HERBERT SCHAMBECK, Presidente del Parlamento della Repubblica Federale d’Austria. Papa Pio XII non pote’ evitare le atrocita’ contro i perseguitati per motivi politici e razziali, ma cerco’ di prestare il suo aiuto. ringraziato Pio XII per la sua coraggiosa opera di sostegno ed aiuto agli ebrei perseguitati dai nazisti: oggi alcuni storici ebrei accusano la Chiesa e Pio XII di ambiguita’
L’OSSERVATORE ROMANO, Domenica 1 Novembre 1998
Monografie
L’opera della Santa Sede durante la Seconda Guerra Mondiale in difesa di tutti i perseguitati per motivi politici e razziali.
A proposito dell’atteggiamento tenuto da Papa Pio XII nei confronti degli ebrei di fronte alla barbarie nazista ha detto l’ex console generale d’Israele a Milano Pinhas E. Lapide: «In un tempo in cui la forza armata dominava indiscriminatamente e il senso morale era scaduto al livello più basso, Pio XII non disponeva di alcuna forza di tal genere e poté appellarsi soltanto alla morale; dovette contrastare la violenza del male a mani nude. Avrebbe potuto elevare vibrate proteste, che sarebbero potute anche sembrare insensate, oppure procedere, passo dopo passo, in silenzio. Parole gridate o atti silenziosi?». Papa Pio XII scelse gli atti silenziosi e cercò di salvare il salvabile.
Giustizia per Papa Pio XII
HERBERT SCHAMBECK
Presidente del Parlamento della Repubblica Federale d’Austria
Nella valutazione delle personalità della storia è sbagliato assumere come criterio di giudizio, e cosa ancor più deplorevole, di condanna conoscenze acquisite successivamente. Nel caso di Papa Pio XII (1876-1958) si tiene proprio questo atteggiamento.
Quando, il 2 marzo 1939, l’allora Segretario di Stato Eugenio Pacelli, venne eletto quale Successore di Pietro, l’Europa, e in seguito il mondo, si trovava all’inizio del confronto che sarebbe stato sempre più fatale e sacrificale con il nazionalsocialismo e la Germania di Hitler, così come con il comunismo sovietico. Papa Pio XII dimostrò di aver compreso i segni dei tempi poiché scelse quale suo motto: «Opus iustitiae pax» (La pace è opera della giustizia). Già in veste di stretto collaboratore del suo predecessore Papa Pio XI, Eugenio Pacelli, Cardinale Segretario di Stato, si era confrontato con la situazione politica di allora e non era certamente estraneo all’Enciclica «Mit brennender Sorge» (1937). Papa Pio XII stesso nella sua prima Enciclica «Summi Pontificatus» (1939) fece un’analisi profonda delle cause reali della guerra, insieme al rifiuto della pretesa di potere assoluto dello Stato e a un appello all’unità della società umana contro le idee pagane di una razza superiore e delle sue irrinunciabili prerogative. Tale Enciclica era chiaramente rivolta contro il regime nazionalsocialista. In seguito Papa Pio XII formulò un invito, che però venne rifiutato da entrambe le parti, alla Germania e all’Italia da una parte e alla Francia, all’Inghilterra e alla Polonia dall’altra affinché si riunissero in una conferenza di pace. Di fronte alla gravità della situazione, il 24 agosto 1939, Papa Pio XII si rivolse alla comunità dei popoli: «Nulla è perduto con la pace, tutto si può perdere con la guerra».
Pio XII dimostrò di aver riconosciuto la gravità dello scontro e delle persecuzioni di quel tempo quando, il 24 dicembre 1940, la notte di Natale, parlò al Collegio Cardinalizio del «presupposto morale di un ordine pacifico fra i popoli». Già nel 1940 Pio XII aveva pensato a un nuovo ordinamento e aveva sottolineato cinque presupposti fondamentali per il 24 dicembre 1940:
1. La vittoria sull’odio, che oggi divide i popoli, la rinunzia quindi a sistemi e a pratiche, da cui esso riceve sempre nuovo alimento.
2. La vittoria sulla sfiducia, che grava come peso deprimente sul diritto internazionale, rende inattuabile ogni vera intesa.
3. La vittoria sul funesto principio che l’utilità è la base e la regola dei diritti, che la forza crea il diritto.
4. La vittoria su quei germi di conflitto, che consistono in divergenze troppo stridenti nel campo dell’economia.
5. La vittoria sullo spirito di freddo egoismo, il quale, baldanzoso della sua forza, facilmente finisce col violare non meno l’onore e la sovranità degli Stati che la giusta, sana e disciplinata libertà dei cittadini.
Il direttore dell’Ufficio per la Sicurezza del Reich Reinhard Heydrich interpretò questo discorso come rivolto esclusivamente contro il Terzo Reich e osservò criticamente: «La formulazione di tali istanze concrete da parte del Papa dimostra che egli considera arrivato il momento di proporre apertamente all’opinione mondiale il suo programma di un nuovo ordinamento in senso cattolico. Chiaramente si intende contrapporre al nuovo ordinamento della Germania nazionalsocialista un sistema cattolico. Il Papa, fugando così qualsiasi dubbio sul fatto che questo suo programma politico, economico e sociale sia rivolto contro il nazionalsocialismo, aggiunge ai suoi cinque punti una protesta contro la persecuzione della Chiesa. In seguito, Heydrich, con una dichiarazione dell’Ufficio per la Sicurezza del Reich del 25 febbraio 1942, inviata a tutti i responsabili di distretto, mostrò irritazione per il pensiero di Pio XII espresso nel messaggio del 24 dicembre 1941: «Noi amiamo, ce n’è testimonio Dio con uguale affetto tutti i popoli senza alcuna eccezione; e per evitare anche solo l’apparenza di essere mossi da spirito di parte, ci siamo imposti finora il massimo riserbo; ma le disposizioni contro la Chiesa e gli scopi, che esse perseguono, sono tali da sentirci obbligati in nome della verità a pronunziare una parola». Heydrich ordinò alla Gestapo di sequestrare tutti i bollettini ufficiali della Chiesa cattolica rivolti contro la Germania e contro il regime nazionalsocialista. In tal modo impedì anche il 6 giugno del 1941 la diffusione del messaggio di pace di Pio XII, poiché secondo Heydrich l’intenzione del Papa era «di indebolire il fronte compatto del popolo tedesco mediante pensieri di pace e di stimolare la forza di opposizione dei popoli nemici».
Ciononostante, Pio XII proseguì nei suoi sforzi. È necessario a questo punto ricordare le importanti parole che il 2 giugno 1943 Papa Pio XII rivolse al Collegio Cardinalizio e attraverso di esso a tutto il mondo in ricordo delle iniziative che avevano preceduto lo scoppio della guerra:
«Rivolgendoci nei nostri messaggi al mondo intero, non è, né fu mai Nostra intenzione di muovere un atto di accusa, bensì di richiamare gli uomini al sentiero della verità e al salvamento: la Nostra era la voce della scolta vigile, suscitata e posta da Dio a tutela dell’umana famiglia; era, alla vigilia dell’immane conflitto, il grido erompente del cuore paterno, angosciato e straziato dalla previsione dell’imminente catastrofe, ma ispirato dall’amore per tutti i popoli senza distinzione, dall’amore di Cristo che tutto vince e tutto supera e che Noi stessi spinge ed infiamma». Poiché Pio XII sapeva che i cattolici erano presenti in entrambi gli schieramenti in guerra, dovette evitare le condanne globali così come le dichiarazioni di aperta condanna contro il regime nazionalsocialista che avrebbero peggiorato ancora di più la sorte dei perseguitati per motivi religiosi, politici e razziali. Non dal Vaticano, ma da ben altro si sono lasciate ingannare le grandi potenze.
Papa Pio XII proseguì nei suoi sforzi anche nel periodo seguente, soprattutto dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, per una possibile pace e per la tutela dei diritti dell’uomo relativamente ai prigionieri di guerra e ai perseguitati per motivi politici e razziali. Lo fece mediante costanti appelli alla pace e alla mediazione e con iniziative e sforzi privati quali contatti con i Nunzi Apostolici nei singoli Stati, in particolare in quelli che conducevano la guerra. Non tutti gli sforzi di Papa Pio XII e del Vaticano hanno avuto successo, ma sono stati comunque compiuti. Il 10 maggio 1942, il Ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop dichiarò a Hans-Heinrich Lammers della Cancelleria del Reich che nel suo ministero le note di protesta del Vaticano, rimaste senza risposta, componevano un «intero archivio». Papa Pio XII non si lasciò turbare e intraprese delle azioni. Non lo fece così come si fa oggi in maniera plateale, ma fu molto accorto e fece quanto era possibile nel modo che, con maggiore probabilità, poteva far conseguire lo scopo di aiutare le persone in pericolo. Parlò contro la violazione dei diritti dell’uomo e contro il razzismo e cercò di salvare la vita delle persone.
Sulla base di studi accurati, lo storico americano Robert A. Graham ha affermato: «Il Vaticano era pronto a prestare aiuto ovunque vi fossero condizioni tali da giustificare speranza e successo e in realtà anche se le possibilità di successo erano uguali a zero. La Santa Sede agì per propria iniziativa e anche in risposta agli appelli che Governi o organizzazioni ebraiche le rivolgevano».
In particolare, per ordine di Papa Pio XII, vennero inviati i Nunzi Angelo Roncalli a Costantinopoli, Orsenigo a Berlino, Cassulo a Bucarest, Cortesi a Varsavia, Valeri a Parigi, Amleto Cicognani a Washington, Gaetano Cicognani a Madrid, Borgongini Duca a Roma, Rotta a Budapest e Burzio quale Incaricato d’Affari a Pressburg. Anche le attività di promozione della pace del Padre gesuita Tacchi-Venturi sarebbero state intraprese presso Mussolini per ordine di Papa Pacelli, in particolare in relazione agli ebrei della Germania, della Croazia e della Polonia. In particolare bisogna ricordare anche l’aiuto della Santa Sede agli ebrei in Ungheria. Appena la Santa Sede seppe delle deportazioni degli Ebrei, vi si oppose con tutte le sue forze insieme ai Vescovi ungheresi. Il 25 giugno 1944 Papa Pio XII inviò un telegramma al Reggente Horthy e gli chiese di fare il possibile e di utilizzare tutta la propria influenza per evitare ai perseguitati miseria e sventura. In seguito Graham scrisse giustamente: «Se poi in seguito le deportazioni degli ebrei vennero sospese e comunque la loro condizione, fino alle ultime settimane, migliorò leggermente, lo si deve all’intervento del Santo Padre».
Accanto allo sforzo costante di Papa Pio XII di contribuire in silenzio alla tutela e alla salvezza dei perseguitati, così come alla promozione della pace fra gli Stati in guerra, vanno menzionati l’ufficio delle informazioni e l’opera di aiuto «Pio XII», che fece molto bene fornendo biancheria, vestiti e mezzi di sussistenza. Bisogna anche ricordare Madre Pasqualina, sua assistente e segretaria fin dai tempi in cui era Nunzio Apostolico a Monaco. Il suo libro di memorie «Pio XII. Il privilegio di servirlo» è consigliato a chiunque si occupi di quel periodo.
Purtroppo, questi sforzi furono inutili a Berlino. Graham scrive «del muro di pietra dell’intransigenza» contro tutte le azioni della Santa Sede, in particolare contro quelle intraprese da Orsenigo, Nunzio in Germania. Fino a che punto Papa Pio XII si interessò della situazione in Germania, lo dimostrano 135 lettere e telegrammi che egli scrisse a Vescovi tedeschi e i venti volumi di documenti sulle azioni di allora di Papa Pio XII, la cui edizione fu in seguito, per volere di Papa Paolo VI, curata dagli studiosi gesuiti Pierre Blet, Robert A. Graham, Angelo Martini e Burkhart Schneider. In quegli anni pieni di responsabilità Pio XII rimase in contatto costante soprattutto con i Vescovi tedeschi. La raccolta in più volumi delle sue lettere documenta chiaramente il suo impegno per l’umanità.
Papa Pio XII non poté evitare né lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale né le atrocità contro i perseguitati per motivi politici e razziali, ma cercò di mitigare questi aspetti e di prestare aiuto, mentre molti Stati in Europa e altrove negarono aiuto e asilo ai perseguitati, spesso anche agli Ebrei. Papa Pacelli, e con lui la Santa Sede, non si comportò certo così, anzi nel modo opposto. Su iniziativa di Papa Pio XII il Vaticano, Castel Gandolfo, molti conventi a Roma e altrove diedero asilo a molti perseguitati. Papa Pio XII prese personalmente posizione a proposito della persecuzione degli Ebrei nel suo discorso di Natale del 1942 e nell’intervento ai Cardinali del 2 giugno 1943. Purtroppo è una caratteristica del nostro tempo negare gli aspetti positivi e inventare quelli negativi per poi farne propaganda. Anche la Santa Sede lo ha sperimentato come dimostra la trattazione della storia contemporanea. Per questo motivo è particolarmente degna di nota la dichiarazione del 1986 dello studioso ebreo Pinhas E. Lapide: «ll numero totale degli Ebrei che, anche grazie all’aiuto cristiano, sopravvissero a Hitler nell’Europa occupata dai nazionalsocialisti, a esclusione della Russia, è di circa 945.000. Gli ebrei, alla cui salvezza ha contribuito la Chiesa cattolica, ufficialmente risultano essere 700.000, ma è probabile che il loro numero sia di 860.000».
Non si possono non menzionare anche le osservazioni del Rabbino André Ungar: «Il Vaticano stesso diede l’autorizzazione e forse anche l’incoraggiamento all’opera di salvezza degli ebrei; il Vaticano mise a disposizione ingenti somme di denaro e, all’occasione, anche i benefici dei propri privilegi diplomatici per salvare gli Ebrei dai nazionalsocialisti». Sarebbe errato parlare solo d’ingratitudine e di falso apprezzamento nei confronti del comportamento di Papa Pio XII e delle azioni della Santa Sede. Il 10 ottobre 1958, il Rabbino Capo di Roma, Elio Toaff, nella circostanza della morte di Papa Pio XII, disse: «Più che in ogni altra occasione, abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare la grande compassione e la grande generosità di questo Papa durante gli anni della persecuzione e del terrore, quando sembrava non ci fosse per noi più alcuna speranza». Non possiamo non citare l’apprezzamento contenuto nel telegramma di condoglianze dell’allora Ministro degli Esteri e in seguito Primo Ministro di Israele Golda Meir: «In un mondo scosso dalle guerre e dalla mancanza di unità, egli rappresentò i supremi ideali di pace e di compassione. Quando, nel decennio del terrore nazionalsocialista il nostro popolo venne sottoposto a un terribile martirio, la voce del Papa si è levata per le vittime».
Alcuni si vedono costretti a giudicare molto severamente Papa Pio XII perché non poté condannare a voce più alta e aiutare di più. Per un corretto giudizio sulla situazione dobbiamo affermare che Papa Pio XII e il Vaticano hanno fatto quanto era nelle loro possibilità. Pinhas E. Lapide stesso lo ha riconosciuto: «In un tempo in cui la forza armata dominava indiscriminatamente e il senso morale era scaduto al livello più basso, egli non disponeva di alcuna forza di tal genere e poté appellarsi soltanto alla morale; dovette contrastare la violenza del male a mani nude. Avrebbe potuto elevare vibrate proteste, che avrebbero potuto anche sembrare insensate, oppure procedere passo dopo passo in silenzio. Parole gridate o atti silenziosi?». Papa Pio XII scelse gli atti silenziosi e cercò di salvare il salvabile. Sicuramente ritenne che una protesta gridata avrebbe avuto minore effetto di un’azione silenziosa che avrebbe potuto invece essere più utile. Non a torto pensò che una dichiarazione pubblica avrebbe potuto sortire effetti contrari a quelli desiderati.
Papa Pio XII non sbagliò, come dimostra la ritorsione del regime nazionalsocialista in Olanda dopo la protesta pubblica dei Vescovi di quel Paese contro la deportazione degli Ebrei. Il Rabbino André Ungar ha sottolineato: «Descrivere le motivazioni di Pacelli come indegne significa falsificare la verità». Certamente attraverso il regime nazionalsocialista è stata perpetrata un’ingiustizia inaudita nei confronti dei perseguitati per motivi politici e razziali, in particolare degli Ebrei. Il 13 marzo 1988, in occasione di una cerimonia commemorativa, io stesso nel mio discorso in Parlamento in ricordo delle vittime della persecuzione nazionalsocialista ho detto ammonendo: «Mai più». La via verso un futuro migliore dovrebbe essere quella della comprensione della storia e della verità e non quella della calunnia.