I Miracoli Eucaristici, di Padre Giorgio Finotti dell’Oratorio. Ricordiamo ancora una volta la bella lezione di San Filippo Neri che fece accompagnare da due chierichetti con le candele accese quella donna che usciva di chiesa appena fatta la Comunione. Ma ora chi ha possibilità di fermarsi ad Offida, una cittadina operosa ed ospitale in provincia di Ascoli Piceno, nelle Marche, si informi e si faccia mostrare, presso la Chiesa di Sant’Agostino, il segno straordinario eucaristico, là conservato fin dal 1273, a causa di una certa donna che oltre a non ringraziare Gesù Eucaristia, arrivò fino a commettere un tremendo sacrilegio, a tal punto che Gesù stesso, senza nostro merito, si mostrò con segno inconfondibile proprio per confondere la nostra miseria e malizia!
I Miracoli Eucaristici: OFFIDA (ASCOLI PICENO) (1263)
Ho ricevuto da una gentile lettrice un libro veramente utile, di Anna Maria Centi, dal titolo: “11 Diacono del Ringraziamento, preghiere di ringraziamento dopo la S. Comunione”.
Ritengo che sia un libro utile alla pietà eucaristica perché raccoglie – come dice il sottotitolo – un discreto numero di preghiere che i fedeli possono dire privatamente e sotto la guida di un animatore – appunto un Diacono come dice il titolo – dopo la S. Comunione.
“Poiché – afferma l’autrice nell’introduzione – ormai è invalso l’uso di abbandonare la Chiesa subito dopo la benedizione di congedo: “Andate in pace”, accade che mentre ancora le specie eucaristiche sono presenti in coloro che si sono appena comunicati, essi siano soggetti ad ogni distrazione, che a volte rasenta una profanazione vera e propria, del grandissimo Sacramento appena ricevuto”.
Il Card. Martini ha scritto: “II tempo di ringraziamento personale dopo la Messa, il rilancio di forme di culto eucaristico comunitarie e personali sono l’indice di un capitolo di vita liturgica, oggi particolarmente bisognoso di cure assidue, perché l’uomo che celebra l’Eucaristia sia evangelizzato e, dalla Messa vissuta e partecipata, venga a sua volta spinto a farsi evangelizzatore…”.
Dunque ben vengano libri come questo che ho citato, perché aiutandoci ad esprimere a Dio umili preghiere di ringraziamento dopo la Comunione, il nostro spirito si elevi ad una più salda contemplazione di Dio in noi, l’Emmanuele’
Provate a prendere in mano l’Imitazione di Cristo, quante o quanto stupende infervorate preghiere sono scritte affinché un’anima, innamorata dell’Eucaristia, possa esprimere il suo adorante affetto, e l’umile dono di sé al Dio longanime e misericordioso?
Quand’ero fanciullo suor Luigina Colombo – una piccola grande anima – m’aveva insegnato a dire brevi preghiere di ringraziamento a Gesù Eucaristia.
“Atto di fede e di adorazione: Signore mio Gesù Cristo, io credo che tu sei in me/ vivo e potente, come in cielo. Profondamente umiliato, ti adoro, perché tu sei il mio Dio…”.
E poi s’aggiungeva l’atto di ringraziamento e di offerta, di amore e di domanda…
Ed oggi che dico a Gesù se sono così distratto e precipitoso? Non gli permetto neppure di scaldarmi il cuore. Beate invece quelle anime che sanno adorare/ ringraziare…, fermandosi in chiesa…
S. Cirillo di Alessandria diceva che noi siamo come l’acqua: se si mette sul fuoco diventa bollente!
Così è chi sa adorare in silenzio l’ospite divino, fuoco d’amore che può rendere ardente la nostra povera acqua se stiamo volentieri sul fuoco del suo amore.
S. Teresa di Gesù raccomandava: “Tratteniamoci amorevolmente con Gesù e non perdiamo l’ora che segue la comunione: è un tempo eccellente per trattare con Dio e per sottoporgli gli interessi dell’anima nostra… Poiché sappiamo che Gesù resta In noi fino a quando il calore naturale non ha consumato le apparenze del pane, dobbiamo avere grande cura di non perdere così bella occasione per trattare con lui e presentargli le nostre necessità”.
Ricordiamo ancora una volta la bella lezione di San Filippo Neri che fece accompagnare da due chierichetti con le candele accese quella donna che usciva di chiesa appena fatta la Comunione. Ma ora chi ha possibilità di fermarsi ad Orrida, una cittadina operosa ed ospitale in provincia di Ascoli Piceno, nelle Marche, si informi e si faccia mostrare, presso la Chiesa di Sant’Agostino, il segno straordinario eucaristico, là conservato fin dal 1273, a causa di una certa donna che oltre a non ringraziare Gesù Eucaristia, arrivò fino a commettere un tremendo sacrilegio, a tal punto che Gesù stesso, senza nostro merito, si mostrò con segno inconfondibile proprio per confondere la nostra miseria e malizia!
Ogni dettaglio apparirà chiaro ripercorrendo le vicende della sua inaudita e, per certi versi, umanissima storia.
Vivevano a Lanciano – città già nota per il primo miracolo eucaristico – due coniugi: Giacomo Stasio e Ricciarella, ma non andavano d’accordo e ogni giorno litigavano.
La donna, volendo tentare di ristabilire l’armonia familiare, invece di rivolgersi a Dio, andò da una donna del luogo per domandarle suggerimenti utili al proprio caso.
La donna senza scrupoli, dopo aver ascoltato Ricciarella, disse:
— “Sei pronta a tutto?
— Sì, a tutto.
— Ed allora: ascolta bene!
La prima volta che vuoi, vai a messa e quando fai la comunione, nascondi la particela consacrata e poi, una volta arrivata a casa, senza farti vedere da tuo marito, polverizza la particela mettendola nel fuoco e poi mescolala nel cibo o nella bevanda per lui”.
Ricciarella, pronta a tutto pur di tornare a godere la pace domestica, seguendo il consiglio della megera, una mattina ricevette la santa comunione e poi chinato il capo fece cadere la sacra particela dentro il corsetto dell’abito all’altezza del petto.
Tornata a casa mise del fuoco in un coppo, una tegola, quindi vi pose sopra l’Ostia, sicura che si sarebbe ridotta in polvere, senza rendersi conto della vergognosa crudeltà, tutta bramosa di riuscire nel suo intento.
Ma Gesù reagì ben diversamente. L’ostia, immersa nel calore del coppo, rimanendo in piccola quantità sotto le apparenze del pane, nel resto si convertì all’improvviso miracolosamente in carne, da cui sgorgò sangue abbondante che si diffuse per tutto il coppo!
Spaventata, la donna cominciò a gettare cenere e a colarvi cera, ma il Sangue non cessava di scorrere, poi si coagulava Ricciarella allora, terrorizzata, prese una tovaglia di lino e v’avvolse il coppo contenente il Corpo e il Sangue del Signore.
Tremante dì paura, portò l’involto nella stalla e lo nascose accuratamente sotto il letame.
Angeli del Signore che fa questa donna? Venite voi ad adorarvi il Re dei re così disprezzato e conculcato nel suo onore divino. Anime eucaristiche inginocchiatevi voi e restate in adorazione accanto al Dio così umiliato e vilipeso!
A sera quando tornò il marito assieme al suo giumento subiti guidò l’animale verso la stalla. Ma la bestia, inspiegabilmente, si rifiutò di varcarne la soglia.
Dinanzi a tale ostinazione, l’uomo prese un bastone nodoso percosse così aspramente il giumento da costringerlo ad entrare, cosa che l’animale fece/ rimanendo però inchiodato verso l’angolo dov’era stata nascosta l’ostia miracolosa.
Giacomo allora incominciò ad inveire, più violentemente del solito, contro la moglie, accusandola di aver operato qualche stregoneria in quel locale: Tu sei proprio una strega!
Ma la donna negò con mille spergiuri.
E così la Santissima Eucaristia rimase là sepolta per ben 7 anni sotto il letame.
Ah! Signore dolcissimo quante volte anch’io ti ho offerto il mio cuore senza l’amore e senza la grazia e ti ho tenuto celato come in un immondezzaio! Avrai mai pietà di noi/ Signore?
Per tutti i sacrilegi che il tuo Santissimo Sacramento ha ricevuto come oltraggio volontario o come terribile negligenza, Signore ricevi ora l’umile omaggio di milioni di cuori che sanno riparare e piangere d’amore!
Dal giorno del compimento dell’atto sacrilego, Ricciarella visse profondamente angosciata da continui e amari rimorsi riconoscendosi meritevole delle più gravi pene.
A volte svegliandosi di notte gridava chiedendo pietà.
— Taci e dormi, stupida/ dormi! – le diceva ignaro il marito, che voleva dormire in pace.
Ma ella non riuscendo a sopportare ulteriormente i richiami della propria coscienza turbata e sconvolta, decise di andarsi a confessare per riconciliarsi con Dio.
—Abbi pietà di me. Signore, abbi pietà! Perdonami, perdonami!
Si recò così dal venerando padre Giacomo Diotallevi, nativo di Orrida e priore del Convento di Sant’Agostino in Lanciano.
Con l’aiuto paziente ed illuminato di questo frate di provata esperienza, la donna riuscì – tra molte lacrime – a svelare il gravissimo peccato commesso anni addietro.
Il confessore, pur rimanendo vivamente impressionato dinanzi alla narrazione fatta dalla donna, esortò la penitente a tranquillizzarsi assicurandola che Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva.
Ma era necessario prelevare la Santissima Eucaristia dall’indegno luogo dove era stata nascosta.
Vestito dei paramenti sacri, il buon agostiniano si recò alla stalla, sollevò il letame e con grande sorpresa, poté verificare che esso non aderiva al panno, ne al coppo, anche se c’era un fetore schifoso che veniva dal letame rimosso. Inoltre si rese conto che tanto i frammenti di ostia e di carne quanto il sangue da questa sgorgato, erano ancora freschi come se il miracolo fosse avvenuto qualche momento prima.
Padre Giacomo portò il Santissimo Sacramento nel monastero dov’egli abitava e dopo pochi giorni andò ad Offida dove mostrò le sante reliquie a p. Michele, priore del convento dei padri agostiniani di Offida.
Gli offidani, venuti a conoscenza del prodigio e consapevoli dell’onore grande con cui era conveniente custodire il Corpo e il Sangue del Signore, decisero di far preparare un ricco reliquiario dove conservarli.
Perciò, raccolta una notevole quantità d’argento, affidarono al Priore dì Offida il compito di far preparare un’artistica croce nell’interno della quale depositare i frammenti di ostia e di sangue,
insieme a piccoli pezzi della vera Croce che lo stesso p. Michele possedeva.
Questi con un confratello partì subito per Venezia onde ordinare ad un orafo la lavorazione del Reliquiario, ma quest’ultimo, nonostante avesse giurato dì mantenere il segreto su quanto si sarebbe dovuto porre nella croce di argento, si recò dal Doge di Venezia e gli svelò quanto sapeva, pregandolo di far sequestrare la Sacra Reliquia. Il Doge ordinò ad alcuni naviganti di inseguire i due religiosi, ma fu loro impossibile perché sulle acque del lido si levò una paurosa tempesta, permettendo ai due frati di arrivare tranquillamente ad Offida.
In Offida gli Agostiniani avevano una chiesa dedicata alla Madonna la quale, dopo l’arrivo delle reliquie eucaristiche fu rimessa a nuovo sin dalle fondamenta e dedicata a Sant’Agostino.
La Cappella delle reliquie eucaristiche è sullo sfondo dell’abside, cui si accede attraverso due scalinate.
Ma noi ci fermiamo qui ad adorare… e pregare:
“Signore, Padre, guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa la vittima immacolata per la nostra redenzione; e a noi, che ci nutriamo del Corpo e del Sangue del tuo Figlio dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito (Canone 3°).
L’Eucaristia è il Natale di ogni giorno, invasione del ciclo nel piccolo umano.
Non c’è pane che non sia passato da un forno ardente, nel vino i cui grappoli non siano prima scaldati al sole; così non c’è Eucaristia di cui il pane e il vino non abbiano attraversato il braciere della Pentecoste uscendone Corpo e Sangue di quell’Agnello di cui, è scritto nell’Esodo, doveva essere “arrostito al fuoco” (12/ 8).
Ma di quale fuoco? A quello che la sacrilega Ricciarella sottopose Gesù Eucaristia celandolo poi sotto il fetore del letamaio?
No, no, ma nel fuoco dello Spirito Santo e ricevuto dal profumo del mio cuore.
Per questo Sant’Efrem ha cantato: “Lo Spirito nel tuo pane il fuoco nel tuo vino. Il fuoco e lo Spirito tu li versasti nelle mani dei discepoli!”.
Ci sono giorni in cui la solitudine ci schiaccia col suo peso per tutto quello che non si può dire o non si ha il coraggio di confidare nemmeno alle persone più care: o non capirebbero o reagirebbero in modo diverso o anche perché non si ha il diritto di caricare le spalle di nessuno o infine perché proprio non abbiamo nessuno a cui dire la pena, la tristezza, l’angoscia, la disperazione…
E si rimane soli, a volte con atroci sofferenze o con lo smarrimento nel cuore che geme, si strazia…
In questi momenti da chi vado? Vengo da te, Signore Gesù, Divino Presente: tu solo puoi accogliere le mie angosce e consolarle. Non c’è solitudine, non c’è paura che Gesù Eucaristia non possa sciogliere e colmare.
Gesù è con noi nell’angoscia, anche se l’appuntamento è nell’orto degli ulivi. La mia mano però è nella Sua. Poesia!
Non direi: perché allora Gesù vuoi essere presente tra noi, col suo Corpo e il suo Sangue?
Per ornamento? Non credo. Allora, anima mia, quando senti l’anima che si spezza in tante briciole, in tanti frammenti vai e mangia nella fede al Pane della vita e prendi fra le mani il suo Corpo e mangia. Egli è qui per rifarti, per riunirti, per amarti. Come sono belli i momenti di riposo accanto al Signore.
Offriti alla sua Presenza come un emigrato, un indigente, un povero. Egli sa chi sei, che cosa vuoi e quello che vali. Ricevi la visita, il divino visitatore.
E sarai tu, ora, il Suo Tabernacolo non più di pietra e oro, ma di carne e sangue: nuovo pane e nuovo vino per la sua presenza lungo le vie del mondo!
In conclusione dedico a tutti i lettori, a tutte le lettrici una piccola preghiera per augurare a tutti un Santo Natale, compleanno di Gesù, facciamo che sia Lui il vero festeggiato!