di Nicola Tornese. OPUSCOLO N° 3 DELLA PICCOLA COLLANA “I TESTIMONI DI GEOVA”.
NICOLA TORNESE
GEOVA CHI ERA COSTUI ?
OPUSCOLO N° 3 DELLA PICCOLA COLLANA “I TESTIMONI DI GEOVA”
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Padre Nicola Tornese
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Il primo approccio
– Si chiama Dio! – voi risponderete. – Oppure Gesù Cristo, Signore… non Allah o Brahma o Budda o che so io.
– No! – incalzerà l’altro. Dio si chiama Geova. Questo è il vero nome di Dio nella Bibbia. 1 vostri preti non hanno saputo o voluto dirvelo. Noi veniamo a portarvi la verità, la luce, la salvezza!
Sappiate che si tratta d’un inganno.
. La verità è che Geova non è mai esistito. Le pagine che seguono ve ne daranno la prova. Dividiamo in tre parti la nostra trattazione:
1 I nomi di Dio nella Bibbia.
2 La retta pronunzia del Nome divino.
3 Il significato del Nome divino.
PARTE PRIMA
NOMI DI DIO NELLA BIBBIA
Nell’Antico Testamento
Nell’Antico Testamento o Scritture Ebraiche, come fanno dire ai loro seguaci i capi della setta geovista, Dio è chiamato con vari nomi: El, Elhoim, El Shaddai, Adon ecc. Ma questi nomi divini erano generici e usati anche dai pagani per i loro dèi. Il vero Dio – il Dio della Bibbia – ha voluto farci conoscere il suo proprio nome, ossia ha voluto farci conoscere Chi Egli è. Il nome infatti nello stile biblico indica la natura di chi lo porta, la sua volontà ecc., come spiegheremo dopo.
1Il racconto della rivelazione del Nome proprio di Dio si trova in Esodo 3, 13-15:
“Allora Mosè disse a Dio: “Ecco, io vado dai figli di Israele e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi! Ma se essi mi domandano qual è il suo nome, che cosa risponderò?”. Dio disse a Mosè: “Sono Colui che sono”. E aggiunse: “Ai figli di Israele dirai: ‘Io-Sono’ mi ha mandato a voi”. Dio disse ancora a Mosè: “Ai figli di Israele parlerai così: lahve Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome in eterno, questo è il mio ri- cordo per sempre”” (Garofalo).
Facciamo due osservazioni: 1 – Dio si serve d’una forma o voce verbale per rivelare il suo proprio Nome. Questa forma o voce verbale tradotta in lingua italiana corrisponde a “lo-Sono”, oppure in terza persona “Egli è”, e anche “Colui che è”. Questa è la versione o traduzione o significato del Nome proprio di Dio, non Geova.
2 – Nella lingua ebraica, ossia nella lingua del- l’Antico Testamento, il Nome proprio di Dio era scritto con quattro lettere-consonanti, che trascritte, cioè riportate nel nostro alfabeto, corrispondono a J H V H (in inglese YHWH). E’ il sacro tetra- gramma, ossia “quattro lettere” sacre. Diremo dopo, nella Seconda Parte, come vanno pronunciate, ossia qual’ è la retta pronuncia del Nome di Dio nell’Antico Testamento.
Nel Nuovo Testamento
Eppure, malgrado tanta luminosa evidenza, testimoniata da migliaia di documenti antichissimi, come diremo dopo, il Corpo Direttivo della società geovista ha alterato, ossia corrotto, la Parola di Dio, introducendovi il falso nome Geova ben 237 volte (Cf. l’opuscolo geovista Il Nome Divino che durerà per sempre, pubblicato da La Torre di Guardia nel 1984, p. 27). Tenta poi, con argomenti artificiosi e contraddittori, di giustificare questa manipolazione della Bibbia. Riesce a convincere persone di limi- tata capacità intellettiva, ma non coloro i quali, seguendo, il consiglio di san Paolo, vogliono accertarsi di ogni cosa (cf. 1 Tessalonicesi 5,21).
Il comportamento di Gesù
Come tutti sanno, il Nuovo Testamento è la testimonianza dei fatti e dei detti di Gesù conservata, trasmessa, scritta da coloro che hanno visto le sue opere e ascoltata la sua predicazione. Che cosa dice il Nuovo Testamento circa l’uso che Gesù faceva del Nome divino?
1 tdG sono del parere che Gesù, specie quando leggeva le Scritture ebraiche, si discostava dalla pia pratica degli Israeliti di non pronunciare il Nome di Dio, sostituendolo con Adonai (= Signore). Noi Gesù avrebbe chiamato Dio col suo proprio
nome. Quale? I geovisti non ve lo dicono chiaramente, ma con insinuazioni più o meno velate vorrebbero farvi intendere che Gesù chiamava Dio col nome di Geova.
1 – L’errore:
Hanno scritto: “Gesù avrebbe seguito una simile tradizione non scritturale? (di non nominare Dio). Difficilmente! Egli non si trattenne certo dal compiere opere di guarigione di sabato, anche se questo significava infrangere le regole di origine umana istituite dagli ebrei e mettere addirittura a repentaglio la propria vita (Matteo 12, 9-14). In effetti Gesù definì ipocriti i farisei perché le loro tradizioni andavano oltre l’ispirata Parola di Dio (Matteo 15, 1-9) (Il Nome Divino ecc. p.14)
La verità:
b) I Giudei hanno accusato Gesù di violare il sabato, di voler distruggere il tempio (cf. Marco 14, 58; -15, 29), di farsi uguale a Dio (cf. Giovanni 5, 18), non di profanare il Nome di Dio. L’avrebbero certamente fatto, se Gesù si fosse macchiato ai loro occhi anche di questo crimine.
c) Gesù definì ipocriti i farisei perché, mediante le loro tradizioni, incoraggiavano di non onorare il padre e la madre (cf. Matteo 15,3-4). Come poteva egli andare contro quelle tradizioni che, al contrario, avevano come scopo un maggiore, onore verso il Padre celeste? Anche gli Ebrei dei nostri giorni non pronunciano quel Nome. Sono forse tutti discepoli degli antichi farisei ?
2 – L’errore:
Hanno scritto: “E’ quindi improbabile che Gesù si astenesse dal pronunciare il nome di Dio, soprattutto se si considera che il suo stesso nome, Gesù, signifìcava “Geova è salvezza””.
La verità:
a) Per le ragioni già dette e per altre che diremo in seguito è sommamente probabile che Gesù pronunciava il sacro tetragramma secondo la pia tradizione dei Giudei. E’ poi del tutto certo che egli non leggeva il tetragramma con la falsa forma Geova. Nessuno al tempo di Gesù, neppure il sommo sacerdote, chiamava Dio Geova. Questa forma errata comparirà in una traduzione inglese della Bibbia nell’anno 1530 dopo Cristo.
b) Se il nome stesso Gesù, era un motivo per non seguire la pia tradizione dei Giudei, Gesù avrebbe chiamato Dio “Jahve”, non Geova. Infatti, Gesù significa “Jahve è salvezza”. In effetti, la prima parte del nome Gesù (in ebraico jeshúa, forma tardiva di jehóshúa) è Jah, abbreviazione di Jahve, dove la vocale a, stando a principio di parola, prende il suono di una e, secondo una nota regola della grammatica ebraica.
( Cf. John L. McKerizie, Dizionario Biblico, Cittadella Editrice, Assisi, sotto la voce Gesù Cristo (p. 393). Ne La Sacra Bibbia dei Dr. Giovanni Luzzi, in Matteo 1, 21 è detto che “Gesù vuol dire: Gèova salva”. Non si dimen- tichi che il Dr. G. Luzzi tradusse e commentò la Bibbia prima del 1930. Allora si credeva erroneamente che il Nome divino si pronunciasse “Geova”. In ogni modo, la stessa Bibbia dei Luzzi sa che il Nome divino è Jahveh. Cf. commento a Esodo 3, 15).
3 – L’errore:
“Una volta, mentre si trovava in una sinagoga, Gesù si alzò e lesse un brano del rotolo di Isaia. Quel brano corrispondeva all’attuale Isaia 61: 1, 2, dove il nome di Dio ricorre più d’una volta (Luca 4- 16-21). Si sarebbe egli rifiutato di pronunciare il nome divino che aveva sotto gli occhi, sostituendolo con “Signore” o “Dio”? Ovviamente no. Ciò avrebbe significato seguire la tradizione non scritturale dei capi religiosi ebrei. Leggiamo invece che egli “insegnava loro come una persona che ha autorità i loro scribi” (Matteo 7: 29)”.
La verità:
a) Il brano di Isaia 61, 1-2 conteneva e contiene il sacro tetragramma. Ma ciò non comporta che Gesù abbia letto Geova o anche Jahve (retta pronuncia). San Luca, che riferisce quell’episodio e cita Isaia 61,1-2, ci fa sapere che Gesù disse “Signore” (Adonai). lo credo più alla testimonianza dello scrittore ispirato che alle supposizioni setta- rie dei capi della società geovista.
h) Il fatto che poi Gesù parlava come uno che ha autorità non invalida quanto abbiamo detto. Gesù infatti era ammirato per ciò che diceva (discorso delle beatitudini cf. Matteo 7,29), per il suo insegnamento (cf. Marco 1, 22; Luca 4, 32), non già perché pronunciava una parola in modo diverso dagli altri. Il divino Maestro non si perdeva in questioni di pronuncia, ma mirava alla sostanza delle cose. Egli insegnava Chi è Dio, piuttosto che il modo di chiamarlo. Non imitava i farisei del suo tempo e gli odierni giudei (= i tdG), che filtrano il moscerino e ingoiano il cammello! (cf. Matteo 23,24).
4 – L’errore:
“In effetti, Gesù insegnò ai suoi seguaci a pregare dicendo: “Sia santificato il tuo nome” (Matteo 6: 9). E rivolgendosi in preghiera al Padre suo disse: “Ho reso manifesto il tuo nome agli uomini che mi hai dati dal mondo … Padre santo, vigila su di loro a motivo del tuo nome che tu mi hai dato” (Giovanni 17: 6, 11)” .
La verità:
a) Chiunque abbia una discreta conoscenza della Bibbia e voglia farne uso onestamente, sa che nome nello stile biblico non è una parola, una etichetta, da appiccicarsi a una persona o a una cosa per distinguerla da un’altra. Nome nella Bibbia indica ciò che una persona o una cosa è: la sua natura, la sua volontà, i suoi propositi.
Stando così le cose, sbagliano volutamente i capi della setta geovista quando insegnano che con le parole “Sia santificato il tuo nome”, Gesù avrebbe insegnato ai suoi seguaci di rivolgersi a Dio chiamandolo Geova. Si tratta di un grossolano errore, di una mostruosa manipolazione della Parola di Dio.
In Matteo 6,9 Gesù istruiva i suoi discepoli affinché pregassero perché tutti conoscessero Chi è Dio, cioè conoscessero il vero Dio, in contrasto con gli dèi pagani. Qui non c’entra affatto il vocabolo o nome con cui Dio deve essere chiamato. La Bibbia interconfessionale in lingua corrente rende Matteo 6,9 in modo molto appropriato. “Padre nostro che sei nei cieli, fa’ che tutti ti riconoscano come Dio” .
b) Parimenti in Giovanni 17,6.11.26 le parole di Gesù: “Ho fatto conoscere il tuo nome”, come pure le altre “a motivo del tuo nome”, non significano affatto che Gesù abbia insegnato ai suoi seguaci di chiamare Dio Geova o anche Jahve. 1 Giudei del suo tempo sapevano qual era il Nome di Dio. Gli avrebbero riso in faccia se pretendeva insegnare loro una cosa che già sapevano.
Le parole di Gesù in Giovanni 17,6.26 hanno un solo significato, vale a dire che egli aveva fatto conoscere meglio di Mosè e dei Profeti, meglio degli scribi e dei farisei, Chi è Dio, la sua natura, la sua personalità, i suoi propositi di salvezza.
Comportamento dei primi cristiani
Neppure vi è nel Nuovo Testamento il minimo segno che Gesù abbia istruito i suoi discepoli di far sapere alle genti, cioè ai pagani, che Dio debba essere chiamato Geova.
L’errore:
La verità:
a) Notate prima di tutto come i geovisti danno per certo e per vero ciò che non è affatto né certo né vero: Dio non si rivelò agli Ebrei col nome “Geova”. Questa errata forma del Nome divino
introdotta nella traduzione della Bibbia solo nel 1530 da William Tyndale. Prima di Tyndale nessun autore sacro o traduttore della Bibbia ha chiamato Dio col nome Geova. Com’è possibile che l’Iddio si sia rivelato agli Ebrei molti secoli prima col falso nome di Geova?
b) Cosa ancor più grave è il fatto che la parola Geova non ha alcun significato. “Geova” in ebraico non significa nulla, mentre Jahve vuoi dire “Colui che è”, indica cioè il vero Dio come la fonte dell’esistenza e della vita. Lo Spirito Santo, che guidava la predicazione degli Apostoli e degli evangelisti (cf. Giovanni 14,26), avrebbe commesso un grosso errore se avesse suggerito ai primi predicatori del Vangelo di far capire ai pagani il vero Dio con una parola che non ha significato “.
c) i discepoli di Gesù avevano avuto da lui il comando di insegnare alle genti “ad osservare tutto ciò che egli aveva ordinato” (cf. Matteo 28, 20). Egli aveva detto loro di chiamare Dio col nome di Padre, non di Geova, (cf. Matteo 6, 9) e di spiegare loro Chi è Dio, cioè conoscere il suo Nome in senso biblico come egli l’aveva fatto conoscere (cf. Giovanni 17,6.26). Non è questione di imparare e ripetere una parola, ma di venire a conoscenza d’una dottrina, della via della salvezza.
d) Questo era l’essenziale. Questo hanno fatto i primi cristiani, soprattutto Apostoli ed evangelisti, usando un linguaggio accessibile sia agli Ebrei sia ai pagani, e precisando che il vero Dio non era uno dei loro dèi o signori, ma Gesù Cristo, per mezzo del quale esiste ogni cosa (cf. 1 Corinzi 8, 6). Egli era l’Adonai, cioè Signore di tutti. A conferma sta il fatto che i primi predicatori e scrittori del Vangelo, rivolgendosi agli Ebrei fuori della Palestina e ai pagani, hanno fatto largo uso, anzi un uso preferenziale, della Bibbia detta dei Settanta, la prima traduzione in lingua greca del- l’Antico Testamento. E’ un fatto storicamente accertato. Questo fu provvidenziale, perché nei Settanta il Tetragramma è tradotto quasi sempre Kyrios (= Signore – Adonai), una parola comprensibile ad Ebrei e pagani “.
San Paolo insisteva sulla signoria assoluta, suprema e universale di Gesù: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Filippesi 2, 10-11). “A gloria di Dio Padre” vuol dire che l’unico vero Dio indicato nella Bibbia col nome di Padre, è adorato e glorificato nell’adorazione del Signore Gesù. Tra Padre e Figlio non vi è differenza essenziale. L’uno e l’altro vanno collocati allo stesso livello divino. Cristo è il Signore dei signori e il Re dei re (Cf. Apocalisse 17,14) come lo è l’unico vero Dio (Cf. 1 Timoteo 6, 15).
f) Fu dunque un processo di chiarificazione conforme alle parole di Gesù (Cf. Giovanni 16,12-13) quello operato dai primi predicatori del Vangelo, soprattutto dagli Apostoli e dagli autori ispirati, quando essi annunciarono il vero Dio col nome di Signore, lasciando da parte Jahve (Geova non esisteva). Vi era il vantaggio che questo modo di esprimersi liberava i seguaci di Cristo dall’apparire come una setta giudaica. La nuova comunità voleva essere la Casa di tutti, il nuovo Israele (Cf. Galati 6,16). In conformità al consiglio del loro Maestro, i primi cristiani “non hanno messo vino nuovo in otri vecchi” (Cf. Luca 5, 37). Hanno piuttosto lasciato indietro le cose vecchie già passate e si sono attenuti alle nuove in Cristo (Cf. 2 Corinzi 5,17).
g) E’ lecito domandarsi: Perché i tdG insistono tanto sull’uso del nome Geova? La risposta non è difficile. Essi tentano di demolire tutto ciò che i primi discepoli di Gesù, sotto la guida dello Spirito Santo, hanno costruito. In altre parole, i primi cristiani, Apostoli ed evangelisti, con un linguaggio appropriato, hanno voluto professare e te- stimoniare l’identità tra Cristo e Jahve, ossia la divinità di Gesù Cristo, il Signore dei signori (Cf. Apocalisse 17,14).
I tdG, facendo la via a ritroso, vorrebbero fare di Cristo un semplice vassallo di Geova.
Ancora equivoci e sofismi
I tdG vorrebbero far intendere che la preoccupazione principale dei primi cristiani era quella di chiamare e far chiamare Dio col nome di Geova. Come prova citano le parole di san Pietro nel giorno di Pentecoste, che sottolineò una componente essenziale dei messaggio cristiano quando citò le parole di Gioele: “Chiunque invocherà il nome di Geova sarà salvato” (Atti 2, 21; Gioele 2, 32) .
La verità:
a) Come sempre, l’uso che i geovisti fanno della- Bibbia è arbitrario, opportunista, settario. Ilel caso presente è da dimostrare anzitutto che Gioele abbia chiamato Dio col nome di Geova. I fatti indicano il contrario perché questo falso nome di Dio fu inventato per errore nel 1530, circa duemila anni dopo Gioele, e millecinquecento dopo san Pietro. Né Gioele né Pietro potevano chiamare Dio Geova.
b) Il significato delle parole di Gioele e di Pietro non è quello insinuato settariamente dal Corpo Direttivo geovista. Né Gioele né Pietro volevano dire che, per essere salvi, bisogna chiamare Dio col nome di Geova (o anche di Jahve). Nome vuol dire “Persona” nello stile biblico. Invocare il Nome vuol dire “rivolgersi a una persona”. Sia Gioele sia san Pietro volevano dire che per essere salvi bisogna rivolgersi al vero Dio, cioè che la salvezza viene solo dal vero Dio, non dai falsi dèi. Il nome qui non c’entra.
e) Infine il Nome, cioè la Persona, a cui san Pietro si riferisce, è quello di Gesù. Soltanto da Gesù può venire la salvezza (cf. Atti 4,22).
“I cristiani designano se stessi come “coloro che invocano il nome del Signore” (cfr. Atti 9,14.21; 22,16; 1 Corinzi 1, 2; 2 Timoteo 2, 2); però il nome “Signore” non è riferito più a Jahve, ma a Gesù (cfr. Filippesi 2, 11; Atti 3, 16). Nel giorno del giudizio ci sarà salvezza o condanna a seconda che si sarà invocato o no questo nome, se sarà riconosciuto o meno Gesù come Signore (cfr. Atti 4, 12 e Romani lo, 9)”
2 – L’errore:
In modo simile i tdG strumentalizzano le parole di san Giacomo, di cui in Atti 15, 14-15: “Simone ha narrato come Dio ha avuto cura di scegliersi tra le genti un popolo per il suo Nome”. A parere dei geovisti, Simone avrebbe detto che i pagani devono conoscere e chiamare Dio col nome di Geova .
La verità:
a) Anche qui come nel testo precedente di Atti 2, 21 la spiegazione geovista è superficiale e setta- ria. Ripetiamo ancora una volta che nome, nello stile biblico, indica la persona. Invocare il Nome di Dio, temere il Nome di Dio, consacrarsi al Nome di Dio ecc. significa invocare, temere, consacrarsi alla Persona del vero Dio, qualunque sia la parola usata per chiamarlo. Qui non c’entra affatto Geova.
b) San Giacomo voleva dire che Dio, il vero Dio, aveva programmato fin dall’eternità di chiamare anche i pagani (le nazioni) alla sua vera conoscenza e adorazione. Trarre un popolo per il suo Nome significa chiamare i pagani a far parte del popolo del vero Dio. Non vi è nessun riferimento a come il vero Dio debba essere chiamato. E’ un’insinuazione settaria dei tdG.
3 – L’errore:
Hanno pure scritto: “L’apostolo Paolo non lasciò dubbi sull’importanza che aveva per lui il nome di Dio. Nella sua lettera ai Romani, cita le stesse parole del profeta Gioele e incoraggia quindi i suoi conservi cristiani a mostrare la loro fede in quella dichiarazione andando a predicare il nome di Dio ad altri affinché questi pure potes- sero essere salvati (Romani 10- 13-15)”
La verità:
a) Leggendo il contesto della Lettera ai Romani, cap. 10, appare chiaro che san Paolo non parla affatto di Geova. Egli parla solo e sempre di Cristo come termine della Legge (v. 4), come Signore (v. 9) e afferma che chiunque crede in Lui (in Cristo) non sarà deluso (v. 11), applicando a Cristo ciò che in Isaia 28,16 è detto del fondamento sicuro di salvezza cioè di Jahve.
b) In questo contesto Paolo applica a Cristo il testo di Gioele: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (Gioele 2, 32; Romani 10, 13). Né in Paolo né in Gioele c’è “Geova”. Paolo rivolge le sue parole sia ai Giudei sia ai pagani. Non c’era proprio bisogno di ricordare ai Giudei che per salvarsi bisognava invocare Jahve (non Geova). Già lo sapevano. Egli vuole precisare sia coi Giudei che coi pagani che solo la Persona di Cristo può salvare. Il Signore da invocare è Cristo, non Jahve (Geova non c’entra affatto). Applicando a Gesù il titolo di Signore, riservato solo a Dio nell’Antico Testamento, è evidente che nel pensiero di Paolo l’opera e la dignità di Cristo coincidono con l’opera e la dignità di Dio, dell’unico Dio.
Scrutate le Scritture
L’insegnamento di Gesù trasmesso prima a viva voce trovò la sua forma definitiva nelle Scritture, che formano la seconda parte della Bibbia, cioè il Nuovo Testamento, le Scritture Greche Cristiane dei tdG. Orbene in tutto il Nuovo Testamento Dio non è chiamato mai Geova. Questo falso nome di Dio non compare mai né per esteso né in forma abbreviata”. I tdG sono a conoscenza di queste cose, come si legge in un loro opuscolo:
“Nessun manoscritto greco oggi in nostro possesso dei libri da Matteo a Rivelazione contiene il nome di Dio (cioè Geova) per esteso”.
Tuttavia la intellighentia della società geovista ha introdotto il nome Geova ben 237 volte nel Nuovo Testamento. Trova poi cavilli e sofismi per giustificare il suo misfatto.
1 – L’errore:
Hanno scritto: “Significa questo che il nome (Geova) non dovrebbe esserci? Ciò sarebbe sorprendente in vista del fatto che i seguaci di Gesù riconobbero l’importanza dei nome di Dio e che Gesù insegnò a pregare perché esso fosse santificato” 18.
La verità:
Nessuna sorpresa per chi sa e vuol leggere e capire la Bibbia con onestà di mente e di cuore. 1 seguaci di Gesù riconobbero l’importanza di far conoscere Chi è il vero Dio, non già di insegnare una parola. Questo vuol dire “riconoscere l’importanza del nome”.
Che Gesù abbia insegnato a pregare perché il Nome fosse santificato non significa affatto che abbia detto loro di invocare Dio col nome “Geova”. Al limite, Gesù avrebbe insegnato di chiamare Dio col nome di “Padre”: “Padre nostro, che sei nei cieli…”. Il senso delle parole di Gesù in Matteo 6,9 è radicalmente diverso da quello che danno i tdG. L’abbiamo già spiegato.
2 – L’errore:
Spiegano i tdG: “Per comprenderlo, occorre ricordare che i manoscritti delle Scrítture Greche Cristiane che oggi possediamo non sono originali. 1 libri scritti di loro pugno da Matteo, Luca e dagli altri scrittori biblici, essendo molto usati, si logorarono rapidamente. Ne furono quindi fatte copie, che a loro volta si logorarono e furono ricopiate. Oggi esistono migliaia di copie delle Scritture,Greche Cristiane, ma la maggioranza fu fatta a partire dal IV secolo dell’era volgare in poi”.
In altre parole, l’assenza del nome Geova nel Nuovo Testamento sarebbe dovuta al fatto che noi oggi possediamo un testo greco, nel quale per negligenza dei copisti sarebbe stato eliminato il nome Geova. Perciò il Corpo Direttivo si prese cura di reinserirlo ben 237 volte.
La verità:
Leggendo l’affermazione geovista su riportata, che fu scritta nel 1984, e avendo una discreta conoscenza della loro letteratura, mi è venuto subito in mente ciò che Gesù dice nel vangelo di Luca 19,22: “Servo malvagio, ti giudico dalle tue stesse parole”. Infatti, sono proprio loro a dirci che le cose non stanno affatto così. Riportiamo prima alcune loro testimonianze; poi faremo alcune considerazioni.
a) – Nel 1963 il Corpo Direttivo affermava:
“Valutazione del testo tramandato. Qual è, dunque, la netta valutazione dell’integrità e dell’autenticità del testo, dopo questi molti secoli nei quali il testo è stato tramandato? Non solo ci sono migliaia di manoscritti da paragonare, ma scoperte di più antichi manoscritti biblici nei pochi decenni passati riportano il testo greco all’anno 150 (E.V.), solo a cinquant’anni dalla morte dell’apostolo Giovanni, avvenuta verso il 100 E.V. Queste evidenze dei manoscritti provvedono la forte assicurazione che ora abbia- mo un fidato testo greco in forma raffinata”.
In questo fidato testo greco non c’è mai Geova.
Nel 1982 il Corpo Direttivo scriveva:
“Confrontando attentamente queste molte antichissime, copie si possono trovare e correggere anche i pochi errori fatti dai copisti. Ci sono inoltre migliaia di copie molto antiche delle Scritture Greche, alcune delle quali risalgono quasi al tempo di Gesù e degli apostoli. Per que- sto sir Frederie Kenyon disse: “L’ultimo fondamento per qualsiasi dubbio che le Scritture ci siano pervenute sostanzialmente come furono scritte è stato eliminato” (The Bible and Archaeology, pagine 288, 289)”
In queste migliaia di copie molto antiche delle Scritture Greche, alcune delle quali risalgono quasi al tempo di Gesù e degli apostoli, non c’è mai Geova. Com’è possibile che sia stato eliminato dai copisti dei secoli seguenti, se proprio non c’era?
Ancora nel 1982 il Corpo Direttivo affermava: “Questo. non vuol dire che non ci siano stati tentativi di cambiare la Parola di Dio. Ci sono stati”. Tuttavia “Geova Dio ha fatto in modo che la sua Parola fosse protetta non solo dagli errori dei copisti, ma anche dai tentativi di altri di farvi delle aggiunte. La Bibbia stessa contiene la promessa di Dio che la sua Parola sarebbe stata mantenuta pura perché potessimo usarla oggi. Perciò chiunque dica che oggi la Bibbia non contiene le stesse informazioni che conteneva in origine semplicemente non conosce i fatti”..
Finalmente nel 1985 sempre il Corpo Direttivo ci assi- cura che “delle Scritture Greche Cristiane esistono oltre 5.000 manoscritti nella lingua greca originale, il più vecchio dei quali risale all’inizio del Il secolo E. V.”. E facendo sue le parole di Frederic Kenyon dice che “la prima e più importante conclusione tratta dall’esame di questi (papiri) è confortante in quanto confermano l’essenziale integrità dei testi esistenti. Né nell’Antico né nel Nuovo Testamento si notano varianti notevoli e fondamentali. Non ci sono omissioni importanti né aggiunte di brani – e neanche varianti che influiscono su fatti e dottrine essenziali. Le varianti del testo riguardano cose secondarie, come l’ordine dei vocaboli o il preciso vocabolo usato… Ma la cosa veramente importante è la conferma, mediante prove più antiche di quelle sinora disponibili, dell’integrità dei testi a nostra disposizione”.
Nei papiri più antichi e neppure nelle varianti vi è mai la parola Geova. 1 testi a nostra disposizione, confermati nella loro integrità mediante prove più antiche, non contengono mai il nome Geova.
b) E ora alcune considerazioni:
– Malgrado questo caloroso riconoscimento da parte del Corpo Direttivo dell’integrità del testo greco oggi in nostro possesso, ricuperato coscienziosamente da dotti biblisti su manoscritti antichissimi, lo stesso Corpo direttivo nell’anno 1984 ci av- verte che i manoscritti delle Scritture Greche Cristiane che oggi possediamo non sono gli originali… e che le copie fatte sugli originali si logorarono rapidamente e che furono fatte altre copie, che a loro volta si logorarono e furono ricopiate. In questo logorio sarebbe stato eliminato il nome Geova centinaia di Volte 21. Dunque il testo greco oggi in rito di scrivere Kyrios (Adonai), ossia Signore, è una presunzione imperdonabile voler disfare ciò che Dio ha fatto.
1 traduttori della Bibbia, -in qualsiasi lingua e, in qualsiasi epoca, sono obbligati a rispettare ciò che hanno scritto gli autori ispirati. Chi osasse cambiare il Testo Sacro deve dirsi un profanatore della Parola di Dio. Questo ha fatto il Corpo Direttivo dei tdG, inserendovi arbitrariamente il nome Geova nella Bibbia tradotta per la setta e diffusa dalla setta.
PARTE SECONDA
LA RETTA PRONUNCIA DEL NOME
Premessa
La questione della retta pronuncia del Nome Divino (del sacro tetragramma) è di secondaria importanza. Noi la trattiamo soprattutto perché i tdG ne fanno uno strumento di propaganda settaria, insistendo che Dio deve essere chiamato Geova, anche se alcune volte seguono una tattica diversa. In circostanze adatte, aggiungono che la Chiesa Cattolica, gli ecclesiastici vi hanno ingannato, nascondendovi il nome proprio di Dio “Geova”.
In questi ultimi tempi – già l’abbiamo notato – seguono una tattica ambigua e ingannevole come in tante altre cose. Vi dicono che “la pronuncia originale del nome di Dio non è più conosciuta. E in effetti non è importante” “. Tuttavia la forma Geova sarebbe nota e comune a differenza di Yahve. Geova sarebbe la pronuncia “naturalizzata” nella maggioranza delle lingue, sarebbe la pronuncia “tradizionale”, quella in uso da molti secoli ed è estesamente conosciuta.
Linguaggio – ripetiamo – ambiguo, settario, contraddittorio, che ha come unico scopo quello di ingannare le persone ignoranti, incapaci di ra- gionare e di discernere (cf. 1 Tessalonicesi 5,21): uno sforzo menzognero per confondere le idee e oscurare la verità.
La pronuncia esatta
Oggi la stragrande maggioranza degli studiosi della Bibbia ci assicurano che Geova è un termine assurdo, non giustificato da alcuna lettura valida; la forma Jahve (o Yahweh) è quella più sicura scientificamente. Cerchiamo di spiegare come sono andate le cose.
1 – Nella lingua ebraica, come già abbiamo detto all’inizio di questo opuscolo, il Nome Divino rivelato da Dio a Mosè (cfr. Esodo 3, 13-16) era scritto con quattro lettere-consonanti, che trascritte, ossia riportate (non tradotte) nel nostro alfabeto corrispondono a JHVH (inglese YHWH).
E’ il sacro tetragramma (= quattro lettere sacre).
Gli antichi Ebrei, nei loro libri e rotoli (pergamene, papiri), scrivevano solo le consonanti delle singole parole. La persona poi che sapeva leggere, aggiungeva le vocali appropriata per poter pronunciare correttamente le parole. Qualcosa di simile facciamo noi, in italiano, con gli accenti delle parole: benché non segnati, la persona istruita pone gli accenti là dove vanno posti. Non dirà tavòlo, ma tàvolo, benché la parola tavolo non abbia segnato alcun accento.
2 – Quali vocali aggiungevano gli antichi Ebrei alle quattro consonanti del Nome Divino, ossia al sacro tetragramma (JHVH)? Oggi la stragrande maggioranza degli studiosi ritiene che le vocali proprie del tetragramma erano a ed e, per cui la pronuncia esatta del Nome Divino è iáhve.
Numerose testimonianze inducono a credere che sia proprio così. Ricordiamone alcune:
a) Vi sono nella Bibbia molti nomi teòfori, vale a dire composti col nome di Dio (letteralmente portatori di Dio). In tutti questi casi il nome di Dio è Jah o Jahu, che sono forme abbreviate di Jahve. Per esempio, Isaia risulta composto da jesha (= salvezza) e Jah o iahu (cioè Jahve). Isaia vuol dire “Jahve salva”. La stessa cosa per Adonia, Geremia, Elia ecc. (Elia = El, cioè Dio, è Jahve).
Alcune volte il nome di Dio Jah o Jahu si trova nella prima parte dei nomi, e allora era pronunciato Jeh o Jehu conforme a una nota regola fonetica della grammatica ebraica, per cui la vocale a, all’inizio di parola, prendeva il suono di una e. Caso tipico è il nome Jeshúa (Gesù), forma tardiva dell’ebraico Jehóshúa (Giosuè). La prima parte di Jeshúa è Jah, pronunciato Jeh, che è una abbreviazione di Jahve. 1 traduttori greci hanno reso Jeshua con Jesous. Il suo significato è, “Jahve salva”.
b) Parimenti nella parola ebraica Alleluia. La seconda parte di questa parola è sicuramente Jah, forma abbreviata di Jahve, e vuol dire “Lodate jahve”. Ragion per cui quando i tdG scrivono e dicono che -Alleluia significa “Lodate Geova”, scrivono e dicono e ripetono una cosa completamente errata, una pura Invenzione, non giustificata da nessuna grammatica ebraica .
La stessa cosa vale per l’affermazione geovista secondo cui in Adonia, Geremia ecc. vi sarebbe abbreviato il nome Geova. La verità è che sia in Adonia che in Geremia come pure in Elia il Nome divino abbreviato non è Jeh, ma Jah, ossia Jahve, come spiegano bene i Dizionari Biblici.
Anche la Bibbia qualche volta ci ha conservato la forma Jah. Così, per esempio, Mosè e i figli di Israele cantarono un cantico in onore di Jahve ‘e dissero: “Mia forza e mia fortezza è Jah” (Esodo, 15, 1-2).
c) A conferma della pronuncia Jahve abbiamo la testimonianza delle più antiche trascrizioni del sacro tetragramma. Prima fra tutte va ricordata la Bibbia dei Settanta. In alcuni frammenti trovati a Oumran e che risalgono al primo secolo avanti Cristo si è trovato questo di particolare che il tetragramma invece di essere tradotto con Kyrios come di solito fa la Settanta, è trascritto con lao, forma abbreviata di Iahve’.
Identica testimonianza negli scritti di autori greci dei primi secoli Era Cristiana. Diodoro Siculo, che visse prima di Cristo, ha la forma lao; Ireneo (t 202 d.C.) assieme a Origene (t 253 d.C.) conosce la forma Jaho, mentre Clemente Alessandrino (t 214 d.C.) ha laoue. Infine Epifanio (t 403) e Teodoreto di Ciro (t 438) hanno labé. Questi due ultimi dicono di riportare la pronuncia usata dai Samaritani. Anche san girolamo, il più grande biblista, afferma che il Nome, ossia il tetragramma, può essere letto laho I.
d) Sulla base di queste testimonianze oggi la stragrande maggioranza dei biblisti ammette che la pronuncia esatta del Nome divino deve essere lahve non Geova. Gli stessi testimoni di Geova, già nel 1950 ammettevano che la pronuncia Yahweh è la più corretta”.
La forma Geova, ci assicura il prof. Alfonso M. di Nola, dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli, “non è giustificata da alcuna lettura valida” E’ una pronuncia errata con l’aggravante che – a differenza di Yahweh – non ha nessun significato.
All’origine dell’errore
Come ha avuto origine l’errore?
a) A cominciare dalla seconda metà del quinto secolo avanti Cristo o forse alcuni decenni dopo, si verificò un cambiamento presso gli Ebrei nella lettura o pronuncia, non nella scrittura, del sacro tetragramma. Per sommo rispetto verso Dio, con riferimento al comandamento del Decalogo (cfr. E- sodo 20, 7) gli Ebrei evitavano di pronunciare il Nome. Ancora oggi, al posto di YHWH, l’ebreo osservante legge Adonai (= Signore) o “sem”
Nome). Al tempo di Gesù e degli Apostoli, come già abbiamo spiegato, questo modo