W. Devivier S. J., Il compimento delle profezie che riguardano la Persona e la missione di “Gesù Cristo. Enumerazione di alcune Profezie: Venuta e qualità del Messia. La sua nascita e la sua giovinezza. La sua carriera apostolica. La sua passione e la sua morte. Stabilimento della sua Chiesa. Il sacrificio della legge nuova. Figure profetiche del Messia. L’avveramento delle profezie
W. Devivier S. J.
Gesù di Nazaret è il Messia promesso
Il compimento delle profezie che riguardano la Persona e la missione di
Gesù Cristo
Enumerazione di alcune Profezie.
Cominciando dalla caduta dei primo uomo, Dio non cessò d’inviare successivamente una moltitudine di profeti per annunciare e dipingere, con circostanze sempre più determinate, il Messia che alla religione mosaica doveva sostituire una religione più perfetta, destinata per tutti i popoli e per tutti i tempi. Questi inviati di Dio fissano con precisione sempre crescente il tempo in cui il Messia comparirà sulla terra, la famiglia alla quale apparterrà, la città in cui vedrà la luce: molti secoli prima danno le più precise circostante della sua nascita, della sua vita, della sua predicazione, de’ suoi miracoli, dei suoi patimenti, della sua morte, del suo trionfo sulla morte e sul mondo. Ricordiamo in modo speciale le celebri profezie di Giacobbe, di Daniele, d’Aggeo e di Malachia, che l’una dopo l’altra determinano sempre meglio il tempo in cui doveva comparire il Messia. Nello stesso tempo questi punti particolari faranno vedere l’importanza delle profezie a comprovare la divina missione del Salvatore.
1. Venuta e qualità del Messia.
“Figlio di Abramo” (Genesi, 12), discendente dalla tribù di Giuda (Gen.. 49), da Davide (Salm. 88, Is. II, Ger. 23 ecc.), il Messia aspettato da tutte le nazioni (Gen. 49, Agg. 52), nascerà dalla Vergine (Is. 7, Ger. A Ezech. 44), nella città di Betlemme (Mich. 5), prima della schiavitù della nazione (Gen. 49), la settantesima settimana d’anni dopo l’editto per la ricostruzione del tempio di Gerusalemme (Dan. 9), e prima della distruzione di questo secondo tempio per opera d’una nazione straniera (Agg. 2, Malachia, 3).
La sua venuta sarà preceduta da una pace universale (Salm. 71, Is. 2, Dan. 2, Zacc. 3), e sarà annunziata e preparata da uno speciale inviato (Mal. 3), la cui voce risuonerà nel deserto (Is. 40).
Il Messia, di nome come di fatto, sarà Gesù ossia Salvatore (Habac. 3, Is. 5i, ecc.), Emmanuele ossia Dio con noi (Is. 7), il Cristo ossia l’Unto per eccellenza (Salm. 2, 44, Is. 61. Lament, 4), Figlio, di Dio (Salm. 2, Os. 11), Dio (Is. 9, 25, 35, 40, Sal. 44, 109, Bar . 3, Mal. 3), e Dio nascosto (Is. 45), pontefice secondo l’ordine di Melchisedec (Salm. 109), il giusto per eccellenza (Ger. 23, Sap. 2, Is. 45, 62 ecc.), il Santo ed il Santo dei Santi (Salm. 4, 15, Is. 12, Dan. 9), l’ammirabile, il consigliere, il Dio forte, il padre del futuro secolo, il principe della pace (Is. 9).
2. La sua nascita e la sua giovinezza.
Sarà adorato dai re d’Oriente, che gli offriranno oro ed incenso (Salm. 71, Is. 60); il Salvatore soggiornerà in Egitto (Os. II), e a Nazaret in Galilea (secondo il testo ebreo Is. 3) converserà cogli abitanti di Sion (Is. 12, ecc.) e colla sua presenza Onorerà il secondo tempio (Agg. 2, Mai. 3).
Sarà povero e fin dalla sua giovinezza attenderà al lavoro (Salm. 87), e tuttavia sarà re e possessore eterno di un regno che si estenderà fino all’estremità della terra (Salm. 2). Sarà obbediente (Salm. 39), e dolce e pacifico (Salm. 119).
3. La sua carriera apostolica.
Egli non schiaccerà coi piedi la canna spezzata e non spegnerà il lucignolo che fuma ancora (Is. 42); andrà a cercare le pecorelle smarrite, solleverà quelle che sono cadute, fascerà le piaghe di quelle che sono ferite fortificherà le deboli, confermerà le fedeli e le condurrà nelle vie della giustizia (Ezech. 34); consolerà gli afflitti (Is. 61), ed opererà miracoli a favore dei ciechi, dei sordi, dei muti ecc. (Is. 35, 42). Tuttavia ad onta dell’intrinseca efficacia della sua divina parola (Is. 11,49), malgrado lo splendore di questa luce divina (Is. 9, 43, 6o), il Messia sarà una pietra di scandalo e una occasione di rovina per un gran numero di Giudei (Is. 1, 6, 8, 42).
4. La sua passione e la sua morte.
Isaia, Zaccaria ed i Salmi sono come una specie di Vangelo profetico. Lo si giudichi dai testi seguenti: “Mi pesarono per mia mercede trenta monete d’argento. E il Signore mi disse: Getta a quello statuario questa bella somma, a cui mi hanno stimato (Zacc. 21). Veramente si addossò i nostri languori, si caricò dei nostri dolori. Ci parve simile ad un lebbroso colpito da Dio ed umiliato. Per le nostre iniquità è stato coperto di piaghe, fu sfracellato per i nostri delitti. Su di lui è caduto, il castigo che ci deve procurare la pace e colle sue lividure fummo guariti. Ci eravamo smarriti nelle false vie, e Dio lo aggravò di tutte le nostre iniquità, lo colpì per i delitti del suo popolo. Non c’è più in lui nè bellezza, nè splendore. Noi lo vedemmo: più non era riconoscibile, era un oggetto di disprezzo, l’ultimo degli uomini, un uomo di dolori e tutto sfigurato; come pecorella sarà condotto ad essere ucciso, e come un agnello si sta muto dinanzi a colui che lo tosa, cosi egli non aprirà la sua bocca (Is. 53); più somigliante ad un verme che ad un uomo, l’obbrobrio degli uomini e il rifiuto della plebe (Salino 21). Che piaghe Sono queste in mezzo alle vostre mani? Sono piaghe fattemi da quelli che si dicevano miei amici (Zacc. 13). Forarono le mie mani e i miei piedi, contarono tutte le mie ossa. Mi considerarono e mi esaminarono; si divisero le mie vestimenta e gettarono le sorti per avere le mie vesti (Salmo 21). Quanti mi videro si burlarono di me, mossero le labbra e scossero la testa. Confidò nel Signore, essi dicono; lo, liberi, lo salvi, se è vero che lo ama (Salm. 21, Sap. 2). Come tori mi circondarono, ruggirono come leoni; come una muta di cani mi si attaccarono con furore (Sal. 21). Per cibo mi diedero fiele, e per calmare la mia sete mi offersero aceto (Salmo 68). Tutto il giorno fui oggetto di derisione per tutto il mio popolo (Ger. 3).
5. Stabilimento della sua Chiesa.
La più parte delle profezie l’annunziano: “Sugli abitatori di Gerusalemme Dio spenderà il suo spirito, loro darà uno spirito nuovo ed un cuor nuovo (Is. 46, Ezech. 37, Jol. 2). Predicata dapprima in Sion (Is. 2, Mich. 11) la parola di Dio sarà portata da testimoni fedeli (Is. 43, 44), in Africa, nella Lidia, in Italia, nella Grecia, alle isole lontane, ai popoli immersi nelle ombre della morte, che essi conquisteranno al Signore (Is. 60, 52). Li farà passare in mezzo al fuoco e li proverà come si prova l’oro (Zacc. 13). Una nuova alleanza riunirà tutti i popoli (Is. 49, Ger. 31, Os. 2 ecc.): lupi e agnelli, leoni e pecore, docili e pacifici vivranno insieme (Is. 11, Sof. 3, Ger. 32)”.
6. Il sacrificio della legge nuova.
Per coronare il magnifico insieme delle rivelazioni sul Messia, Malachia, che termina la serie dei profeti, annunzia che i sacrifici dell’antica legge, fino ad allora offerti nel solo tempio di Gerusalemme, verranno surrogati da un’oblazione tutta pura, che sarà fatta in ogni luogo e presso tutti ì popoli (Mal. 1, 10, il). Isaia e Davide aggiungono che questo sacrificio della nuova alleanza sarà offerto da sacerdoti tolti da tutte le nazioni (Is. 66), sotto il pontefice supremo secondo l’ordine di Melchisedec (Salmo 109).
7. Figure profetiche del Messia.
Dio voleva che lo spirito del suo popolo fosse continuamente occupato del futuro Redentore, e tutto glielo richiamasse alla sua immaginazione. Quindi non fu contento di annunziarlo tramite il ministero dei profeti. Conformandosi al genio del popolo giudaico, e in generale di tutti i popoli dell’Oriente, procurò di figurare il Messia con tipi vivi e con fatti simbolici. Fra i primi citiamo Isacco, Giuseppe, Mosè, Davide, Giona; fra i secondi l’agnello pasquale, la manna, il serpente di bronzo. Anzi si può dine che tutto il culto e le istituzioni del popolo di Israele avevano un carattere tipica. “Tutto il governo di quel popolo, dice sant’Agostino, non fu che una continua profezia del re che aspettava”. Non è da trascurare questa specie di profezia, la quale, sebbene non serva di base alla prova che in questo momento esponiamo, può nondimeno compire e confermare gli argomenti esposti.
8. Tra la fine delle profezie messianiche e il principio del loro compimento corsero cinquecento anni. D’altronde sappiamo che per rendere impossibile ogni dubbio riguardo a questa anteriorità delle profezie, la Provvidenza dispose che fosse tradotto in greco l’antico Testamento quasi 300 anni prima di Gesù Cristo, e che la traduzione detta dei Settanta fosse diffusa in tutto il mondo, molto tempo prima della venuta del promesso Messia.
Ma queste profezie che si succedettero tanto numerose in un corso di 4000 anni e che si trovarono concordi nell’annunziare lo stesso avvenimento straordinario, prodigioso, impossibile a prevedere si sono poi veramente compite? Ecco la questione che soprattutto importa esaminare.
L’avveramento delle profezie.
Per convincersi appieno del perfetto avveramento di tutte queste profezie in Gesù Cristo, e solo in Gesù Cristo basta leggere i Vangeli. L’accordo dell’Antico col Nuovo Testamento è tanto meraviglioso, che se con tutta certezza non sapessimo che i libri profetici esistevano molti secoli prima di Gesù Cristo, saremmo tentati a credere che quelle così numerose e precise circostanze furono scritte dopo gli avvenimenti da storici e non da profeti.
Sono noti gli sforzi tentati dai critici moderni, specialmente da Renan, Wellhousen, Darmstetter ecc. per togliere il carattere soprannaturale alla missione profetica, e per assegnare ai profeti una parte storica differente da quella che loro attribuisce la tradizione. Non v’ha genere di stortura che non si sia fatta subire ai testi, nessuna interpretazione fantastica alle quali non si sia fatto ricorso per abbassare i profeti alla stregua di semplici indovini, o per rappresentare le loro predizioni come scritte dopo il fatto. Orbene, se la teoria naturalistica è insostenibile in ciò che riguarda la storia e la religione d’Israele, perchè non risponde ai fatti, essa è ancor meno sostenibile, come vedremo, in ciò che concerne l’annunzio dei Messia.
1. L’epoca della venuta del Messia era stata tanto bene determinata e diffusa per tutta la terra, che al tempo della proclamazione dell’impero romano sotto Augusto, non soltanto i Giudei, ma tutti i popoli aspettavano il grande avvenimento. Questa stessa attesa, che era stata predetta dai profeti, è attestata da tutti gli storici contemporanei. “Sulla fede d’antiche profezie, dice Tacito, era generale la persuasione che prevarrebbe l’Oriente, e che dalla Giudea uscirebbero i padroni del mondo”. Presso a poco coi medesimi termini parlano Svetonio e Giuseppe ebreo. L’attesa del liberatore promesso era così generale e così viva presso i Giudei, che molti tra essi seguirono ciecamente alcuni faziosi, i quali si spacciarono per precursori del Messia o per la stesso Messia. Da ciò le numerose ribellioni che precedettero la rovina di Gerusalemme.
Cosa notevole! mentre l’Europa aspettava un Salvatore dall’Oriente, gl’Indiani e i Cinesi l’aspettavano dall’Occidente. Codesto è affermato da Voltaire nelle sue aggiunte alla storia generale. Dall’una e dall’altra parte gli sguardi si concentravano sopra un piccolo punto del globo, che Boulanger, un altro incredulo, assai giustamente chiama “il polo della speranza di tutte le nazioni”.
Le altre profezie si sono del pari avverate. Possiamo dire che il quadro delle profezie dell’Antico Testamento è il quadro della vita e della morte di Gesù Cristo, la storia compendiata delle sue opere e del meraviglioso stabilimento della sua Chiesa. Il confronto è chiaro e l’applicazione non solo è facile, ma si fa da se stessa. I profeti sono testimoni che depongono unicamente a favore di Gesù: Huic omnes prophetae testimonium perhibent, disse S. Pietro ai Giudei (Atti 10, 43). Tutte, le loro predizioni, tutti i tipi profetici, tutte le istituzioni figurative dell’antica legge si riferiscono a Gesù di Nazaret e provano che egli è il vero Messia designato dalla divina ispirazione, il Salvatore del genere umano.
2. Ci si dovrà dunque meravigliare vedendo gli apostoli invocare costantemente la testimonianza dei profeti per convincere i Giudei della divina missione di Gesù Cristo? Ad altri uditori presentavano argomenti d’un altro genere; ma per i loro compatrioti nulla poteva uguagliare la forza di questo. Perciò s. Pietro ne fece la base delle sue esortazioni che convertirono migliaia di persone. Dopo d’essersi dichiarato come testimone della voce celeste udita sul Tabor, fa appello alle profezie come ad una prova ancora più irrefragabile: Habemus firmiorem propheticus sermonem (II. Ep. 1, 19).
S. Paolo da parte sua consacrava giornate intere a far loro vedere Gesù nella legge di Mosè e nei profeti: Suadebat eis de Jesu ex lege Moysi et prophetis a mane, usque ad vesperam (Atti, VIII, 23).
3. Lo stesso Gesù rialzò il coraggio de’ suoi discepoli, dimostrando loro che tutto quanto li turbava non era che il compimento delle profezie: Interpretabatur illis in omnibus scripturis quae de ipso erant (s. Luca, 24). E perciò aveva detto ai Giudei: Studiate le Scritture, voi i quali credete che contengano le parole di vita esse testificano a mio favore (S. Giov. 5, 39).
Conclusione.
Dal compimento di tante profezie, fatte molti secoli innanzi, circa avvenimenti che era impossibile congetturare, risulta colla massima evidenza che Gesù Cristo è veramente il Messia, l’inviato da Dio, annunziato ed aspettato da parecchie migliaia d’anni, e che per conseguenza la religione da lui fondata e da sì lungo tempo predetta, è veramente divina. Infatti, solo, Colui a cui tutti i secoli sono presenti e che solo può preparare e dirigere gli avvenimenti colla sua sapienza ed onnipotenza, potè fare somiglianti rivelazioni. “Il compimento di tutte le profezie, disse Pascal con ragione, è un miracolo perpetuo, e non c’è bisogno di altre prove per riconoscere la divinità della religione cristiana”.
Non possiamo trattenerci dal citare qui una magnifica pagine di Lacordaire. Dopo aver accennato alle principali profezie messianiche, così esclamava:
“Eccovi, o signori, due fatti paralleli e correlativi, tutti e due certi, tutti e due di una proporzione gigantesca, l’uno che durò duemila anni prima di Gesù Cristo, l’altro che dura da mille ottocento dopo Gesù Cristo: l’uno che annunzia una rivoluzione importante ed impossibile a prevedere, l’altro che ne è il compimento, aventi tutti e due Gesù Cristo per principio, per termine, per congiunzione. Vi chiedo un’altra volta: che ne pensate? Prendereste forse il partito della negazione? Ma che cosa neghereste?
Forse l’esistenza dell’idea messianica? Ma questa si trova nel popolo giudeo, che è vivente, in tutta la serie dei monumenti della sua storia, nelle tradizioni universali del genere umano, nelle più aperte confessioni della incredulità più profonda.
Forse l’anteriorità delle circostanze profetiche? Ma il popolo giudeo che ha crocefisso Gesù Cristo, e che ha un interesse nazionale e secolare a rapirgli le prove della sua divinità, vi asserisce che le sue Scritture erano un tempo ciò che sono oggidì; ed a maggior sicurezza, duecentocinquant’anni prima dì Gesù Cristo, sotto il re d’Egitto Tolomeo Filadelfo, e dietro i suoi ordini, tutto l’Antico Testamento, tradotto in greco, divenne proprietà del mondo romano, di tutto il mondo civile.
Vi rivolgerete all’altro polo della questione, e negherete il compimento dell’idea messianica? Ma la Chiesa cattolica, figlia di questa idea, è sotto i vostri occhi, vi ha battezzati.
Forse cercherete il vostro punto d’appoggio nell’incontro di questi due formidabili avvenimenti? Negherete che Gesù Cristo abbia nella sua persona verificato l’idea messianica, che egli sia giudeo, della tribù di Giuda, della casa di Davide, colui che fondò la Chiesa cattolica sopra la doppia rovina della Sinagoga e dell’idolatria? Ma le due parti interessate e nemiche inconciliabili convengono in tutto ciò. Il giudeo dice: sì; e il cristiano dice: si.
Direte che questo incontro di prodigiosi avvenimenti, al punto preciso di Gesù Cristo, è l’effetto dei caso? Ma il caso, se pur ve n’ha, non è che un accidente breve e fortuito, la sua definizione esclude l’idea di successione: non si dà caso di duemila anni, e di altri mille ottocento da aggiungersi a quei duemila”.
“Signori, quando Dio lavora, nulla rimane a fare contro di lui, e Gesù Cristo ci appare il motore del passato e il motore dell’avvenire, l’anima dei tempi a lui anteriori, e l’anima dei tempi a lui posteriori. Per mezzo de’ suoi antenati egli si lega al popolo giudeo, che è il più grande monumento sociale e religioso dei tempi antichi, e per la sua posterità si lega alla Chiesa cattolica, che è la più grande opera sociale e religiosa dei tempi nuovi. Egli ci appare tenendo nella sua mano sinistra l’antico Testamento, il più gran libro dei tempi che lo precedettero, e nella sua mano destra tenendo il Vangelo, il più gran libro dei tempi che lo seguirono. E intanto, così preceduto e seguito, egli è in se stesso ancora più grande dei suoi antenati e della sua posterità dei patriarchi e dei profeti, degli apostoli e dei martiri. Benchè tutto quanto c’è di più illustre prima e dopo di lui lo suffraghi, la sua personale fisionomia si stacca ancora da questo fondo sublime, e ci rivela il Dio che non ha né modello né uguale” (41° conferenza, 1846).
(Tratto da W. Devivier S.J., Corso d’apologetica cristiana. Esposizione ragionata dei fondamenti della fede, 6.a ediz. italiana riveduta e aggiornata da P. Celestino Testore S.J., Libreria Emiliana Editrice, Venezia 1937).