nostra vita, che non è possibile avere
una condotta savia ed assennata, altrimenti che prefiggendosi per
mèta questo disegno il quale deve essere la nostra prima
occupazione.
 
2.
L’IMMORTALITÀ DELL’ANIMA PROVATA DALLA SCRITTURI. – Poche
citazioni bastano a provare che la verità dell’immortalità
dell’anima ha il suo fondamento e il suo sostegno nella sacra
Scrittura. Nella Genesi si dice che Dio fece l’uomo a immagine
e somiglianza sua (Gen. I, 26); che gli alitò in viso
il soffio di vita e l’uomo ebbe un’anima vivente (Ib. II, 7).
Che cosa significa questo, se non che l’anima umana, in cui veramente
sta l’impronta dell’immagine divina, è immortale il
soffio di Dio; è indistruttibile come è incancellabile
l’impronta di Dio impressa in lei? E questa conseguenza pare che
abbia voluto rilevare il Savio con quelle parole: «Dio ha
comunicato col suo soffio lo spirito di vita all’uomo (Sap.
XV, 11); e l’ha creato immortale, perché lo fece a sua
immagine e somiglianza» (Ib. II, 23). Il medesimo Savio
asserisce apertamente, parlando dei giusti, «ch’essi vivranno
eternamente, e che la loro mercede sta riposta in seno a Dio»
(Ib. V, 16).
«Quei
che dormono nella polvere della terra, leggiamo in Daniele, si
sveglieranno; questi alla vita eterna, quelli all’eterno obbrobrio
che si vedranno sempre dinanzi» (DAN. XII, 2). E Tobia ordinava
al figliuolo che ne seppellisse il corpo, non appena Iddio ne avesse
ricevuto l’anima (Tob, IV, 3); perché egli era di
coloro che aspettano la vita che Dio darà a quelli che non
negano la fede a lui promessa (II, 18).
Il
divin Maestro confuse i Sadducei, i quali negavano l’immortalità
dell’anima, con questo semplicissimo ragionamento: «Voi
chiamate vostro Dio, il Dio di Abramo, di Giacobbe, ecc., come se non
sapeste che Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi»
(MARC. XII, 27). Poi, trattando del giudizio finale, disse
chiaramente la sentenza che proferirà il giudice divino. A
quelli che gli staranno a destra dirà: Venite, o benedetti dal
Padre mio, al possesso del regno a voi preparato fin dall’origine del
mondo. E a quelli che gli staranno a sinistra: Partitevi da me,
maledetti, e andate al fuoco eterno, assegnato al demonio ed agli
angeli suoi. Ciò detto, «precipiteranno questi nel
supplizio eterno, e quelli se ne andranno alla vita eterna»
(MATTH. XXV, 46).
I
padri, i dottori tutti del Cristianesimo affermano e provano
l’immortalità dell’anima… La Chiesa cattolica la tiene
tra i suoi dogmi.
 
3. I
SAVI PAGANI ATTESTANO L’IMMORTALITÀ DELL’ANIMA. – Massimo di
Tiro, filosofo platonico, dice: «Quello che gli uomini chiamano
morte, è il principio dell’immortalità, è
l’introduzione alla vita futura (Serm. XXV)».
Palladio afferma che l’anima, uscendo dal corpo, come da una
prigione di morte se ne vola al Dio immortale (Anton. in Meliss.).
Strabone poi ci riporta come insegnamento dei bramani questa
sentenza: «La morte è la nascita alla vera e beata
vita».
Narra
Eliano, che un certo Carcide infermo, interrogato se volentieri si
dividesse dal mondo, rispose: E perché no? lo mi rallegro
della separazione dell’anima dal corpo, perché ascenderò
a quelle altezze dove incontrerò Pitagora in mezzo ai
filosofi, vedrò Omero in mezzo ai poeti, Olimpio nello stuolo
dei musici, e tutti quelli che ebbero fama nelle scienze. Di Socrate,
racconta Laerzio, che prima di bere il veleno, disse: Non vi pare che
io debba tenermi grandemente fortunato di poter conversare nell’altra
vita con Orfeo, Omero, e simili? Che piacere non proverò io
nell’associarmi a Pallade, ad Aiace ed allo stuolo di quei non pochi
che furono condannati dal giudizio di uomini iniqui? Massimo lasciò
scritto che essendo caduto tra le mani di Catone il libro di Platone
sull’immortalità dell’anima, si uccise per andare a godere
della vita immortale. Ciro morente diceva ai figli: Non pensate,
figliuoli miei, che io uscendo di questa vita, sia morto: io vivrò.
Cicerone,
nel suo libro della Repubblica, così parla a Scipione
che era gi à morto: «Sii con tutti coloro che
conservarono, protessero, accrebbero la patria; perché nel
cielo vi è un luogo distinto e designato, dove costoro godono
una vita eterna (De Republica)». Ed in altro luogo dice:
«Sì, essi vivono tuttora, quelli che, spezzate le catene
del loro corpo, se ne volarono come da un carcere. Questa vostra vita
terrestre, che voi chiamate vita, è piuttosto morte, La morte
poi non è già una distruzione, ma una certa quale
partenza, o mutazione di vita, che conduce al cielo gli illustri
personaggi (Tuscul. I) ».
Le
ragioni su cui appoggiano questi filosofi pagani l’immortalità
dell’anima, sono le seguenti: L’anima dell’uomo concepisce,
contempla; desidera il cielo e l’immortalità; essa è
dunque celeste ed immortale. L’anima non trova nella vita presente,
né luogo, né bene in cui possa riposarsi sazia, quieta
e felice; dunque ella godrà queste cose in un’altra vita,
altrimenti sarebbe più infelice di tutte le altre creature,
Tutto ciò che è corruttibile è o materia, o cosa
accidentale; ora l’anima umana non è né corporale, né
accidentale, e bisogna dunque conchiuderne che sia incorruttibile e
immortale, La credenza all’immortalità dell’anima è
sempre stata la credenza di tutte le nazioni, di tutti i popoli.
S’incontra presso gli Egiziani, i Greci, i Romani, gli Indiani, i
Cinesi; Cristoforo Colombo la trovò radicata nelle tribù
dell’America da lui scoperte. Donde ha potuto essa aver origine se
non da Dio medesimo che ha veramente fatto l’anima immortale?
 
4. LA
NATURA STESSA DELL’ANIMA, CHE E’ SPIRITUALE, PROVA LA SUA
IMMORTALITÀ. – Il corpo si scioglie, si scompagina, si
scompone, ma l’anima non porta in se stessa nessun principio di
corruzione. Semplice, indivisibile come il pensiero, nessun elemento
può intaccarla. La morte è una disgregazione di parti
materiali; ora l’anima, essendo spirituale, senza figura, in nulla
simile al corpo, non può e non deve naturalmente soggiacere ad
un’uguale dissoluzione. Essendo il corpo interamente distinto
dall’anima, ben si comprende come possa perire senza che l’anima se
ne risenta…
L’anima,
come più perfetta del corpo è creata ad immagine di
Dio, non deve cessare di esistere, poiché il corpo medesimo
continua ad esistere dopo la morte. Il corpo cambia figura, ma non è
distrutto dalla morte; e sarà distrutta l’anima, infinitamente
più nobile, più grande, più preziosa del corpo?
Non un atomo fu annientato dopo la creazione; e sarà
annientata l’anima, regina e capolavoro dell’universo! Dove mai
troverà il materialismo una ragione che provi che sola l’anima
sia annientata?.. La spiritualità dell’anima stabilisce
adunque la sua immortalità…
 
5. IL
DESIDERIO DELLA FELICITÀ PROVA L’IMMORTALITÀ
DELL’ANIMA. ­ L’uomo è fatto per la felicità e vi
si sente invincibilmente spinto. Ora che cosa vi è quaggiù
che lo possa soddisfare? Essendo immenso il suo desiderio, invano
cerca nelle ricchezze, negli onori, nei piaceri del mondo, oggetti
limitati, finiti, angusti, qualche cosa che basti a saziarlo. Esso
prova il bisogno di un godimento puro, fermo, saldo, immancabile, un
riposo sicuro e durevole; ma dove trovare tutto questo quaggiù
nel mondo? Se non vi è un’altra vita dopo di questa, se
l’anima non è immortale, chi spiegherà
quest’illusione?… Io desidero di essere felice ed eternamente
felice; e chi mai ha posto in me questo desiderio? Non certamente io
stesso. E colui che lo ha messo in me vuole appagarlo con una
felicità eterna, altrimenti si dovrebbe dire che lo abbia
messo in me per tormentarmi; ma in tal caso sarebbe ben crudele la
burla che si prenderebbe di me il Creatore. Questa brama di felicità
e di immortalità viene da Dio; ma Dio non inganna; dunque
l’anima mia è immortale. Io sospiro alla felicità come
al mio fine; ma se io fossi annientato, il mio fine non sarebbe la
felicità, ma il nulla; ora il nulla non può essere uno
scopo, un fine; ecco dunque a quali assurdi mena la supposizione che
l’anima non sia immortale. Scossa questa verità, non vi è
più stabilità, non più certezza, non più
conforto per l’uomo. A che pro questi pochi e tristi giorni su la
terra, se non ci fosse nulla al di là della tomba? Meglio
sarebbe stato il rimanere eternamente nel nulla…
 
6. IL
PRESENTIMENTO DELLA VITA FUTURA PROVA L’IMMORTALITÀ
DELL’ANIMA. – Chi per poco conosca gli uomini non può a meno
che riconoscere in tutti loro un segreto impulso a sopravvivere a
loro stessi, a rendere il loro nome immortale: e perché questa
universale aspirazione? Chi dà al guerriero la forza, il
coraggio di affrontare mille pericoli, di esporsi a inauditi cimenti,
di sostenere durissime privazioni, di arrischiare la vita ogni
momento? Il desiderio di tramandare un nome illustre. Ma se l’anima
non fosse immortale, a che servirebbe tale rinomanza? Che cosa
importa ai morti della lode e del biasimo?
E il
dotto che non cessa di logorarsi sui libri, di consumarsi in continui
studi per lasciare alla posterità opere immortali, da chi è
guidato e sostenuto e confortato nell’aspra via, se non dal
sentimento dell’immortalità dell’anima? Poiché se esso
dovesse essere annientato che follia sarebbe mai la sua di
condannarsi a tante cure e tanti stenti, di accorciarsi la vita per
lasciare delle belle opere! Vivranno i libri, ed il loro autore sarà
annientato?
Si loda
chi muore per la patria; ora, se l’anima è immortale, si
comprende ch’egli ha fatto bene a sacrificare la propria vita; ma
s’egli muore davvero e tutto e per sempre, non può sfuggire la
taccia d’insensato, avendo sacrificato l’unico vero bene che è
la vita presente, per una vana e puerile idea. Se l’anima non è
immortale, si dovrebbe dire che furono stolti tutti quei milioni di
cristiani che incontrarono coraggiosi e lieti le torture e la morte.
Ah! se tanto eroismo spiegarono e tanto disprezzo mostrarono della
vita presente, è perché li sosteneva la fede
nell’immortalità dell’anima. La vita presente è certo
da preferirsi al nulla; ma se non vi è altra vita dopo questa,
chi per qualsivoglia causa la sacrifica, preferisce il nulla; e sarà
costui un uomo che meriti encomi e lodi e monumenti?..
Si
legge in Plutarco che Catone diceva: «Io non avrei mai
intrapreso tante opere civili e militari, se avessi creduto che la
mia gloria sarebbe sepolta con me nella tomba; ma io sapeva che avrei
cominciato a vivere veramente, quando sarei uscito di questa vita».
 
7. IL
CULTO DEI MORTI PROVA L’IMMORTALITÀ DELL’ANIMA. – È un
fatto attestato da tutta a storia che in ogni tempo, in ogni luogo,
presso ogni popolo di qualunque religione, si ebbe grande rispetto
alle tombe dei trapassati, si professò una specie di culto
verso i defunti; ora qual merito hanno le ceneri dei morti perché
si custodiscano e si conservino con tanta venerazione?.. Se tutto
termina alla morte, perché quell’uso universale di
cerimonie e pompe funebri?… Perché quei superbi sepolcri che
formano una gloria tanto della civiltà pagana, quanto della
cristiana?… Ah! l’immortalità dell’anima è il fonte,
la radice, lo sprone di tutto quello che fanno i vivi per i morti…
Qui,
secondo l’osservazione di un celebre scrittore, la natura umana si
mostra superiore al resto della creazione, e ci si manifesta nel suo
alto destino. Conosce forse la bestia il sepolcro, o s’inquieta delle
sue ceneri? Che importa alla fiera delle ossa del padre suo, o sa
essa chi sia il padre suo passati i bisogni della sua prima età?
L’uomo solo, fra tutti gli esseri creati, raccoglie la cenere del suo
simile e la tiene in religiosa riverenza: ai nostri occhi il dominio
della morte ha un non so che di sacro. Donde viene dunque la potente
idea che noi abbiamo della morte? Sarà forse che un pugno di
polvere sia per sé degno dei nostri omaggi? Non già; ma
noi rispettiamo le ossa dei nostri maggiori, perché una
segreta ed intima voce ci grida che non tutto in essi è
spento. È questo il pensiero che consacra il culto funebre
presso i popoli tutti della terra. Tutti sono persuasi che il sonno,
neppure quello della tomba, non è durevole, e che la morte,
ben considerata, si trasforma in una vita gloriosa.
E le
preci che miste alle lagrime si versano su la bara di un padre, di
una madre, di una sposa, di un figlio, di un fratello, di una
sorella; di un amico, di un congiunto, non sono esse un argomento
della fede nell’immortalità dell’anima?..
 
8.
L’IMMORTALITÀ DELL’ANIMA PROVATA DAI DISORDINI CHE
NASCEREBBERO DA UNA CREDENZA CONTRARIA. – Se, dopo questa vita, non
ve ne fosse un’altra; se l’anima non fosse immortale, che ragione si
potrebbe dare della creazione e della vita presente così breve
e così travagliata?… Le bestie sarebbero ben più
felici di noi…
E poi
qual senso avrebbe l’incarnazione del Verbo, la sua passione, la sua
morte, per riscattare gli uomini? A che pro un culto, una morale, i
dogmi, i sacerdoti, le prediche, le chiese, i sacramenti? Che
gioverebbe la pratica delle virtù? Perché studiarsi a
frenare le passioni, a contenere i propri appetiti?..
Se
tutto finisse nella tomba, noi non vedremmo più né un
buon padre, né una tenera madre, né un amico sincero,
ecc. O cielo! in quale desolante disperazione non ci getterebbe un
tale pensiero!… Che ne sarebbe della ricompensa della virtù?
perché ognuno vede quanto poche virtù sono ricompensate
nella presente vita!… Il delitto, la malvagità avrebbe
dunque il privilegio di andare impunita? Infatti nessuno non può
negare, che moltissimi delitti stanno nascosti e più altri non
sono puniti e non pochi ancora rimunerati!… E in quest’ipotesi, Dio
sarebbe giusto? Non sarebbe la virtù un nome vano ed il
delitto una chimera?»… Risulta dunque che l’anima è
immortale…; che vi è un’altra vita oltre la presente…;
bisogna dunque pensarvi e adoprarci a procurarcela, ad essere felici
nell’eternità, fuggendo il male e praticando il bene nel
tempo…